martedì 20 marzo 2018

Apple è pronta per una capitalizzazione di 1 trilione di dollari?

In questi giorni si sente spesso parlare della capitalizzazione del colosso tech, Apple. Come mostra il grafico qui sotto, il titolo, quotato al Nasdaq, ha fatto davvero molto bene negli ultimi anni. Da gennaio 2013 ad oggi infatti è salito del 240%, martedì ha toccato una capitalizzazione di 930 miliardi di dollari, ormai è a un passo dal trilione di dollari, sarebbe la prima società al mondo a raggiungere tale quota.

Nel primo trimestre 2018, Apple aveva oltre 5,08 miliardi di azioni in circolazione. Quel numero è sceso di quasi 174 milioni nell’ultimo anno, o del 3,31%, ma quello è stato in realtà il più piccolo declino annuale che abbiamo visto da un po’. Ciò è dovuto principalmente all’aumento del prezzo delle azioni. Inoltre, un aumento delle spese di compensazione basate sulle azioni può limitare il potere di qualsiasi acquisto.

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Così, nell’ultimo anno, Apple ha registrato una diminuzione di circa 43 milioni di azioni in circolazione al trimestre. Dato che siamo già a circa 2 mesi e mezzo dal primo trimestre, una riduzione lineare sarebbe poco più di 36 milioni di azioni, portandoci a circa 5.045 milioni. Negli ultimi cinque trimestri, Apple ha speso almeno 4 miliardi di dollari al trimestre per vari Buy-Back.

Inoltre, l’iPhone X è un prodotto con margini più elevati rispetto agli ex iPhone di Apple e dovrebbe consentire all’azienda di migliorare i margini in futuro. Il prezzo medio di vendita di Apple per iPhone è cresciuto in modo sostanziale a 796$ del primo trimestre, rispetto a un prezzo previsto di circa 755$. Mentre sempre più persone procedono alla conversione nella nuova linea di iPhone più costosa e redditizia, anche le entrate e i profitti di Apple dovrebbero progredire verso l’alto. Ma non concentriamo tutta la nostra attenzione sugli iPhone. Diamo un’occhiata ad alcune delle altre attività in espansione di Apple.

I servizi crescono, hanno generato entrate per circa $ 30 miliardi l’anno scorso. Il business dei servizi è cresciuto di quasi il 20% nel primo trimestre su base annua. Inoltre, Apple prevede che questa unità produrrà arrivi a $ 50 miliardi entro il 2020. Tuttavia, il vero motore di crescita sembra essere il segmento “others” di Apple, cresciuto di circa il 40% nel primo trimestre su base annua.

I “wearable” di Apple sono andati particolarmente bene, crescendo di quasi il 70% su base annua. Apple Watch, Beats, AirPods, Apple TV e altri driver di entrate “non convenzionali” stanno diventando prodotti di crescita molto redditizi per Apple e dovrebbero continuare a fornire una crescita significativa in futuro.

La parte importante qui per gli investitori non è quando o se Apple raggiungerà questo livello di capitalizzazione di mercato, ma i motivi per cui siamo qui ora. Negli ultimi decenni, l’azienda ha costruito numerosi prodotti di alta qualità, circondandoli di un forte ecosistema, consentendo prezzi di alta qualità. I ricavi sono aumentati, con forti profitti e flussi di cassa che hanno guidato un massiccio piano di restituzione del capitale negli ultimi anni.

Apple ha registrato un robusto rimbalzo di circa il 20% dal minimo di correzione di circa $ 150, evidenziando la sua capacità di sovraperformare. Il grafico sopra mostra anche un trend rialzista molto produttivo che suggerisce che il titolo continuerà probabilmente la sua traiettoria verso l’alto. Gli indicatori tecnici non sembrano suggerire che il titolo sia ipercomprato in questo momento, e tutti i fattori sembrano indicare una probabile continuazione del trend rialzista sottostante. Per noi rimane un titolo Buy.

giovedì 15 marzo 2018

I migliori ETF 2018 in Euro quotati in Italia

Abbiamo analizzato vari ETF dell’area Italia nel tentativo di trovare qualche strumento diverso dalle solite azioni, un investimento sul medio/lungo periodo nostrano. Siamo convinti che l’Italia rimanga una grande risorsa per gli investimenti e che sia sottovalutata dal mercato da anni. Gli investitori utilizzano comunemente gli ETF come strumenti di investimento per ottenere un portafoglio di diversificato a livello globale evitando i potenziali problemi di diretti nei mercati azionari esteri.

Investire in titoli esteri è solitamente problematico per gli investitori. Il processo può richiedere la registrazione e l’apertura di un conto di intermediazione in un paese straniero. La compravendita di titoli denominati in una valuta diversa dall’Euro espone gli investitori al rischio di cambio, oltre al normale rischio di mercato. Può anche essere difficile valutare e monitorare le società con sede in paesi stranieri in cui esistono pratiche contabili e di reporting aziendale diverse da quelle utilizzate in Europa. Gli ETF rappresentano un’opportunità per trarre profitto da un paniere di titoli azionari con sede all’estero con un investimento finanziario scambiato su uno scambio italiano.

L’Italia è la terza più grande economia della zona euro ed è classificata come l’ottava più grande economia del mondo. È considerato uno dei primi 10 paesi al mondo in termini di industrializzazione e commercio globale. La produzione è una parte importante dell’economia italiana. Il paese è organizzato in una serie di distretti industriali che producono prodotti diversi. Rispetto alla Francia, l’Italia ha meno conglomerati multinazionali, ma un numero elevato di piccole imprese che servono mercati di nicchia e hanno una reputazione per prodotti di alta qualità, in particolare nel settore automobilistico e moda.

Di seguito vi segnaliamo alcuni ETF area Italia che secondo la nostra analisi risultano tra i migliori per un investimento sul medio/lungo termine da inserire in un portafoglio diversificato.

Lyxor FTSE Italia Mid Cap PIR (DR) – ISIN:FR0011758085
LYXOR UCITS ETF FTSE ITALIA MID CAP è un fondo negoziato in borsa conforme all’OICVM che mira a tracciare l’indice di riferimento FTSE Italia Mid Cap Ind. L’indice è rappresentativo della performance delle azioni a media capitalizzazione quotate su Borsa Italiana ed è composto da i 60 titoli con i rating più alti in termini di capitalizzazione di mercato e liquidità.

Lo strumento è ideale per chi vuole assumere una piena esposizione sulle società italiane a media capitalizzazione. Nel complesso lo strumento appare particolarmente indicato in presenza di aspettative di sostenuta crescita economica in virtù della presenza preponderante di società industriali operanti anche fuori dai confini nazionali. Non è presente il rischio cambio. L’economia italiana è una delle principali economie europee. Molte delle società facenti parte dell’indice Ftse Italia Mid Cap hanno una buona fetta dei ricavi generata fuori dall’Italia e quindi dipendono dalla forza o meno della congiuntura a livello globale.

Tecnicamente un ingresso ora sarebbe ideale visto il calo del 7% dai massimi di gennaio. Riteniamo che l’ETF in questo momento sia appetibile per un acquisto, i sentiment sono posizionati per una salita almeno fino all’area di resistenza di 147 € nel breve periodo e 159 € nel medio/lungo. Solo una rottura del supporto a 133 € darebbe un segnale di termine della fase rimbalzista. Al contrario una rottura di un supporto a 133 € indicherebbe l’inizio di un trend negativo di medio lungo periodo.

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iShares FTSE MIB UCITS ETF – ISIN:IE00B53L4X51
L’obiettivo di investimento dell’ETF consiste nel fornire il rendimento netto totale dell’indice di riferimento (FTSEMIB), indice di titoli azionari che comprende le 40 azioni più liquide e a maggior capitalizzazione di mercato quotate sulla Borsa Italiana e selezionate da FTSE Italia Joint Executive Group.

Lo strumento è ideale per chi vuole assumere una piena esposizione sul mercato italiano. Considerate però le caratteristiche di concentrazione settoriale dell’indice di riferimento, per ottenere un buon grado di diversificazione del portafoglio l’Etf in questione va abbinato all’investimento in altri Etf, focalizzati sull’area euro qualora si voglia evitare il rischio di cambio, oppure internazionali. Nel complesso lo strumento appare particolarmente indicato in presenza di aspettative di tassi di interesse calanti o stabili, proprio a causa dell’elevato peso che al suo interno hanno la componente bancaria e le società ad elevato indebitamento, come le utility o le compagnie telefoniche, sfavorite da tassi di interesse in crescita.

Non è presente il rischio cambio. L’economia italiana è una delle principali economie mondiali anche se le previsioni di crescita per i prossimi anni sono abbastanza stabili. Le società facenti parte dell’indice Ftse Mib sono tutte a media-grande capitalizzazione con rating investment grade.

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Xtrackers STOXX Europe 600 Technology – ISIN:LU0292104469
L’Obiettivo di Investimento del Comparto è quello di replicare il rendimento dell’indice Dow Jones STOXX® 600 Technology Index. Questo ETF non distribuisce dividendi. L’obiettivo dell’Indice è quello di fornire il rendimento delle principali società presenti in Europa Occidentale nel Settore Technology/Tecnologia.

L’investimento su questo strumento risulterà maggiormente premiante nelle fasi di forte espansione del mercato, quando a guidare i listini sono i titoli delle società caratterizzate dai maggiori tassi di crescita e soprattutto dalle maggiori aspettative sui risultati futuri. Proprio in considerazione di quest’ultimo aspetto l’indice di riferimento può risultare penalizzato in coincidenza con i periodi di presentazione dei risultati societari trimestrali, non sempre in linea con le eccessive attese del mercato. Per l’elevata volatilità dei rendimenti dell’indice, l’Etf può inoltre essere utilizzato come strumento per l’effettuazione di attività di trading, soprattutto in considerazione del suo elevato grado di liquidità.

Tra i rischi dell’investimento va annoverata l’esposizione verso il tasso di cambio tra euro e corona svedese. Un altro fattore di rischio è costituito dalla forte concentrazione dell’investimento sui principali titoli in portafoglio. L’indice presenta una volatilità dei rendimenti elevata, mentre i titoli appartenenti al paniere sono particolarmente sensibili all’andamento del ciclo economico, in particolare per quanto riguarda la dinamica degli investimenti in Information Technology da parte delle aziende. L’andamento di questi ultimi può poi essere parzialmente influenzata negativamente da rialzi dei tassi d’interesse.

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Nota: gli ETF analizzati sono stati scelti in base alla performance, al patrimonio gestito e all’esposizione complessiva al mercato. Non sono ETF con leva finanziaria. Tutti i dati relativi alle prestazioni sono aggiornati al 14 marzo 2018, se non diversamente specificato. Prima di eseguire qualsiasi acquisto potete richiedere un’analisi più specifica alla Domino Solutions. 059.665319 o info@dominosolutions.it

giovedì 8 marzo 2018

I semiconduttori tornano a salire, le migliori società produttrici

I titoli azionari statunitensi stanno rimbalzando tra guadagni e perdite mentre gli investitori rimangono preoccupati per la potenziale guerra commerciale sui dazi partita dall’Amministrazione Trump. E mentre alcuni titoli pagano i problemi inflazionistici, tassi d’interesse più elevati e restrizione della politica della Federal Reserve, altri invece vivono una seconda vita dopo la discesa di febbraio.

La European Semiconductor Industry Association (ESIA) ha presentato un rapporto che mostra una crescita del mercato dei chip a livelli definiti da record per il secondo anno consecutivo, in base ai dati rilasciati il 5 febbraio dall’organizzazione mondiale Semiconductor Trade Statistics (WSTS). I principali driver alla crescita sono stati i seguenti segmenti: memorie, sensori e attuatori, dispositivi analogici e logiche. Anche i chip per l’applicazioni specifiche hanno contribuito fortemente all’impennata del mercato.

Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato la legge sulla riforma fiscale a dicembre 2017, che potrebbe rendere le società statunitensi più competitive rispetto ai concorrenti esteri. La legge ha ridotto l’aliquota dell’imposta sulle società negli Stati Uniti dal 35% al ​​21%. Ciò potrebbe incentivare le aziende che investono ampiamente in ricerca e sviluppo e hanno profitti all’estero. L’industria dei semiconduttori ha accolto con favore il disegno di legge, che segna la prima riforma fiscale in 30 anni.

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Un altro sviluppo importante potrebbe essere l’adozione della tecnologia dell’intelligenza artificiale. I produttori di cellulari Apple (AAPL) e Samsung (SSNLF) hanno già introdotto la funzionalità AI negli smartphone. Il mercato dei droni sta crescendo e il 2018 potrebbe assistere al lancio commerciale di droni basati su AI in tutto il mondo. Molte industrie, come l’assistenza sanitaria, potrebbero adottare la tecnologia AI per migliorare l’efficienza e ridurre i costi. Ciò potrebbe aumentare i guadagni di varie società che abbiamo analizzato di seguito.

Intel Corporation (INTC)
L’Intel Corporation è la più grande azienda multinazionale produttrice di dispositivi a semiconduttore con sede a Santa Clara, California. Fondata nel 1968, è leader nel suo segmento di mercato. Il titolo è uscito da un lungo intervallo di volatilità tornando ai massimi del 2000 in area 50 $.

La compagnia riferirà i risultati il ​​prossimo 26 aprile, dopo la chiusura. Gli analisti si attendono guadagni di 71 centesimi per azione sui ricavi di $ 15,01 miliardi. Le ultime trimestrali, il 25 gennaio, hanno segnato guadagni di $ 1,08 per azione battendo le stime di 21 centesimi su un aumento del 4,1% dei ricavi.

Taiwan Semiconductor (TSM)
Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited (TSMC) è società che si occupa di produzione, vendita, imballaggio, test e progettazione assistita da computer di circuiti integrati e altri dispositivi a semiconduttore e produzione di maschere.

Le azioni di Taiwan Semiconductor si stanno preparando a spingere in alto dopo un periodo di consolidamento di due mesi sulla resistenza al livello di $ 44 ad azione. Le azioni hanno beneficiato di un report di Credit Suisse il 20 febbraio, evidenziando la forte domanda e i livelli di inventario relativamente modesti.

La compagnia riferirà successivamente i risultati il ​​19 aprile, prima del suono della campana. Gli analisti attendono guadagni di $ 3,50 per azione sui ricavi di $ 251,9 miliardi. Il 18 gennaio, data dell’ultimo trimestre, i guadagni sono stati di $ 3,83, battendo le stime di 8 centesimi su un aumento del 5,8% dei ricavi.

Texas Instruments (TXN)
Texas Instruments Incorporated, meglio conosciuta nel mondo dell’industria elettronica con l’acronimo TI, è un’azienda statunitense, con sede a Dallas in Texas, famosa per lo sviluppo, la produzione e la vendita di dispositivi elettronici a semiconduttori e di tecnologia informatica in genere. La TI, preceduta dalla Intel e dalla Samsung, risulta attualmente essere il terzo produttore mondiale di dispositivi elettronici e possiede centri di produzione, sviluppo e commercializzazione in 3 diversi continenti.

Le azioni di Texas Instruments Incorporated sono in calo dell’8% rispetto ai massimi di gennaio, ma hanno rimbalzato del 10% rispetto ai minimi di febbraio. Una rottura al di sopra della resistenza alla soglia dei $ 110 per azione. In seguito al suo ultimo rapporto sugli utili, gli analisti sono stati entusiasti della forte domanda nel settore l’automotive (con una crescita del 19% su base annua) che compensa la debolezza del settore comunicazioni.

La compagnia riferirà i risultati il ​​prossimo 24 aprile dopo la chiusura. Gli analisti si aspettano guadagni di $ 1,11 per azione sui ricavi di $ 3,65 miliardi. Quando l’azienda ha presentato l’ultimo trimestre il 23 gennaio, i guadagni sono stati di $ 1,09 per azione in linea con le aspettative di un aumento dei ricavi del 9,8%.

martedì 6 marzo 2018

Le migliori azioni energetiche per il 2018

Sappiamo tutti che il prezzo del petrolio ha subito un brusco calo negli ultimi anni. Ovviamente le multinazionali non sono state immuni da questo brusco calo, hanno pagato moltissimo, molte aziende sono fallite, altre sono in Chapter 11. In tutto questo periodo sono “resuscitate” società che sono state capaci di re-inventarsi, investendo in energia alternative, tagliando i costi e gestendo al meglio le risorse a disposizione.

Le scorte di greggio sono ai minimi rispetto gli ultimi due anni a causa di una maggiore domanda e di uno sforzo da parte dei produttori di petrolio per limitare l’offerta. L’ Agenzia internazionale dell’energia ha riferito che l’eccesso di offerta sembra finire e l’OPEC e altri 10 produttori NON OPEC hanno tagliato la produzione seguendo un accordo iniziato a dicembre per estendere i limiti della produzione fino alla fine del 2018. Tutto ciò dovrebbe aumentare il prezzo del petrolio, in attesa di altri sviluppi.

Con il rimbalzo del prezzo del greggio, molte società petrolifere hanno cominciato a beneficiare di un aumento dei loro prezzi azionari dato che sono tornati i compratori. Questo grazie anche agli investimenti fatti quando il WTI era ai minimi, ora stanno cominciando a trarne i giusti profitti. Secondo un analisi che abbiamo svolto sui bilanci, l’analisi tecnica e i contratti stipulati, abbiamo scovato 3 società del settore energetico che potrebbero crescere molto nei prossimi 12 mesi.

Exxon Mobil Corp (XOM)
Exxon Mobil è un produttore e distributore di prodotti petrolchimici, inclusi olefine, aromatici, polietilene e polipropilene, materiali plastici e una gamma di vari prodotti. Ha inoltre partecipazioni in impianti di produzione di energia elettrica. La società ha parecchie divisioni e centinaia di affiliati, ExxonMobil, Exxon, Esso e Mobil. La loro attività principale è l’energia, coinvolgendo esplorazione e produzione di petrolio greggio e gas naturale, fabbricazione di prodotti petroliferi, trasporto e vendita di petrolio greggio, gas naturale e prodotti petroliferi.

Le azioni di Exxon Mobil sono state in declino per gran parte del 2017, scendendo dai massimi fino a toccare i 76 $ a fine agosto del 2017. Ma il titolo ha costantemente trovato supporto a circa 75 $ per azione, toccando il fondo a fine agosto e testando nuovamente il fondo a fine novembre. Attualmente, il titolo si attesta intorno i 77 $ per azione.

Le entrate dell’azienda sono rimaste positive durante il calo dei prezzi del petrolio. Il 27 ottobre, Exxon ha registrato un utile del terzo trimestre superiore alle attese in quanto i prezzi del greggio e del gas naturale hanno compensato l’impatto dei recenti uragani. Questo potrebbe suggerire che il titolo è pronto per una ripresa.

Offre dividendi in crescita da oltre 30 anni e paga una cedola annuale del +4,11%.

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Comstock Resources (CRK)
Comstock Resources è una società energetica indipendente, acquisisce, sviluppa, esplora e produce petrolio e gas naturale negli Stati Uniti. Le sue operazioni petrolifere e gas sono localizzate principalmente nel Texas orientale e nella Louisiana settentrionale. La società possiede interessi in 1.371 produttori di pozzi di petrolio e gas naturale.

Risorse Comstock si è posizionata per aumentare i ricavi attraverso una joint venture con USG Properties Haynesville. CRK ha ottenuto l’accesso a 3.315 acri nell’accordo. Avrà un interesse del 12,5% nei pozzi di quella proprietà offrendo se stesso come operatore. Inoltre, può ottenere un ulteriore interesse del 12,5% pagando USG per qualsiasi trivellazione sulla superficie. Questo è un modo relativamente a basso costo per aumentare le entrate.

Non paga alcuna cedola.

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Enbridge Inc (ENB)
Enbridge Inc. è un’azienda di trasporto energia canadese con sede a Calgary (Alberta), specializzata nel trasporto e nella distribuzione di petrolio grezzo, gas naturale, e altri liquidi con una divisione di energie rinnovabili dal 2002. La società ha più di 10.000 impiegati, per lo più in Canada e negli Stati Uniti.

Come società di pipeline, è meno suscettibile agli alti e bassi dei prezzi del petrolio. Attualmente ha un valore di $ 20 miliardi di contratti di pagamento. La compagnia ha sottolineato che ci sono altri $ 37 miliardi di contratti garantiti per i prossimi anni. Ciò significa che verrà pagata indipendentemente dai prezzi del petrolio. La sua fusione con Spectra Energy (SE) nel 2016 ha reso Enbridge la più grande compagnia di infrastrutture petrolifere non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il Nord America.

Offre un rendimento di dividendo del +6,31%.

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Se l’Agenzia internazionale per l’energia fornisce dati corretti, i prezzi del petrolio potrebbero aumentare drasticamente entro la fine del 2018. Il mercato tende a quotare in anticipo tali mosse, quindi ora è il momento di considerare i migliori titoli del settore petrolifero. Alcuni di questi titoli verranno inseriti, insieme ad altri, nel nostro portafoglio Domino Oil che nel 2017 ha reso circa l’8%.

venerdì 2 marzo 2018

Elezioni italiane, come incideranno i risultati sui mercati

L’Italia si prepara ad andare alle urne Domenica 4 Marzo, tra incertezze, colpi di scena, baruffe elettorali e sciocchezze mediatiche, tracceremo un profilo economico di quello che potrebbe accadere ai mercati europei ipotizzando vari scenari, la vittoria della destra, della sinistra o l’incertezza. Nonostante le parziali differenze rispetto al referendum del 2016, che aveva evidenziato notevoli problematiche e questioni irrisolte a livello costituzionale, le elezioni sono sicuramente foriere di un elemento d’incertezza.

Seguendo il percorso elettorale dei candidati a premier sorgono certamente dei dubbi, il problema più grande che abbiamo riscontrato è sicuramente il fatto che la politica sia cambiata, in modo drammatico, verso una comunicazione “spazzatura”. Promesse che non possono essere mantenute, questo è il pericolo più grande, un paese che non si rende conto che invece di suggerire programmi fattibili, i candidati sono più propensi a farsi guerra a suon di colpi “a chi la spara più grossa”. Speriamo che l’italiano medio sia talmente intelligente da capire l’enormità di spazzatura che è stata promulgata negli ultimi 30 giorni e scelga con saggezza e consapevolezza che qualsiasi partito vinca, non potrà mai ripagarci con le promesse fatte, ergo vinca “il male minore”.

La situazione attuale

Tralasciando gli aspetti elettorali e concentrandoci su quelli puramente economici, cosa dobbiamo aspettarci dai mercati dopo il voto? Il timore più grande è sicuramente un cambiamento radicale alla politica attuale, anche se non propriamente amata, quella di Gentiloni ha saputo alzare le stime di crescita del paese, un PIL in salita, società competitive a livello mondiale ed esportazioni in aumento. In poche parole sembra che la classe imprenditoriale italiana, ancora una volta, sia riuscita ad uscire dalla palude in cui si trovava e piano piano stia trovando la strada giusta per tornare agli anti fasti. Sia chiaro, non pensiamo che ci sia stata una politica accomodante, ma che l’industria sia riuscita a cavarsela perchè imprenditorialmente l’Italia è tra le prime nel mondo. Il problema è il cambiamento. Se da un lato l’industria non ha goduto di una politica accomodante, dall’altra non c’è stato nemmeno un freno.

Il cambiamento verso una politica che promette tagli alle tasse, ampie garanzie sul lavoro e varie tipologie di reali aiuti economici verso l’impresa e il lavoratore, aiuterebbero di sicuro, ma non crediamo che tali promesse potranno essere mantenute e questo timore è visto dal mercato come compromettente nei confronti di una, seppur mimina ma concreta, crescita.

Benché al di sotto della media della zona euro del 2,4 per cento, il prodotto interno lordo dell’Italia è cresciuto dell’1,5% nel 2017, ritmo più veloce dal 2010 e si prevede che manterrà questo slancio anche nel 2018, secondo la Commissione europea. Le azioni italiane sono state tra le migliori in Europa e il rendimento dei titoli decennali del paese, una misura chiave dei suoi costi di finanziamento e della fiducia degli investitori nella sua sostenibilità fiscale, è rimasto basso, pari a circa il 2%.

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Tra i grandi investitori italiani, cresce il nervosismo a causa di una possibile vittoria dei partiti populisti – in particolare il movimento anti-Europa Movimento 5 Stelle o l’estrema destra euroscettica del Lega Nord – guadagnino terreno nel voto di domenica.

Gli ultimi sondaggi, pubblicati il ​​16 febbraio, suggeriscono una vasta gamma di risultati. I democratici filo-UE sono suscettibili ad una perdita di svariati seggi, e quasi certamente la capacità di governare il paese in autonomia. Un risultato potrebbe essere una grande coalizione, o un governo di unità nazionale, di forze politiche centriste comprendente sia il partito democratico che Silvio Berlusconi, l’ex primo ministro e 81enne del partito Forza Italia. Non potrà essere premier a causa di un divieto da parte degli uffici pubblici relativi ad una condanna per frode fiscale.

Un’altra possibilità potrebbe essere una vera e propria vittoria di una coalizione di centrodestra che non comprenda solo il partito di Berlusconi, ma anche la Lega Nord e Fratelli d’Italia, un altro partito euro-scettico di estrema destra, con il più forte dei tre che sceglie il prossimo primo ministro. Il movimento 5 stelle anti-establishment potrebbe ancora emergere quale maggior partito. E anche se non riuscisse a trovare abbastanza alleati per formare un governo, probabilmente eserciterebbe una maggiore influenza sulla vita politica italiana di quanto non abbia fatto finora.

Quel che è certo è che il partito democratico ha lottato per convincere molti italiani che stanno beneficiando di una ripresa economica. In effetti, grossi personaggi dell’elettorato ritengono che gli uomini d’affari e i politici che parlano di un rimbalzo, stiano operando in un universo parallelo. Mentre la disoccupazione è scesa al 10,8 per cento nel dicembre 2017 da un picco post-crisi del 13 per cento alla fine del 2014, rimane ben al di sopra del suo tasso pre-crisi che era inferiore al 7 per cento.

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Mentre i democratici stanno conducendo campagne su un messaggio di competenza e stabilità, promuovendo cambiamenti incrementali alle politiche esistenti, sia il centrodestra che 5 Stelle dicono che è tempo di una grande espansione fiscale, anche a costo di spaventare i mercati sulla posizione fiscale dell’Italia. Mentre 5 Stelle e Lega Nord hanno attenuato la loro retorica su un’uscita italiana dall’euro, Berlusconi vuole introdurre una tassa piatta e costosa e aumentare le pensioni mentre 5 Stelle sta promuovendo un reddito minimo garantito per gli italiani più poveri.

Certamente alcuni programmi elettorali presentano aree di potenziale scontro nel rapporto con la UE (tra le altre, l’abolizione della riforma Fornero o del Jobs Act) ma, trattandosi di programmi elettorali, è probabile che vengano smussati dopo le elezioni quando si predisporranno le priorità del nuovo governo. Secondo il team di Ubs, a contribuire alla riduzione dello spread potrebbero anche essere stati fattori tecnici. Dall’inizio dell’anno la Banca centrale europea (BCE) ha dimezzato i propri acquisti di titoli e si prepara a concluderli a settembre. Se, da un lato, vi è una convergenza di vedute sul fatto che i rendimenti di tutti i titoli di Stato siano destinati a salire, dall’altro gli investitori hanno visioni contrastanti sulle implicazioni per lo spread dei Paesi cosiddetti periferici, tra i quali l’Italia.

Possibili conseguenze

Secondo un sondaggio realizzato dall’agenzia Bloomberg tra alcuni analisti, esiste una probabilità di appena il 10% che vada al governo una coalizione dominata dal M5S, tuttavia, se si concretizzasse, una tale situazione metterebbe in seria difficoltà quei trader che sono posizionati long sul debito pubblico italiano. Lo spread raddoppierebbe il suo valore fino a 260 punti base, livello che l’ultima volta è stato visto nel 2013. L’euro, invece, scenderebbe al di sotto della soglia di $1,21.

Secondo gli esperti le probabilità che l’ex presidente Silvio Berlusconi ricopra un ruolo nel governo che si verrà a creare nel post-voto sono state giudicate invece in modo nel complesso favorevole. Una coalizione tra Forza Italia e il Partito Democratico di Matteo Renzi potrebbe, sostengono sempre gli analisti interpellati da Bloomberg, restringere lo spread tra i bond di Italia e Germania a 118 punti base, mentre un patto di centro-destra con la Lega Nord potrebbe essere lo scenario migliore per l’euro, vista la stabilità di governo, con potenzialità di raggiungere quota $1,24.

L’incertezza politica potrebbe non essere molto rilevante nel breve periodo, dato che le condizioni economiche sono favorevoli, ma potrebbe diventarlo più avanti. L’Italia rimane un paese con una crescita potenziale debole, a causa della mancanza di crescita della produttività e di un grosso debito pubblico. Il vero punto è se il prossimo governo realizzerà le riforme necessarie per migliorare le prospettive di crescita strutturale del paese.

Intanto, causa l’incertezza elettorale, i titoli di Stato italiani rendono oltre mezzo punto percentuale in più di quelli spagnoli e tanto quanto quelli portoghesi, un dato che potrebbe far intravedere uno spazio di recupero post-elezioni – soprattutto nei confronti del Portogallo.