venerdì 29 luglio 2016

Acciaio, l’India punta a posticipare il rialzo dei prezzi import

C’è una battaglia che si combatte al di fuori della ribalta tra l’India e altre nazioni produttrici di acciaio, il prezzo di importazione minimo (MIP), introdotto nel mese di febbraio. Il MIP, in sostanza, è una tariffa sulle importazioni destinate principalmente alla Cina. Questo prezzo è impostato per scadere il 5 agosto mentre i grandi produttori di acciaio in India stanno spingendo per la prosecuzione del MIP da parte del governo, alcuni stati dell’Organizzazione mondiale del commercio hanno iniziato ad applicare pressione per rimuovere il MIP. Il MIP su 173 articoli in acciaio per sei mesi è stato introdotto come un modo per frenare le importazioni a basso costo e rassodare i prezzi dell’acciaio sul mercato interno. Il MIP variava da 341 $ a tonnellata a 752 $ / ton a seconda di quale prodotto.

L’India punta a posticipare la scadenza del provvedimento per calmierare l’entrata di materiale siderurgico all’import. Puntano anche ad attrarre potenziali investimenti in India, un fenomeno che non ha avuto finora gli sviluppi sperati. Secondo quanto riferito dal portavoce, il sistema industriale indiano avrebbe avanzato la richiesta di alcune modifiche alla lista dei prodotti, variazioni che il ministero starebbe ancora valutando.

In una recente riunione del Consiglio presso l’OMC, nove membri, tra cui gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Cina, hanno chiesto all’India di giustificare le sue continue restrizioni alla acciaio importato. Ci sono alcuni che dicono che se l’India continua con il MIP dopo il termine potrebbe essere trascinata in controversie in sede all’OMC da uno qualsiasi dei membri , anche se l’India ha sempre mantenuto il proprio status e non ha fatto nulla di male e il prezzo minimo è un accordo generale sulle tariffe per regolare le importazioni. Quasi tutti i produttori principali hanno imposto una forma o l’altra delle tariffe o altre misure protezionistiche per frenare le importazioni di acciaio. Ci sono rapporti anche qui che l’India potrebbe potare la lista di 173 prodotti in acciaio e ancora mantenere il MIP in vigore per la maggior parte dei prodotti.

Effetto MIP: quale potrebbe essere ?

Nel primo trimestre del 2017 (anno fiscale in India inizia il 1° aprile) la produzione totale di acciaio in India è cresciuta del 3,8% anno su anno, mentre il consumo globale di acciaio è cresciuto solo dello 0,3%. Nello stesso periodo, le importazioni sono diminuite del 30,7% anno su anno, secondo un nuovo rapporto da parte l’agenzia di rating India Rating and Research (Ind-Ra).

Secondo l’agenzia, l’aumento della produzione di acciaio indiano è stato sostenuto dalla politica del MIP, ma era improbabile che continuasse oltre agosto, data dopo scadenza. Dal momento che l’imposizione del MIP ha aiutato i produttori nazionali a beneficiare a titolo di sostituzione delle importazioni. Ind-Ra sentiva la prosecuzione della misura di protezione dell’industria al di là di Agosto e ha sottolineato che è necessario salvaguardare l’interesse dell’industria siderurgica nazionale, che ha mostrato segnali di ripresa nel periodo fiscale precedente al MIP.

Ind-Ra ha rilevato che la redditività per la maggior parte dei produttori di acciaio è destinata a rimanere sotto pressione a causa della capacità appena aggiunta. Il costo per interessi e ammortamenti di queste nuove capacità hanno iniziato a impattare sul conto economico e l’aumento sulle operazioni a leva finanziaria per l’industria siderurgica indiana. Per le imprese siderurgiche in India vedere profitti sani significa che i livelli di utilizzo della capacità devono aumentare in modo significativo.

mercoledì 27 luglio 2016

I primi 20 titoli ad alto dividendo di Warren Buffett (parte 2/4)

Per tutti coloro che sono alla ricerca di un reddito corrente che superi le obbligazioni, un’ottima soluzione sono i titoli con elevati dividendi. Sicuramente non è semplice trovare azioni di alta qualità con elevati dividendi e non è sicuramente simpatico imbattersi in titoli con elevati rendimenti che hanno tagliato i loro dividendi dopo poco tempo. Ecco che Waren Buffett entra in gioco, visto che il suo portafoglio è pieno di aziende di ottima qualità con dividendi.

Buffett ha aumentato la sua ricchezza investendo e acquisendo attività con forti vantaggi competitivi tradate a prezzi equi o anche più bassi. Gli investitori sanno che Warren Buffett cerca qualità, ma pochi sanno la percentuale in cui investe in titoli con dividendo. Il 92% del suo portafoglio è investito in azioni con dividendo. I suoi primi 4 titoli hanno un dividend yield medio del 3,1% (e rappresentano il 62% del suo portafoglio) e molte delle sue azioni hanno aumentato i loro dividendi nel corso di decenni, inoltre Buffett preferisce investire in aziende cosidette amiche degli azionisti con lunghi periodi di successo.

Questo articolo diviso in 4 parti esamina le 20 aziende con elevati dividendi del portafoglio di Warren Buffett.

Tecnologici
Apple (AAPL)
Apple è la più grande società al mondo sia per guadagni ($ 50,78 miliardi negli ultimi 12 mesi) che per capitalizzazione di mercato ($ 533.000.000.000). Tutti conoscono Apple e i suoi prodotti come, iPhone, iPad, iTunes e Apple watch.

La società è con un P/E di 10,8, che vuol dire a buon mercato. Questo perche il prezzo delle sue azioni è crollato a causa della mancata crescita dell’utile per azione, anche se a quel ritmo nessuno sarebbe riuscito a mantenere quel tasso di crescita folle. Ora che sta rallentando gli investiori orientati alla crescita, vendo le azioni. Chi invece è orientato verso il valore sta acquistando a prezzi stracciati e Warren Buffett ha aderito al partito, avendo investito circa $ 1 miliardo nel colosso tecnologico. Apple non sarà in grado di generare numeri di crescita strabilianti d’ora in avanti. Con un prezzo così basso la creazione di valore per gli azionisti potrà avvenire attraverso il riacquisto di azioni proprie. La società ha già diminuito le sue azioni del 4,9% nel 2015, e a questi prezzi molto probabilmente continuerà a farlo. Inoltre, paga un dividendo solido del 2,4% ed attualmente ha un payout ratio del solo 23%.

IBM (IBM)
Come noto, Warren Buffett ha sempre preferito le aziende industriali, evitando le tecnologiche, perche più semplici da capire, e perche in quei settori dove la crescita è lenta, i vantaggi competitivi durano più a lungo, rispetto a settori in rapida evoluzione. Detto questo nel 2011 Warren Buffett ha scosso la comunità degli investitori quando ha iniziato l’acquisto di azioni di IBM. L’azienda è stata fondata nel 1911 ed è cresciuta nel corso negli ultimi 100 anni per raggiungere una capitalizzazione di mercato di $ 148.000.000.000.

La lunga storia di redditività però, la distingue da molte altre società tecnologiche. IBM ha realizzato una crescita dell’EPS superiore alla media del 9,2% all’anno negli ultimi dieci anni. Questo è il risultato di una maggiore efficienza operativa, risultandone un miglioramento dei margine. Il fatturato in realtà è diminuito del 1,3% l’anno negli ultimi dieci anni. L’azienda si sta riposizionando per crescere. Di recente ha ceduto il suo sistema X (mainframe) e i segmenti di business Customer Care. Sta dismettendo tutto ciò che ha un margine inferiore. L’azienda sta inoltre investendo miliardi in aree con migliori potenzialità di crescita, come Cloud computing, Mobile computing, Analytics e Information security. L’azienda ha visto un 26% di crescita dei ricavi a valuta costante in queste aree nell’anno fiscale 2015. Sfortunatamente per IBM, questa crescita non ha compensato i declini nel suo core business. Il problema di IBM è che si trova in un settore in rapida evoluzione tecnologica e sta avendo difficoltà a tenere il passo, che si riflette nel calo dei ricavi e degli utili per azione. La società attualmente ha un dividend yield del 3,6% e ha riacquistato circa il 5% delle sue azioni in circolazione ogni anno negli ultimi dieci anni per un rendimento totale per gli azionisti di circa il 9%. La società è attualmente scambiato a un rapporto P/E di appena 11,6.

Telecomunicazioni
Verizon (VZ)
Verizon è il 3° titolo con il più alto rendimento nel portafoglio di Warren Buffett. L’azienda ha un dividend yield del 4,0%, inoltre è anche il leader del settore wireless negli Stati Uniti, con il 34% del mercato wireless, AT & T (T) ne controlla il 31%. Verizon, AT & T, T-Mobile e Sprint rappresentano il 90% del settore wireless negli Stati Uniti. Il settore wireless oligopolistico non è un bene per i consumatori, ma ideale per le aziende del settore, che traggono profitti al di sopra dei tassi di mercato vista la mancanza di concorrenza.

Verizon si è posizionata per una crescita futura con alcune manovre effettuate nel corso dell’ultimo anno, come vendere le sue attività wireline in California, Florida e Texas a Frontier Communications (FTR) per $ 10.5 miliardi di dollari, sta affittando i diritti di oltre 11.300 torri di proprietà ad American Tower Corporation (AMT), così come vendere sempre ad American Tower 130 torri per un pagamento anticipato di $. 5 miliardi. La società ha acquisito AOL e Millennial Media per concentrarsi sulla distribuzione dei contenuti e della pubblicità. Tutto questo le stà portando una forte crescita nel segmento wireless, inoltre la società sta beneficiando del maggior utilizzo di dati dai consumatori sui propri dispositivi mobili. Questa tendenza ha dato a Verizon un tasso di crescita del 7,5% degli utili per azione negli ultimi dieci anni. Ma ci si può aspettare rendimenti totali del ~12% in un anno. Verizon appare sottovalutata in questo momento rispetto al totale delle sue prospettive di rendimento. L’azienda ha un rapporto P/E di appena 12,6.

Sanitari
Johnson & Johnson (JNJ)
Se mettiamo a confronto questo titolo e lo S&P 500 (SPY), negli ultimi 10 anni, noteremo che Johnson & Johnson ha avuto un evoluzione del 133% contro l’82% dello SPY (inclusi i dividendi reinvestiti). L’azienda è un investimento eccezionalmente basso rischio.

Johnson & Johnson ha pagato dividendi in aumento per 53 anni consecutivi. Questo le permette di diventare 1 dei 18 Re dei dividendi (titoli con oltre 50 anni di aumenti di dividendi), che è il doppio del tempo minimo per i dividendi Aristocratici. Una società non può aumentare i suoi dividendi per 5 decenni senza avere un vantaggio competitivo forte e durevole. La lunga storia dell’azienda conferisce eccellenti rapporti con i fornitori e i governi di tutto il mondo, può mantenere i costi di produzione bassi con l’acquisto di quantità molto più grandi rispetto ai concorrenti. Inoltre la società conferisce un budget di ricerca e sviluppo più grande dei suoi coetanei, circa $. 9 miliardi. Questo ha prodotto risultati tangibili, in quanto genera circa il 25% dei ricavi da prodotti che ha sviluppato negli ultimi 5 anni. In particolare il suo portafoglio farmaceutico, sta beneficiando di una grande spesa in ricerca e sviluppo. La società dispone di prodotti ben noti e supporta i suoi marchi con circa $ 2,5 miliardi di spesa pubblicitaria. L’azienda ha un P/E di 17,5 ed è quindi più conveniente rispetto alla media dell’indice. Questa società non fornirà ai suoi azionisti una rapida crescita, l’EPS è cresciuto del 5,5% all’anno negli ultimi 10 anni, ma messi insieme al dividendo del 2,5%, la rendono un’azienda solida.

Sanofi (SNY)
Sanofi è una società farmaceutica globale con una capitalizzazione di mercato di $ 104.000.000.000, con sede a Parigi. L’azienda è molto esposta nei mercati emergenti, con circa 1/3 del suo fatturato proveniente de quell’area. Ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di oltre $ 100 miliardi grazie al suo reparto di ricerca e sviluppo. La capacità dell’azienda di implementare nuovi ed innovativi trattamenti spinge le entrate. Il numero di prodotti è in aumento, dal 2007 al 2013 la società ha lanciato 10 prodotti, dal 2014 al 2020 si aspetta 18 nuovi prodotti.

Sanofi è una società accogliente per gli azionisti, avendo aumentato i suoi pagamenti di dividendi ogni anno negli ultimi 21 anni, inoltre si impegna regolarmente nel riacquisto di azioni, l’1% negli ultimi 2 anni, che insieme al suo dividendo da un rendimento per gli azionisti del 5%. La società ha un P/E di 21,8, ragionevole, vista la sua gestione a favore degli azionisti e alle aspettative di una solida crescita, grazie ai nuovi lanci, nei prossimi anni. La ricerca e lo sviluppo sono un vantaggio competitivo di grandi dimensioni e la sua presenza stabile nel settore sanitario rendono questa società un investimento con un rischio relativamente basso.

martedì 26 luglio 2016

Obbligazioni, i migliori titoli di stato in base ai paesi

Il BlackRock Sovereign Risk Index aiuta a valutare i vari titoli di stato. Oggi vorremmo discutere di alcuni notevoli cambiamenti nella classifica recentemente dell'indice, per darvi modo di visionare quali sono i migliori e i peggiori paesi dove investire in titoli di Stato. Dal punto di vista globale la situazione è migliorata dopo il Brexit, anche se permangono elevati rischi geopolitici e una politica monetaria volatile. Ciò non significa, tuttavia, che tutti i titoli di Stato si muovono allo stesso modo. http://www.dominosolutions.it/grafici/classifica_obbligazioni_migliori_paesi_dove_investire.jpg Il BlackRock Sovereign Risk Index (BSRI), tiene traccia del rischio di credito sovrano in 50 paesi sulla base di 30 misure che seguono i dati finanziari, indagini e approfondimenti politici. Il punteggio di ciascun paese classifica sulla base di quattro fattori: Fiscal Space (40%), la disponibilità a pagare (30%), External Finance Position (20%) e salute del settore finanziario (10%). I migliori e i peggiori La Cina ha registrato il più grande declino in classifica scendendo al 32° posto e all'ultimo come salute del settore finanziario. Questo è stato in gran parte il risultato più sorprendente dell'indice. Il punteggio della salute del settore finanziario cinese è sceso molto seppur in un contesto di rapida crescita del credito. La Norvegia ha avuto un ruolo importante. Il suo punteggio infatti è diminuito a causa del calo delle entrate del petrolio e il suo surplus fiscale, ma il paese rimane il leader della dell'indice in classifica. Il Venezuela, già in fondo all'indice, ha mostrato il più grande declino di punteggio. I suoi punteggi sono diminuiti in tutti e quattro i parametri in base alle sue proiezioni di crescita, scese a causa della caduta dei prezzi del petrolio e una salute finanziaria sempre più malata. I rendimenti dei titoli del tesoro americani sono scesi per sei settimane consecutive toccando, venerdì 8 luglio i minimi record nonostante i dati positivi sull'occupazione suggerissero che l'economia è ancora in buona salute. Lunedì 11, con lo S&P 500 a nuovi massimi, i rendimenti obbligazionari si sono un po' rialzati, ma rimanendo vicino ai minimi di sempre. Infatti le obbligazioni sovrane statunitensi (Treasuries) ci piacciono molto anche grazie alla copertura contro episodi di "risk-off", anche se i rendimenti sono storicamente bassi e la nostra visione d'insieme sull'asset è neutrale. Abbiamo inoltre una visione neutra sui sovrani europei, preferiamo comunque i mercati obbligazionari periferici della zona euro per i loro rendimenti relativamente interessanti e il potenziale per una maggiore acquisto in qualsiasi espansione del programma di acquisto della Banca centrale europea (BCE). I mercanti Emergenti potrebbero essere i beneficiari principali nel medio termine. Nella classifica generale il Regno Unito si è mantenuto al 18° posto, nonostante il voto del paese a lasciare l'Unione Europea (UE). Il debito UK appare ancora relativamente al sicuro. Il paese ha, tuttavia, subito un calo pesante nella sua disponibilità a pagare sulle incertezze del Brexit, e il suo punteggio Fiscal Space può scendere nei prossimi trimestri all'indomani dello svolgimento del Brexit. Sul lato positivo, la Grecia è salita di due punti al 47° posto, nella posizione più alta dal lancio dell'indice nel 2011. Un miglioramento del Fiscal Space in mezzo a misure di austerità fiscale è stato il pilota. Vediamo come migliori le obbligazioni linked (aumentano con l'aumentare dell'inflazione), come quelli degli Stati Uniti, protetti dall'inflazione (TIPS), una copertura contro l'inflazione molto importante. Ci piacciono anche le linked nella zona euro e in Giappone visto un potenziale sostituto di obbligazioni nominali.

I primi 20 titoli ad alto dividendo di Warren Buffett (parte 1/4)

Per tutti coloro che sono alla ricerca di un reddito corrente che superi le obbligazioni, un'ottima soluzione sono i titoli con elevati dividendi. Sicuramente non è semplice trovare azioni di alta qualità con elevati dividendi e non è sicuramente simpatico imbattersi in titoli con elevati rendimenti che hanno tagliato i loro dividendi dopo poco tempo. Ecco che Waren Buffett entra in gioco, visto che il suo portafoglio è pieno di aziende di ottima qualità con dividendi. Buffett ha aumentato la sua ricchezza investendo e acquisendo attività con forti vantaggi competitivi tradate a prezzi equi o anche più bassi. Gli investitori sanno che Warren Buffett cerca qualità, ma pochi sanno la percentuale in cui investe in titoli con dividendo. Il 92% del suo portafoglio è investito in azioni con dividendo. I suoi primi 4 titoli hanno un dividend yield medio del 3,1% (e rappresentano il 62% del suo portafoglio) e molte delle sue azioni hanno aumentato i loro dividendi nel corso di decenni, inoltre Buffett preferisce investire in aziende cosiddette amiche degli azionisti con lunghi periodi di successo. Questo articolo diviso in 4 parti esamina le 20 aziende con elevati dividendi del portafoglio di Warren Buffett.
Finanziari
American Express (AXP) American Express è una delle principali aziende di Warren Buffett e costituisce il 7,2% del suo portafoglio. Ha acquistato il titolo nel 1964, un investimento da considerare a lungo termine. American Express è un fornitore di carte di credito con ampio riconoscimento da parte dei consumatori. La società attualmente ha una capitalizzazione di mercato di oltre $ 58 miliardi. Solo Visa (V) e MasterCard (MA) hanno capitalizzazioni di mercato più grandi nel settore dei servizi creditizi. American Express è stata fondata nel 1850 da Henry Wells e William Fargo. Wells e Fargo hanno anche fondato la banca Wells-Fargo, altro investimento di lungo periodo di Buffett. Pur essendo un'attività ben consolidata, American Express continua a mostrare una solida crescita. La società ha aumentato i suoi utili per azione del 7% all'anno negli ultimi dieci anni. Il riacquisto di azioni, pari al 4% ogni anno negli ultimi 10 anni, ha contribuito a realizzare il suo tasso di crescita negli ultimi dieci anni, inoltre sono 38 anni che la società aumenta o mantiene stabile il suo dividendo, pari oggi al 1,9%. La società concentra i suoi servizi di credito su quelli che hanno con buon rating, di conseguenza, subisce minori perdite per credit non riscossi rispetto alla media del settore. American Express ha sofferto, inutilmente quando Costco (COST), altro titolo di Buffett - ha annunciato la fine della partnership con American Express come esclusiva carta di credito. Questo ha causato American Express al commercio per un prezzo d'occasione. La società attualmente ha un rapporto prezzo-utili di appena 12.3. Questo sembra essere di gran lunga troppo basso per un biglietto da visita di credito di alta qualità. M&T Bank Corporation (MTB) M&T Bank Corporation è una holding bancaria con ~ 800 sedi in tutta la East Coast, è cresciuta fino a diventare una delle 15 più grandi banche degli Stati Uniti ed è una delle poche banche che non ha tagliato il pagamenti dei dividendi durante la Grande Recessione dal 2007 al 2009. L'azienda è molto apprezzata per la sua natura conservatrice. M&T Bank Corporation non ha aumentato la sua espansione utilizzando prestiti a rischio, questa sua natura conservatrice ha prodotto risultati fenomenali per gli azionisti nel lungo termine. L'azienda ha prodotto il 18,9% di rendimenti complessivi annualizzati per gli azionisti dal 1980, inoltre mantiene il ROE e il ROA più elevati del settore. L'aumento dei tassi di interesse sono un catalizzatore per l'azienda, in quanto portano ad un maggiore spread sugli interessi maturati sui depositi rispetto agli interessi pagati. La banca ha un rapporto PE di 15,9 e ai prezzi correnti sembra aver un valore equo. M&T Bank Corporation ha un dividend yield del 2,4%, e la combinazione di crescita stabile, valutazione equa e dividend yield solido dovrebbe far gola agli investitori che sono alla ricerca di un'azione bancaria. US Bancorp (USB) US Bancorp è leader del settore bancario nel rendimento delle attività, return on equity, e rapporto di efficienza, questo ci fa capire perché Warren Buffett ha investito miliardi del portafoglio della Berkshire Hathaway in US Bancorp. Questa azienda non è solo redditizia, è anche amichevole con gli azionisti, ha un payout del 30/40% e utilizza circa dal 30% al 40% degli utili per il riacquisto di azioni proprie. Questo equivale ad un 5,7% di rendimento per gli azionisti, inoltre l'azienda ha fatto crescere le sue attività del 7,5% all'anno negli ultimi 10 anni. Il suo P/E è di appena il 12,7. Durante la recessione 2007/2009 l'azienda è stata redditizia, anche se ha tagliato il suo dividendo in modo significativo. Nota:
la metrica finanziaria "indice di efficienza" è calcolata dividendo le spese prima degli interessi passivi per le entrate totali.
Wells Fargo (WFC) Wells Fargo è la 2° più grande azienda nel portafoglio della Berkshire Hathaway, questo perché Warren Buffett ha il 18,0% del suo portafoglio assegnato a Wells Fargo. L'azienda è cresciuta fino a diventare la più grande banca degli Stati Uniti sulla base dei suoi $ ​​244.000.000.000 di capitalizzazione di mercato. La società è una delle sole 34 società blue chip dello S&P 500 che opera da più di 100 anni e ha un dividend yield del 3%. Negli ultimi 10 anni la sua crescita è stata impressionante, aumentando il suo book-value per azione del 12% all'anno. Inoltre non ha mai assunto rischi inutili ed è riuscita a mantenere la redditività in tutta la Grande Recessione del 2007-2009. Anche se ha tagliato il pagamento dei dividendi nel 2009 e di nuovo nel 2010. Il marchio Wells Fargo è ben noto negli Stati Uniti, ha un'ottima reputazione per fiducia e un buon servizio. L'aumento dei tassi di interesse sono un catalizzatore per l'azienda, in quanto portano ad un maggiore spread sugli interessi maturati sui depositi rispetto agli interessi pagati. Wells Fargo attualmente scambia per un rapporto P/E di appena 11,7, che è ben al di sotto dei 20 dello S&P 500.
Industriali
United Parcel Service (UPS) United Parcel Service è la più grande società di trasporto merci e consegne quotata in borsa nel mondo. L'azienda è stata fondata a Seattle nel 1907. Oggi ha capitalizzazione di mercato di $ 96 miliardi di dollari, a confronto, FedEx (FDX) ha una capitalizzazione di mercato di $ 41 miliardi di dollari. United Parcel Services è un'azienda globale con ~2.000 strutture operative e ~100.000 veicoli nella sua flotta. Maggiore è la rete di distribuzione creata e maggiore diventa il suo vantaggio competitivo e questo le permette di mantenere i prezzi più bassi. L'azienda ha un forte vantaggio competitivo che non potrà che diventare più forte in quanto continua a crescere. L'industria della corrispondenza negli Stati Uniti è un oligopolio in gran parte dominato da soli 3 giocatori: Fed Ex (FDX), United Parcel Service e United States Post Office. Dei tre, solo le due società quotate in borsa sono redditizie. United States Post Office si aspetta perdite per $ 2 miliardi all'anno. UPS e Fed Ex combinati fanno circa $ 6 miliardi l'anno. Le vendite al dettaglio effettuate online continueranno a guidare la crescita di UPS, visto che sono destinate a crescere circa 4 volte più velocemente del PIL mondiale nel corso dei prossimi anni. Inoltre l'azienda sta beneficiando della crescita nei mercati emergenti, avendo concentrato la sua crescita internazionale negli ultimi 20 anni. In totale, l'azienda si aspetta dal 6% al 12% di crescita degli utili per azione per il futuro. Sono diversi decenni che la società aumenta i dividendi ed è un attività a basso rischio in un settore piuttosto lento nei cambiamenti. Inoltre ha effettuato riacquisti in media del 2% all'anno. UPS sembra un po sopravvalutata ai prezzi correnti ha un rapporto P/E di circa 18,3. Deere & Company (DE) Deere & Company è il più grande produttore di attrezzature agricole al mondo e le sue attività sono a livello globale. Ha una grande quota di mercato in: Brasile, Russia, India, Cina, Europa e Stati Uniti. Le sue attività stanno subendo un calo temporaneo, vista la sua ciclicità e la sua dipendenza ai prezzi dei cereali. Questo perché gli agricoltori tenere a bada i grandi investimenti, quando i loro flussi di cassa diminuiscono a causa dei bassi prezzi del grano. Deere & Company prevede un fatturato in calo del 10% nel 2016 e l'utile in diminuzione circa del 7% rispetto all'anno precedente. Nonostante la debolezza del settore però, Deere & Company rimane un investimento sicuro sul lungo termine. La società paga circa $ 800 milioni all'anno in dividendi. Anche durante i livelli bassi del settore, la società prevede di effettuare circa $ 1,3 miliardi di profitti nel 2016 per un payout del 62%. La società ha pagato dividendi stabili o in aumento per 27 anni. C'è una ragione se Warren Buffett ha investito nella società, questa ha un forte vantaggio competitivo, che deriva dal riconoscimento del suo marchio e dalla reputazione di qualità. Il vantaggio competitivo le ha dato una quota di mercato del settore attrezzature agricole del 60% negli Stati Uniti e in Canada. Deere & Company ha una media di crescita degli utili per azione del 12,8% all'anno dai minimi del 2009 all'anno fiscale 2015. Quando l'industria agricola cresce, Deere vede un aumento dei suoi utili, e dovrebbe continuare a fornire un 10% di crescita, che combinato con il suo dividend yield di circa il 3%, dovrebbe fornire agli investitori un rendimento totale del 13%. Il suo P/E decennale è di circa 15, il che porta a pensare che sia sottovalutata oggi.

venerdì 22 luglio 2016

Investire in Europa, tre ottime società che offrono dividendi

Non è un segreto che l’Europa stia lottando contro forze che cercano di dividerla in tutti i modi, l’unione è in crisi. Dal momento della grande recessione del 2008, l’economia del vecchio continente non si mai ripreso del tutto. Abbiamo visto salvataggi, doppi e tripli dip recessivi, disoccupazione alle stelle in alcuni paesi e malessere economico generale. Eventi come il Brexit non stanno aiutando, come la Grecia l’anno scorso.

Gli indici europei, seguiti da questo ottimo ETF Vanguard FTSE Europe (VGK), sono in calo del 7% negli ultimi cinque anni. Ma per coloro che cercano società sul medio lungo periodo che offrano dividendi, abbiamo qualche titolo interessante analizzato da poco.

La stragrande maggioranza delle imprese europee sono giganti multinazionali. Ottengono quindi molte delle loro entrate da fonti al di fuori dell’Europa. E le vendite continuano ad essere buone. Purtroppo è l’economia domestica che va male. Il ribasso dei titoli europei ha contribuito a spingere verso l’alto i rendimenti dei dividendi, infatti il VGK rende un 3.66%. Questo è più alto rispetto all’1,5% dello S&P500.

Per gli investitori, l’Europa continua ad essere il posto migliore per titoli di alta qualità con dividendi elevati a prezzi scontati rispetto gli Stati Uniti.

Unilever (UNA)

Dividend Yield: 3.64%

Il sapone Dove, maionese di Hellman, Q-tips. Sono solo alcune marche di prodotti che la maggior parte delle persone utilizzano e di cui hanno famigliarità. Probabilmente oltre che conoscerli molte persone li utilizzano pure. Ma quello che è importante è che questo è un perfetto esempio di come i prodotti di multinazionali europee siano ovunque.

Unilever possiede altri 400 prodotti di consumo. Il settore di bellezza è uno dei marchi venduti in 190 paesi e i mercati emergenti rappresentano il 58% dei suoi 53 miliardi di fatturato. Con l’euro che scende rispetto al dollaro, Unilever è stata in grado di amplificare i suoi ricavi grazie alla debole moneta. L’anno scorso è riuscita a realizzare un ulteriore crescita del 3% degli utili esclusivamente sulla base di movimenti valutari favorevoli.

La società continua a vedere un aumento delle vendite nei mercati extra-europei e con la sua caduta della valuta locale non dovrebbe avere problemi a mantenere i dividendi attuali per il futuro.

Anheuser Busch Inbev (BUD)
Dividend Yield: 3.64%

Budweiser e baseball, un connubio molto americano. Solo che Budweiser non è esattamente americana, è di proprietà di Belgium Brewing, il gigante Anheuser Busch Inbev SA (ABI). ABI è la società che vende la sua birra in oltre 100 paesi nel mondo. È dotata di una scuderia di marchi che generano un miliardo ciascuna di vendite. Questo include Budweiser, Corona e Stella Artois. Questo fatto ha contribuito a generare un fatturato di più di 43 miliardi l’anno scorso.

Ma il gigante della birra non riposa sugli allori. L’azienda ha continuato a raccogliere un sacco di soldi in birrifici artigianali locali e piccoli acquisti negli Stati Uniti, ed ha recentemente aggiunto la “near-beer”. Se ciò non bastasse, ABI ha deciso di acquisire la sua più grande rivale SABMiller plc (ADR) (SBMRY) per 106 miliardi di buyout, operazione autorizzata dal Dipartimento di Giustizia e sarà potrà immediatamente aggiungere vendite ed esposizione ai mercati emergenti.

Total SA (FP)
Dividend Yield: 5.66%

Quando pensiamo alle grandi compagnie petrolifere, nomi come Exxon Mobil Corporation (XOM). Tuttavia, l’Europa è piena di titoli energetici di gran livello che offrono grandi dividendi. Uno dei migliori sembra essere la francese Total SA (FP).

La società è grande quasi quanto Exxon Mobil in molti aspetti e dispone di numerosi beni in tutto il mondo. Ciò include tutto, dai grandi giacimenti petroliferi ai gasdotti e capacità di raffinazione. Tali attività sono eseguite meglio di molti dei suoi coetanei. Durante la caduta del petrolio dello scorso anno, l’utile netto di Total è sceso solo del 18% rispetto al declino del 40% di molti suoi competitor.

La chiave è stata la tempistica della spesa CAPEX. L’azienda ha rapidamente messo in attesa diversi grandi progetti petroliferi o progetti finiti che aveva iniziato proprio nel periodo in cui il petrolio scendeva. Ciò significava che non ha dovuto sborsare un sacco di soldi per la loro realizzazione. Di conseguenza, il dividendo del 5,66% è più sicuro rispetto ad alcune delle altre super major.

Disclosure

Noi siamo attualmente esposti in Unilvere e Total nel nostro portafoglio Europa Vincente e in Exxon Mobil nel nostro portafoglio dedicato alle materie prime Domino Oil, tutti i 3 titoli sono in positivo, uno ci sta rendendo il 35%.

giovedì 21 luglio 2016

Azioni Recordati, la pharma italiana che continua a brillare

Recordati sembra non fermarsi più. In anno di contrattazioni il titolo della famiglia Recordati è salito del 33% e non accenna a frenare, senza tener conto che solo negli ultimi 5 anni l'azienda di Milano ha performato circa il 300%. Nulla da dire, un management meraviglioso, acquisizioni giuste, come l'ultima della svizzera Pro Farma AG, e ricerca di sviluppo eccellenti, la rendono un piccolo diamante dell'industria italiana di cui vantarsi e su cui investire sempre.

Recordati è un gruppo farmaceutico italiano di rilevanza internazionale fondato nel 1926 e quotato alla borsa di Milano dal 1984 dove è presente nell’indice FTSE MIB. Si occupa di sviluppare, produrre e commerciare prodotti farmaceutici o di chimica farmaceutica. Il gruppo ha sede a Milano, e attività operative nei principali paesi europei, in Russia e negli altri paesi del Centro ed Est Europa, in Turchia e negli Stati Uniti d’America. Il 96,4% del fatturato è dato dal settore farmaceutico mentre il restante 3,6% dal settore chimico.

Il sito produttivo più importante per il gruppo è quello di Milano, che sforna 50 milioni di confezioni di farmaci l’anno ed è specializzato nella manifattura e confezionamento di forme solide orali, in gocce, iniettabili e prodotti per uso topico. Un altro impianto importante e tecnologicamente all’avanguardia è quello di Campoverde di Aprilia, in provincia di Latina, che occupa un’area di 360.000 m² e produce per via chimica intermedi e principi attivi sia per le specialità farmaceutiche Recordati sia per il mercato dei farmaci generici; a questi due impianti nazionali si aggiungono quelli di Cork in Irlanda e di Montluçon in Francia.

Le acquisizioni giuste al momento giusto

Il 14 Luglio 2016 si è reso noto che Recordati ha acquisito il 100% del capitale di Pro Farma, società farmaceutica svizzera con sede nel cantone di Zug per 14,7 milioni di euro. Pro Farma commercializza specialità medicinali proprie o in licenza in specifiche aree terapeutiche. I principali marchi sono Lacdigest (tilactase), Tretinac (isotretinoina) e Urocit (citrato di potassio). Con un fatturato atteso per il 2016 di circa 10 milioni di franchi svizzeri.

L’acquisizione di Pro Farma rappresenta un’ottima base sulla quale stabilire la nostra attività operativa in Svizzera dove Recordati ha recentemente iniziato a commercializzare direttamente il suo prodotto Livazo (pitavastatina). Inoltre, il prodotto principale Lacdigest contribuisce ulteriormente a potenziare la nostra presenza nell’area della gastroenterologia.

Ha dichiarato Giovanni Recordati, Presidente e Amministratore Delegato.

Non dimentichiamoci poi che Recordati ha acquisito anche il 100% del capitale sociale di Italchimici SpA, società farmaceutica italiana con sede operativa a Milano, da Progressio SGR, gestore del fondo Progressio Investimenti II, IDeA Capital Funds SGR, gestore del fondo Fondo IDeA Efficienza Energetica e Sviluppo Sostenibile, e dai dirigenti della società stessa. Il valore della transazione è di circa € 130 milioni e sarà finanziato con la liquidità disponibile.

Ancora una volta la società ha dimostrato quanto sia importante la gestione di un fondo per essere in grado di identificare, con il supporto dei responsabili della qualità, le aziende con solidi fondamentali e il potenziale di sviluppo. Italchimici è stata una operazione ben gestita e ottima per il futuro dell’azienda.

Ma dove può arrivare ?

Per noi non ci sono limiti per ora, abbiamo acquistato le azioni di Recordati (REC.MI) nel febbraio 2014 a 12 euro, puntavamo come target i 20 euro ma la società non ha mai smesso di crescere e così, tuttora, performa nel nostro portafoglio il +138%. Il nostro nuovo target price sono i 32 euro, dopo i quali vedremo se vale la pena continuare o lasciar scaricare il titolo prima di reinserirlo nel nostro portafoglio, per ora siamo, ovviamente, contentissimi dei risultati aziendali e della crescita e poi… un diamante è per sempre.

mercoledì 20 luglio 2016

Ci sono possibilità di bolla, ma le azioni offrono ancora delle opportunità

Sono sempre di più gli analisti che definiscono le azioni americane vicino una bolla. Lo ha riferito il premio Nopbel Robert Shiller che tuttora è economista a Goldman Sachs. Proprio ieri sera c’è stata la convention repubblicana che ha sancito il magnate Donald Trump come il candidato alla presidenza per Novembre 2016, secondo Shiller se dovesse vincere sarebbe davvero l’inizio di un declino economico per l’America, mentre il corporate raider Carl Icahn ha sottolineato le parole di Shiller con fare minaccioso e con un laconico siamo alla resa dei conti. In realtà, molti commentatori finanziari hanno detto che le azioni statunitensi sono fortemente sopravvalutate e che chiunque abbia il coraggio di tenere titoli azionari in portafoglio sarà presto colpito dalla forza di gravità ribassista del mercato. Ma vediamo le ragioni.

L’indice S&P500, le maggiori capitalizzazioni americane degli Stati Uniti, ha toccato i nuovi massimi questa settimana, spingendo le azioni in territorio da “bolla” con i tassi di interesse ai minimi storici che hanno spinto gli investitori alla disperata ricerca di un ritorno sul loro soldi pagando prezzi sempre più alti.

Otto anni di mercato toro azionario danno poche prospettive e lasciano pochi spazi, per coloro che hanno il coraggio di esprimere una opinione che i prezzi delle azioni siano ancora sottovalutate, o almeno non tutte. Le azioni quotate negli Stati Uniti, come rappresentato dallo S&P500, non sono certo a buon mercato rispetto al loro prezzo medio di dieci anni di utili multipli, eppure non diamo per scontato che le trimestrali, a parte la guerra delle valute, stanno andando bene e i multipli potrebbe abbassarsi già nella seconda metà del 2016.

In primo luogo, come ovvio, il livello di S&P500 in termini assoluti è irrilevante. Ciò che è importante è il prezzo dell’indice ponderato con la performance delle imprese alla base delle loro trimestrali. Lo S&P500 ha un prezzo finale sul rapporto di guadagni di circa 21 volte, o un rendimento degli utili del 4,7 per cento. Sulla base degli ultimi 50 anni, questo non è propriamente “costoso”. Quelli che coraggiosamente dichiarano che c’è in giro una bolla, dovrebbero dare anche uno sguardo alle molteplici azioni ci sono state colpite durante la bolla tecnologica alla fine degli anni novanta, conosciuta come “dot.com”.

In secondo luogo, coloro che credono che un tale multiplo sia terribilmente costoso dovrebbe chiedersi qual è il prezzo corretto che dovrebbe essere pagato per le azioni nelle imprese di qualità in questo periodo. E’ qui che l’opera della University of Pennsylvania, grazie al professore Jeremy Siegel, su una delle grandi bolle del mercato azionario del dopoguerra diventa illuminante.

All’inizio del 1970 gli investitori erano disposti a pagare un prezzo apparentemente “stupido” per quello che sono stati poi percepiti come “una decisione – comprare e non vendere” titoli di crescita. Un gruppo di importanti società statunitensi, tra cui Xerox, IBM, Polaroid e Coca-Cola avevano valutazioni meravigliose. Questi titoli, a volte indicato valutazioni alti come 80 o 100 o più rispetto i loro guadagni, Coca-Cola raggiunse un prezzo i 46 punti nel 1972, Johnson & Johnson colpì un rapporto di 57 volte nello stesso anno. Disney salì a una valutazione di 71 volte, mentre Dow Chemical ben 241 punti.

Questi titoli erano chiaramente in una bolla secondo i canoni attuali, eppure guardate il grafico di Disney (DIS), +300% in 18 mesi. Ma in definitiva cosa significa ? Lo studio del professor Siegel ha dimostrato che la morale di tutto questo è che non tutte le aziende dovrebbero essere comprate a qualsiasi prezzo. Invece, un acquisto a lungo termine di un business forte a un prezzo ragionevole dovrebbe premiarli, anche in questo periodo. Può essere fuori moda dirlo, ma molte aziende eccellenti sono ancora in offerta per i prezzi, e non stanno urlando bolla da nessuna parte.

venerdì 15 luglio 2016

L'Arabia Saudita fa i conti con i bassi prezzi del petrolio e l'austerità

L'Arabia Saudita è in una fase di rallentamento dell'economia e i tagli del Governo hanno colpito la spesa dei consumatori nel paese. Solitamente dopo settimane di digiuno i ricchi sauditi spendono in feste e viaggi per celebrare l'Eid, che segna la fine del mese sacro del Ramadan. Le famiglie si riuniscono in scintillanti centri commerciali da Riyadh a Jeddah, cogliendo le occasioni e mangiando nei ristoranti. Quest'anno però, le celebrazioni si sono svolte in un clima decisamente più frugale, offuscato dalla fragile fiducia dei consumatori e da una economia balbuziente in cui l'Arabia Saudita annaspa dal crollo dei prezzi del petrolio e dall'impatto delle misure di austerità del governo. Un anonimo dipendente del governo ha dichiarato che "La prima preoccupazione economica è il bilancio statale, tra cui le minori entrate e i tagli alle spese. Tutto il resto è una conseguenza, come le vendite al dettaglio che sono crollate". Inoltre ha aggiunto che pochi dei suoi amici sono in viaggio verso l'Europa, scegliendo invece vacanze più economiche più vicino al regno. Secondo l'economista Jason Tuvey: "L'austerità sta colpendo duro, in particolare sul settore delle costruzioni e sulla fiducia dei consumatori". Vari economisti ritengono che la crescita della spesa dei consumatori sta rallentando molto bruscamente e che sarà a circa il 2/3% fino al 2018, un tonfo dal 6/7% degli ultimi 10 anni. Capital Economics afferma crescita Arabia spesa dei consumatori sta rallentando bruscamente, e prevede che si sistemerà a circa 2-3 per cento fino al 2018 - una marcata caduta dal 6-7 per cento negli ultimi dieci anni. Si tratta di una tendenza che aggiungerà altre problematiche alle aziende già alle prese con radicali restrizioni del governo. Le pubblicazioni dei dati delle aziende private, ad esclusione delle industrie petrolifere denotano un espansione dello 0,2% su base annua, il ritmo della crescita più lento dal 1990. I settori peggiori sono stati commercio, alberghi e ristoranti in contrazione dello 0,8% nei primi tre mesi. La crescita dovrebbe recuperare un pò nel 2017 e nel 2018, ma sarà davvero contenuta, in quanto l'austerità fiscale dovrà continuare per un certo periodo, per mettere le finanze pubbliche su solide basi sostenibili. L’Arabia saudita, ha chiuso il 2015 con un deficit di 87 miliardi di dollari a causa del calo dei prezzi del petrolio.



Il dolore economico operato dall'austerità arriva in quanto il principe Mohammed bin Salman, il potente principe deputato alla corona, ha lanciato un ambizioso programma di riforma da $ 72bn, denominato "Saudi 2030 Vision" che cerca di portare l'economia fuori dalla sua dipendenza dal petrolio, riducendo il ruolo dello Stato e rafforzando le imprese private. Il programma prevede un aumento degli investimenti nel settore minerario: uranio principalmente, di cui l’Arabia Saudita detiene il 6% delle riserve mondiali, ma anche oro, zinco e fosfati. In cantiere ci sono poi interventi per potenziare la produzione e la vendita di armi, iniziative per incentivare l’occupazione delle donne e agevolazioni nell’assegnazione dei visti di lavoro per arabi e musulmani stranieri. Il punto centrale del piano, è la trasformazione del gigante petrolifero di Stato Saudi Aramco (capitale di oltre 2mila miliardi di dollari) in una holding, la vendita di circa il 5% delle sue azioni e la costituzione di un fondo sovrano da 2mila miliardi di dollari. È da questo passaggio che prenderà avvio il nuovo corso economico saudita che, a detta del vice principe e ministro della Difesa Mohammed bin Salman, permetterà al Paese di "vivere senza petrolio entro il 2020". Sulla carta, i numeri potrebbero dare ragione a Mohammed bin Salman, il quale ha sottolineato che la sola vendita dell’1% di Aramco permetterebbe a Riad di lanciare la più grande IPO (Offerta pubblica iniziale al mondo) della storia, superiore a quelle che hanno anticipato le quotazioni in borsa di Facebook (FB) e Alibaba (BABA). Il Fondo Monetario Internazionale ha definito il piano saudita “uno sforzo ambizioso di vasta portata”, mettendo però in evidenza gli ostacoli a cui andrà incontro l’Arabia Saudita nel breve e soprattutto nel medio-lungo periodo. Le entrate del Paese continuano infatti a dipendere per oltre il 70% dalle esportazioni petrolifere. Oggi il valore a barile è meno della metà rispetto ai 115 dollari del giugno del 2014 e le stime dicono che i prezzi non riprenderanno a salire se Riad e Teheran non troveranno un compromesso per dare una direzione univoca alle politiche produttive degli Stati membri dell’OPEC. Ci sono almeno due fattori che possono rassicurare l’Arabia Saudita: le riserve economiche enormi accumulate in questi anni grazie alla vendita dell’oro nero; la forza del petrolio, che nonostante gli annunci fatti a New York in occasione della firma dell’accordo sul clima, almeno per i prossimi anni manterrà il monopolio del mercato dei carburanti respingendo la crescita delle rinnovabili.

Riyadh ha reagito al calo dei prezzi del petrolio tagliando la spesa pubblica del 30% nel primo trimestre. Il paese sta bruciando le riserve in valuta estera e aumentando di miliardi di dollari il debito a livello internazionale per finanziare il deficit di bilancio. HSBC in una recente nota ha comunicato che a dispetto del rallentamento della domanda interna e dei tagli alla spesa pubblica, si aspetta che i saldi dei conti esterni e di bilancio del paese rimangano in profondo deficit, che il debito aumenti portando ad un ulteriore calo delle riserve. I commercianti sono stati colpiti in modo particolarmente duro dalla recessione, con una debolezza della fiducia dei consumatori che ha fatto crollare i loro guadagni del 45% su base annua nel primo trimestre. Anche le banche hanno accusato il colpo, registrando un calo del 3,4% dei depositi a Maggio, il declino più ampio da 22 anni. La banca centrale ha permesso agli istituti di credito di ampliare i loro rapporti prestiti-depositi per il 90 per cento per far fronte alla carenza di liquidità causata dai bassi prezzi del petrolio. Ma stanno ancora lottando per sostenere le imprese. Secondo gli analisti della Alistithmar Capital, una società di intermediazione con sede a Riyadh, la pressione sul sistema bancario è alto e le capacità di riserva delle banche per i prestiti si sta stringendo. Tutto questo si fa sentire anche nella vicina Dubai, il centro finanziario regionale e una delle mete preferite per i sauditi che vogliono fare acquisti o in vacanza. Quest'anno, l'ondata annuale di turisti sauditi diretti ai centri commerciali dell'emirato per festeggiare Eid non si è concretizzato, lasciando stanze vuote durante quello che doveva essere uno dei periodi più affollati per la città. Secondo Russell Sharp, direttore operativo di Citymax Hotels, "I sauditi non sono stati numerosi quest'anno" I ricavi per le camere disponibili sono in calo di circa un quinto in tutta la città.

Mentre gli attacchi terroristici della scorsa settimana coordinati a moschee saudite hanno contribuito al calo del turismo in uscita, le incerte prospettive economiche sta creando agli albergatori preoccupazione per un ulteriore calo di questa estate.

Investire in dividendi, 4 società con ottimi dividendi

Una delle poche certezze nei mercati finanziari è la possibilità di generare reddito sfruttando i dividendi forniti da società a grande capitalizzazione: investire in dividendi, differenziando nei vari settori, può diventare uno strumento per cogliere dei guadagni sicuri senza vivere le preoccupazioni di periodi di crescita globale stabile (in cui si è andato ad inserire anche il timore per le conseguenze dell’esito del referendum britannico per l’uscita dall’Unione Europea), che comportano una lettura del futuro complessa e uno stress non da poco. Detto ciò resta comunque possibile realizzare dei gain sul prezzo del titolo anche in questi periodi storici.

Mettere in atto una strategia sui dividendi non è un qualcosa di automatico che si limita all’analisi del singolo dato (i dollari per azione distribuiti), infatti occorre il rispetto di diversi requisiti per avere la certezza di non subire la sorpresa di un taglio addirittura della sospensione dei dividendi, che ovviamente per aziende consolidate è meno probabile ma non impossibile. Sono necessari un tasso di distribuzione degli utili (a loro volta in crescita) adeguato e una costante disponibilità di flussi di cassa.

Ford Motor Company (F)
Ford Motor Company (F) è la famosa casa automobilistica giunta al suo 113esimo anno di vita. Oltre alla produzione e commercializzazione a livello mondiale di auto e camion, offre servizi finanziari ed assicurativi erogati mediante la Ford Credit, banca ad essa legata. Il fatturato del primo trimestre 2016 di 37,7 miliardi di dollari è cresciuto di 11 punti percentuali, battendo nettamente anche le previsioni fatte dagli analisti. L’azienda beneficia di un boom delle vendite in Cina che ha guidato l’intero segmento del pacifico e coperto la debolezza dei risultati in Brasile. Solitamente quando si parla di dividendi sicuri e costantemente in crescita non si fa riferimento a società appartenenti a settori ciclici che legano i propri profitti all’andamento economico globale. Ford Motor Company però, al di là della sua lunga tradizione, si dimostra solida e dunque capace di sostenere un innalzarsi dei suoi flussi di cassa in uscita al fine di generare reddito ai propri azionisti sottoforma di dividendi. Il tasso di dividendo è del 4,52%, corrispondente a 0,60 dollari per azione.



StoneMor Partners L.P. (STON)
StoneMor Partners (STON) è un’impresa che possiede e gestisce più di 100 agenzie di pompe funebri ed oltre 300 cimiteri.
Il primo trimestre si è concluso con un aumento del fatturato del 10,62% (a 74,58 milioni di dollari) rispetto all’anno precedente, malgrado l’inverno rigido che ha impedito ad amici e famigliari di recarsi al cimitero per dare un ulteriore saluto ai loro cari che hanno perso la vita. Per quanto possa sembrare brutto da dire, la realtà è che il futuro di una società di questo tipo dipende notevolmente dal tasso di mortalità del paese in cui opera. L’innalzamento dell’età media della popolazione statunitense e l’avvicinamento della vecchiaia per la generazione del “baby boomer”, cioè del picco di nascite più elevato della storia dell’umanità avvenuto dal termine della seconda guerra mondiale a metà degli anni ‘60, diventano gli elementi in grado di sostenere flussi di cassa in continua crescita. Attualmente la società eroga un dividendo del 10,31%, pari a 2,64$ per azione.



Enterprise Products Partners (EPD)
Enterprise Products Partners (EPD) è una società petrolifera che opera nel segmento midstream, occupandosi dello stoccaggio e del trasporto di petrolio greggio e gas naturale alle raffinerie e di altri prodotti raffinati alle società che poi si occuperanno del trasporto al consumatore finale.
E' una master limited partnership (MLP), una particolare tipologia di società in accomandita semplice quotata in borsa con l'obbligo di pagare ai suoi investitori, attraverso distribuzioni trimestrali, circa il 90% del reddito generato, motivo per cui i dividendi sono solitamente molto generosi. Questa società, trattandosi di un distributore del prodotto che basa le sue entrate sul ricevimento dei canoni fissati per contratto per l'erogazione del servizio, è poco legata ai prezzi delle materie prime, ma non ne è completamente immune visto che le aziende a monte potrebbero tagliare l'estrazione (come in effetti è avvenuto). L'aspetto più positivo di Enterprise Products Partners è che malgrado un fatturato che non decolla come invece prospettavano gli stessi analisti, l'azienda ha generato ben 1,1 miliardi di flussi di cassa distribuibili, così da poter aumentare il dividendo erogato. Tutto ciò è stato realizzato grazie alla crescita delle nuove attività e agli interessanti rendimenti che hanno portato le recenti acquisizioni, tra cui gli oleodotti e i gasdotti del Texas. Se si considera anche che in tutto il 2016 sono previsti 2,8 miliardi di spese per progetti di crescita, ne va da sé la possibilità che tali risultati saranno migliorati. Il dividendo è di 1,58$ ad azioni, in crescita da 18 anni consecutivi.



STAG Industrial Inc (STAG)
Un settore che ultimamente è in fase di espansione è quello dell’investimento immobiliare, ovvero il REIT. Questo settore è frammentato in una serie di sotto-settori in base all’uso a cui è destinato l’immobile (residenziale, industriale, ufficio, hotel, ecc.).
STAG Industrial (STAG) è una piccola capitalizzazione specializzata nell’acquisizione di proprietà date in affitto a un singolo inquilino (ne beneficia la gestione degli affitti quando ad esempio una palazzina data ad una sola società che poi distribuirà i vari uffici al suo interno piuttosto che a più soggetti ognuno dei quali tenuto a pagare) a seguito di approfondite analisi sulle effettive capacità di pagamento. Le società di investimento mobiliare, sfruttando soprattutto la permissiva politica dei tassi di interesse della FED, stanno realizzando una rapida crescita in un periodo dove l’economia globale è stagnante., con STAG ha realizzato un aumento del fatturato del 18,7% in questo trimestre. Il primo problema per coloro che desiderano approfittare dei generosi dividendi che queste aziende erogano è l’eccessivo costo delle loro azioni, di conseguenza, qualora uno desiderasse entrare, potrebbe essere utile attendere un eventuale ritracciamento. In ogni caso il suo dividendo è di 1,39 dollari ad azione.

Investire in materie prime, Nichel realmente in ripresa?

Il nichel è un metallo di colore argenteo che viene impiegato a livello industriale per fabbricare leghe di acciaio inossidabile resistenti alla corrosione, trovando così largo impiego nell'industria petrolifera, chimica, automobilistica. Il suo mercato di riferimento è il London Metal Exchange (LME).

Il mondo dell’industria mineraria, da diverso tempo, vive nel suo complesso una crisi di sovrapproduzione, malgrado l’incessante aumento della domanda cinese, che ha provocato un rapido e intenso calo dei prezzi. Nel caso specifico del nichel, solamente negli ultimi due anni il crollo è stato di oltre il 60% (senza quindi bisogno di andare troppo indietro nel tempo, come nel 2007 quando il boom dei consumi in Cina spinse il prezzo ai massimi di 50.000$ per tonnellata).



Come sempre accade in queste circostanze le aziende produttrici (situate soprattutto in Canada, in particolare nella regione del Québec, Cuba, Russia e Australia), non potendo operare per lungo tempo in perdita, si convincono della necessità di tagliare una produzione che, a prezzi troppo bassi, non darebbe alcun beneficio. Esempi a tal proposito sono l’australiana Mincor Resources che nel secondo semestre dell’anno scorso ha ridotto la produzione di concentrati a circa 2 mila tonnellate contro le 4,6 mila precedenti e la canadese Sherritt International che ha nettamente ridotto il target 2015 da 80-86mila a 78-82mila tonnellate. In realtà tutte queste misure adottate non riescono ad assumere rilevanza perché troppo isolate e fine a sé stesse: difficilmente si giunge ad un accordo comune in grado di cambiare il corso degli eventi (basti pensare all’atteggiamento dell’OPEC a proposito del petrolio), così da complicare ulteriormente le vicende relative all’andamento di queste materie prime.

Per quanto riguarda il nichel, invece, il prezzo sta ricevendo un certo sostegno da un avvenimento che ha consentito di rompere la resistenza intorno ai 9.500$/ton che da ben 8 mesi restava intatta: si tratta del blocco temporaneo alle esportazioni dei materiali in ghisa derivanti dal nichel voluto dal nuovo governo filippino. Questa decisione si aggiunge alla scelta autonoma, compiuta da alcune società del paese asiatico di tagliare buona parte della produzione, scelta che ha già avuto ripercussioni sulle importazioni di nichel da parte della Cina, ridotte del 27% nei primi mesi del 2016.

Una situazione del genere non è nuova essendosi già presentata nel 2014 quando l’Indonesia, a quel tempo principale fornitore di nichel per la Cina, approvò una legge che rendeva l’esportazione del metallo valida solo a seguito di una prima lavorazione interna del materiale grezzo, a protezione della propria industria di trasformazione . Successivamente a questa vicenda il ruolo di principale fornitore era passato proprio alle Filippini, ma adesso il governo sembra avere un obiettivo differente: la protezione ambientale dagli abusi del settore minerario. Se questa volontà si concretizzerà in un divieto definitivo di fornitura della materia prima ai raffinatori cinesi non è ancora del tutto chiaro, così come quanto tempo occorrerebbe per realizzare il progetto.

In definitiva, l’insieme di questi eventi ha di fatto ridotto la produzione di nichel al punto che il contemporaneo aumento della domanda dovrebbe aver portato ad un deficit di offerta che consentirebbe una ripresa del prezzo dopo anni di delusioni, a vantaggio anche di società del settore come Vale S.A. (VALE).



In prima battuta il mercato ha reagito positivamente alla notizia, ma il futuro è legato indissolubilmente a quanto avverrà all’interno dell’intero ambiente delle materie prime.

lunedì 11 luglio 2016

Investire in azioni, le migliori azioni biotech sul mercato (parte 2)

Dopo vari mesi di difficoltà finanziaria per il settore biotech, con gli indici (come l’MSCI Healthcare) che raggruppano questa tipologia di titoli che si sono svalutati di almeno il 40% (alcune aziende minori hanno perso fino all’80%), siamo giunti al periodo dell’anno più favorevole per queste aziende e si sta per proporre la possibilità di acquistare titoli con buone prospettive di crescita, ad un prezzo decisamente scontato.

Il rischio del biotecnologico deriva dalla sua volatilità correlata non solo al reale andamento dell’attività del settore, ma anche ai semplici sentimenti di mercato sul futuro. Sentimenti che nei mesi scorsi erano condizionati negativamente dall’informale dichiarazione di guerra alle case farmaceutiche da parte di Hilary Clinton e che adesso volgono al positivo con l’imminente stagione di fusioni e acquisizioni.

E’ quindi il clima di fiducia/sfiducia generico ad influenzare le vicende di qualsiasi società del settore, perciò occorre fare particolare attenzione a questa tipologia di investimento, puntando sulla qualità dei titoli in portafoglio e non sulla quantità (avere una decina di azioni biotech non garantisce alcuna immunità, a maggior ragione se esse realizzano prodotti per la cura di malattie simili).

Andando poi nello specifico della singola società, è fondamentale per il futuro del titolo il giudizio da parte della Food and Drug Administration (FDA) a proposito della possibilità di proseguire o meno con lo sviluppo di un prodotto del proprio portafoglio o addirittura di procedere con la sua commercializzazione.  

Portola Pharmaceuticals (PTLA)

Portola Pharmaceuticals (PTLA) è una società biotech che ha come obiettivo la costruzione di un portafoglio di prodotti per la cura dei pazienti affetti da problemi di tipo sanguigno, come malattie di vario genere, trombosi e infiammazioni. Le sue entrate attualmente derivano da contratti di licenza e collaborazione ed ammontano dai dati relativi al semestre scorso a 8,26 milioni di dollari, ben +250% rispetto l’anno precedente. L’utile netto si è ridotto del 38,5%, ma ciò è dovuto ad un aumento delle spese necessarie per il lancio di Andrexanet, farmaco capace di inibire il fattore anticoagulante Xa che nel solo 2015 ha provocato 50.000 ricoveri per sanguinamento incontrollato negli Stati Uniti. Il 17 Agosto è una data molto importante per la società in quanto la FDA esprimerà la sua opinione riguardo la commercializzazione dell’antidoto. Altri elementi a favore di Portola sono un rapporto tra attività è passività (il quick ratio) impressionante, un livello di debito nullo e il buon stato di avanzamento nello sviluppo di ulteriori prodotti quali Betrixaban (prevenzione trombosi) e Cerdulatibin (tumore sanguigno).

Valeant Pharmaceuticals International (VRX)

Valeant Pharmaceuticals è una multinazionale farmaceutica canadese specializzata in dermatologia, salute degli occhi, neurologia ed altre aree terapeutiche. L’investimento in questa società rappresenta sicuramente un grosso rischio: le ultime trimestrali si sono chiuse con un netto taglio delle aspettative annue. Si tratta solo dell’ultima di una serie di notizie poco confortanti, infatti Valeant subisce l’accusa di aver messo in atto un aumento incontrollato dei prezzi dei suoi farmaci distribuiti da una catena di farmacie specializzate. Oltretutto nel Marzo 2016 è diventata concreta la possibilità di non riuscire a ripagare gli interessi sulle obbligazioni societarie emesse (la recente acquisizione di Salix, impresa specializzata nel campo dei farmaci per il trattamento dei disturbi gastrointestinali, per un valore di circa 15 miliardi ha inciso sull’attuale elevato livello di debito). Al di là di ognuna di tali questione che han portato nel corso di un anno al crollo del prezzo del titolo di un 80%, il 19 Luglio il comitato consultivo della FDA esprimerà la sua opinione a proposito del farmaco “Brodalumab”, un’efficace terapia per la cura di gravi forme di psoriasi a placche. Se mai dovessero giungere aggiornamenti positivi, il titolo ne beneficerebbe in maniera strepitosa, fermo restando però come tutte le difficoltà in corso non verrebbero automaticamente cancellate.
  Sage Therapeutics (SAGE)

Sage Therapeutics è una società biotech focalizzata negli studi neurologici per la scoperta e lo sviluppo di farmaci per la cura di rari disturbi del sistema nervoso centrale. Non esiste ancora alcun prodotto in commercio per la casa farmaceutica, ma sono diversi i programmi in fase di studio, su tutti SAGE-547, considerato il punto di forza. Esso si sviluppa su tre linee: il trattamento di forme gravissime di epilessia (giunto ad un buon punto della fase 3 del processo decisionale della FDA), il tremolio del corpo (forme diverse dal Parkinson) e la cura della depressione post-parto che colpisce ben il 20% delle donne. Le prossime novità riguarderanno proprio quest’ultimo campo, con l’aggiornamento della fase 2 che avverrà nel corso di questo mese. Il mercato potenziale è considerevole, ma lo è altrettanto la concorrenza, quindi il lavoro che dovrà svolgere la società per affermarsi appare in salita. In ogni caso Sage Therapeutics ha già dimostrando la sua validità..
  Insys Therapeutics (INSY)

Insys Therapeutics sviluppa e commercializza farmaci innovativi e sistemi per la loro somministrazione altrettanto moderni. Nel primo trimestre 2016 il fatturato è sceso del 12%, passando dai 70,8 milioni di dollari del 2015 agli attuali 62 milioni. La causa è la riduzione nella domanda dell’unico farmaco già in produzione, ovvero Subsys, utilizzato per alleviare in pochissimi minuti l’intenso dolore episodico che devono sopportare le persone oltre i 18 anni malate di cancro. Aggiungendo a questa riduzione delle vendite un incremento delle spese per la ricerca e sviluppo, anche l’utile netto ha registrato un pesante -69,7%. Queste perdite però saranno a breve recuperate con gli interessi dal momento che la FDA ha da qualche giorno dato l’approvazione definitiva a Syndros, farmaco usato nella cura dell’anoressia dovuta a perdite di peso nei pazienti affetti da AIDS o nausea e vomito provocato dalla chemioterapia. La chiave di un successo rapido per questo nuovo prodotto sarebbe una certa differenziazione rispetto a medicinali simili che convincerà i dottori a prescrivere ai loro pazienti Syndros, per un mercato dal potenziale di 700 milioni.

Alder BioPharmaceuticals (ALDR)

Alder BioPharmarmaceuticals è una società biofarmaceutica che si occupa dello sviluppo di anticorpi terapeutici per combattere l’emicrania (un approccio alternativa ai più tradizionali narcotici), malattie autoimmuni, infiammatorie, ecc. Il farmaco da tenere sotto osservazione è ALD403, i cui risultati dagli studi clinici continuano a mostrare le sue potenzialità nel diventare una terapia strepitosa nell’ambito del trattamento di un problema fastidioso come l’emicrania cronica, un mercato dal potenziale di 3 miliardi di dollari. Durante il prossimo trimestre, in data ancora da definirsi, ci sarà un aggiornamento sullo stato di avanzamento degli studi giunti in fase 2bis.

venerdì 8 luglio 2016

I 3 ETF sullo S&P500 migliori da inizio anno

Dopo aver sofferto pesantemente subito dopo il voto Brexit, lo S&P500 ha rimbalzato fortemente facendo registrare il più alto guadagno settimanale dal 20 Novembre. Lo scioglimento sui timori per la Brexit e i forti aumenti del prezzo del petrolio sono stati i principali fattori alla base del rimbalzo. Il benchmark ha registrato un guadagno settimanale del 3,2% la scorsa settimana. Questo ha aiutato gli ETF che replicano la performance dell’indice S&P500 di registrare guadagni durante la scorsa settimana.

I colloqui di stimolo aggressivo nel Regno Unito hanno spinto gli investitori verso un notevole interesse per l’acquisto di titoli dei settori che sono scesi maggiormente tra cui i finanziari, che hanno svolto un ruolo chiave nel diminuire i timori per la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione europea.

Nel frattempo, le crescenti aspettative di stimolo economico più aggressivo in Inghilterra ha avuto anche un impatto positivo sul sentiment degli investitori. Il Governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ha indicato che le nuove misure di stimolo potrebbero essere necessarie per incrementare l’economia del paese. Carney ha detto che:

Le prospettive economiche si sono deteriorate e la politica monetaria allenterà molto probabilmente durante l’estate. Dovremmo discutere ulteriormente la gamma di strumenti a nostra disposizione e prendere misure supplementari necessarie.

Forti guadagni dei prezzi del petrolio
Sia il greggio WTI sia il Brent sono aumentati del 5,7% la scorsa settimana, che a sua volta hanno portato i settori energetici a registrare guadagni. Il settore energetico più ampio – Energy Select Sector SPDR ETF (XLE) – ha guadagnato il 2,7% durante lo stesso periodo. I prezzi del petrolio hanno recuperato sul debole dollaro, gli scioperi in Norvegia e l’interruzione della produzione in Venezuela.

Inoltre, raffinatori e produttori di petrolio in Venezuela hanno lottato per mantenere la produzione in seguito la carenza di attrezzature e interruzioni di corrente. Inoltre, l’Energy Information Administration (EIA) ha riferito che le scorte commerciali di petrolio negli Stati Uniti sono diminuite di 4,1 milioni di barili a 526,6 milioni per la settimana conclusa il 24 giugno registrando il loro sesto declino settimanale. Questo è stato il più ampio rispetto alle previsioni di una diminuzione di 2,4 milioni di barili degli analisti.

Il forte rimbalzo ha contribuito al rimbalzo dello S&P500 facendolo chiudere a fine settimana intorno i 2100 punti. In questo scenario, abbiamo evidenziato tre ETF che replicano la performance dell’indice e rimarranno sul radar degli investitori, almeno nel breve termine.

SPDR S & P 500 ETF (SPY)
Questo fondo detiene 505 titoli nel suo paniere con il 17,8% del proprio patrimonio investito nei primi 10 titoli. Information Technology occupa la prima posizione mentre Financials si attesta alla seconda posizione con il 15,6% del suo patrimonio. SPY ha restituito il 3,5% la scorsa settimana. Il fondo è molto popolare con 178 miliardi di capitalizzazione e un forte volume medio giornaliero di oltre 122 milioni di azioni. Inoltre ha un dividend yield annuo del 2,1%. Da inizio anno sta rendendo il +3% esclusi i dividendi.

iShares Nucleo S & P 500 (IVV)
Questo prodotto mantiene un portafoglio di 504 titoli nel suo paniere con il 17,8% del proprio patrimonio investito nei primi 10 titoli. Come SPY, Information Technology occupa la prima posizione mentre Financials occupa la posizione successiva con il 15,6% del suo patrimonio. IVV è salito del 3,6% la scorsa settimana. Questo fondo popolare ha 73 miliardi di capitalizzazione e un solido volume medio giornaliero di oltre 4 milioni di azioni. Ha un dividend yield annuo del 1,7%. Da inizio anno sta rendendo il +2.83% esclusi i dividendi.

Vanguard 500 ETF (VOO)
Questo fondo detiene 509 titoli nel suo paniere con il 18,6% del proprio patrimonio investito nei primi 10 titoli. Proprio come i due precedenti, Information Technology occupa la prima posizione mentre Financials occupa la posizione successiva con il 16,3% del suo patrimonio. VOO è salito del 3,7% la scorsa settimana. Il fondo è molto popolare con 46 miliardi di capitalizzazione e un forte volume medio giornaliero di oltre 2 milioni di azioni. Ha un dividend yield annuo del 2,1%. Da inizio anno sta rendendo il +2.85% esclusi i dividendi.

Investire in azioni, le migliori azioni biotech sul mercato (parte 1)

Dopo vari mesi di difficoltà finanziaria per il settore biotech, con gli indici (come l’MSCI Healthcare) che raggruppano questa tipologia di titoli che si sono svalutati di almeno il 40% (alcune aziende minori hanno perso fino all’80%), siamo giunti al periodo dell’anno più favorevole per queste aziende e si sta per proporre la possibilità di acquistare titoli con buone prospettive di crescita, ad un prezzo decisamente scontato.

Il rischio del biotecnologico deriva dalla sua volatilità correlata non solo al reale andamento dell’attività del settore, ma anche ai semplici sentimenti di mercato sul futuro. Sentimenti che nei mesi scorsi erano condizionati negativamente dall’informale dichiarazione di guerra alle case farmaceutiche da parte di Hilary Clinton e che adesso volgono al positivo con l’imminente stagione di fusioni e acquisizioni.

E’ quindi il clima di fiducia/sfiducia generico ad influenzare le vicende di qualsiasi società del settore, perciò occorre fare particolare attenzione a questa tipologia di investimento, puntando sulla qualità dei titoli in portafoglio e non sulla quantità (avere una decina di azioni biotech non garantisce alcuna immunità, a maggior ragione se esse realizzano prodotti per la cura di malattie simili).

Achillion Pharmaceuticals (ACHN)
Achillion Pharmaceuticals è stata costituita il 17 agosto 1998 nel Delaware. E’ una società biofarmaceutica che si concentra sulle scoperte, sviluppo e commercializzazione di terapie per le malattie infettive.

Il margine di profitto lordo per il primo trimestre del suo anno fiscale 2016 è notevolmente aumentato rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Le vendite sono rimaste invariate ma il reddito netto è aumentato. Allo stesso tempo il patrimonio netto è notevolmente aumentato del 63.48% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Il rapporto P/E è negativo, rendendo inutile la sua valutazione.

La sperimentazione clinica in fase 2 ha già dimostrato la validità di un prodotto molto importante di Achillion, il quale una volta messo in commercio dovrebbe avere un grande riscontro sul mercato, grazie al suo alto rapporto qualità-prezzo, senza risentire del fatto che anche Gilead Sienes (GILD) ha a sua volta messo in produzione (in anticipo) un proprio farmaco chiamato Harvoni.

Ultragenyx Pharmaceutical (RARE)
Ultragenyx Pharmaceutical è una società biofarmaceutica che si concentra sulla identificazione, acquisizione, sviluppo e commercializzazione di vari prodotti per il trattamento delle malattie genetiche rare e ultra-rare negli Stati Uniti. La società sta sviluppando vari farmaci biologici di prodotti, tra cui KRN23, un anticorpo monoclonale umano in studio di fase III per adulti atto a ridurre l’attività biologica del fattore di crescita dei fibroblasti 23 per migliorare i livelli bassi di fosfato nei pazienti con ipofosfatemia X-linked, nonché per il trattamento di pazienti osteomalacia tumore-indotta inoperabili adulti.

Ancora più interessanti saranno le dichiarazioni che avverranno a breve (la data non è ancora specificata) a proposito dei dati relativi alla fase 3 sul farmaco rhGUS, utilizzato per il trattamento della MPS7, problema al metabolismo che provoca rigidità articolari e disfunzioni organiche. Se i risultati saranno positivi il titolo ne gioverà grazie soprattutto all’assenza di aziende in grado di competere in questo campo. JMP Securities ha elevato il target della società a 70 $, ora quota 52 $.

GW Pharmaceuticals (GWPH)
GW Pharmaceuticals plc è una società biofarmaceutica, insieme alle sue controllate, si impegna nella scoperta, sviluppo e commercializzazione di medicinali soggetti a prescrizione cannabinoidi. Opera attraverso tre segmenti: commerciale, ricerca e sviluppo e pipeline di ricerca e sviluppo. L’azienda offre principalmente Sativex, uno spray per mucosa orale per il trattamento della spasticità dovuta alla sclerosi multipla. Esso si concentra inoltre sul programma di sviluppo clinico di fase III di Sativex per l’uso nel trattamento del dolore da cancro.

Le ultime trimestrali non sono stati eccellenti, con un fatturato di 2,65 milioni di sterline in calo del 58,3% rispetto lo scorso anno e di conseguenza un utile netto notevolmente al ribasso.
Ci sono però diversi elementi a favore di una futura rapida crescita della società: un livello di liquidità estremamente valido e una serie di farmaci in fase avanzata del percorso che porterà all’approvazione della commercializzazione da parte della Fud and Drug Administration. Tra questi spiccano il THCV, per la cura del diabete, giunto da tempo alla seconda fase di studi (si attende a breve un aggiornamento sull’ulteriore sviluppo) e l’Epidiolex, che ha già dimostrato, durante la terza ed ultima fase di studio, la sua enorme efficacia nella cura dei bambini affetti da gravi forme di epilessia (GW si augura di ottenere l’assenso per procedere con la produzione entro la fine del 2017).

Vertex Pharmaceuticals (VRTX)
Vertex Pharmaceuticals si impegna nella scoperta, sviluppo, produzione, commercializzazione e farmaci per le malattie gravi. L’azienda si concentra sullo sviluppo e commercializzazione di terapie per il trattamento della fibrosi cistica (FC) e i suoi programmi di ricerca e sviluppo. Commercializza ORKAMBI per il trattamento di pazienti con FC a 12 anni di età ed oltre che hanno due copie (omozigoti) della mutazione F508 nel loro gene CFTR; Kalydeco (ivacaftor) per il trattamento di pazienti con FC di 6 di età e anziani che hanno la mutazione G551D nel loro gene CFTR. L’azienda sviluppa anche VX-661, un composto correttore che è in una fase di sviluppo di Fase III in combinazione con ivacaftor in più pazienti con fibrosi cistica.

Vertex Pharmaceuticals è una società da circa 21 miliardi di capitalizzazione, frutto di un’attività ultradecennale. La sua linea di prodotti è focalizzata sulla cura di infezioni virali, tumori e malattie infiammatorie. A fine Marzo è stata presentata richiesta ufficiale alla FDA affinché Orkambi si possa somministrare anche ai circa 2.500 bambini tra i 6 e gli 11 anni che negli Stati Uniti che soffrono dello stesso disturbo (stesso discorso vale per la richiesta fatta alla MAA, l’equivalente europea della FDA, per la cura dei 3500 giovani pazienti europei). Gli studi effettuati sono terminati anche in fase 3 e il giudizio avverrà entro 6 mesi dopo la decisione della FDA di procedere con un’analisi anticipata del caso (rispetto ai 10 mesi standard) vista l’importanza di un’eventuale assenso.

Novavax (NVAX)
Novavax è una società che si dedica ai vaccini, si concentra sulla scoperta, sviluppo e commercializzazione di vaccini ricombinanti nanoparticelle e coadiuvanti. L’azienda produce i suoi vaccini utilizzando la sua tecnologia proprietaria ricombinante con nanoparticelle. La sua linea di prodotti di prodotti comprende virus respiratori sinciziale (RSV), vaccini per l’immunizzazione degli anziani, nonché candidati pediatrici al RSV, che è in fase I di sperimentazione clinica; L’influenza stagionale quadri valente e i vaccini pandemici H7N9, che sono in studi clinici di Fase II; Un candidato contro Ebola che è la fase I di sperimentazione clinica, così come una combinazione per un vaccino influenzale in sperimentazione pre-clinica per problemi respiratori.

Novavax (NVAX) è una società biotech impegnata a fornire nuovi prodotti per prevenire una vasta gamma di malattie infettive. In fase 3 di prova si trova il vaccino RSV F, da utilizzare contro un mortale virus respiratorio. In data non precisata, ma sicuramente entro i prossimi 3 mesi, saranno presentati aggiornamenti sul suo sviluppo, grazie anche all’accelerazione nel processo di giudizio per l’approvazione posta in essere dalla FDA. La società stima i possibili proventi dalla commercializzazione del vaccino in circa 6 miliardi di dollari di fatturato annuo. Intanto però lo scorso trimestre si è concluso con un -57,3% delle vendite ed un -217% dell’utile netto.

giovedì 7 luglio 2016

Le migliori azioni americane, eccone 4 da buy now

Con i tassi di interesse che precipitano, molti investitori hanno preferito i mercati monetari nei loro portafogli, ma la sicurezza e il rendimento sono stati messi a dura prova. Nel tentativo di innescare la crescita, le banche centrali hanno spinto i rendimenti ai minimi di tutti i tempi, costringendo gli investitori a cercare rendimenti in azioni. I due settori meglio performanti di quest’anno sono le telecomunicazioni e le utilities, entrambi i quali sono ormai gravemente in ipercomprati, la domanda è: dove guardare ora ?

Uno dei posti migliori che conosciamo è il portafoglio della UBS basato sui dividendi. Gli analisti si concentrano su titoli con dividendi solidi che sono costantemente cresciuti nel corso del tempo, e le loro prestazioni di quest’anno sono state eccezionale. Al termine del primo semestre, il portafoglio era in crescita del 7,1%, contro il 3,84% dell’indice di riferimento S&P500.

Ci siamo concentrati su alcuni dei titoli che hanno sottoperformato più del solito e che possono essere i migliori acquisti in questo momento. Sono anche i più alti titoli da rendimento nel gruppo.

Boeing (BA)
Questa industriale aerospaziale top è ancora giù oltre il 10% dall’inizio dell’anno. Insieme alle sue controllate, progetta, sviluppa, produce, vende, servizi e supporti aerei di linea commerciali, aerei militari, satelliti, difesa missilistica, voli spaziali per umani e sistemi di lancio in tutto il mondo. Opera in cinque segmenti: aerei commerciali Boeing, aerei militari, sistemi di rete e spazio, Global Services & Support Boeing Capital.

Il margine di profitto lordo per il primo trimestre del suo anno fiscale 2016 è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Anche se le vendite sono aumentate, l’utile netto è diminuito. La società ha liquidità molto debole. Attualmente infatti il sui Quick Ratio è dello 0,37 il che mostra chiaramente una mancanza di capacità di coprire le esigenze di cassa a breve termine anche se la stessa liquidità è aumentata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il che indica un miglioramento del flusso di cassa. Allo stesso tempo il patrimonio netto è notevolmente diminuito del 48,86% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno.

Intel (INTC)
Intel Corporation è la più grande azienda multinazionale produttrice di dispositivi a semiconduttore con sede a Santa Clara, California. Fondata nel 1968, è leader nel suo segmento di mercato. Il controllo totale del mercato dei processori x86 procurò all’Intel negli anni molte cause da parte dell’Antitrust. Attualmente Intel controlla l’85% del mercato dei processori a 32-bit, unico suo avversario è la Advanced Micro Devices con cui Intel ha un accordo dal 1976: ognuna delle due major può usare le tecnologie brevettate dall’avversario senza dover richiederne il consenso. Intel attualmente produce microprocessori, componenti di rete, chipset per motherboard (scheda madre), chip per schede video e molti altri circuiti integrati.

Intel ha registrato un primo trimestre in linea e ha abbassato le prospettive future. Merrill Lynch resta positiva sulla società e ritiene che vi è un solido potenziale di rialzo per il titolo. Alcuni analisti pensano che la ristrutturazione potrebbe tradursi in 0,23 $ di risparimo annuale sugli utili per azione. Intel fornisce un dividendo molto solido, il 3,15%.

Invesco (IVZ)
Questa azienda è leader di servizi finanziari ed ha forti posizioni in entrambe le exchange traded funds (ETF azionari), azionari e fondi comuni di investimento gestiti attivamente. Invesco sembra essere molto ben posizionata per capitalizzare afflussi in entrambi i segmenti, così come i prezzi delle attività più elevate, come molti a Wall Street vedono una continuazione del mercato toro per i prossimi sei anni.

Il margine di profitto lordo di Invesco per il primo trimestre del suo anno fiscale 2016 è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Le vendite e l’utile netto sono scesi, ma la crescita ha superato la media all’interno del settore. Nello stesso periodo, il patrimonio netto (“patrimonio netto”) è rimasto praticamente invariato.

La società ha un P/E di 17.89 punti, in linea col settore Capital Markets e decisamente meno rispetto alla media dello S&P500 di 24.26. Il suo rapporto prezzo-book di 1,35 indica uno sconto rispetto alla media dello S&P500 di 2,77 e rispetto alla media del settore di 1,62. Invesco offre un dividendo del 4,48%.

Nordstrom (JWN)
Questo rivenditore è stata colpito duramente e si presenta come un titolo di valore solido ai livelli commerciali correnti. La società è una dei principali rivenditori specializzati di moda con sede negli Stati Uniti. Fondata nel 1901 come un negozio di scarpe a Seattle, Nordstrom gestisce oggi circa 260 punti vendita in 35 stati, tra cui 117 negozi di full-line, 140 Nordstrom Rack e due boutique Jeffrey.

Il margine di profitto lordo per il primo trimestre del suo anno fiscale 2016 è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Anche se le vendite sono aumentate, l’utile netto è diminuito, con un decremento delle sue stime. Attualmente il Quick Ratio è 0,24, il che mostra chiaramente una mancanza di capacità di coprire esigenze di cassa a breve termine. La liquidità della società è diminuita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, indicando il deterioramento del flusso di cassa. Allo stesso tempo il patrimonio netto è notevolmente diminuito del 65.75% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Gli investitori sono pagati con un dividendo del 3,86%.

Tesla e il futuro dell'auto ad energia elettrica

La notizia non è delle migliori per gli amanti dello sviluppo tecnologico, in particolar modo quello relativo al settore automobilistico. I più diffidenti già da tempo ipotizzavano una circostanza del genere, fino a farla apparire inevitabile: lo scorso 7 Maggio si è verificato il primo incidente mortale causato dall’autopilota. La casa automobilistica coinvolta è Tesla (TSLA). Tale avvenimento ha messo momentaneamente in secondo piano i progetti innovativi che caratterizzano l’intera storia societaria, i quali però non devono essere dimenticati in quanto sono proprio questi che stabiliranno il suo futuro.

Elon Musk, amministratore delegato e azionista di maggioranza di Tesla (TSLA), è da sempre un uomo che ama porsi degli obiettivi all’apparenza folli e che presentano quindi un elevato livello di rischio. Ed ecco che, dopo la commercializzazione (iniziata nel 2008 e terminata nel 2012) della prima auto sportiva alimentata da energia elettrica grazie all’applicazione di particolari batterie al litio dall’autonomia di diverse centinaia di chilometri, la nuova idea è diventare la prima azienda dal valore di 1 trilione di dollari tramite nuove integrazioni nella catena produttiva.

La volontà è di fondersi (mediante uno scambio di azioni) con la società SolarCity (SCTY), impegnata nell’energia solare residenziale. Si tratterebbe di un’integrazione che darebbe il beneficio di offrire al cliente una serie di servizi aggiuntivi agli attuali che consistono nella sola consegna dell’auto e nel ricevimento del tecnico per il montaggio in garage della colonnina di ricarica a cui collegare la batteria.

Se il progetto diventasse realtà, il consumatore riceverebbe anche l’impianto a pannelli solari da montare non solo sul tetto dell’auto per la ricarica della batteria, bensì anche in casa, dove l’energia elettrica verrebbe raccolta per un uso successivo dalla colonnina di ricarica preinstallata, diventando magari indipendente dal fornitore di corrente. Il tutto senza rivolgendosi alla stessa ditta, con riduzione delle spese.

La scommessa di Musk è tutt’altro che irrealizzabile. Piuttosto lasciano perplessi i tempi e le modalità adottate.

Innanzi tutto Tesla ha da poco lanciato un nuovo modello di auto elettrica che ha avuto un riscontro eccezionale tra il pubblico di massa al quale l’azienda si è rivolta per la prima volta. Per sostenere la domanda è stato costruito il “Gigafactory” in Nevada, un enorme edificio adibito alla produzione di un numero sensazionale di batterie, necessarie per soddisfare tutti gli ordini di acquisto.
Sorprende quindi la volontà di destinare, proprio nel momento in cui l’obiettivo dello smaltimento dei quasi 300 mila ordini per il Model 3 dovrebbe avere la precedenza assoluta, ingenti risorse allo sviluppo di un business come il solare dal futuro immediato molto incerto.

Ed allora perché avere a che fare con Solar City, società che da tempo mostra una certa debolezza? Solar City fatica a far crescere la sua attività commerciale, sostenendo costi elevati che sono tipici per di un’impresa che opera in questo settore. La preoccupazione principale risiede nel grado di fiducia sempre inferiore degli investitori che si concretizza in un accesso ai finanziamenti sempre più complicato. Verrebbe da pensare che il ruolo di azionista di maggioranza di Musk in entrambe le società sia l’elemento chiave per giungere ad una fusione tra le due aziende che potrebbe dare sicuramente dei benefici, ma solo a fronte di elevati rischi in termini di posizione finanziaria per Tesla.

In conclusione si può dire che Elon Musk è una fonte inesauribile di idee, molte delle quali finora si sono rivelate vincenti. L’attività di produzione automobilistica è fiorente e darà ottimi risultati non appena la Tesla Model 3 sarà messa in vendita (non prima del 2017).
Per quanto riguarda il resto, non è ancora possibile stabilire con certezza se l’intenzione di ampliare il proprio business nel solare possa portare a raggiungere le cifre astronomiche pronosticate o se al contrario diventerà fonte di complicazioni per l’intero sviluppo aziendale.