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giovedì 22 febbraio 2018

Assalto alle materie prime Cobalto e Litio da parte di BMW, Tesla e Volkswagen

Tutti a caccia delle materie prime Cobalto e Litio. In Europa società come BMW e Volkswagen si stanno muovendo in anticipo rispetto i competitor. In primis la ricerca di forniture di cobalto, minerale fondamentale per la costruzione di batterie al Litio. Non solo il settore auto si sta muovendo verso il Cobalto, e di ieri la notizia che Apple (gigante tecnologico) voglia siglare accordi a lungo termine con alcune società minerarie: si parla di diverse migliaia di tonnellate di cobalto opzionate per 5 o più anni. Secondo più fonti le trattative sarebbero iniziate più di un anno fa.

Se Tesla (TSLA) sta trattando direttamente con la società di estrazione del litio cilena Sociedad Química y Minera de Chile S.A. (SQM) per saltare gli intermediari e garantirsi forniture enormi per costruire le proprie batterie, anche BMW si sta muovendo con una strategia simile per gli approvvigionamenti di litio e cobalto.

Le auto elettriche sono davvero il futuro, e la prova è nella corsa ai minerali rari necessari per la costruzione delle batterie che sta mobilitando le più grandi case automobilistiche del mondo.

Lo scorso anno in Europa, Volkswagen fu la prima ad aprire le danze dell’Electric Concept o comunemente denominato, EV. Più di una volta gli analisti si sono resi conto di come cobalto e litio saranno le nuove materie prime preziose per il futuro dell’industria automobilistica: il prezzo del litio è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni e quello del cobalto è triplicato soltanto negli ultimi tre anni.

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La competizione per assicurarsi le risorse e le preoccupazioni che l’offerta possa presto diventare insufficiente hanno fatto aumentare di tre volte in due anni i prezzi di litio e cobalto. A puntare sulla garanzia delle forniture sono soprattutto i produttori di auto elettriche della Germania che, secondo Bloomberg New Energy Finance, nel 2018 diventerà il terzo mercato mondiale per ibridi plug-in e auto elettriche, superando anche la Norvegia, il leader europeo di lunga data.

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Volkswagen inoltre utilizzerà i prodotti Apple (AAPL) come ispirazione per lo styling dei suoi futuri modelli elettrici. La notizia è stata confermata dal capo del design del gigante automobilistico tedesco, Klaus Bischoff, come strategia di mercato per il suo settore EV. Apple ha influenzato il mercato degli smartphone e della tecnologia con il suo design che lo ha distinto da Samsung e Sony. Ora le sue strategie hanno attirato l’attenzione anche nel mondo automobilistico.

Stime della domanda di Litio nel 2018

La domanda di auto elettriche ha continuato a crescere nel 2017 e il litio, un metallo chiave utilizzato nelle batterie che li alimenta, ha ottenuto risultati migliori rispetto a quanto previsto. L’interesse degli investitori per il metallo è aumentato quando i veicoli elettrici e al litio (EV) hanno fatto notizia per tutto l’anno passato. I prezzi sono aumentati e molte azioni quotate sono aumentate del +100% nel 2017.

Con l’inizio del 2018, molti investitori si chiedono cosa accadrà al litio quest’anno. Dando uno sguardo al passato e a come i prezzi del litio sono saliti nel 2017, è chiaro che essi sono rimasti forti durante tutto l’anno.

La continua determinazione del prezzo del litio è stata una sorpresa. Pensavo che il mercato del litio sarebbe cresciuto fino a circa 550.000 tonnellate all’anno, ma a metà 2017 ho aumentato questo rialzo a 617.000 tonnellate entro il 2025. Sembra ancora troppo basso se ci basiamo sulle potenziali richieste delle multinazionali hitech and motors.

Secondo Chris Berry di House Mountain Partners

Di fatto Chris Berry sta monitorando 26 megafactories, rispetto a solo tre nel 2014. La capacità combinata pianificata di questi impianti è di 344,5 GWh. Per dirla in prospettiva, la domanda totale di celle agli ioni di litio nel 2017 è stimata a 100 GWh.

Mentre quel numero potrebbe sembrare alto, la domanda globale di batterie agli ioni di litio dovrebbe crescere tra le sei e le sette volte entro il 2026, il che richiederà una pipeline di batterie quasi il doppio di quanto esiste oggi. Alcuni anni fa abbiamo detto che l’attuale corsa al prezzo del litio sarebbe cresciuta, ora siamo entrati in una seconda fase, quella della mancanza di offerta.

Semplicemente, non c’è abbastanza rifornimento per soddisfare la domanda, e la domanda è in aumento più velocemente rispetto alla fornitura. Molto, molto più veloce. Pertanto, il prezzo del litio rimarrà forte ancora per anni.

Chi si occupa di Litio e Cobalto

Ci sono vari tipi di società che si occupano del Cobalto e del Litio. Dalla produzione di batterie, alle miniere, dal trasporto all’assemblaggio. Non vi è dubbio comunque che le miniere abbiamo avuto una crescita esplosiva nel 2017 e potrebbero continuare la corsa man mano che cresce la richiesta.

SQM (NYSE:SQM) – leader nella fornitura di carbonato di litio all’industria della batteria – rappresenta meglio ciò che sta succedendo al prezzo fuori dalla Cina. Il titolo della società è salito in 12 mesi dell’80%. Lowry ha sottolineato che la fornitura di carbonato di litio di SQM è salita da 6$ al kg nel 2015 a 12$ al kg nel terzo trimestre del 2016. Ogni trimestre stabilisce un nuovo record di prezzo per il carbonato di litio al di fuori della Cina. Berry ha anche espresso i propri pensieri sul prezzo del litio, affermando che la “forza di prezzo sorprendente è veramente emersa” nel 2016. Inoltre la società estrae Cobalto come la brasiliana Vale (VALE).

In termini di fornitura di litio nuovo si spera molto su nuovi progetti in fase di partenza. Cattlin (di proprietà di Galaxy Resources (ASX:GXY) e Mt. Marion (congiuntamente di proprietà di Neometals (ASX:NMT), Mineral Resources (ASX:MIN) e Jiangxi Gangfeng Lithium saranno start-up senza problemi. Abbiamo anche notato che LaNegra 2 di Albemarle partita a produrre nel 2017, ma non avrà un grande impatto sul mercato almeno fino a metà 2018.

Segnaliamo inoltre un ETF sul Litio
Global X Lithium ETF (NYSEARCA:LIT)

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martedì 1 agosto 2017

Materie prime, il ferro soffre dopo le notizie dalla Cina

Se pensiamo ai mercati in generale di questo periodo, non possiamo sottolineare i nuovi massimi dello S&P500, dovuti probabilmente grazie ad alcuni macro americani migliori delle attese e dai dati sulla crescita cinese. Non sarà così per molto comunque, sicuramente in Agosto avremo delle prese di posizione, su alcuni settori che hanno corso molto anche se la stagione degli utili tutto sommato sta andando bene.

I dati dell’inflazione statunitense sono ancora in calo, questo potrebbe indurre a pensare che la macchina economica americana vada a rilento e l’aumento dei tassi sia più lontano, in particolare le spese basate sul consumo personale sono molto prese in considerazione dalla FED – e se queste rimangono basse, pensiamo che il rischio globale rimanga medio/alto.

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Le previsioni per i prossimi mesi

Le previsioni del ferro secondo Morgan Stanley sono più basse delle precedenti per il resto dell’anno, a causa della crescita della produzione a basso costo e la probabilità che l’eccedenza mondiale aumenterà ogni anno fino al 2021. La materia prima sarà in media intorno ai 50 dollari nel terzo trimestre secondo un rapporto. La previsione del 2017 sono pari a 63 dollari, mentre gli outlook per il prossimo anno e 2019 sono rimasti invariati a 58 e 54 dollari a tonnellata.

Dopo il ritiro del secondo trimestre della merce, “tutti i segnali di mercato suggeriscono la stabilità commerciale a questo livello”, ha commentato l’analista Tom Price, nella nota ricevuta martedì. La banca, che ha elencato il minerale di ferro tra i metalli sui quali è neutrale, ha affermato che la creazione di una nuova miniera S11D di Vale SA in Brasile è dietro un surplus, limitando i prezzi spot, nonostante la domanda robusta o stabile.

I prezzi del ferro, che hanno raggiunto il picco di 95 dollari a metà febbraio, sono affondati a causa delle crescenti forniture da parte dei produttori, tra cui la brasiliana Vale (VALE), e i movimenti della Cina per bloccare la leva, hanno contribuito a sopprimere il trading speculativo. In settimana, BHP Billiton (BHP), la più grande società mineraria al mondo, ha anche sottolineato come ci saranno nuove forniture dal Brasile, prevedendo un calo della volatilità del mercato.

La domanda globale delle risorse e delle materie prime, in particolare per le materie prime in acciaio, dovrebbero rallentare nei prossimi due anni, calo sostenuto in gran parte da un rallentamento della spesa in infrastrutture e attività costruttive in Cina. La crescita della domanda dovrebbe diminuire nei minerali di ferro e i prezzi del carbone metallurgico. Prevediamo che i volumi di esportazione di gas naturale liquefatto (LNG) cresceranno per compensare i prezzi in calo delle altre materie prime.

Abbiamo previsto un surplus in espansione per il commercio marittimo, ma un prezzo piatto intorno ai 55-60 dollari, l’afflusso marittimo è previsto in crescita da 34 milioni di tonnellate quest’anno a 81 milioni nel 2018, raggiungendo 185 milioni entro il 2021. L’oro con il 62 per cento di contenuto consegnato a Qingdao è salito del 5,2 per cento a 59,70 dollari a tonnellate di sabbia, un declino trimestrale, secondo Metal Bulletin Ltd. L’aumento è stato preceduto da un aumento di futures, con il contratto SGX AsiaClear a Singapore che è salito del 6,4 per cento .

La visione di Morgan Stanley si confronta con la prospettiva di Citigroup Inc., che vede i prezzi a 51 dollari nel terzo trimestre e 48 dollari negli ultimi tre mesi dopo aver tagliato le sue previsioni all’inizio di questo mese. Citigroup stima un avanzo a 118 milioni di tonnellate nel 2017, passato da oltre 60 milioni di tonnellate dell’anno scorso. Il ferro sarà mediamente inferiore a 50 dollari per tonnellata l’anno prossimo e rimarrà sotto tale cifra fino al 2019, secondo le ultime previsioni del Dipartimento per l’industria, l’innovazione e la scienza.

Il dipartimento prevede che il prezzo del ferro in media sarà di 55 dollari a tonnellata nella seconda metà del 2017. La recente forza del settore siderurgico cinese dovrebbe fornire qualche supporto a breve termine, tuttavia, il prezzo del minerale è previsto per in ultima analisi in declino. Le scorte di ferro in Cina sono aumentate costantemente registrando livelli record, raggiungendo i 140 milioni di tonnellate a giugno 2017.

Probabilmente sarà necessario un periodo prolungato di prezzi bassi per spostare l’offerta aggiuntiva. Nel frattempo, gli utili per l’esportazione di risorse e energia in Australia nell’esercizio finanziario 2016-17 sono stati stimati intorno ai 205 miliardi di dollari. Si tratta di un aumento del 25% degli utili dell’esercizio precedente, secondo il dipartimento, determinato dagli aumenti di prezzo del del ferro e del carbone metallurgico. Tuttavia, i guadagni dovrebbero diminuire marginalmente nel 2017-18 a 202 miliardi di dollari e ulteriormente a 200 miliardi di dollari nel 2018-19, con i prezzi delle commodities in declino.

mercoledì 19 luglio 2017

Petrolio, i motivi per cui crediamo un rally sopra i 55$ entro fine anno

I prezzi del petrolio greggio saliranno mediamente tra i 53 dollari al barile nel 2017 fino a 56 dollari al barile nel 2018. L’amministrazione statunitense per l’energia ha reso noto un report che mostra queste previsioni. La volatilità non sarà così male come nel 2016. I trader di commodities hanno alzato anche il livello di prezzo nei loro contratti futures. Secondo loro il prezzo potrebbe dunque spingersi da un minimo di 39 ad un massimo di 64 dollari al barile entro settembre 2017. Questo è un intervallo inferiore rispetto alla previsione del mese scorso.

Noi pensiamo che ci sia una grande probabilità che che il WTI torni sopra i 50 $. La previsione viene dopo che una serie di dati analizzati ha mostrato una certa speranza toro sul petrolio, scacciati dal mercato nel mese di giugno. Anche se ogni punto non è del tutto significativo, considerato che ci sono ancora punti chiave importante da risolvere.

I prezzi del petrolio hanno una oscillazione stagionale prevedibile. Si alzano in primavera, poiché i trader anticipano un’elevata domanda per le vacanze estive. Una volta che la domanda ha raggiunto il picco, i prezzi diminuiscono in autunno e in inverno. Allora perché i prezzi del petrolio sono così volatili? Ci sono vari motivi.

In primo luogo la produzione statunitense di petrolio di scisto e combustibili alternativi è aumentata. La produzione totale statunitense è salita a 9,4 milioni di barili al giorno nel 2015, il più alto da 9,6 milioni di barili nel 1970. Ad esempio, la settimana scorsa, nel rapporto mensile petrolifero dell’IEA, l’agenzia ha stimato che il tasso di conformità dell’OPEC è scivolato in basso causa l’aumento della produzione in Libia e Nigeria. L’aumento imprevisto della produzione probabilmente ritarderà il riequilibrio del mercato petrolifero, ha concluso l’IEA. L’IEA ha affermato che la domanda mondiale si espanderà quest’anno di 1,5 milioni di barili al giorno, ovvero un salto di 0,1 milioni di barili al giorno dalla stima dell’agenzia nel precedente mese.

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Un secondo motivo per cui i prezzi del petrolio stanno iniziando lentamente a salire è che il numero degli impianti americani, pur aumentando, si sta espandendo a un ritmo più lento. La settimana scorsa il conteggio dei pozzi è aumentato solo di 2, un numero piuttosto piccolo nel contesto dell’espansione di 14 mesi fa nella primavera del 2016. Nelle ultime tre settimane, il numero degli impianti petroliferi è aumentato solo di 7;

Nel precedente periodo di tre settimane il numero di impianti è salito di 25. I minori prezzi del petrolio stanno cominciando a spaventare le società di perforazione. Gli incrementi più piccoli stanno dando ai trader di petrolio la speranza che il boom di perforazione possa essere frenato, il che a sua volta contribuirebbe ad un mercato più ristretto.

Un terzo motivo è che gli Stati Uniti hanno pubblicato per due settimane consecutive un forte declino delle scorte. La IEA ha riportato inventari di 7,5 e 6,3 milioni di barili nelle rispettive due settimane, dopo diverse settimane di dati quasi piatti. E’ ancora presto per fare ipotesi, ma altre settimane di declino delle scorte fornirebbe di fatto l’idea di un lungo cammino verso un piano di prezzo superiore ai 48 dollari.

I prezzi del petrolio hanno raggiunto il loro record massimo di 145 dollari al barile nel 2008 e sono stati intorno ai 100 dollari al barile nel 2014. Allora l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico prevedeva che il prezzo del Brent avrebbe raggiunto il tetto dei 270 dollari entro il 2020. L’idea del petrolio a 200 dollari al barile sembra catastrofica per il modo di vivere americano. Ma la gente dell’Unione europea ha pagato l’equivalente di circa 250 dollari al barile per anni a causa delle tasse elevate. Ciò non ha impedito all’UE di essere il terzo consumatore di petrolio al mondo. Finché le persone hanno avuto il tempo di adattarsi, trovando nuovi modi per vivere con prezzi del petrolio più elevati.

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Inoltre il 2020 è solo a tre anni di distanza. Guardate come i prezzi volatili sono stati negli ultimi 10 anni. Nel marzo 2006, un barile di Brent Crude era venduto per circa 60$ ed è salito a 145$ nel 2008. Ha raggiunto il livello di circa 100$ nel 2014. E’ poi crollato a un livello più basso degli ultimi 13 anni a gennaio, quindi è raddoppiato ai livelli attuali. Se i produttori di petrolio scisto interrompono le trivellazioni e l’Iran non produce ciò che dice, i prezzi potrebbero tornare ai livelli storici di 70-100$ al barile. OPEC sta contando su di questo.

Un quarto motivo per cui c’è spazio per i prezzi più alti è il fatto che il mercato non sarà blindato da una maggiore produzione di Libia e Nigeria. Una delle ragioni per cui il prezzo del petrolio è diminuito nel corso dell’ultimo mese è stato ovviamente perchè la Libia è tornata. Ora è completamente scontata dal mercato. Inoltre i livelli di produzione più elevati dell’OPEC sono stati piuttosto banali.

Il sentiment più positivo sul mercato è visibile nelle recenti mosse fatte dagli investitori. I fondi hedge e altri gestori di denaro, dopo aver costruito un livello straordinario di posizioni short in giugno, hanno cominciato a liquidarle poche settimane fa. I dati più recenti mostrano che gli investitori hanno individuato un posizionamento più positivo in ciascuna delle due ultime settimane, un periodo che corrispondeva all’aumento dei prezzi del petrolio. I trader stanno cominciando a vedere con ottimismo alcuni sviluppi di mercato, anche se il tono generale è chiaramente ancora ribassista.

venerdì 14 luglio 2017

Materie prime, lo zucchero ha toccato il suo supporto

I futures dello zucchero, una materia prima fondamentale in tutto il mondo, sono scesi al minimo di 10,13 centesimo per libbra dall’Agosto 2015, ultimo minimo registrato. Il prezzo basso ha causato un rallentamento della macinazione e la domanda ha cominciato ad aumentare i prezzi. La mancanza di forniture ha causato un disavanzo dove la domanda era superiore all’offerta e il prezzo è più che raddoppiato nel corso degli ultimi 10 mesi. Entro giugno 2016 i futures sullo zucchero sono stati scambiato oltre 20,26 centesimi per libbra e ad ottobre, sono saliti ad un livello di 23,90 centesimi.

A prezzi superiori ai 20 centesimi, la produzione è aumentata e la domanda è scesa. L’aumento della produzione ha causato l’aumento delle scorte. Nell’ottobre del 2016, il prezzo dello zucchero è stato scambiato al più alto livello dal luglio 2012, un anno in cui le condizioni della siccità hanno colpito tutte le merci agricole. L’aumento della produzione in risposta all’aumento dei prezzi è diventato troppo per il mercato dello zucchero e il prezzo è andato rapidamente e decisamente verso i minimi.

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Quale sarà il fattore importante?

La raccolta della canna da zucchero brasiliana sarà un fattore importante e finora le previsioni sono contraddittorie. Secondo Datagro, per esempio, la produzione di zucchero del Centro-Sud nel 2017-18 dovrebbe salire da 36,1 a 36,5 milioni di tonnellate, da una stima di 34,1 milioni di questa stagione.

Si prevede che circa 600 milioni di tonnellate di canna da zucchero siano trattate nell’ultima stagione. Tuttavia, l’associazione del settore zucchero brasiliano, Unica, considera una diminuzione della raccolta della canna da zucchero più probabile, anche in buone condizioni meteorologiche, perché i produttori hanno investito troppo poco negli ultimi anni nel mantenimento e nell’aggiornamento delle loro piantagioni.

Si può prevedere che il mercato dello zucchero rimanga sufficientemente teso per giustificare i prezzi intorno ai 20 centesimi di sterline. Ci si aspetta un prezzo di 19 centesimi alla libbra per lo zucchero greggio al negli ultimi tre mesi del 2017.

Societe Generale mantiene invece una visione neutrale sullo zucchero per il breve periodo, nonostante il recente calo dei prezzi. La merce ha perso una parte del suo splendore dopo la rinnovata debolezza del real brasiliano e il mancato sviluppo climatico della Nina. Ricordiamo che, in assenza di nuove notizie meteo importanti, i prezzi dello zucchero dovrebbero continuare a muoversi in relazione alla competitività del produttore Brasile. Teniamo inalterate le nostre previsioni sul prezzo dello zucchero.

A prescindere da qualsiasi clima negativo, crediamo che il mercato dello zucchero porterà un surplus di 3,5 milioni di tonnellate nel 2017-18, contro un disavanzo di 2,6 milioni nel 2016-17. Tuttavia, il livello globale di scorte dovrebbero diminuire dal 19,6% nel 2016-17 al 18,9% nel 2017-18, simile al livello del 2010-11, quando i prezzi dello zucchero hanno toccato i 35,31 centesimi al chilo.

Fattori di domanda e offerta

I fattori di offerta e di domanda hanno portato il prezzo dello zucchero a più del doppio da agosto 2015 a ottobre 2016. Il rally di dieci mesi c’è stato grazie alla domanda maggiore. Il surplus si è trasformato in un deficit di mercato, il prezzo si è mosso costantemente verso l’alto. Tuttavia il prezzo più elevato ha portato i produttori ad aumentare la produzione e gli inventari hanno cominciato a fornire una domanda sempre più bassa a causa del prezzo più alto. Il disavanzo è diventato un surplus nel mercato dello zucchero e il raduno di quattordici mesi è diventato una correzione dei prezzi di dieci mesi.

Nelle recenti sessioni, sembra che lo zucchero abbia toccato il fondo e potremmo essere sul punto di un nuovo rally che ancora una volta farà sognare le prospettive della merce. L’impressionante rally dei prezzi dello zucchero sin dall’inizio dell’anno sembra aver raggiunto il suo massimale a 23,30 centesimi al chilo alla fine di settembre e da allora è diminuito lentamente ma costantemente. E’ stato scambiato a 21,0 centesimi per libbre il 4 novembre. Il prezzo è sceso del 6,5% rispetto allo stesso giorno del mese scorso, ma è superiore del 40,4% su base annua.

Il rallentamento del prezzo dello zucchero di quest’anno ha riflesso la produzione lenta nei produttori chiave, che dovrebbero causare un disavanzo nel mercato dello zucchero. La recente diminuzione, tuttavia, ha rivelato che gli analisti di mercato si concentrano ora su un possibile surplus nel 2018, il che ha spinto alcuni speculatori ad uscire dal mercato.

Conclusioni

Il prezzo dello zucchero è stato un esempio dell’economia pratica delle materie prime. Il mercato si era trasferito in una determinata condizione e il prezzo è sceso come un sasso. Tuttavia, con lo zucchero a meno di 15 centesimi per libbra, i produttori potrebbero ridurre l’output nei prossimi mesi. Inoltre, la domanda è probabile che potrebbe iniziare a far calare le scorte. Il prezzo si è sceso mentre la produzione è aumentata e gli inventari sono cresciuti, ma ora, quei depositi possono essere sul punto di dissolversi, il che potrebbe aumentare i prezzi nei prossimi mesi. La curva dei futures dello zucchero ci dice che la produzione e le scorte probabilmente diminuiranno dall’attuale livello di prezzo.

Il prezzo dello zucchero probabilmente si abbasserà ancora nei prossimi mesi. Abbiamo visto i primi segni di un fondo nel mercato dei futures, ma è ancora troppo presto per dire che il mercato orso è terminato. Ritengo che il lato negativo sia limitato, i fondamentali dell’offerta e della domanda potrebbero passare da un surplus al deficit, e le prospettive per il prezzo dello zucchero stanno migliorando rispetto a quelle che avevano dal rally che ha spedito il prezzo dei futures al di sopra del 100%.

Gli analisti prevedono che il prezzo medio dovrebbe arrivare intorno a 19,6 centesimi per libbra negli ultimi tre mesi del 2017.

martedì 6 giugno 2017

Col dollaro che arranca, lo scettro passa all'Oro

L’oro si è mantenuto costante dopo aver toccato il picco più alto delle ultime 6 settimane, incoraggiato dai deludenti dati sul lavoro degli Stati Uniti che sembravano abbassare le prospettive di una serie aggressiva di aumenti dei tassi di interesse americani. La crescita degli impieghi statunitensi è stata rallentata nel mese di maggio e gli incrementi occupazionali nei due mesi precedenti non erano altrettanto forti come quelli precedentemente riportati, suggerendo che il mercato del lavoro sta perdendo slancio, nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso a un tasso più basso degli ultimi 16 anni, 4,3%.

Con la settimana di trading abbreviata nei mercati statunitensi, non abbiamo realmente notizie importanti sui prezzi dell’oro, ad eccezione dei numeri sulla disoccupazione. Tuttavia l’Oro non è rimasto piatto, ma ha continuato ad avanzare regolarmente, con un guadagno dello 0,78% venerdì per chiudere la settimana al rialzo.

I futures dell’oro americano in agosto sono aumentati dello 0,2 per cento a 1.283,3 / oncia. Il palladio ha raggiunto gli 843,10 dollari l’oncia, il prezzo più forte del metallo dal settembre 2014. Probabilmente la spinta principale dell’Oro è stato il dollaro, che si muove inversamente metallo a causa dello stato del dollaro come valuta corrente di riserva e concorrente come bene di rifugio all’oro. Competono anche attraverso il costo delle opportunità, con l’offerta di dollari e oro che offrono una protezione contro l’inflazione, che però indebolisce il dollaro.

Ci aspettiamo che l’oro possa trovare un periodo di turbolenza mentre ci avviciniamo all’ipotetico rialzo dei tassi di giugno, ma le cose potrebbero aprire nuovi spiragli di salita per il prezioso metallo nel post-meeting, se le parole usate dalla FED sono di un calo strutturale dell’economia

ha dichiarato l’analista di INTL FCStone Edward Meir

Nel frattempo, dopo un attacco militante su un quartiere notturno di Londra questo fine settimana, il primo ministro britannico Theresa May riprenderà la campagna lunedì per le elezioni nazionali previste in tre giorni. Il voto dovrebbe essere molto più stretto di quanto previsto in precedenza.

Dall’inizio dell’anno, l’indice del dollaro è sceso del 6%. L’incertezza circa la direzione degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump continuano a sopprimerlo. I fondamentali degli Stati Uniti non sembrano molto solidi, ci sono coinvolgimenti con la Russia, le tensioni geopolitiche sembrano pesare sul dollaro dopo ogni notizia postata sui giornali, e proprio questa settimana abbiamo avuto notizia che Trump si è ritirato dall’accordo sul clima di Parigi. Tutti questi fattori hanno contribuito al declino del dollaro.

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Trump e il fattore tassi di interesse

Il principale fattore, tuttavia, è stata la debole politica del dollaro di Trump. Dalla discussione con i giornalisti su cosa pensa sul fatto che il dollaro sia troppo forte, ha accusato la Germania di manipolare l’euro, la Cina lo yuan, e i i giapponesi di svalutare lo yen contro il dollaro. Non possiamo dire che Trump non sia stato attivo nel discutere il dollaro. Ma bastano questi punti per rendere il dollaro debole? Pensiamo di No. Ci sono altri fattori importanti.

I futures dei Fed Funds hanno abbassato le loro aspettative per tre escursioni di tassi quest’anno, nonostante la le parole del presidente della FED, Janet Yellen, che pensa che i numeri negativi del Q1 siano “transitori”. Secondo lo strumento FedWatch Tool del Gruppo CME, il mercato pensa che nel corso di una riunione di giugno si prevede un aumento del tasso di interesse del 94,6%, nonostante tutti i dati economici bassi. Credo che avremo un’escursione nel mese di giugno e non ci sarà una sorpresa perché i funzionari federali stanno ancora parlando di tre aumenti di tassi di interesse quest’anno.

I macroeconomici del lavoro non sono così eccezionali

A maggio negli Stati Uniti sono stati creati meno posti di lavoro del previsto (138.000) e la crescita dei salari è rimasta contenuta (+0,2% mensile) ma il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi del maggio 2001 ed è oggi pari al 4,3%.

Un dato che dipende dal fatto che molte persone lasciano il lavoro senza cercare nuova occupazioni più che da un aumento di quelle che trovano un lavoro nuovo. Questi numeri non dovrebbero pesare sulla decisione della Federal Reserve di alzare i tassi nella riunione di giugno.

E’ iniziato tuttavia il dibattito su quando e se ci sarà la terza stretta del 2017 messa in conto dalla banca centrale Usa e attesa dal mercato a settembre. Quel mese sarà infatti politicamente molto intenso: il Congresso dovrà aumentare il tetto al debito e approvare i finanziamenti per l’anno fiscale che inizierà il primo ottobre.

venerdì 31 marzo 2017

Domino Solutions : Il nuovo calo del petrolio sta creando opportunità

Il recente calo delle attività legate all’energia appaiono esagerate, secondo le nostre analisi, dato le nostre prospettive sui prezzi del petrolio. Anzi, si stanno creando opportunità di acquisto di azioni energetiche. I prezzi del petrolio sono scesi questo mese, dopo la negoziazione di una gamma stretta nei primi mesi del 2017. Le preoccupazioni per l’eccesso di offerta ha portato alla liquidazione dei livelli record e alla speculazione sui prezzi del greggio i quali potrebbero salire ulteriormente. I titoli legati all’energia, tuttavia, sembrano aver ceduto valore troppo facilmente e con troppo pessimismo. Il divario delle prestazioni tra il recente aumento delle scorte di petrolio e la domanda di energia globale sembra essere incoraggiante.

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Perchè c’è stato il calo del petrolio

Nel l’ultimo bollettino mensile Opec, le cifre trasmesse da Riad indicano una brusca marcia indietro nei tagli produttivi sauditi, con l’output risalito in febbraio di ben 263.300 barili al giorno, a 10,011 milioni di bg (comunque al di sotto della quota assegnata di 10,058 mbg). Le stime di fonti secondarie – adottate dal gruppo per verificare la disciplina dei Paesi membri – registrano invece un’ulteriore discesa di 68.100 bg, a 9,797 mbg.

La guerra si è rivelata più costosa del previsto per i sauditi. Le riserve finanziarie si sono sgonfiate notevolmente: dai 746 miliardi del 2014 si è passati ai 536 del 2016, con un crollo insostenibile per le casse dello Stato. Per questo nessuno si è stupito quando l’anno passato ha dichiarato il cessate il fuoco firmando l’accordo per tagliare la produzione. La strategia saudita sarebbe risultata vittoriosa se fosse riuscita a buttar fuori dal mercato Usa e Iran, ma al contrario si è rivelata suicida. Uscendo da un periodo durissimo, Teheran era destinata ad avvantaggiarsi di qualsiasi nuova esportazione dopo la fine delle sanzioni, e a qualsiasi prezzo.

I produttori americani, d’altra parte, sono riusciti a mantenere un vantaggio competitivo grazie alla superiorità tecnologica. I prezzi bassi hanno avuto l’effetto di far concentrare i petrolieri sulla riduzione dei costi, aumentando l’efficienza di estrazione abbastanza da abbassare il prezzo di breakeaven a un punto sostenibile.

Articolo correlato: Investire in materie prime: shale realmente in ripresa?

I vari rimbalzi tra domande e scorte

La domanda e offerta hanno supportato i prezzi del petrolio all’inizio di quest’anno. I trader speculativi nei mercati a termine hanno contribuito alla crescita del greggio sulle aspettative dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) e nei paesi non OPEC i quali hanno aiutato associandosi all’accordo sui tagli alla produzione. Il nervosismo sui livelli record di tali posizioni, l’aumento della produzione negli Stati Uniti e i dubbi crescenti sulla conformità del taglio, hanno scatenato il recente calo dei prezzi del petrolio.

I prezzi del petrolio sono difficili da prevedere, i tagli di produzione fanno da cerniera in un contesto politico incerto. Il prezzo del petrolio lo vediamo laterale nei prossimi tre mesi. I membri dell’OPEC hanno mostrato molta disciplina riguardo il taglio della produzione e la crescita dell’inventario dovrebbe presto stabilizzarsi dato che le raffinerie stanno aumentando gli acquisti. La domanda globale è destinata ad aumentare nel bel mezzo della reflazione.

I titoli energetici sembrano riflettere una prospettiva ribassista. Questo crea delle belle opportunità. Ci piacciono molto aziende che si occupano dello shale americane. Tra tagli dei costi, miglioramento delle tecnologie e prospettive di regolamentazione più flessibili. Anche il valore della diversificazione offerta da parte delle imprese energetiche integrate, tra cui relativamente a buon mercato come le major petrolifere europee. Obbligazioni ad alto rendimento energetico offrono migliore valori dopo il recente selloff. Noi preferiamo crediti di società di esplorazione grazie ai rendimenti interessanti e la disciplina di bilancio.

Probabili nuovi tagli alla produzione

Recuperata la soglia di 50 dollari al barile, il petrolio nelle ultime sedute l’ha ripassata nettamente al ribasso. Ed ecco che l’Opec passa allora alle parole forti verso i suoi membri: li invita tutti a tagliare la loro produzione, in linea con gli accordi del 30 novembre 2016, avvertendo che, se non lo faranno, i mercati resteranno depressi. Il tagli concordato di 1,2 milioni di barile al giorno va considerato in “modo molto serio” dice il ministro del Petrolio del Kuwait, Issam Almarzooq, che presiede il comitato dell’Opec che sovrintende all’implementazione dell’accordo. “Occorre fare di più – aggiunge – Serve conformità nel board. Assicuriamo che noi lo faremo”.

Sui mercati c’è insofferenza, perché si continua a vedere una crescita delle scorte americane insieme all’attività di estrazione degli Usa, il mercato sta sicuramente domandando una estensione dell’accordo Opec. Non è un caso che i gestori dei fondi speculativi siano assolutamente scettici sulla possibilità che il prezzo del petrolio salga ulteriormente: secondo la U.S. Commodity Futures Trading Commission, le posizioni nette lunghe (cioè le scommesse sui rialzi) sono scese del 37% dai record del mese scorso. Intanto il prezzo del barile Wti resta sotto i 48 dollari al barile sui mercati proprio per le incertezze che ancora persistono, fra paesi Opec e non, sul prolungamento dei tagli alla produzione. Il Brent è poco sopra 50 dollari. Nell’ultima settimana il Wti ha toccato i minimi dell’anno, scendendo persino sotto quota 48 dollari al barile.

martedì 27 dicembre 2016

Investire nelle materie prime: come andranno nel 2017

Dopo un anno all’insegna dell’incertezza, sta per avviarsi un 2017 la cui lettura appare ancora complessa. Per questo motivo occorre prendere seriamente in considerazione l’investimento non solo in attività finanziarie “classiche” come le azioni, bensì anche in materie prime che diano interessanti ritorni.

Oro e Argento
Le prime materie prime di cui ci occuperemo sono i due principali metalli preziosi: oro e argento.
Dopo un anno di promesse mai mantenute, il 14 Dicembre la Federal Reserve ha compiuto il suo “atto di fiducia nell’economia americana”, procedendo con il primo rialzo dei tassi di interesse (dello 0,25%) degli ultimi 10 anni. Questo evento era piuttosto prevedibile alla luce dei segni di forza mostrati recentemente dall’economia reale statunitense ed ha avuto un impatto negativo sul prezzo dell’oro, attualmente di 1.129$ per oncia ed in netta diminuzione rispetto ai valori massimi raggiunti nel Luglio 2016. L’aumento dei tassi infatti rende maggiormente attraente l’investimento in altre attività in grado di dare rendimenti superiori.

Andamento e stime dell'Oro nel 2017, materie prime

In realtà le prospettive inflazionistiche dei piani di investimenti pubblici e di taglio delle tasse preventivati da Trump (questi andrebbero ad indebolire il valore del dollaro, elemento che fa accrescere la domanda estera di oro valutato proprio in dollari sui mercati internazionali) e il contesto politico-economico globale ancora incerto, lasciano auspicare un futuro interesse ancora elevato verso un bene di rifugio come l’oro. In tal modo il rialzo del suo prezzo sarebbe più che possibile, andando a superare anche le avversità di ulteriori aumenti dei tassi nel 2017, i quali per quanto probabili non sono per nulla sicuri.

Per quanto ne concerne con l’argento, il discorso risulta analogo se non per il fatto che in questo caso il suo utilizzo industriale è un fattore di primaria importanza nel decretarne il prezzo. A tal proposito si registrano richieste record soprattutto nell’industria fotovoltaica, grazie all’aumento delle installazioni di pannelli solari che necessitano di un ottimo conduttore di elettricità.
Perciò anche in questo caso il suo prezzo è destinato ad aumentare nel 2017.

Andamento e stime dell'Argento nel 2017, materie prime

Petrolio
Ogni valutazione sul prezzo del petrolio ruota attorno ad una parola: pazienza.
L’unico modo per uscire fuori definitivamente da questa ormai biennale crisi di sovrapproduzione è un taglio netto della produttività mondiale. Dopo mesi e mesi di attesa finalmente i paesi esportati si stanno muovendo in tale direzione: l’OPEC lo scorso 30 Novembre ha annunciato una significativa riduzione dei barili prodotti al giorno (nell’ordine di circa 1 milione), così come si registra il medesimo impegno in tal senso da parte dei paesi non-OPEC.

La domanda da porsi è ora “sono queste le reali intenzioni dei paesi produttori?”, constatando come esistono purtroppo elementi che sembrano non darne conferma: la difficoltà a ripartire il taglio tra i paesi OPEC a fronte dei tentativi di alcuni stati membri di ottenerne l’esenzione e la messa in linea di nuovi impianti da parte di alcuni paesi esterni all’OPEC (come Russia e Brasile).

In ogni caso se mai il taglio della produzione dovesse divenire realtà, occorrerà attendere diverso tempo affinché si raggiunga l’equilibrio tra domanda e offerta del mercato. Fino a quel momento il superamento dei 55-60$ al barile appare improbabile.

Andamento e stime del Petrolio nel 2017, materie prime

Metalli industriali
Il 2016 è stato un anno eccellente per la ripresa delle quotazioni dei vari metalli ad uso industriale come nichel, rame, zinco, alluminio ecc. dopo il precedente crollo dovuto ad una globale crisi di sovrapproduzione del settore.

L’impegno nei tagli della produttività sta finalmente dando i suoi risultati, così come i benefici di una domanda in costante crescita grazie soprattutto alla ripresa economica cinese, con un 2017 che sembra destinato a dare ancora più soddisfazioni in termini di domanda aggregata visto l’imponente programma di realizzazione di nuove infrastrutture voluto dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (che ovviamente richiederà l’utilizzo di ingenti quantitativi di materiale per la costruzione).

Alluminio, analisi tecnica 2017, materie prime

Le uniche perplessità derivano dai rischi politico che potrebbero avere un impatto negativo sul prezzo dei metalli, quali ad esempio il Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese in cui la ricerca di stabilità politica potrebbe indirizzare verso un nuovo eccesso di produzione.

Prodotti agricoli
Concludiamo la rassegna di materie prime con i prodotti agricoli, per cui è necessario porre attenzione alle condizioni atmosferiche.

Il 2016 si è caratterizzato da un raffreddamento della superficie dell’oceano Pacifico con conseguente aumento delle piogge. Si tratta di una notizia positiva per le piantagioni brasiliane di caffè e di barbabietola da zucchero, con ottime prospettive per i raccolti del prossimo anno, così da ridurre il deficit produttivo di zucchero.

Andamento e stime del Caffè nel 2017, materie prime

mercoledì 21 dicembre 2016

Investire in materie prime: shale realmente in ripresa?

Lo shale oil è una particolare tipologia di petrolio derivante dai frammenti di rocce di scisto bituminoso presenti nel sottosuolo e prodotto mediante complessi processi chimici che convertono la materia organica all’interno della roccia in petrolio e gas sintetico. Esso viene poi usato come combustibile (principalmente come olio per riscaldamento e carburante marino) e in misura minore nella produzione di varie sostanze chimiche.

Gli Stati Uniti nell’ultimo decennio hanno puntato molto sullo shale oil (e in parallelo sullo shale gas) per raggiungere l’indipendenza energetica, tanto da investire 200 miliardi di dollari dal 2003 in poi in equipaggiamenti e macchinari di estrazione. Proprio nel momento più fiorente per questa moderna attività, però, si è verificata la ben nota crisi di sovrapproduzione petrolifera, con il crollo del suo prezzo sino ai minimi di 28,50$ al barile di inizio 2016 che ha portato alla bancarotta di un terzo degli operatori di questo nuovo settore, sin troppo esposti finanziariamente e incapaci dunque di adempiere alle loro obbligazioni a seguito delle gravi perdite di liquidità subite (non sostenute in alcun modo dalle varie linee di credito che hanno deciso di sospendere ogni forma di prestito).

Dopo più di un anno di tagli della produzione di shale oil, le aziende produttrici sembrerebbero finalmente essere in grado di invertire la tendenza: è stata infatti annunciata la produzione complessiva di 2,000 barili al giorno in più a partire dal Gennaio 2017, per un totale di 4542 milioni di barili quotidiani.

Shale gas America, fracking, estrazione petrolio

Il 30 Novembre 2016 è stata una data fondamentale in quanto si è raggiunto uno storico accordo tra i paesi membri dell’OPEC, i quali ridurranno la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. Inoltre gli stessi i paesi non-OPEC realizzeranno imponenti tagli alla produzione, guidati dall’importante collaborazione in tal senso garantita dai russi, così da esserci la possibilità concreta che il mercato del greggio giunga ad una condizione di deficit per la prima metà dell’anno nuovo.

Questa serie di spinte rialziste al prezzo del petrolio non può far altro che giovare agli interessi dei produttori di shale oil, i quali a loro volta nel frattempo hanno migliorato notevolmente le tecniche di estrazione, abbassandone i costi del 40% (in alcune aree anche più del 50%) tanto da ridurre il punto di pareggio tra costi e ricavi al punto tale che un prezzo di 50$ al barile è divenuto più che sufficiente per trarre profitto dall’attività (il chè era impensabile solo un anno fa).

Occorre precisare che nel mese di Dicembre si sono verificati nuovi cali della produzione in alcune aree estrattive, a testimonianza di una ripresa ancora incerta. Al contrario il giacimento del Permiano, collocato tra la parte occidentale del Texas e il New Mexico, continua a mostrare segnali più che positivi, quali l’aumento del numero di piattaforme attive e il conseguente miglioramento della produttività stimato in 27.000 barili al giorno in più rispetto a Novembre.

Il maggiore produttore di questo bacino, con il suo 13% rispetto al totale di petrolio estratto, è Occidental Petroleum (OXY).

OXY, Occidental petrolium, analisi tecnica medio periodo

Per il 2017, dunque, diventa interessante seguire le vicende legate alle grandi aziende produttrici di shale oil, considerando seriamente l’ipotesi di investire in esse, pur ricordando come sia necessario porre grande attenzione alle reali intenzioni dei paesi OPEC (non sempre quanto affermato è stato poi realizzato) e soprattutto come questa ripresa della produttività statunitense potrebbe bloccare l’attuale spinta rialzista al prezzo per il petrolio.

lunedì 3 ottobre 2016

Le forniture di caffè minacciate dalla guerra dei coltivatori

Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha rilasciato le stime di forniture di caffè della stagione 2016-2017 sottolineando come queste subiranno un crollo della produzione di Robusta mentre l’Arabica aumenterà grazie ad una resa eccezionale in Brasile. In tutto il mondo però, i coltivatori di caffè sono colpiti dai bassi ricavi dei chicchi, allo stesso tempo, si trovano a combattere con un aumento dei costi secondo l’Organizzazione internazionale del caffè.

Molti coltivatori in paesi come El Salvador e Costa Rica hanno subito perdite, secondo le ultime ricerche. Di conseguenza gli agricoltori stanno passando ad altre colture economicamente più interessanti o addirittura stanno lasciando il settore agricolo, minacciando la capacità del settore di soddisfare la crescente domanda internazionale.

La contrazione delle scorte aveva portato alla crescita di zucchero e caffè, mentre le coltivazioni chiave, quali mais e grano, si sono trovate in difficoltà con la partenza della stagione del raccolto USA. Le preoccupazioni relative alla diminuzione delle scorte hanno sostenuto i forti picchi di zucchero e caffè. I future dello zucchero di canna hanno raggiunto il punto più alto degli ultimi quattro anni e il caffè Arabica quello degli ultimi 19 mesi, prima di tornare a livelli più bassi per la caduta del real brasiliano e per l’avvio delle prese di profitto da parte degli hedge funds, possessori di un gran numero di posizioni lunghe.

Lo zucchero è salito del 40% quest’anno, mentre il caffè Arabica del 14%, dopo aver fatto registrare movimenti laterali per una buona parte degli ultimi due anni. Circa 70 paesi in tutto il mondo producono il caffè, ma un prolungato periodo di perdite o bassi profitti potrebbe significare che solo i coltivatori più forti saranno in grado di sopravvivere conducendo il mercato verso un sempre minor numero di coltivatori.

Analisi tecnica ETF caffè COFF

Il sesto Forum sul finanziamento del settore caffeario ha riunito esperti provenienti dal settore pubblico e privato per discutere le sfide che attendono il settore caffè con un focus particolare sulla redditività della coltivazione del caffè. I punti chiave sollevati durante la sessione sono stati i cambiamenti climatici e le condizioni sociali dei coltivatori di caffè.

Infatti, tenendo conto dell’inflazione, i prezzi del caffè sono cresciuti quest’anno del 2,8%, l’ICO ha sottolineato in una ricerca presentata al forum un avvertimento circa la stretta degli aumenti dei costi sempre maggiori causati dalle assunzioni, i fertilizzanti e i macchinari. La ricerca in quattro paesi ha dimostrato che gli agricoltori in Colombia hanno raggiunto profitti operativi bassi nella maggior parte delle stagioni, mentre quelli in Costa Rica e El Salvador hanno sofferto per anni perdite, anche se i coltivatori brasiliani hanno goduto di risultati “positivi”.

La pressione sui margini mette a rischio il futuro di molti produttori di medie e piccole imprese. Infatti, Edgar Cordero, consulente senior global strategies della federazione dei coltivatori di caffè della Colombia, Fedecafe, ha detto che i produttori ricevono sui 200 miliardi di ricavi generati attraverso il mercato di vendita al dettaglio solo 15 miliardi di dollari. Questa bassa redditività è anche alla base dell’allontanamento dei giovani dal settore. L’età media dei coltivatori di caffè è di 55 anni. In Colombia, per esempio, i più giovani sono a caccia di altri posti di lavoro.

L’industria del caffè quindi si sta trasformando, le piccole imprese sempre più pressate dai costi e bassi ricavi lasciano lo spazio e le terre ai giganti produttori che possono supportare i costi con vendite enormi. Questo col tempo metterà pressione sulle forniture, dato che ci vorranno anni prima che il cambiamento sia attuato, nel frattempo, la domanda aumenta e la fornitura cala.

sabato 20 agosto 2016

Il petrolio rompe i 48 dollari ed entra nel periodo toro

Il Brent il 18 Agosto ha superato di nuovo i 50$ al barile nel pomeriggio portando di nuovo il greggio in territorio da mercato Toro. Le salite sono alimentate dalla speranza che l’incontro dell’OPEC a settembre possa portare qualcosa di buono per il greggio, anche se i gestori non sono molto convinti, inoltre sono usciti i dati dell’invetories americano al di sotto, di molto, dalle stime, questo ha aiutato la ripresa forzata dei prezzi e l’indebolimento del dollaro. Ricordiamo che neanche tre settimane fa il petrolio ha toccato i 40$ e sembrava potesse scendere ancora, una perdita stimata in un 20% dai quasi 55 dollari al barile precedenti.

Il Brent, punto di riferimento internazionale, e la sua controparte statunitense, West Texas Intermediate (WTI), hanno rispettivamente toccato i valori di 50,89 e 48,22 dollari al barile al barile.

E’ L’OPEC che fa da riferimento in questo caso. Infatti sia il Brent sia il WTI si sono mossi con forza dop il 15 Agosto, quando le indiscrezioni di un incontro tra i produttori ha preso corpo. Tuttavia, i gestori rimangono incerti e scettici, si parla di congelamento, calo della produzione ma in definitiva non ci sono ancora dati ufficiali a supporto di tali soluzioni. Una esclusione dell’Iran pare improbabile e una costruzione dell’asse Arabia-Russia sembra invece molto più concreto. Anche il minute meeting della Federal Reserve ha aiutato il recupero del greggio.

Dopo la riunione della Fed di luglio sono stati rilasciate le aspettative di un rialzo dei tassi di interesse nel mese di dicembre sono scese da un 54,8% a 45,8%. Questo ha significato un dollaro più debole, contribuendo ulteriormente al giro di boa dei prezzi del petrolio. Due ore dopo l’avvio degli scambi i prezzi del petrolio sono saliti grazie alla diffusione del report sulle scorte strategiche da parte del Dipartimento dell’energia.

I futures sul WTI sono in rialzo di circa l’11 per cento dall’inizio dell’anno, ma rimangono nettamente al di sotto dei livelli oltre i $100 prima dell’inizio del grande sell-off del prezzo del petrolio inaugurato a luglio 2014. I movimenti del prezzo del petrolio quest’anno sono stati alimentati dalla paura per l’eccesso di offerta, il rallentamento economico della Cina e il relativo impatto sulla domanda di petrolio. I membri dell’OPEC si incontreranno per una riunione informale (probabilmente insieme alla Russia) a settembre, mentre monta la speculazione per cui l’Arabia Saudita sia finalmente pronta ad accettare di porre un limite ai livelli di produzione per sostenere una ripresa del prezzo del petrolio.

Al momento però sono solo chiacchiere quelle con cui Russia e Arabia Saudita vorrebbero far credere di puntare a un congelamento della produzione, così da sostenere le quotazioni del greggio e riportarle sopra i 50 dollari.

Il greggio ha perso oltre il 20% dal recente picco di prezzo superiore ai 50 dollari per barile e si è riportato al di sotto dei 40 dollari per barile in un contesto complessivo che vedeva i gestori aumentare le short bets sul prodotto. Renaissance Capital, specializzata nei mercati emergenti, ritiene che il prezzo del petrolio a 50 dollari sua il prezzo ideale per le aziende energetiche russe; il ministro egiziano del Commercio e dell’Industria Tarek Kabil aveva dichiarato alla CNBC a giugno che $50-$ 55 al barile è il posto migliore per il prezzo del petrolio a vantaggio dell’Egitto.

Disclosure

Nel settore petrolifero stiamo per inserire due nuovi nel nostro portafoglio sulle materie prime, Domino Oil.

mercoledì 10 agosto 2016

Grano, ai minimi da 10 anni può essere un ottimo affare

Quando il prezzo di una merce scende al di sotto del suo costo di produzione, le scorte tendono a diminuire e aumenta la domanda. Le persone sono consumatori saggi. Quando il prezzo di una materia prima diminuisce, consumano più. Nelle ultime settimane, il prezzo del grano è precipitato al livello più basso dal 2006. Abbiamo toccato i minimi del decennio, una delle più importanti materie prime politiche in tutto il mondo. L’importanza del grano deriva dal fatto che è l’ingrediente principale in quella che è forse la fonte più critica di alimentazione per persone in tutto il mondo – il pane.

I governi devono assicurarsi che i loro cittadini abbiano abbastanza cibo per sostenersi. Nel corso della storia, la carenza di pane ha scatenato la violenza e varie insurrezioni civili. Di recente, la primavera araba iniziò nel 2010 come rivolta del pane in Tunisia ed Egitto. Un cattivo raccolto di grano ha causato un aumento dei prezzi e il declino della disponibilità per i cittadini portando ad un massiccio cambiamento politico nel paese. Anche se non era solo per il pane che si è creata questa rivoluzione, le persone che soffrono la fame hanno deciso che i governi non si stavano prendendo cura dei loro bisogni di base e molte altre questioni sono venute alla superficie portando ad un cambiamento radicale.

Negli ultimi quattro anni ci sono state abbondanti forniture di grano e le persone in tutto il mondo sono abituate a prezzi ragionevoli e al pane che è prontamente disponibile. Il fattore più importante nei mercati dei cereali è sempre il tempo. Madre Natura distrugge il raccolto o ne regala di eccezionali. Quando il popolo è consapevole di avere a disposizione grano e pane in abbondanza è tranquillo, i problemi spesso iniziano a causa della modesta disponibilità di questo bene primario.

All’inizio dell’anno c’è stata una crescita, in quella occasione abbiamo visto un assaggio di ciò che può accadere quando si verifica il potenziale di una carenza. L’anno scorso, una carenza di olio di palma in Asia ha provocato un aumento della domanda di olio di soia. Poi, un raccolto di fagioli poveri in Brasile ha causato prezzi alle stelle della farina di soia. Il 29 febbraio, i prezzi dei futures della soia hanno toccato il loro punto più basso a 8,49 $. All’inizio di giugno ha raggiunto il picco a 12,08 $, con un incremento di oltre il 42%.

Quando si tratta di mais e grano, il calo è stato davvero pesante. Il mais è sceso sotto i 3,20 $ per bushel (unità di misura 35.24 litri negli USA) la scorsa settimana, il prezzo più basso da settembre 2014. Il grano invece è sceso fino a 4 $ per bushel, il prezzo più basso dell’ultimo decennio.

Non c’è mai stato alcun problema con le forniture di mais o grano, dato che le rimanenze sono rimaste abbondanti dai raccolti eccezionali nel corso degli ultimi tre anni. Tuttavia, entrambi si sono mossi in sintonia con la soia. Sembra che il 2016 sarà un altro anno di raccolti eccezionali per il mais e il grano, ed è per questo che i prezzi potrebbero realizzare nuovi minimi pluriennali. Sia mais sia il grano sono cereali critici quando si tratta di approvvigionamenti alimentari mondiali. Il produttore numero uno al mondo ad esportatore mais sono gli Stati Uniti, ma il grano cresce in tutto il mondo, e gli Stati Uniti è solo una delle molte grandi nazioni produttrici.

Diamo una sguardo dal punto di vista tecnico

Su base tecnica, il grano mostra una condizione di ipervenduto sul grafico giornaliero a lungo termine con il MACD al di sotto del livello 2 e l’RSI in territorio neutrale. Inoltre, l’open interest è aumentato, il che è un’indicazione che il numero di posizioni short speculative potrebbero essere in aumento nel mercato dei futures con il prezzo che continua a fare nuovi minimi a lungo termine.

Una grande posizione short speculativa in una merce che si sta avvicinando ad un livello fondamentalmente critico in cui le scorte inizieranno a diminuire con l’aumento della domanda, potrebbe fornire il combustibile per un drammatico recupero di prezzo. Il quadro fondamentale e tecnico per il grano è stato segnato anche dai nuovi minimi colpiti.

Ora è un buon momento per guardare il grano dal punto di vista del lungo termine. Come abbiamo visto nella soia questa primavera, una volta che si presenta un problema di alimentazione, il rischio-rendimento favorisce posizioni lunghe sul grano ai minimi da 10 anni. Questa merce altamente politica può essere esplosiva, e il mondo è diventato compiacente circa il prezzo e la disponibilità negli ultimi anni. Il grano sotto i 4 $ è un acquisto fantastico, ma la pazienza è necessaria in quanto l’economia ciclica delle materie prime occupa mesi a fornire buoni rendimenti. Uno dei punti focali arriverà il 12 Agosto, quando il Dipartimento statunitense dell’Agricoltura rilascerà il rapporto mondiale sugli approvvigionamenti agricoli e stime della domanda.

lunedì 20 giugno 2016

Investire in materie prime: uranio, il nuovo el dorado ?

Tra le materie prime maggiormente sottovalutate in questi anni figura certamente l’uranio, elemento chimico che trova diverse applicazioni industriali, oltre alle meno nobili applicazioni militari come massa di reazione all’interno delle bombe atomiche. Si sa che l’economia è condizionata anche, se non soprattutto, da eventi esterni a quelli strettamente economici che modificano completamente i sentimenti di mercato. Ecco già spiegato come il disastro delle centrali nucleari (in cui l’uranio funge da alimentatore dei reattori) Fukushima nel 2011 abbia avuto ripercussioni impressionanti sul suo prezzo.
Quel che è di più difficile comprensione è come ancora oggi non ci sia stata un’inversione di tendenza, pur essendoci da tempo tutte le premesse necessarie.



La discussione sull’energia nucleare è sempre stata al centro dell’attenzione dell’intera opinione pubblica. In Italia è un tema caldo su cui i cittadini sono stati invitati più di una volta ad esprimere un’opinione. Sia nel referendum del 1987 per l’eliminazione delle poche centrali esistenti che in quello del 2011 per una loro reintroduzione, è stata schiacciante la volontà di restare privi di questa risorsa energetica.

Il mondo la pensa diversamente: prevalgono i vantaggi di avere una fonte di energia pulita ed economica in un contesto di cambiamenti climatici e di crescita globale statica.
Per questo motivo ben 65 sono già pronti per l’utilizzo e altri 500 sono stati pianificati o si trovano in fase di sviluppo (solo in Asia gli investimenti corrispondono a circa 800 miliardi di dollari). Lo stesso Giappone è attivo in questo campo, con alcuni dei suoi reattori che hanno già riavviato le loro operazioni.


Uno sviluppo che il mercato non ha ancora accolto: i tagli alla produzione dovuti alle attuali condizioni di prezzo troppo basso (da cui i produttori non trarrebbero alcun profitto) hanno creato una situazione in cui l’offerta è di gran lunga inferiore alla netta crescita della domanda. Ed è proprio da questa carenza delle forniture che ci sarà l’input per un aumento del prezzo, a prescindere dai sentimenti "extra-economici" negativi.

Come spesso accade in economia non si può mai sapere con certezza quando le previsioni si concretizzeranno. Allora proviamo a fidarci di chi ha già dimostrato di avere una certa capacità in tal senso: i miliardari. Loro stanno scommettendo a favore di una ripresa dell’uranio già nel corso di quest’anno, investendo ingenti quantità di dollari in società del settore, soprattutto quelle che operano nelle miniere situate in Canada e Kazakistan, i maggiori produttori della materia prima in assoluto.

Ad esempio il miliardario David Shaw, fondatore della società di investimento "The D.E. Shaw Group", il mese scorso ha acquistato 1,4 milioni di azioni Cameco (CCO). Altri imprenditori hanno puntato su aziende, come NexGen (NXE), che operano nel bacino canadese dell’Athabasca, le prime che sfrutteranno il trend al rialzo dei prezzi grazie all’altissima qualità dei suoi giacimenti.

Se tutto dovesse andare per il meglio, entro due anni il prezzo dell’uranio potrebbe raddoppiare, con gli analisti più ottimisti che parlano di 65$ per libbra.