Visualizzazione post con etichetta investire petrolio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta investire petrolio. Mostra tutti i post

venerdì 15 gennaio 2021

L’aumento del prezzo del petrolio e la bolla del mercato azionario

 Il petrolio sta prolungando la sua ripresa costante dall’inizio del 2021 aiutato da nuovi segnali secondo cui i maggiori produttori mondiali non apriranno i rubinetti e invaderanno il mercato. Il rimbalzo alimentato da un aumento dei viaggi e dell’attività economica a seguito dell’allentamento delle restrizioni sul coronavirus, unito ai tagli alla produzione da parte dei grandi fornitori dall’Arabia Saudita e dalle società statunitensi, stanno alimentando l’ascesa dando agli investitori la fiducia che la domanda supererà l’offerta.

Abbiamo trascorso la prima settimana del nuovo anno con gran parte del mondo che è entrato in modalità lockdown. Per molti l’entusiasmo di lasciarsi alle spalle il temuto 2020 è stato sostituito dalla consapevolezza che il 2021 è semplicemente il 2020, ma più vecchio.

La domanda che ora dobbiamo porci è, se i lockdown si stanno allungando in molti paesi del mondo, perchè il prezzo del petrolio continua a salire? 

Prima di rispondere è giusto che spieghi perchè ho citato anche i produttori americani. I produttori statunitensi di scisto stanno indicando che non hanno fretta di aumentare l’offerta, anzi, stanno pianificando di diminuire i livelli di indebitamento aziendali e restituire denaro agli azionisti con buyback e maggiori dividendi.

Il coronavirus sta scatenando un nuovo caos e innescando nuovi blocchi in tutto il mondo. È improbabile che questa sia una buona notizia per il traffico aereo a breve termine. Eppure il prezzo del petrolio è aumentato fortemente nell’ultima settimana. Il greggio Brent ha dato il via al nuovo anno a circa $ 51 al barile mentre questa mattina è ben oltre i 54 dollari al barile.

La salita sopra i 50 dollari dovrebbe giovare l’economia globale. I prezzi sono ora abbastanza alti da consentire a molte aziende di coprire i costi di produzione, ma non così alti da far lievitare i prezzi del carburante per i consumatori.

Penso che la crescita continuerà nonostante la consegna di vaccini contro il coronavirus sia più lenta di quanto mi aspettassi. Tuttavia, non credo che il mondo abbia davvero bisogno di petrolio in questo momento, quindi non c’è un grande motivo perchè il prezzo salga più di tanto dai livelli attuali, pertanto prevedo ancora una crescita ma limitata. La limitazione nella produzione darà un grosso aiuto oltre al continuo entusiasmo per le risorse in generale. 

Se però cerchiamo una ragione più specifica dietro al rialzo del prezzo del barile, direi che possiamo trovarla solo nelle uscite dell’Opec+. All’inizio di questa settimana l’Opec+ – composto dagli stati del Golfo, guidati da Arabia Saudita e Russia, si è riunito e ha deciso di limitare l’offerta più di quanto i mercati si aspettassero.

La Russia ha ancora in programma di aumentare la produzione, ma l’Arabia Saudita invece si è impegnata a tagliare un altro milione di barili di produzione per compensare, mentre la maggior parte degli altri paesi del cartello ha affermato che manterrà stabile la produzione. Il coordinamento dell’OPEC segna un’inversione rispetto all’inizio dello scorso anno, quando una faida di produzione tra Arabia Saudita e Russia colpì duramente il mercato a causa del crollo della domanda.

La fiducia che l’offerta non aumenterà ha contribuito a spingere le scommesse nette sui prezzi del greggio statunitensi da parte di hedge fund e altri investitori speculativi come mostrano i dati della Commodity Futures Trading Commission.

Presumibilmente i produttori di petrolio sono preoccupati che la nuova diffusione del virus inneschi un nuovo calo della domanda e quindi colpisca i prezzi. Non fa una piega. Detto questo penso che la generosità del taglio saudita sembra “troppo bella per essere vera”. Dopo tutto l’Arabia Saudita e la Russia sono rivali.

Penso che i sauditi abbiano scelto la strada che fa meno male, una mossa a breve termine per cercare di garantire che il prezzo del petrolio non crolli di nuovo. L’importanza dei prezzi del petrolio è costantemente sottovalutata.

I picchi del prezzo del petrolio non sono utili per l’economia globale. Il petrolio agisce sia come una tassa (risucchia denaro che altrimenti potrebbe essere speso altrove) che come pressione inflazionistica (fa salire i prezzi). C’è persino chi argomenta che il picco dei prezzi del petrolio ha effettivamente innescato la crisi finanziaria del 2008 (non io).

Eppure il petrolio è sempre visto come materia prima in via di esaurimento. È un terribile combustibile fossile che verrà sostituito dall’idrogeno o dalla luce solare o dal vento o dal potere del pensiero positivo o qualcosa del genere. Eppure è sempre lì a far paura, perchè il mondo ha fame di petrolio. 

Quindi l’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe “pungere” la bolla del mercato azionario statunitense?

Charles Gave di Gavekal fa l’interessante osservazione in una recente ricerca nota che “in passato, un forte aumento del prezzo del petrolio è sempre stato seguito da un calo del rapporto p/e Shiller”. Ora, per coloro che non sanno cosa sia, il rapporto prezzo/utili di Shiller, o Cape ratio, guarda alla valutazione di un mercato (o azione) basata su una media corretta per l’inflazione dei suoi utili negli ultimi dieci anni, piuttosto che su un un solo anno.

Se ti affidi ai dati di un anno ottieni una visione distorta di quanto sia davvero economica o costosa una azione. Ad esempio, le azioni minerarie tenderanno a sembrare molto economiche su base p/e quando i loro utili sono ai massimi livelli (durante un boom delle materie prime), mentre sembreranno molto costose quando è in corso un crollo delle materie prime (perché gli utili precipitano).

Il Cape non è molto utile per il timing sul mercato, ma ha un potere predittivo dei rendimenti futuri migliore della maggior parte degli altri indicatori. Se acquisti quando il Cape mostra che un mercato è economico, la storia indica che i tuoi rendimenti a lungo termine saranno migliori rispetto a quelli di quando acquisti quando il Cape segnala che un mercato è costoso.

I bassi tassi di interesse sono ciò che mantiene alte le valutazioni di mercato. Questo ha un senso. Se la tua alternativa al possesso di azioni è possedere un’obbligazione in cui perdi denaro, ciò suggerisce che dovresti essere disposto a pagare di più per le azioni di quanto faresti se il rendimento delle obbligazioni fosse più alto.

Ma cosa succede se i prezzi del petrolio si riprendono e di conseguenza l’inflazione aumenta?
Io penso che siamo di fronte ad una valutazione alta dei mercati, ma non siamo in presenza di una bolla. Una ipotetica bolla potrebbe scoppiare solo nel caso in cui la Fed sia costretta ad aumentare i tassi di interesse di parecchi punti per far fronte ad un aumento molto alto dell’inflazione. 

Quanto dovrebbe essere l’inflazione prima che la Fed sia costretta ad aumentare i tassi? Difficile dirlo, ma penso che fino a 3-4 punti percentuali non si muoverebbe, quindi c’è ancora un po’ di strada da fare, probabilmente anni.

Giuseppe Pascarella

Firma

giovedì 11 luglio 2019

Potrebbe Trump riportare il prezzo del petrolio a 140 dollari?

Trump e bandiera americana
Una cosa è certa: con Trump non ci si annoia mai.
La sua campagna elettorale permanente prevede sempre la presenza di un nemico da sconfiggere o da ridurre a più miti consigli.
E visto che stiamo parlando di un uomo che ha conquistato la Casa Bianca contro tutti i sondaggi, probabilmente la sua strategia è, al momento, efficace.
Prima il Messico e i messicani, poi la Cina ed ora si aggiunge l’Iran.
In realtà l’Iran è sempre stato considerato dagli Usa un nemico ma con gli accordi stipulati dall’amministrazione Obama i rapporti si erano ricuciti.
Sia chiaro, Iran e Usa non giocavano a golf insieme come amici di vecchia data, ma già limitarsi a mantenere buoni rapporti era un considerato un gran successo.
Poi le tensioni sono aumentate costantemente da maggio 2018, quando Trump abbandonò improvvisamente l’accordo nucleare del 2015 tra l’Iran e le sei potenze mondiali.
Trump non ha solo abbandonato l’accordo ma ha ripristinato le sanzioni per costringere l’Iran a rinegoziarlo.
Ora le scaramucce si sono di nuovo manifestate dopo l’abbattimento del drone statunitense sullo stretto di Hormuz.
L’Iran sostiene che gli Usa hanno violato il suo spazio aereo.
Gli Stati Uniti insistono che si trattava di acque internazionali.
Tutto questo è stato preceduto da due serie di esplosioni che hanno danneggiato sei navi petroliere nella regione.
Una regione nella quale passa ogni giorno un quinto del petrolio mondiale.
Naturalmente non è mia intenzione sindacare sulle ragioni dell’uno o dell’altro.
Non sono un esperto di geo-politica e, anche se lo fossi, non è senza dubbio questo il luogo adatto per discuterne.
Ormai dovresti conoscermi.
Quello che mi interessa è l’impatto che queste tensioni possono avere sui mercati finanziari e sui miei (e tuoi) portafogli di investimento.
Non c’è dubbio che i mercati siano particolarmente sensibili a ciò che avviene in quelle regioni.
Questo perché ogni tensione si riflette sul prezzo del petrolio.
E il prezzo del petrolio influenza l’andamento della crescita economica la quale, a sua volta, si riflette nei mercati finanziari.
Ma andiamo con ordine.
Le tensioni geo-politiche nel medio oriente impattano sul prezzo del petrolio perché oltre il 70% delle riserve mondiali si trovano proprio sotto quelle terre:
grafico dei paesi con maggiori riserve di petrolio e gas
Hai presente il sobbalzo che fai quando ti infilano sottopelle un ago senza preavviso?
Ecco quella è la reazione del prezzo del petrolio ad ogni minima tensione che vede coinvolte quelle terre.
E, come ti accennavo, il prezzo del petrolio influenza non poco l’economia e, di riflesso, il mercato finanziario.
Mercato obbligazionario, azionario, delle valute si muovono repentinamente ad ogni battito d’ali di farfalla nel golfo Persico.
Tuttavia, se mi segui da un po’ e se hai letto il mio libro, la strategia che adotto e che mi consente di battere il benchmark ormai da 10 anni, è quella di un investitore di lungo periodo nel mercato azionario americano.
Quindi quello che devo analizzare è l’impatto che le quotazioni dell’oro nero hanno sui mercati d’oltreoceano.
Allora vediamo.
Il petrolio è una materia prima quotata pertanto, così come le azioni, le obbligazioni, le valute eccetera, è influenzato anche da un elemento che i mercati in genere odiano.
Sto parlando dell’incertezza.
Una minaccia, come ad esempio quella di Trump nei confronti dell’Iran, è un’incertezza.
E in un simile contesto ogni teoria ed ogni analisi può essere valida.
Alcuni analisti sostengono che la minaccia è reale altri che si tratta di una bufala.
Altri ancora non si esprimono mentre alcuni illuminati si lanciano in previsioni con gradi di certezza assoluta.
Nel frattempo i mercati non sanno come muoversi e, nel breve periodo, vanno in fibrillazione.
Tecnicamente si dice che aumenta la volatilità.
Ma a noi del breve periodo frega nulla… giusto?
Tuttavia anche lo stato d’animo dell’investitore di lungo periodo viene messo a dura prova dalle incertezze di breve periodo.
E allora vediamo un po’ come si sta evolvendo la situazione.
Uno scontro in Medio Oriente, anche se improbabile, farebbe impennare i prezzi del petrolio… questo ce lo siamo già detti.
L’aumento del prezzo dell’oro nero, se prolungato nel tempo, comporterebbe un duro colpo per il motore dell’economia americana ovvero la spesa dei consumatori.
Infatti l’aumento dei costi di produzione delle aziende (pensa ad esempio al costo dell’energia) verrebbe scaricato sui prezzi dei beni che producono e, naturalmente aumenterebbero.
E se i prezzi aumentano, a parità di salario, una famiglia deve ridurre le spese o indebitarsi per mantenere lo stesso tenore di vita.
E’ per questo che il prezzo del petrolio viene tenuto in considerazione come anticipatore di una recessione.
Alcuni esempi per comprendere meglio il concetto.
Se hai i capelli grigi e purtroppo qualche acciacco dovuto all’età, allora ricorderai come l’embargo petrolifero saudita del 1973-1974 ha contribuito a innescare un balzo dei prezzi del petrolio che ha paralizzato l’economia.
Oppure come la rivoluzione iraniana del 1979 ha portato a una recessione negli Stati Uniti.
Allo stesso modo, l’economia americana è scivolata in una recessione dopo che l’Iraq ha invaso il Kuwait nel 1990 e di nuovo dopo il rovesciamento americano del dittatore iracheno Saddam Hussein nel 2003.
E ancora.
Ricorderai come nel 2008 la grande recessione è stata causata da un’epica bolla immobiliare.
Tuttavia non ti sarà sfuggito anche il fatto che il prezzo del petrolio era alle stelle, sopra i 140 dollari al barile, nell’estate del 2008.
Significa quindi che prezzi elevati del petrolio conducono spesso ad una recessione.
Ma la domanda è: quando il prezzo del petrolio può considerarsi “elevato”?
Se elevato è 140, il suo massimo del 2008, allora in questo momento con la quotazione a 66 dollari possiamo stare tranquilli.
Se così fosse, ognuno di noi potrebbe facilmente considerarsi un analista.
Se il massimo è a 140 e ora quota 66 perché mi dovrei preoccupare?
La realtà dei fatti è ben diversa e la risposta è sempre: dipende.
Molte cose sono cambiate rispetto al passato.
Il massimo di 140 dollari a barile del 2008 fu raggiunto in un contesto diverso rispetto ad oggi.
Ad esempio, rispetto ad allora, gli USA sono molto più indipendenti dall’energia grazie all’aumento di produzione soprattutto nel Texas occidentale.
Significa che assorbono molto più facilmente eventuali shock di prezzo dell’oro nero.
Inoltre c’è un altro fattore da considerare.
I prezzi elevati del petrolio non comportano una recessione immediata dell’economia.
Come ti dicevo, lo puoi considerare come un indicatore di tensione che, se prolungato, può riflettersi sull’andamento economico globale.
Quindi torniamo a noi.
In questo momento siamo in un contesto di volatilità dovuta semplicemente a tensioni geo-politiche?
Oppure questa si aggiunge ad un prezzo già elevato che potrebbe riversarsi nel tempo sui prezzi dei beni che acquisti facendoli aumentare?
Se così fosse siamo quindi in prossimità di una recessione?
La risposta è ancora una volta: dipende.
Dipende perché le variabili da tenere in considerazione sono infinite e gli strumenti in mano alle banche centrali per controllare eventuali tendenze inflazionistiche non sono gli stessi del passato.
Tieni comunque presente che una recessione prima di esplodere viene anticipata da numerosi segnali – tra questi certamente anche il prezzo del greggio – che devi essere in grado di leggere se vuoi riposizionare il portafoglio prima di venire travolto dall’onda.
Nel mio libro ti racconto come avevo previsto la recessione del 2008 ben prima della sua esplosione nell’estate dello stesso anno.
Ti rimando al libro per saperne di più.
In “Battere il benchmark” scoprirai come il mio sistema analizza i mercati tenendo conto di tutte queste variabili.
Tuttavia le variabili hanno impatti diversi a seconda del settore che stai analizzando.
E all’interno di ogni settore le singole aziende non ne risentono tutte allo stesso modo.
Quindi ti serve un sistema per selezionare soprattutto in periodi di alta volatilità o recessione, le aziende che ne risentono meno o si difendono meglio o addirittura ne sono avvantaggiate.
Quindi occhio, perché cadere nella trappola dell’emotività di breve periodo è facilissimo se non hai una mappa che ti guida alla meta.
Continua a seguirmi sui consueti canali e ti terrò aggiornato.



Seguimi anche sul gruppo Facebook “Battere il Benchmark” ==> https://bit.ly/2wzzIez
Acquista il mio libro “Battere il Benchmark” ==> https://bit.ly/2WvfCgd

martedì 6 marzo 2018

Le migliori azioni energetiche per il 2018

Sappiamo tutti che il prezzo del petrolio ha subito un brusco calo negli ultimi anni. Ovviamente le multinazionali non sono state immuni da questo brusco calo, hanno pagato moltissimo, molte aziende sono fallite, altre sono in Chapter 11. In tutto questo periodo sono “resuscitate” società che sono state capaci di re-inventarsi, investendo in energia alternative, tagliando i costi e gestendo al meglio le risorse a disposizione.

Le scorte di greggio sono ai minimi rispetto gli ultimi due anni a causa di una maggiore domanda e di uno sforzo da parte dei produttori di petrolio per limitare l’offerta. L’ Agenzia internazionale dell’energia ha riferito che l’eccesso di offerta sembra finire e l’OPEC e altri 10 produttori NON OPEC hanno tagliato la produzione seguendo un accordo iniziato a dicembre per estendere i limiti della produzione fino alla fine del 2018. Tutto ciò dovrebbe aumentare il prezzo del petrolio, in attesa di altri sviluppi.

Con il rimbalzo del prezzo del greggio, molte società petrolifere hanno cominciato a beneficiare di un aumento dei loro prezzi azionari dato che sono tornati i compratori. Questo grazie anche agli investimenti fatti quando il WTI era ai minimi, ora stanno cominciando a trarne i giusti profitti. Secondo un analisi che abbiamo svolto sui bilanci, l’analisi tecnica e i contratti stipulati, abbiamo scovato 3 società del settore energetico che potrebbero crescere molto nei prossimi 12 mesi.

Exxon Mobil Corp (XOM)
Exxon Mobil è un produttore e distributore di prodotti petrolchimici, inclusi olefine, aromatici, polietilene e polipropilene, materiali plastici e una gamma di vari prodotti. Ha inoltre partecipazioni in impianti di produzione di energia elettrica. La società ha parecchie divisioni e centinaia di affiliati, ExxonMobil, Exxon, Esso e Mobil. La loro attività principale è l’energia, coinvolgendo esplorazione e produzione di petrolio greggio e gas naturale, fabbricazione di prodotti petroliferi, trasporto e vendita di petrolio greggio, gas naturale e prodotti petroliferi.

Le azioni di Exxon Mobil sono state in declino per gran parte del 2017, scendendo dai massimi fino a toccare i 76 $ a fine agosto del 2017. Ma il titolo ha costantemente trovato supporto a circa 75 $ per azione, toccando il fondo a fine agosto e testando nuovamente il fondo a fine novembre. Attualmente, il titolo si attesta intorno i 77 $ per azione.

Le entrate dell’azienda sono rimaste positive durante il calo dei prezzi del petrolio. Il 27 ottobre, Exxon ha registrato un utile del terzo trimestre superiore alle attese in quanto i prezzi del greggio e del gas naturale hanno compensato l’impatto dei recenti uragani. Questo potrebbe suggerire che il titolo è pronto per una ripresa.

Offre dividendi in crescita da oltre 30 anni e paga una cedola annuale del +4,11%.

Exxon Mobil, investire petrolio, etc petrolio, migliori azioni 2018

Comstock Resources (CRK)
Comstock Resources è una società energetica indipendente, acquisisce, sviluppa, esplora e produce petrolio e gas naturale negli Stati Uniti. Le sue operazioni petrolifere e gas sono localizzate principalmente nel Texas orientale e nella Louisiana settentrionale. La società possiede interessi in 1.371 produttori di pozzi di petrolio e gas naturale.

Risorse Comstock si è posizionata per aumentare i ricavi attraverso una joint venture con USG Properties Haynesville. CRK ha ottenuto l’accesso a 3.315 acri nell’accordo. Avrà un interesse del 12,5% nei pozzi di quella proprietà offrendo se stesso come operatore. Inoltre, può ottenere un ulteriore interesse del 12,5% pagando USG per qualsiasi trivellazione sulla superficie. Questo è un modo relativamente a basso costo per aumentare le entrate.

Non paga alcuna cedola.

Migliori azioni 2018, migliori azioni energetiche, domino oil, investire nel petrolio

Enbridge Inc (ENB)
Enbridge Inc. è un’azienda di trasporto energia canadese con sede a Calgary (Alberta), specializzata nel trasporto e nella distribuzione di petrolio grezzo, gas naturale, e altri liquidi con una divisione di energie rinnovabili dal 2002. La società ha più di 10.000 impiegati, per lo più in Canada e negli Stati Uniti.

Come società di pipeline, è meno suscettibile agli alti e bassi dei prezzi del petrolio. Attualmente ha un valore di $ 20 miliardi di contratti di pagamento. La compagnia ha sottolineato che ci sono altri $ 37 miliardi di contratti garantiti per i prossimi anni. Ciò significa che verrà pagata indipendentemente dai prezzi del petrolio. La sua fusione con Spectra Energy (SE) nel 2016 ha reso Enbridge la più grande compagnia di infrastrutture petrolifere non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il Nord America.

Offre un rendimento di dividendo del +6,31%.

Enbridge, Spectra energy, dividendi azioni, azioni con dividendo, cedole titoli, settore petrolio

Se l’Agenzia internazionale per l’energia fornisce dati corretti, i prezzi del petrolio potrebbero aumentare drasticamente entro la fine del 2018. Il mercato tende a quotare in anticipo tali mosse, quindi ora è il momento di considerare i migliori titoli del settore petrolifero. Alcuni di questi titoli verranno inseriti, insieme ad altri, nel nostro portafoglio Domino Oil che nel 2017 ha reso circa l’8%.

martedì 6 giugno 2017

Col dollaro che arranca, lo scettro passa all'Oro

L’oro si è mantenuto costante dopo aver toccato il picco più alto delle ultime 6 settimane, incoraggiato dai deludenti dati sul lavoro degli Stati Uniti che sembravano abbassare le prospettive di una serie aggressiva di aumenti dei tassi di interesse americani. La crescita degli impieghi statunitensi è stata rallentata nel mese di maggio e gli incrementi occupazionali nei due mesi precedenti non erano altrettanto forti come quelli precedentemente riportati, suggerendo che il mercato del lavoro sta perdendo slancio, nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso a un tasso più basso degli ultimi 16 anni, 4,3%.

Con la settimana di trading abbreviata nei mercati statunitensi, non abbiamo realmente notizie importanti sui prezzi dell’oro, ad eccezione dei numeri sulla disoccupazione. Tuttavia l’Oro non è rimasto piatto, ma ha continuato ad avanzare regolarmente, con un guadagno dello 0,78% venerdì per chiudere la settimana al rialzo.

I futures dell’oro americano in agosto sono aumentati dello 0,2 per cento a 1.283,3 / oncia. Il palladio ha raggiunto gli 843,10 dollari l’oncia, il prezzo più forte del metallo dal settembre 2014. Probabilmente la spinta principale dell’Oro è stato il dollaro, che si muove inversamente metallo a causa dello stato del dollaro come valuta corrente di riserva e concorrente come bene di rifugio all’oro. Competono anche attraverso il costo delle opportunità, con l’offerta di dollari e oro che offrono una protezione contro l’inflazione, che però indebolisce il dollaro.

Ci aspettiamo che l’oro possa trovare un periodo di turbolenza mentre ci avviciniamo all’ipotetico rialzo dei tassi di giugno, ma le cose potrebbero aprire nuovi spiragli di salita per il prezioso metallo nel post-meeting, se le parole usate dalla FED sono di un calo strutturale dell’economia

ha dichiarato l’analista di INTL FCStone Edward Meir

Nel frattempo, dopo un attacco militante su un quartiere notturno di Londra questo fine settimana, il primo ministro britannico Theresa May riprenderà la campagna lunedì per le elezioni nazionali previste in tre giorni. Il voto dovrebbe essere molto più stretto di quanto previsto in precedenza.

Dall’inizio dell’anno, l’indice del dollaro è sceso del 6%. L’incertezza circa la direzione degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump continuano a sopprimerlo. I fondamentali degli Stati Uniti non sembrano molto solidi, ci sono coinvolgimenti con la Russia, le tensioni geopolitiche sembrano pesare sul dollaro dopo ogni notizia postata sui giornali, e proprio questa settimana abbiamo avuto notizia che Trump si è ritirato dall’accordo sul clima di Parigi. Tutti questi fattori hanno contribuito al declino del dollaro.

Oro, Gold, madia mobile, analisi tecnica, Outlook 2017, stime 2017

Trump e il fattore tassi di interesse

Il principale fattore, tuttavia, è stata la debole politica del dollaro di Trump. Dalla discussione con i giornalisti su cosa pensa sul fatto che il dollaro sia troppo forte, ha accusato la Germania di manipolare l’euro, la Cina lo yuan, e i i giapponesi di svalutare lo yen contro il dollaro. Non possiamo dire che Trump non sia stato attivo nel discutere il dollaro. Ma bastano questi punti per rendere il dollaro debole? Pensiamo di No. Ci sono altri fattori importanti.

I futures dei Fed Funds hanno abbassato le loro aspettative per tre escursioni di tassi quest’anno, nonostante la le parole del presidente della FED, Janet Yellen, che pensa che i numeri negativi del Q1 siano “transitori”. Secondo lo strumento FedWatch Tool del Gruppo CME, il mercato pensa che nel corso di una riunione di giugno si prevede un aumento del tasso di interesse del 94,6%, nonostante tutti i dati economici bassi. Credo che avremo un’escursione nel mese di giugno e non ci sarà una sorpresa perché i funzionari federali stanno ancora parlando di tre aumenti di tassi di interesse quest’anno.

I macroeconomici del lavoro non sono così eccezionali

A maggio negli Stati Uniti sono stati creati meno posti di lavoro del previsto (138.000) e la crescita dei salari è rimasta contenuta (+0,2% mensile) ma il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi del maggio 2001 ed è oggi pari al 4,3%.

Un dato che dipende dal fatto che molte persone lasciano il lavoro senza cercare nuova occupazioni più che da un aumento di quelle che trovano un lavoro nuovo. Questi numeri non dovrebbero pesare sulla decisione della Federal Reserve di alzare i tassi nella riunione di giugno.

E’ iniziato tuttavia il dibattito su quando e se ci sarà la terza stretta del 2017 messa in conto dalla banca centrale Usa e attesa dal mercato a settembre. Quel mese sarà infatti politicamente molto intenso: il Congresso dovrà aumentare il tetto al debito e approvare i finanziamenti per l’anno fiscale che inizierà il primo ottobre.

martedì 27 dicembre 2016

Investire nelle materie prime: come andranno nel 2017

Dopo un anno all’insegna dell’incertezza, sta per avviarsi un 2017 la cui lettura appare ancora complessa. Per questo motivo occorre prendere seriamente in considerazione l’investimento non solo in attività finanziarie “classiche” come le azioni, bensì anche in materie prime che diano interessanti ritorni.

Oro e Argento
Le prime materie prime di cui ci occuperemo sono i due principali metalli preziosi: oro e argento.
Dopo un anno di promesse mai mantenute, il 14 Dicembre la Federal Reserve ha compiuto il suo “atto di fiducia nell’economia americana”, procedendo con il primo rialzo dei tassi di interesse (dello 0,25%) degli ultimi 10 anni. Questo evento era piuttosto prevedibile alla luce dei segni di forza mostrati recentemente dall’economia reale statunitense ed ha avuto un impatto negativo sul prezzo dell’oro, attualmente di 1.129$ per oncia ed in netta diminuzione rispetto ai valori massimi raggiunti nel Luglio 2016. L’aumento dei tassi infatti rende maggiormente attraente l’investimento in altre attività in grado di dare rendimenti superiori.

Andamento e stime dell'Oro nel 2017, materie prime

In realtà le prospettive inflazionistiche dei piani di investimenti pubblici e di taglio delle tasse preventivati da Trump (questi andrebbero ad indebolire il valore del dollaro, elemento che fa accrescere la domanda estera di oro valutato proprio in dollari sui mercati internazionali) e il contesto politico-economico globale ancora incerto, lasciano auspicare un futuro interesse ancora elevato verso un bene di rifugio come l’oro. In tal modo il rialzo del suo prezzo sarebbe più che possibile, andando a superare anche le avversità di ulteriori aumenti dei tassi nel 2017, i quali per quanto probabili non sono per nulla sicuri.

Per quanto ne concerne con l’argento, il discorso risulta analogo se non per il fatto che in questo caso il suo utilizzo industriale è un fattore di primaria importanza nel decretarne il prezzo. A tal proposito si registrano richieste record soprattutto nell’industria fotovoltaica, grazie all’aumento delle installazioni di pannelli solari che necessitano di un ottimo conduttore di elettricità.
Perciò anche in questo caso il suo prezzo è destinato ad aumentare nel 2017.

Andamento e stime dell'Argento nel 2017, materie prime

Petrolio
Ogni valutazione sul prezzo del petrolio ruota attorno ad una parola: pazienza.
L’unico modo per uscire fuori definitivamente da questa ormai biennale crisi di sovrapproduzione è un taglio netto della produttività mondiale. Dopo mesi e mesi di attesa finalmente i paesi esportati si stanno muovendo in tale direzione: l’OPEC lo scorso 30 Novembre ha annunciato una significativa riduzione dei barili prodotti al giorno (nell’ordine di circa 1 milione), così come si registra il medesimo impegno in tal senso da parte dei paesi non-OPEC.

La domanda da porsi è ora “sono queste le reali intenzioni dei paesi produttori?”, constatando come esistono purtroppo elementi che sembrano non darne conferma: la difficoltà a ripartire il taglio tra i paesi OPEC a fronte dei tentativi di alcuni stati membri di ottenerne l’esenzione e la messa in linea di nuovi impianti da parte di alcuni paesi esterni all’OPEC (come Russia e Brasile).

In ogni caso se mai il taglio della produzione dovesse divenire realtà, occorrerà attendere diverso tempo affinché si raggiunga l’equilibrio tra domanda e offerta del mercato. Fino a quel momento il superamento dei 55-60$ al barile appare improbabile.

Andamento e stime del Petrolio nel 2017, materie prime

Metalli industriali
Il 2016 è stato un anno eccellente per la ripresa delle quotazioni dei vari metalli ad uso industriale come nichel, rame, zinco, alluminio ecc. dopo il precedente crollo dovuto ad una globale crisi di sovrapproduzione del settore.

L’impegno nei tagli della produttività sta finalmente dando i suoi risultati, così come i benefici di una domanda in costante crescita grazie soprattutto alla ripresa economica cinese, con un 2017 che sembra destinato a dare ancora più soddisfazioni in termini di domanda aggregata visto l’imponente programma di realizzazione di nuove infrastrutture voluto dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (che ovviamente richiederà l’utilizzo di ingenti quantitativi di materiale per la costruzione).

Alluminio, analisi tecnica 2017, materie prime

Le uniche perplessità derivano dai rischi politico che potrebbero avere un impatto negativo sul prezzo dei metalli, quali ad esempio il Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese in cui la ricerca di stabilità politica potrebbe indirizzare verso un nuovo eccesso di produzione.

Prodotti agricoli
Concludiamo la rassegna di materie prime con i prodotti agricoli, per cui è necessario porre attenzione alle condizioni atmosferiche.

Il 2016 si è caratterizzato da un raffreddamento della superficie dell’oceano Pacifico con conseguente aumento delle piogge. Si tratta di una notizia positiva per le piantagioni brasiliane di caffè e di barbabietola da zucchero, con ottime prospettive per i raccolti del prossimo anno, così da ridurre il deficit produttivo di zucchero.

Andamento e stime del Caffè nel 2017, materie prime

mercoledì 21 dicembre 2016

Investire in materie prime: shale realmente in ripresa?

Lo shale oil è una particolare tipologia di petrolio derivante dai frammenti di rocce di scisto bituminoso presenti nel sottosuolo e prodotto mediante complessi processi chimici che convertono la materia organica all’interno della roccia in petrolio e gas sintetico. Esso viene poi usato come combustibile (principalmente come olio per riscaldamento e carburante marino) e in misura minore nella produzione di varie sostanze chimiche.

Gli Stati Uniti nell’ultimo decennio hanno puntato molto sullo shale oil (e in parallelo sullo shale gas) per raggiungere l’indipendenza energetica, tanto da investire 200 miliardi di dollari dal 2003 in poi in equipaggiamenti e macchinari di estrazione. Proprio nel momento più fiorente per questa moderna attività, però, si è verificata la ben nota crisi di sovrapproduzione petrolifera, con il crollo del suo prezzo sino ai minimi di 28,50$ al barile di inizio 2016 che ha portato alla bancarotta di un terzo degli operatori di questo nuovo settore, sin troppo esposti finanziariamente e incapaci dunque di adempiere alle loro obbligazioni a seguito delle gravi perdite di liquidità subite (non sostenute in alcun modo dalle varie linee di credito che hanno deciso di sospendere ogni forma di prestito).

Dopo più di un anno di tagli della produzione di shale oil, le aziende produttrici sembrerebbero finalmente essere in grado di invertire la tendenza: è stata infatti annunciata la produzione complessiva di 2,000 barili al giorno in più a partire dal Gennaio 2017, per un totale di 4542 milioni di barili quotidiani.

Shale gas America, fracking, estrazione petrolio

Il 30 Novembre 2016 è stata una data fondamentale in quanto si è raggiunto uno storico accordo tra i paesi membri dell’OPEC, i quali ridurranno la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. Inoltre gli stessi i paesi non-OPEC realizzeranno imponenti tagli alla produzione, guidati dall’importante collaborazione in tal senso garantita dai russi, così da esserci la possibilità concreta che il mercato del greggio giunga ad una condizione di deficit per la prima metà dell’anno nuovo.

Questa serie di spinte rialziste al prezzo del petrolio non può far altro che giovare agli interessi dei produttori di shale oil, i quali a loro volta nel frattempo hanno migliorato notevolmente le tecniche di estrazione, abbassandone i costi del 40% (in alcune aree anche più del 50%) tanto da ridurre il punto di pareggio tra costi e ricavi al punto tale che un prezzo di 50$ al barile è divenuto più che sufficiente per trarre profitto dall’attività (il chè era impensabile solo un anno fa).

Occorre precisare che nel mese di Dicembre si sono verificati nuovi cali della produzione in alcune aree estrattive, a testimonianza di una ripresa ancora incerta. Al contrario il giacimento del Permiano, collocato tra la parte occidentale del Texas e il New Mexico, continua a mostrare segnali più che positivi, quali l’aumento del numero di piattaforme attive e il conseguente miglioramento della produttività stimato in 27.000 barili al giorno in più rispetto a Novembre.

Il maggiore produttore di questo bacino, con il suo 13% rispetto al totale di petrolio estratto, è Occidental Petroleum (OXY).

OXY, Occidental petrolium, analisi tecnica medio periodo

Per il 2017, dunque, diventa interessante seguire le vicende legate alle grandi aziende produttrici di shale oil, considerando seriamente l’ipotesi di investire in esse, pur ricordando come sia necessario porre grande attenzione alle reali intenzioni dei paesi OPEC (non sempre quanto affermato è stato poi realizzato) e soprattutto come questa ripresa della produttività statunitense potrebbe bloccare l’attuale spinta rialzista al prezzo per il petrolio.

martedì 25 ottobre 2016

Azioni del settore petrolio pronte per l'acquisto

A settembre c’è stato un incontro molto importante dei paesi membri dell’OPEC, il risultato dell’incontro ha definito finalmente un congelamento o addirittura un taglio della produzione di petrolio per evitare un ennesimo collasso dell’economia energetica. Riequilibrare il mercato è responsabilità dei Paesi produttori all’interno e all’esterno dell’Opec ed eventuali accordi per ridistribuire il taglio necessario per riequilibrare sarà in accordo con la sua quota attuale, questo il senso dell’incontro.

Intanto gli investitori continuano a cercare nuove opportunità nel settore del petrolio e del gas. E’ importante capire che molti titoli legati alle materie prime hanno recuperato dai loro minimi. Alcune di queste aziende rimangono sotto estrema costrizione, mentre altri sono saliti dal 100% al 200% dai minimi toccato dal panic-selling del 2015 quando ci fu l’ennesimo crollo del prezzo del petrolio.

Dal momento dell’incontro dell’OPEC ad oggi, il prezzo del WTI è cresciuto più del 25% da Agosto 2016 e molte aziende hanno usufruito di questa crescita per performare ottimi guadagni. Di seguito vi segnaliamo alcune aziende che abbiamo analizzate e che sono ancora in una buona posizione per crescere col petrolio che si avvia verso i 70$ al barile. Dobbiamo però controllare bene l’andamento dell’Oro Nero in quanto ci sono ogni giorno notizie contrastanti che possono colpire i prezzi, le scorte dei paesi per esempio, o alcuni paesi che alla lunga decidono di non aderire al taglio.

Diamondback energy (FANG)
Diamondback Energy opera come società di petrolio e gas naturale. Si impegna per l’acquisizione, lo sviluppo, la ricerca e lo sfruttamento di petrolio onshore e riserve di gas naturale. La società è stata fondata nel dicembre 2007 e ha sede a Midland, TX.

Il margine di profitto lordo della società per il secondo trimestre dell’anno fiscale 2016 è notevolmente aumentato rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Anche se le vendite sono diminuite, l’utile netto è aumentato. FANG è estremamente liquida. Attualmente, il Quick Ratio è 2.08, che mostra chiaramente la capacità di coprire tutte le esigenze di cassa a breve termine. La liquidità della società è aumentata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Halliburton Co. (HAL)
Halliburton è un’azienda multinazionale la cui sede si trova a Houston in Texas. Opera in oltre 120 Paesi. È un gruppo statunitense specializzato in lavori pubblici e nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Vi ha lavorato Dick Cheney, ex vicepresidente degli Stati Uniti.

Halliburton ha alzato le sue stime di prezzo e sono salite anche le sue valutazioni da parte di Barclays, BMO, JPMorgan, Goldman Sachs, Nomura e altri. Halliburton ha ora un target price 55,17 $ sul breve periodo e 68 $ sul medio lungo. Anche se le vendite sono diminuite, l’utile netto è aumentato. La società è estremamente liquida. Attualmente, il Quick Ratio è 2.11, che mostra chiaramente la capacità di coprire tutte le esigenze di cassa a breve termine.

Kinder Morgan Inc. (KMI)
La Kinder Morgan possiede e gestisce più di 62.000 chilometri di metanodotto ed è anche il più grande trasportatore indipendente di prodotti petroliferi e di anidride carbonica, il più grande operatore terminale indipendente negli Stati Uniti, e il 2° produttore di petrolio indipendente in Texas.

Ha avuto una settimana solida dopo i guadagni che hanno indicato un dividendo più alto ritorni più alti nel 2017. Ha ricevuto molteplici upgrade da parte di Stifel, Wolfe Research e Credit Suisse. Ha inoltre ricevuto un aumento del target price da parte di Merrill Lynch. Il titolo è imposta per una crescita fino in area 27 dollari, oltre la quale potremo vedere se vale la pena continuare a tenerla in portafoglio o cederla. Ricordiamo che prima della caduta del prezzo del petrolio, questa società quotava quasi 50$. Offre un dividendi di circa il 3%.

RSP Permian (RSP)
RSP Permian è una società di petrolio e gas naturale, che si concentra sull’acquisizione, esplorazione, sviluppo e produzione di petrolio e liquidi ricchi di riserve di gas naturale nel bacino del Permiano del West Texas. L’azienda è stata fondata nel mese di ottobre 2010 e ha sede a Dallas, TX.

RSP ha fatto notizia in settimana in quanto ha acquisito Silver Hill per 2.4 miliardi di dollari. Se gli analisti di Wall Street hanno fornito indicazioni preciso, RSP risulterebbe la società petrolifera col costo più basso che lavora nel bacino Permiano. Il 17 ottobre vari hedge fund hanno messo il titolo in portafoglio e alzato il target del titolo a 45 $ sul breve periodo. Occhio alle trimestrali della prossima settimana, fondamentali.

sabato 20 agosto 2016

Il petrolio rompe i 48 dollari ed entra nel periodo toro

Il Brent il 18 Agosto ha superato di nuovo i 50$ al barile nel pomeriggio portando di nuovo il greggio in territorio da mercato Toro. Le salite sono alimentate dalla speranza che l’incontro dell’OPEC a settembre possa portare qualcosa di buono per il greggio, anche se i gestori non sono molto convinti, inoltre sono usciti i dati dell’invetories americano al di sotto, di molto, dalle stime, questo ha aiutato la ripresa forzata dei prezzi e l’indebolimento del dollaro. Ricordiamo che neanche tre settimane fa il petrolio ha toccato i 40$ e sembrava potesse scendere ancora, una perdita stimata in un 20% dai quasi 55 dollari al barile precedenti.

Il Brent, punto di riferimento internazionale, e la sua controparte statunitense, West Texas Intermediate (WTI), hanno rispettivamente toccato i valori di 50,89 e 48,22 dollari al barile al barile.

E’ L’OPEC che fa da riferimento in questo caso. Infatti sia il Brent sia il WTI si sono mossi con forza dop il 15 Agosto, quando le indiscrezioni di un incontro tra i produttori ha preso corpo. Tuttavia, i gestori rimangono incerti e scettici, si parla di congelamento, calo della produzione ma in definitiva non ci sono ancora dati ufficiali a supporto di tali soluzioni. Una esclusione dell’Iran pare improbabile e una costruzione dell’asse Arabia-Russia sembra invece molto più concreto. Anche il minute meeting della Federal Reserve ha aiutato il recupero del greggio.

Dopo la riunione della Fed di luglio sono stati rilasciate le aspettative di un rialzo dei tassi di interesse nel mese di dicembre sono scese da un 54,8% a 45,8%. Questo ha significato un dollaro più debole, contribuendo ulteriormente al giro di boa dei prezzi del petrolio. Due ore dopo l’avvio degli scambi i prezzi del petrolio sono saliti grazie alla diffusione del report sulle scorte strategiche da parte del Dipartimento dell’energia.

I futures sul WTI sono in rialzo di circa l’11 per cento dall’inizio dell’anno, ma rimangono nettamente al di sotto dei livelli oltre i $100 prima dell’inizio del grande sell-off del prezzo del petrolio inaugurato a luglio 2014. I movimenti del prezzo del petrolio quest’anno sono stati alimentati dalla paura per l’eccesso di offerta, il rallentamento economico della Cina e il relativo impatto sulla domanda di petrolio. I membri dell’OPEC si incontreranno per una riunione informale (probabilmente insieme alla Russia) a settembre, mentre monta la speculazione per cui l’Arabia Saudita sia finalmente pronta ad accettare di porre un limite ai livelli di produzione per sostenere una ripresa del prezzo del petrolio.

Al momento però sono solo chiacchiere quelle con cui Russia e Arabia Saudita vorrebbero far credere di puntare a un congelamento della produzione, così da sostenere le quotazioni del greggio e riportarle sopra i 50 dollari.

Il greggio ha perso oltre il 20% dal recente picco di prezzo superiore ai 50 dollari per barile e si è riportato al di sotto dei 40 dollari per barile in un contesto complessivo che vedeva i gestori aumentare le short bets sul prodotto. Renaissance Capital, specializzata nei mercati emergenti, ritiene che il prezzo del petrolio a 50 dollari sua il prezzo ideale per le aziende energetiche russe; il ministro egiziano del Commercio e dell’Industria Tarek Kabil aveva dichiarato alla CNBC a giugno che $50-$ 55 al barile è il posto migliore per il prezzo del petrolio a vantaggio dell’Egitto.

Disclosure

Nel settore petrolifero stiamo per inserire due nuovi nel nostro portafoglio sulle materie prime, Domino Oil.

giovedì 11 giugno 2015

I prezzi del petrolio scendono a causa del rallentamento delle importazioni cinesi

I futures del NYMEX WTI (West Texas Intermediate) del petrolio greggio di luglio sono diminuiti dell'1,67% e si sono stabilizzati a 58,14 dollari al barile Lunedi 8 giugno 2015. I prezzi sono scesi a causa di un rallentamento delle importazioni cinesi, il maggiore importatore asiatico. L'ETF United States Oil Fund LP (USO) e il ProShares Ultra DJ-UBS Crude Oil (UCO) sono scesi lunedì a causa di queste notizie, rispettivamente dello 0,95% e del 2,15%. Le importazioni di greggio cinesi sono diminuite del 6% a maggio rispetto ad aprile 2015. Il rallentamento è dovuto ad una manutenzione generale delle raffinerie in Cina, le stesse hanno utilizzato le scorte di petrolio che avevano in magazzino. Questo ha frenato la domanda di greggio durante lo stesso periodo, ovviamente questo ha messo pressione sui prezzi del petrolio greggio.



Il 5 giugno 2015, l'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) ha deciso di mantenere il suo obiettivo di produzione complessiva di 30 MMbpd (milioni di barili al giorno) per i prossimi sei mesi. Le stime indicano che le richieste basse continueranno a fare pressione sui prezzi del greggio. Il 3 giugno 2015, la EIA (US Energy Information Administration) ha riportato che le scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti sono diminuite di 1,9 milioni di barili (MMbbls) per la settimana terminata il 29 maggio, le scorte di petrolio greggio sono scese per la quinta settimana di fila. Il rapporto EIA successivo del 10 giugno 2015 ha mostrato una diminuzione di -6.8MMbbls.

La volatilità dei mercati hanno poi avuto un impatto sulle compagnie petrolifere, come ExxonMobil (XOM), Occidental Petroleum (OXY), e Hess (HES). Queste aziende rappresentano il 17% del Energy Select Sector SPDR ETF (XLE).



I dati dell'OPEC

La scorsa settimana, il 5 giugno 2015, l'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) ha deciso di mantenere la produzione complessiva di 30 MMbpd per i prossimi sei mesi. Il consenso di un aumento della produzione dell'OPEC avrà un impatto su alcuni produttori di petrolio degli Stati Uniti che esplorano col metodo Shale, come Continental Resources (CLR), Whiting Petroleum (WLL) e Marathon Oil (MRO).

L'OPEC sta continuando con la sua massiccia strategia di produzione di petrolio al fine di difendere la propria quota di mercato. Insieme, i membri dell'OPEC collettivamente hanno prodotto 31,2 MMbpd di greggio a maggio 2015. L'Arabia Saudita e il più grande produttore di petrolio dell'OPEC con 10,31 MMbpd di petrolio greggio prodotto nel mese di aprile. Questa pressione è l'aggiunta al mercato sovrabbondante.

Movimento del prezzo

A luglio i futures del WTI (West Texas Intermediate) del petrolio si sono stabiliti leggermente al di sopra del livello psicologico chiave di 58 dollari al barile. I prezzi del greggio sono fluttuanti tra 58 e 61 dollari al barile da più di un mese. Le stime di aumentare la produzione dagli Stati Uniti e OPEC aggiungerà pressione ai prezzi. Al momento però, questa decisione potrebbe spingere i prezzi più in basso. Fattori come l'eccesso di offerta e il rallentamento della domanda potrebbero spingere il petrolio verso il supporto chiave di 55 dollari al barile. I prezzi hanno testato questo livello nel mese di aprile 2015. Per contro, l'abbassamento delle scorte potrebbero sostenere i prezzi del greggio. La prossima resistenza per il petrolio è vista a 66 dollari al barile. I prezzi hanno raggiunto questo prezzo nel maggio 2009.

JPMorgan Chase ha previsto che i prezzi potrebbero rimanere intorno ad una media di circa 54 dollari al barile nel 2015. Il trading range rettangolare suggerisce che i prezzi del petrolio potrebbero oscillare tra 55 e 64 dollari per barile nel breve termine. I futures di Luglio sul petrolio greggio sono scambiati al di sopra della media mobile a 50 e 100 giorni.



I bassi prezzi del petrolio greggio sono positivi per ETF come il ProShares UltraShort Bloomberg Crude Oil (SCO). Al contrario, ETF come il VelocityShares 3X lungo Crude ETN (UWTI) sono positivamente influenzati da un aumento dei prezzi del greggio. Il recente calo dei prezzi del petrolio ovviamente sono negativi per titoli del settore come Oasis Petroleum (OAS), Kosmos Energy (KOS) e Synergy Risorse (SYRG). Queste aziende producono petrolio per più del 50% della loro produzione totale.

venerdì 7 marzo 2014

Previsioni per il petrolio e il gas nel 2014, società migliori e peggiori

Le aspettative di un miglioramento dell'economia e i dati macro rialzisti, hanno rafforzato i prezzi del petrolio portandolo a circa 100 dollari al barile. Recentemente la corsa del greggio è stata spinto dall'annuncio del tepering della Federal Reserve. La banca centrale - affermando che l'economia americana è abbastanza forte - ha dichiarato che ridurrà gli riacquisti di 10 miliardi, portando il suo stimolo monetario a zero entro la fine del 2014.

Ciò ha alimentato le speranze di un aumento della domanda di energia dal più grande consumatore di petrolio al mondo. Il momentum rialzista è stato spinto ulteriormente dalle revisioni positive del PIL del terzo trimestre e ha continuato col declino delle forniture statunitensi. Le prospettive sul breve per il petrolio rimangono positive. In particolare, mentre le economie occidentali presentano prospettive di crescita lenta, il consumo mondiale di petrolio si prevede ottenga una spinta sostenuta dalla Cina, Medio Oriente, Centro e Sud America che continuano a espandersi ad un buon ritmo.

Secondo l'Energy Information Administration (EIA), che fornisce statistiche ufficiali sull'energia del governo degli Stati Uniti, il consumo mondiale di greggio è cresciuto da circa 1,1 milioni di barili al giorno nel 2013 ad un livello record di 90,3 milioni di barili al giorno. L'agenzia, nel suo più recente outlook, ha detto che si aspetta che la crescita della domanda globale di petrolio sarà di altri 1,2 milioni di barili al giorno nel 2014. È importante sottolineare che l'ultimo rapporto di VIA presuppone che l'offerta mondiale è anche probabile che salire di 1,2 milioni di barili al giorno nel 2014.



Secondo le nostre analisi, i prezzi del greggio nella prima metà del 2014 saranno in un trend laterale ribassista, la negoziazione sarà tra 90 - 100 dollari al barile. Come fornitura il Nord America rimane forte e il primo accordo con l'Iran rende più facile per il paese vendere la merce.

Outlook gas naturale

Dopo aver postato un calo da record di circa 2,00$ in pochi giorni, il mercato del gas naturale si muove al rialzo guadagnando 25 punti, giacché i trader hanno acquistato il combustibile a prezzi vantaggiosi sperando in una nuova perturbazione prima dell’arrivo della primavera. Il trading del gas naturale è piuttosto interessante, infatti, l’inventario dei giorni scorsi, ha mostrato un calo delle scorte di circa 95 miliardi di piedi cubi contro i 104 miliardi precedentemente stimati mostrando come il prezzo abbia subito un calo maggiore rispetto a quello mostrato dalla domanda.

Negli ultimi anni, una rivoluzione silenziosa sta rimodellando il business dell'energia negli Stati Uniti. Il successo dello shale gas - gas naturale intrappolato all'interno di sedimentarie formazioni rocciose o formazioni argillose - ha trasformato l'approvvigionamento energetico nazionale, con un potenziale economico e un'abbondante nuova fonte di combustibile per il più grande consumatore di energia del mondo.

Con l'avvento della fratturazione idraulica (fracking) - un metodo utilizzato per estrarre gas naturale dalle formazioni rocciose sotterranee con una miscela di acqua, sabbia e sostanze chimiche - la produzione di gas di scisto è ora in forte espansione negli Stati Uniti. La nuova tecnologia è stato valutata come una svolta nelle forniture di energia negli Stati Uniti, giocando un ruolo chiave nel promuovere riserve di gas naturale sul mercato interno.

Detto questo, nei primi giorni di marzo una nuova tempesta invernale ha colpito il nord-est degli Stati Uniti e molte città sono state sommerse dalla neve. Le continue previsioni sul tempo freddo aumentano la domanda di gas naturale per il riscaldamento da parte dei consumatori residenziali e commerciali.

Quali sono le opportunità ?

Considerando le turbolenze del settore energetico, sosteniamo le strutture di business a basso rischio come le large-cap, con i loro bilanci sicuri, gli ampi flussi di cassa e crescita dei dividendi anche in un contesto di prezzi del petrolio basso. Il gruppo migliore rimane sicuramente Chevron Corp. (CVX). La sua attuale pipeline di progetti di sviluppo di petrolio e gas è tra le migliori nel settore, vanta grandi progetti pluriennali. Inoltre, Chevron possiede uno dei più sani bilanci, il che aiuta a sfruttare le opportunità di investimento, con la possibilità di effettuare acquisizioni strategiche.

Si può anche capitalizzare su questa opportunità con il settore relativo ai fornitori di servizi di impianti energetici come Seadrill (SDRL). Questa società di perforazioni vanta contratti di perforazione e attrezzature altamente ingegnerizzate per situazioni gravi come acque profonde e condizioni ambientali difficili.

Il gigante delle perforazione offshore Transocean Ltd. (RIG) fa parte dei nostri preferiti. Con la sua flotta tecnologicamente avanzata e versatile nel drillare offshore. Ha forte portafoglio ordini e una notevole potere sui prezzi, l'azienda offre un elevatissimo livello di guadagni e flussi di cassa. La recente approvazione del dividendo e l'insediamento di una serie di cause civili/penali connessi con l'incidente della Deepwater Horizon hanno anche facilitato l'abbassamento del prezzo del titolo.

Sostenuta dalle tendenze favorevoli nel settore della raffinazione, siamo più ottimisti sul settore di quanto lo fossimo qualche mese fa. Dopo aver attraversato un percorso accidentato per gran parte del 2013, il settore ha iniziato a trovare una via d'uscita dal tunnel negativo.

Su cosa siamo ribassisti

Siamo ribassista sulla compagnia petrolifera più grande d'Europa, la Royal Dutch Shell plc (RDS.A). La società è particolarmente suscettibile alla sua elevata esposizione al business downstream, in più ha spese in conto capitale molto alte.

Non siamo particolarmente contenti anche della società energetica italiana Eni SpA (E). Con una grande presenza in Libia ha visto la sua produzione totale fluttuare negli ultimi tempi, soprattutto a causa delle perturbazioni operative in diversi campi della nazione nordafricana. Inoltre, il portafoglio upstream di Eni comporta un maggiore rischio politico rispetto ai suoi coetanei, dal momento che ha la maggiore esposizione verso i paesi OPEC.

Nabors Industries Ltd. (NBR) è un'altra società che evitiamo, per il momento, soprattutto a causa delle turbolenze del mercato del pompaggio a pressione. La recente debolezza del onshore nel Nord America è stato un negativo. Rimaniamo preoccupati sui fondamenti deboli del gas naturale, che rischiano di limitare la capacità della società di generare utili positivi.

Infine evitiamo il fornitore di servizi di perforazione Rowan Aziende plc (RDC). La volatilità in un contesto macro con ostacoli operativi solleva preoccupazioni. Inoltre, la società si aspetta che le sue spese di perforazione aumentino dal 5% al 7% nel 2013. Rowan si aspetta anche che i costi operativi salgano dal 10% al 11% a partire dal 2014.