

Report e articoli dedicati al mondo della borsa statunitense con un occhio ai titoli con maggiori dividendi e crescita nel tempo. La nostra è una filosofia di investimento sul medio periodo, 2-5 anni. Il nostro portafoglio Crescita ha performato in 14 anni il +1686%. Il 20,71% di media annuale.
Il recente calo delle attività legate all’energia appaiono esagerate, secondo le nostre analisi, dato le nostre prospettive sui prezzi del petrolio. Anzi, si stanno creando opportunità di acquisto di azioni energetiche. I prezzi del petrolio sono scesi questo mese, dopo la negoziazione di una gamma stretta nei primi mesi del 2017. Le preoccupazioni per l’eccesso di offerta ha portato alla liquidazione dei livelli record e alla speculazione sui prezzi del greggio i quali potrebbero salire ulteriormente. I titoli legati all’energia, tuttavia, sembrano aver ceduto valore troppo facilmente e con troppo pessimismo. Il divario delle prestazioni tra il recente aumento delle scorte di petrolio e la domanda di energia globale sembra essere incoraggiante.
Perchè c’è stato il calo del petrolio
Nel l’ultimo bollettino mensile Opec, le cifre trasmesse da Riad indicano una brusca marcia indietro nei tagli produttivi sauditi, con l’output risalito in febbraio di ben 263.300 barili al giorno, a 10,011 milioni di bg (comunque al di sotto della quota assegnata di 10,058 mbg). Le stime di fonti secondarie – adottate dal gruppo per verificare la disciplina dei Paesi membri – registrano invece un’ulteriore discesa di 68.100 bg, a 9,797 mbg.
La guerra si è rivelata più costosa del previsto per i sauditi. Le riserve finanziarie si sono sgonfiate notevolmente: dai 746 miliardi del 2014 si è passati ai 536 del 2016, con un crollo insostenibile per le casse dello Stato. Per questo nessuno si è stupito quando l’anno passato ha dichiarato il cessate il fuoco firmando l’accordo per tagliare la produzione. La strategia saudita sarebbe risultata vittoriosa se fosse riuscita a buttar fuori dal mercato Usa e Iran, ma al contrario si è rivelata suicida. Uscendo da un periodo durissimo, Teheran era destinata ad avvantaggiarsi di qualsiasi nuova esportazione dopo la fine delle sanzioni, e a qualsiasi prezzo.
I produttori americani, d’altra parte, sono riusciti a mantenere un vantaggio competitivo grazie alla superiorità tecnologica. I prezzi bassi hanno avuto l’effetto di far concentrare i petrolieri sulla riduzione dei costi, aumentando l’efficienza di estrazione abbastanza da abbassare il prezzo di breakeaven a un punto sostenibile.
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I vari rimbalzi tra domande e scorte
La domanda e offerta hanno supportato i prezzi del petrolio all’inizio di quest’anno. I trader speculativi nei mercati a termine hanno contribuito alla crescita del greggio sulle aspettative dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) e nei paesi non OPEC i quali hanno aiutato associandosi all’accordo sui tagli alla produzione. Il nervosismo sui livelli record di tali posizioni, l’aumento della produzione negli Stati Uniti e i dubbi crescenti sulla conformità del taglio, hanno scatenato il recente calo dei prezzi del petrolio.
I prezzi del petrolio sono difficili da prevedere, i tagli di produzione fanno da cerniera in un contesto politico incerto. Il prezzo del petrolio lo vediamo laterale nei prossimi tre mesi. I membri dell’OPEC hanno mostrato molta disciplina riguardo il taglio della produzione e la crescita dell’inventario dovrebbe presto stabilizzarsi dato che le raffinerie stanno aumentando gli acquisti. La domanda globale è destinata ad aumentare nel bel mezzo della reflazione.
I titoli energetici sembrano riflettere una prospettiva ribassista. Questo crea delle belle opportunità. Ci piacciono molto aziende che si occupano dello shale americane. Tra tagli dei costi, miglioramento delle tecnologie e prospettive di regolamentazione più flessibili. Anche il valore della diversificazione offerta da parte delle imprese energetiche integrate, tra cui relativamente a buon mercato come le major petrolifere europee. Obbligazioni ad alto rendimento energetico offrono migliore valori dopo il recente selloff. Noi preferiamo crediti di società di esplorazione grazie ai rendimenti interessanti e la disciplina di bilancio.
Probabili nuovi tagli alla produzione
Recuperata la soglia di 50 dollari al barile, il petrolio nelle ultime sedute l’ha ripassata nettamente al ribasso. Ed ecco che l’Opec passa allora alle parole forti verso i suoi membri: li invita tutti a tagliare la loro produzione, in linea con gli accordi del 30 novembre 2016, avvertendo che, se non lo faranno, i mercati resteranno depressi. Il tagli concordato di 1,2 milioni di barile al giorno va considerato in “modo molto serio” dice il ministro del Petrolio del Kuwait, Issam Almarzooq, che presiede il comitato dell’Opec che sovrintende all’implementazione dell’accordo. “Occorre fare di più – aggiunge – Serve conformità nel board. Assicuriamo che noi lo faremo”.
Sui mercati c’è insofferenza, perché si continua a vedere una crescita delle scorte americane insieme all’attività di estrazione degli Usa, il mercato sta sicuramente domandando una estensione dell’accordo Opec. Non è un caso che i gestori dei fondi speculativi siano assolutamente scettici sulla possibilità che il prezzo del petrolio salga ulteriormente: secondo la U.S. Commodity Futures Trading Commission, le posizioni nette lunghe (cioè le scommesse sui rialzi) sono scese del 37% dai record del mese scorso. Intanto il prezzo del barile Wti resta sotto i 48 dollari al barile sui mercati proprio per le incertezze che ancora persistono, fra paesi Opec e non, sul prolungamento dei tagli alla produzione. Il Brent è poco sopra 50 dollari. Nell’ultima settimana il Wti ha toccato i minimi dell’anno, scendendo persino sotto quota 48 dollari al barile.
Lo shale oil è una particolare tipologia di petrolio derivante dai frammenti di rocce di scisto bituminoso presenti nel sottosuolo e prodotto mediante complessi processi chimici che convertono la materia organica all’interno della roccia in petrolio e gas sintetico. Esso viene poi usato come combustibile (principalmente come olio per riscaldamento e carburante marino) e in misura minore nella produzione di varie sostanze chimiche.
Gli Stati Uniti nell’ultimo decennio hanno puntato molto sullo shale oil (e in parallelo sullo shale gas) per raggiungere l’indipendenza energetica, tanto da investire 200 miliardi di dollari dal 2003 in poi in equipaggiamenti e macchinari di estrazione. Proprio nel momento più fiorente per questa moderna attività, però, si è verificata la ben nota crisi di sovrapproduzione petrolifera, con il crollo del suo prezzo sino ai minimi di 28,50$ al barile di inizio 2016 che ha portato alla bancarotta di un terzo degli operatori di questo nuovo settore, sin troppo esposti finanziariamente e incapaci dunque di adempiere alle loro obbligazioni a seguito delle gravi perdite di liquidità subite (non sostenute in alcun modo dalle varie linee di credito che hanno deciso di sospendere ogni forma di prestito).
Dopo più di un anno di tagli della produzione di shale oil, le aziende produttrici sembrerebbero finalmente essere in grado di invertire la tendenza: è stata infatti annunciata la produzione complessiva di 2,000 barili al giorno in più a partire dal Gennaio 2017, per un totale di 4542 milioni di barili quotidiani.
Il 30 Novembre 2016 è stata una data fondamentale in quanto si è raggiunto uno storico accordo tra i paesi membri dell’OPEC, i quali ridurranno la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. Inoltre gli stessi i paesi non-OPEC realizzeranno imponenti tagli alla produzione, guidati dall’importante collaborazione in tal senso garantita dai russi, così da esserci la possibilità concreta che il mercato del greggio giunga ad una condizione di deficit per la prima metà dell’anno nuovo.
Questa serie di spinte rialziste al prezzo del petrolio non può far altro che giovare agli interessi dei produttori di shale oil, i quali a loro volta nel frattempo hanno migliorato notevolmente le tecniche di estrazione, abbassandone i costi del 40% (in alcune aree anche più del 50%) tanto da ridurre il punto di pareggio tra costi e ricavi al punto tale che un prezzo di 50$ al barile è divenuto più che sufficiente per trarre profitto dall’attività (il chè era impensabile solo un anno fa).
Occorre precisare che nel mese di Dicembre si sono verificati nuovi cali della produzione in alcune aree estrattive, a testimonianza di una ripresa ancora incerta. Al contrario il giacimento del Permiano, collocato tra la parte occidentale del Texas e il New Mexico, continua a mostrare segnali più che positivi, quali l’aumento del numero di piattaforme attive e il conseguente miglioramento della produttività stimato in 27.000 barili al giorno in più rispetto a Novembre.
Il maggiore produttore di questo bacino, con il suo 13% rispetto al totale di petrolio estratto, è Occidental Petroleum (OXY).
Per il 2017, dunque, diventa interessante seguire le vicende legate alle grandi aziende produttrici di shale oil, considerando seriamente l’ipotesi di investire in esse, pur ricordando come sia necessario porre grande attenzione alle reali intenzioni dei paesi OPEC (non sempre quanto affermato è stato poi realizzato) e soprattutto come questa ripresa della produttività statunitense potrebbe bloccare l’attuale spinta rialzista al prezzo per il petrolio.
Il QE è una forma di stimolo monetario, applicabile quando qualsiasi altro sostegno monetario non riesce a fornire lo slancio necessario agli indicatori economici.Ai primi di giugno, la BCE ha annunciato un taglio del tasso di riferimento allo 0,15% dallo 0,25%, inoltre, ha introdotto un tasso di deposito del -0,1% precedentemente tenuto allo zero per cento, il primo caso di tasso di interesse negativo per una grande banca centrale. L'inflazione annuale è scivolata al minimo di 5 anni nel mese di luglio, lo 0,4% in quel mese, in calo dallo 0,5% di giugno e dall'1,6% del mese di luglio 2013. I tassi di inflazione negativi sono stati notati in Grecia, Portogallo, Spagna e Slovacchia. La BCE segue come direttiva il mantenimento dell'inflazione vicino al 2%.