lunedì 20 giugno 2016

Investire in materie prime: uranio, il nuovo el dorado ?

Tra le materie prime maggiormente sottovalutate in questi anni figura certamente l’uranio, elemento chimico che trova diverse applicazioni industriali, oltre alle meno nobili applicazioni militari come massa di reazione all’interno delle bombe atomiche. Si sa che l’economia è condizionata anche, se non soprattutto, da eventi esterni a quelli strettamente economici che modificano completamente i sentimenti di mercato. Ecco già spiegato come il disastro delle centrali nucleari (in cui l’uranio funge da alimentatore dei reattori) Fukushima nel 2011 abbia avuto ripercussioni impressionanti sul suo prezzo.
Quel che è di più difficile comprensione è come ancora oggi non ci sia stata un’inversione di tendenza, pur essendoci da tempo tutte le premesse necessarie.



La discussione sull’energia nucleare è sempre stata al centro dell’attenzione dell’intera opinione pubblica. In Italia è un tema caldo su cui i cittadini sono stati invitati più di una volta ad esprimere un’opinione. Sia nel referendum del 1987 per l’eliminazione delle poche centrali esistenti che in quello del 2011 per una loro reintroduzione, è stata schiacciante la volontà di restare privi di questa risorsa energetica.

Il mondo la pensa diversamente: prevalgono i vantaggi di avere una fonte di energia pulita ed economica in un contesto di cambiamenti climatici e di crescita globale statica.
Per questo motivo ben 65 sono già pronti per l’utilizzo e altri 500 sono stati pianificati o si trovano in fase di sviluppo (solo in Asia gli investimenti corrispondono a circa 800 miliardi di dollari). Lo stesso Giappone è attivo in questo campo, con alcuni dei suoi reattori che hanno già riavviato le loro operazioni.


Uno sviluppo che il mercato non ha ancora accolto: i tagli alla produzione dovuti alle attuali condizioni di prezzo troppo basso (da cui i produttori non trarrebbero alcun profitto) hanno creato una situazione in cui l’offerta è di gran lunga inferiore alla netta crescita della domanda. Ed è proprio da questa carenza delle forniture che ci sarà l’input per un aumento del prezzo, a prescindere dai sentimenti "extra-economici" negativi.

Come spesso accade in economia non si può mai sapere con certezza quando le previsioni si concretizzeranno. Allora proviamo a fidarci di chi ha già dimostrato di avere una certa capacità in tal senso: i miliardari. Loro stanno scommettendo a favore di una ripresa dell’uranio già nel corso di quest’anno, investendo ingenti quantità di dollari in società del settore, soprattutto quelle che operano nelle miniere situate in Canada e Kazakistan, i maggiori produttori della materia prima in assoluto.

Ad esempio il miliardario David Shaw, fondatore della società di investimento "The D.E. Shaw Group", il mese scorso ha acquistato 1,4 milioni di azioni Cameco (CCO). Altri imprenditori hanno puntato su aziende, come NexGen (NXE), che operano nel bacino canadese dell’Athabasca, le prime che sfrutteranno il trend al rialzo dei prezzi grazie all’altissima qualità dei suoi giacimenti.

Se tutto dovesse andare per il meglio, entro due anni il prezzo dell’uranio potrebbe raddoppiare, con gli analisti più ottimisti che parlano di 65$ per libbra.