mercoledì 18 novembre 2015

Dove può arrivare Alphabet?

I fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin si incontrarono alla Stanford University nel 1995, l'anno seguente realizzarono un motore di ricerca (inizialmente chiamato BackRub) che utilizzava dei link per stabilire l’importanza delle singole pagine web. Larry e Sergey chiamano il motore di ricerca che avevano sviluppato "Google", un gioco di parole con il termine "googol", ossia il termine matematico che indica un 1 seguito da 100 zeri.

Google Inc. nasce nel 1998, quando il cofondatore della Sun, Andy Bechtolsheim, stacca un assegno da $ 100.000 per un’entità che ancora non esiste. Nel 2000 vengono introdotti gli AdWords, un programma self-service per la creazione di campagne pubblicitarie online. Il 18 agosto 2004 Google sbarca a Wall Street con un’offerta pubblica iniziale di 19.605.052 quote del fondo azionario di classe A (GOOGL). Il 2 settembre 2008 viene lanciato ufficialmente il browser "Google Chrome", ma il mondo ne scopre l’arrivo con un giorno di anticipo sulla data di lancio prevista, a causa dell’uscita di un fumetto che presenta il nuovo browser open source. Tra le varie tecnologie sviluppate da Google, abbiamo Android, un sistema operativo per dispositivi mobile (mobile OS) basato su kernel Linux. È stato progettato principalmente per smartphone e tablet, con interfacce utente specializzate per televisori (Android TV), automobili (Android Auto), orologi da polso (Android Wear), occhiali (Google Glass), e altri.

Il 10 agosto 2015 Larry Page, con un messaggio postato sul blog aziendale, annuncia la costituzione di una nuova holding. L'amministratore delegato di Google Inc. annunciava lo scorporo delle numerose società controllate dall'azienda capofila, che si concentrava pertanto in un unico settore di attività, tali società passavano sotto il controllo di un nuovo soggetto, Alphabet (GOOGL, GOOG). Google Inc. segue il processo di riorganizzazione e diventa una controllata della nuova holding. Quanto alle cariche dirigenziali, Larry Page assume la dirigenza di Alphabet, in cui ciascuno dei suoi business avrà il proprio amministratore delegato, mentre Sundar Pichai lo sostituisce come amministratore delegato di Google.

La fondazione di Alphabet ha risposto a due necessità:
a) rendere più trasparenti le attività che riguardano Google, il marchio più conosciuto in assoluto del gruppo;
b) dare una maggiore autonomia alle società del gruppo che operano in settori diversi da quello dei servizi internet.

Curiosità:
Il dominio alphabet.com è di proprietà della casa automobilistica tedesca BMW (BMW.DE). In mancanza del ".com" i fondatori hanno scelto per il sito web della holding il nuovissimo ".xyz", creato nel 2014.

La rivoluzione della società, porta in dote un ridimensionamento mirato, che permetterà a Google di continuare a perseguire la strada intrapresa diversi anni fa. Da una parte c’è il core business della società, che resta legato alle ricerche web e a tutte le altre “idee”. Sotto Alphabet rientrano invece tutte le divisioni legate all’area di ricerca, sviluppo e investimenti lontani dal web, come ad esempio il progetto Fiber che mira allo sviluppo di una connessione ultra veloce. Il perche di questa scelta può essere ricercato nella necessità di snellire Google dalle tante divisioni, ponendo cosi un freno alle varie lamentele degli investitori. Inoltre avendo, ogni divisione, un proprio CEO saranno più semplici da seguire ed analizzare i vari andamenti. La divisione web potrà dimostrare di essere ancora il core business dell'azienda, continuando a produrre profitti per 66 miliardi di dollari, solo dalla pubblicità nel 2014, e quest'anno dovrebbero salire a $ 73 miliardi.

Gli investitori hanno applaudito la mossa, in quanto convinti che darà loro maggiore visibilità sulle performance finanziarie del core business ad alta redditività di Google. Con questa suddivisione i Co-fondatori potranno continuare a godersi i successi di Google sotto la guida del fidato Sundar Pichai dedicandosi allo stesso tempo a ciò che gli sta più a cuore, migliorare le nostre vite sviluppando nuove tecnologie e ideando nuovi prodotti.

Sette mesi dopo aver nominato Ruth Porat suo CFO, Google/Alphabet (GOOG, GOOGL) è pronta per iniziare la restituzione di valore del capitale. Il programma di riacquisto da $ 5B, equivalente a ~ 1% delle azioni, è stato lanciato. Il riacquisto riguarda le azioni senza diritto di voto di Classe C (GOOG). La società,  alla fine del Q3, ha in cassa $ 72.8B tra contanti e titoli negoziabili, ed appena $ 5.2B di debito. Tuttavia, gran parte del denaro è lontano. Il management ha parlato della crescita degli annunci di YouTube, ed ha suggerito che molto ha a che fare sia con la forte crescita dei click a pagamento di Google che con il calo dei costi per clic. Il nuovo CEO di Google Sundar Pichai ha affermato che Google ha indicizzato più di 100B di link di terze parti all'interno delle applicazioni. Inoltre ha ribadito che il mobile ora rappresenta oltre il 50% delle ricerche ed ha fatto notare, inoltre che sono stati venduti oltre 20M di dispositivi fino ad oggi. I ricavi pari a $18.67B (+13.0% Y/Y) hanno battuto di $140M le aspettative degli analisti, cosi come l'EPS di $7,35 che è stato superiore alle attese di Wall Street di ben $ 0,14.

Riteniamo che il titolo possa ancora salire, anche se un pullback un po più marcato sarebbe gradito. In generale, c'è ancora molto spazio per le azioni, nonostante la crescita di circa il 40% degli ultimi due anni.



venerdì 13 novembre 2015

Volkswagen riuscirà a tornare sull'Olimpo?

Il 18 settembre 2015, la casa Automobilistica tedesca Volkswagen (VOW3.DE), è stata investita da un vero e proprio terremoto che sta ancora scuotendo l'industria tedesca e tutto il mondo delle quattro ruote. L’azienda, uno dei più grandi produttori di automobili al mondo, ha perso più di 20 punti percentuali in borsa il giorno dopo l’accusa di aver montato motori “truccati” su alcuni modelli di auto, allo scopo di imbrogliare ai controlli sulle emissioni inquinanti effettuati negli Stati Uniti. Secondo l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA), che sta indagando sulla questione, Volkswagen ha installato un software sulle centraline di motori diesel di 5 modelli venduti fra il 2008 e il 2015 in modo che risultassero meno inquinanti. Secondo l’EPA i motori “truccati” sono stati montati su 482mila automobili. La società ha diffuso un comunicato scusandosi genericamente per aver violato la fiducia dei suoi clienti, ma senza aggiungere dettagli o precisazioni alle accuse dell’EPA. In un comunicato l’EPA ha scritto che Volkswagen ha ammesso l’uso dei software fraudolenti, ordinandole poi di richiamare le 482mila auto col motore truccato e di bloccare la vendita negli Stati Uniti di modelli con lo stesso motore. Lunedì 21 Settembre, Volkswagen ha fatto sapere che avrebbe sospeso la vendita di auto Volkswagen e Audi con motore diesel negli Stati Uniti. Per questa frode Volkswagen rischia di essere punita con una multa fino a 18 miliardi di dollari, per non parlare delle Class Action che si stanno preparando in tutto il mondo.

L’imbroglio di Volkswagen è emerso, dopo che a luglio l’EPA aveva minacciato Volkswagen di non fornire licenze per la vendita di automobili nel 2016 nel caso non spiegasse gli strani risultati di alcuni test indipendenti effettuati su automobili vendute fra il 2009 e il 2015, fra cui modelli molto popolari come Passat, Golf e Audi A3. Da mesi Volkswagen dava la colpa dei risultati di quei test a problemi tecnici. L’imbroglio è stato inizialmente scoperto quando nel 2014 l’International Council on Clean Transportation, un’associazione no profit che compie test e analisi sulle emissioni inquinanti dei mezzi di trasporto, ha compiuto controlli su strada sulle emissioni di alcuni modelli Volkswagen, confrontando i risultati ottenuti con quelli dei test col dinamometro. L’EPA ha quindi chiesto conto a Volkswagen dei risultati diversi dei test, ottenendo in cambio prima spiegazioni vaghe e solo in un secondo tempo una confessione. Secondo un portavoce di Volkswagen, l’azienda sta collaborando alle indagini dell’EPA e ha avviato un’indagine interna. Oltre al danno d’immagine, alcuni analisti ritengono che Volkswagen rischia anche di essere indagata dal Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, rischiando pene individuali in aggiunta a una ingente multa pecuniaria dall’EPA. Lo scandalo Volkswagen si è poi allargato, come si temeva, a macchia d'olio in Europa, dove ci sono auto con i dati sulle emissioni truccati ed emergono prime ricostruzioni che coinvolgono anche altri marchi di quattro ruote. Il tutto mentre emerge un retroscena dagli Usa: la casa tedesca aveva avvertito ad aprile, con una lettera, i proprietari californiani del fatto che le vetture potevano non superare i test anti-inquinamento e che l'azienda avrebbe rilasciato a breve un nuovo software per le centraline di controllo diesel con l'obiettivo di risolvere il problema. La casa di Wolfsburg ha anche reso noto che nel mondo sono 11 milioni le auto dotate del dispositivo che aveva consentito la manipolazione sulla emissioni negli Usa.

Pochi giorni dopo lo scandalo, Martin Winterkorn si è dimesso da amministratore delegato di Volskwagen, ricevendo in cambio 28,6 milioni di euro. Il potente manager ha annunciato le dimissioni dalla casa tedesca dopo l'esplosione dello scandalo legato alla falsificazione dei test sulle emissioni, ma ha voluto ribadire la sua completa estraneità ai fatti. Il sostituto nominato ad una settimana esatta dall'inizio del terremoto sulla truffa delle emissioni è l'uomo Porsche, Matthias Müller, 62 anni, carriera tutta interna al gruppo, Müller ha conservato anche la carica di numero uno di Porsche.

Poche settimane dopo, dagli Stati Uniti è arrivato un nuovo duro colpo per Volkswagen: l'agenzia americana per la salvaguardia dell'ambiente, Epa, ha avviato un'indagine su un secondo software installato sulle auto diesel di Volkswagen per truccare le emissioni e di cui la casa tedesca potrebbe avere, in un primo momento, taciuto l'esistenza. Gli investitori già traumatizzati da quanto successo finora, resteranno paralizzati nell'apprendere che sui nuovi motori diesel di Volkswagen è montato un software di dubbia natura. Per la casa di Wolfsburg sarebbe dunque un colpo durissimo che renderebbe quasi impossibile uscire dalla crisi in cui è precipitata dopo lo scandalo del dieselgate, che vede coinvolte fino a 11 milioni di auto. Di queste, otto milioni nell'Unione Europea e 482.000 negli Stati Uniti. E Oltreoceano Volkswagen rischia anche una multa da 18 miliardi di dollari da parte dell'Environmental protection agency. Poi c'è il concreto rischio di processi penali, in un Paese che non perdona chi mente, che protegge oltre ogni concezione europea i consumatori danneggiati e che ha avvocati sempre pronti a organizzare class action. Se ne contano contro la casa automobilistica tedesca già oltre 250. Secondo il Sunday Telegraph i grandi azionisti della casa di Wolfsburg sono determinati a citare in giudizio per 40 miliardi di euro la società per il crollo del titolo Volkswagen dopo che lo scandalo è venuto alla luce. La cifra appare esagerata perché il 72% della proprietà della Volkswagen è del Land della Sassonia e della famiglia: si arriverebbe a 40 miliardi solo se anche loro si facessero causa da soli.

Secondo quanto riferisce il Sunday Telegraph l'avvocato Quin Emanuel, che ha al suo attivo vittorie in "class action" per 50 miliardi di dollari e ha tra i suoi clienti colossi del calibro di Google, Sony e la Fifa, è stato ingaggiato dal gruppo Bentham (specializzato nel finanziare i costi delle grandi e lunghe vertenze legali) per preparare una causa a favore degli azionisti di Volkswagen che hanno visto volatilizzarsi 25 miliardi di euro per il crollo del titolo del colosso automobilistico. E le cose peggioreranno per le multe inflitte dai vari governi e per i costi di richiamo e modifica dei motori degli 11 milioni di vetture con l'ormai famigerato motore diesel AE189. In sintesi, il titolo potrà ancora scendere. L'avvocato Quinn e il gruppo Bentham stanno contattando i grandi investitori di Volkswagen, inclusi i fondi sovrani di Qatar (che controlla il 17% delle azioni) e Norvegia (il 2%), per chiedere loro di unirsi nella causa. Se si somma questa maxi-richiesta di risarcimento alla possibile sanzione da 18 miliardi di dollari paventata negli Stati Uniti, quindi ai costi legati ai richiami (8,5 milioni di veicoli solo in Europa) e alla soluzione dei problemi alle centraline che regolano le emissioni taroccate, e ancora alle class action dei privati, alla capitalizzazione in Borsa crollata a 47,8 miliardi e ai danni all'immagine, il risultato è una cifra monstre ancora difficile da quantificare. Il valore del brand Volkswagen così come calcolato da Brand Finance ad inizio 2015 parlava di 31 miliardi di dollari, in crescita del 15% rispetto ai 27 miliardi del 2014. Gli avvenimenti degli ultimi giorni però hanno riportato il brand ai livelli di 10 anni fa’. David Haigh, Ceo di Brand Finance, la più importante agenzia mondiale di valutazione del brand, sostiene che il caso Volkswagen richiederà almeno 5 o 10 anni per permettere al colosso di ritornare ai valori di inizio anno, al contrario, di quanto accaduto a Toyota e General Motors che per risollevare la propria immagine hanno impiegato tempi minori. “Il caso di VW è molto più grave perché – afferma Haigh – non si è trattato di un incidente, ma di una scelta deliberata“.

Valore di Volkswagen prima dello scandalo



Valore di Volkswagen dopo lo scandalo



La società è sempre più nei guai, in quanto diversi dipendenti dell'azienda tedesca hanno riconosciuto di aver manipolato i dati sulle emissioni di diossido di carbonio delle automobili spiegando che gli obiettivi fissati dal vecchio presidente Martin Winterkorn erano troppo ambiziosi. Il vecchio presidente di Volkswagen, aveva dichiarato al Salone dell'automobile di Ginevra del 2012 che Volkswagen avrebbe ridotto le sue emisioni del 30% entro il 2015. E la squadra che avrebbe dovuto ottenere questo obiettivo non ha avuto il coraggio di opporsi e spiegare che l'impresa era praticamente impossibile. Volkswagen sta incoraggiando i suoi dipendenti a cooperare all'inchiesta interna promettendo in cambio che non saranno licenziati né perseguiti dalla giustizia. L'azienda per ora rifiuta di dire che la cultura d'impresa in vigore sotto Winterkorn abbia giocato un ruolo nelle frodi. Il consiglio di sorveglianza del gruppo si riunirà nei prossimi giorni per fare il punto sullo scandalo e le sue conseguenze.

I primi danni tangibili dello scandalo, emergono dall'ultima trimestrale, in cui l'azienda automobilistica tedesca ha registrato una perdita netta di 1,67 miliardi di euro, per la prima volta da 15 anni, dovuta agli accantonamenti decisi dal gruppo in seguito allo scandalo. Non solo: si aspetta un 2016 nero per i costi legali legati allo scandalo. Nel terzo trimestre di quest'anno Vw ha registrato un rosso di 1,673 miliardi di euro, a fronte dell’utile di 2,971 miliardi di euro di un anno fa. Il motivo della perdita nel terzo trimestre è, secondo quanto affermato da Volkswagen, da addebitare principalmente ai 6,7 miliardi di euro accantonati per affrontare le conseguenze operative dello scandalo dei motori diesel. Sul piano delle vendite non sono ancora giunti segnali di contrazione anche perché i dati riguardano il terzo trimestre, da luglio a settembre, e lo scandalo è emerso proprio nel corso dell’ultimo mese in esame, ed infatti le vendite di auto sono cresciute del 5,3% con un fatturato in crescita a 51,49 miliardi. La compagnia automobilistica si aspetta un utile operativo "fortemente in calo" a fine anno rispetto al 2014, anche se le vendite di auto a livello globale dovrebbero raggiungere gli stessi livelli record dell’anno scorso e il fatturato è previsto in crescita "circa del 4%". Nel 2014 Vw aveva venduto 10,14 milioni di auto.

Alcuni analisti, studiando l’ultimo bilancio di Volkswagen, hanno provato a stimare la perdita massima che la casa di Wolfsburg è in grado di sostenere. Quest’ultima sarebbe in una condizione di relativa solidità, con circa 25 miliardi di euro di liquidità e 12,5 miliardi di debiti. Se Volkswagen riuscisse a mantenere i ricavi a circa 200 miliardi di euro, potrebbe sopportare perdite fino a 50 miliardi. Dallo scorso 18 settembre la casa tedesca ha perso 30 miliardi di euro in borsa, il 12 ottobre Standard&Poor’s ne ha declassato il rating ad «A-» e nelle ultime settimane è triplicato il costo dei contratti derivati di assicurazione contro il suo fallimento – da 75 a 240 punti. Quest’ultimo dato non sarebbe tuttavia da considerare una condanna istantanea, visto che un valore di 400 indica il 25% di possibilità di fallimento nel corso di cinque anni. Come termine di paragone, i derivati del colosso petrolifero brasiliano Petrobras, soggetto in gravissima crisi, superano i 1000 punti. Alla Borsa di Francoforte il titolo che prima dello scandalo valeva circa 170 euro, oggi ne vale 96, mentre si impennano le probabilità di default della Volkswagen. Il Cds a 5 anni è salito a 176 punti, si tratta del costo per assicurarsi contro il rischio default da parte dei sottoscrittori di obbligazioni. E Moody's ha ancora declassato il titolo da A2 ad A3. In sostanza oggi per coprirsi sul rischio default, l'assicurazione su mille euro di bond Volkswagen costa l'1,76%. A fine settembre il Cds aveva toccato il livello record di 294 punti. Dopo la nomina di Mueller al posto di Winterkorn era sceso a 125 punti. Negli ultimi otto anni il Cds a 5 anni Volkswagen è oscillato fra 30 e 70 punti, quindi per mille euro di bond l'assicurazione variava tra lo 0,30 e lo 0,70%, un prezzo quasi da rating tripla A. Il Dieselgate ha pesato negativamente anche sulla curva dei rendimenti dei bond Volkswagen. Nell'ultimo mese il rendimento medio è salito di oltre 100 punti base e soprattutto si è verificata l'inversione della curva dei rendimenti sui titoli a medio e lungo termine. Lo spread sui bond a 5 anni oscilla intorno ai 150 punti mentre sul decennale è in area 125. Il bond Volkswagen a cinque anni scadenza 2020 cedola 1,75% è stato tra i più trattati oggi in Borsa con un prezzo sceso a poco sopra 90, rispetto ai 100 del collocamento. A titolo di paragone il Bond Daimler con stessa scadenza quota 99,78.

Ma guardando da vicino i conti, l’impressione è che non sia andata (ancora) troppo male. Anche perché siamo all’alba di una giornata lunghissima, la saga dei motori truccati occuperà il gigante di Wolfsburg ancora per anni, non foss’altro che per le cause legali. Tanto è vero che le stime dei costi oscillano tra i 20 e gli 80 miliardi di euro, una forbice mostruosa che dà conto dell’incertezza che circonda ancora il caso. Le flessioni nelle vendite riguardano aree del mondo - Cina e Brasile - che registrano un rallentamento generale dell’economia, d’altra parte lo scandalo è emerso alla fine del trimestre, quindi è ancora presto per trarre conclusioni affidabili sugli effetti. Guardando ai primi nove mesi dell’anno, Vw ha venduto circa 1,5 punti in meno rispetto allo stesso periodo del 2014, dunque 7,43 milioni di auto, superata dalla Toyota (TM). I pessimisti, continuano a dire che la vera onda d’urto verrà dalle aule di tribunale, non dai richiami o dalle eventuali flessioni nelle vendite, ma gli ottimisti fanno notare che le sentenze non arriveranno tutte insieme, che per Vw si annuncia un lungo stillicidio di multe e rimborsi, ma dilazionato negli anni e dunque più facilmente ammortizzabile. Intanto continuano i gowngrade, Fitch ha abbassato il rating a "BBB+".


Vendite Volkswagen

L'arrivo dalla Porsche di Matthias Mueller, che ha avviato un riassetto della casa di Wolfsburg, con Manager allontanati e ridisegno della governance operativa del gruppo, sembrava poter ridare con il tempo, slancio alla casa automobilistica tedesca, grazie anche alle 5 priorità, passaggi fondamentali per riallineare il Gruppo Volkswagen, guardare oltre il dieselgate e "creare le condizioni per ulteriori sviluppi di successo". Ora però gli ultimi rilievi dell'agenzi americana Epa rischiano di provocare più di un imbarazzo. Qualche giorno fa l'Epa ha notificato alla Volkswagen nuove violazioni sulle emissioni che riguardano i motori diesel 3.0 litri. I veicoli coinvolti sono il Suv Touareg, i modelli Audi A6 Quattro, A8 e Q5. Ma soprattutto nell'elenco c'è anche il Suv Cayenne della Porsche. E Mueller dal 2010 è stato il ceo della casa tedesca di auto di lusso.

Cosa succederà ora

Noi crediamo che le metriche di credito di Volkswagen sono solide e possono assorbire diversi miliardi di euro di uscita di cassa straordinaria, in particolare per quanto ci si aspetta tra multe e reclami legali ripartiti su un paio di anni. Tuttavia, ci aspettiamo che il costo finale sia sostanzialmente elevato, anche se è troppo presto per quantificare con precisione l'entità e la tempistica delle sue conseguenze sui rapporti chiave del reddito, della generazione di cassa e del credito del gruppo. Le ultime scoperte svelate da un'indagine interna della società stanno aumentando il danno all'immagine della Volkswagen e la reputazione e potrebbe potenzialmente portare ad ulteriori rivendicazioni legali dai regolatori e dai clienti, con un ulteriore impatto su fatturato e utili del gruppo. Noi crediamo che i cambiamenti effettuati ai consigli di sorveglianza e di gestione, a partire dall'inizio di questa crisi, siano stati limitati e non sembrano riflettere una fondamentale determinazione da parte della società di rivedere la sua governance societaria e la sua cultura. Inoltre, mentre la recente divulgazione di dati negativi dell'emissioni di anidride carbonica sottolinea l'apparente diligenza del nuovo management di condurre un'indagine approfondita dei loro problemi dei sistemi di propulsione e di emissioni, si ribadisce però la possibilità di ulteriori problematiche ancora da scoprire, così come la sostanziale incertezza circa le conseguenze generali finale per le imprese del gruppo e i profili finanziari.

Ci aspettiamo inoltre, che il danno reputazionale sul gruppo influenzi la sua capacità di finanziamento. Il rifinanziamento dei servizi finanziari del gruppo potrebbe essere più difficile e costoso nel prossimo futuro e potrebbe ostacolare sia la sua liquidità che la sua capacità di offrire interessanti offerte di finanziamento a basso costo ai suoi clienti. Inoltre una potenziale ricapitalizzazione della divisione servizi finanziari potrebbe influenzare anche le metriche di credito dell'attività industriale.

I downgrade riflettono la governance societaria, la gestione e i problemi organizzativi evidenziati dal perdurare della crisi. Fitch ritiene, ad esempio che la governance societaria di VW sia più debole di quella dei suoi principali coetanei. Le principali aree di debolezza sono una minoranza del 20% nelle risoluzioni di voto, i potenziali conflitti di interesse da parte di alcuni membri del consiglio, nonché la mancanza di indipendenza e di diversità a livello di consiglio di sorveglianza. L'ultima crisi è un altro esempio di controllo di gestione incoerente in alcune zone. Martin Winterkorn si è dimesso dal suo ruolo di amministratore delegato di Volkswagen, ma lui è stato sostituito da un membro di lungo corso del gruppo, Matthias Mueller, che è CEO del marchio Porsche. Anche se quest'ultimo, insieme con i consigli di amministrazione e di vigilanza, si è impegnato più volte di scoprire e risolvere tutte le irregolarità, consideriamo anche che dovrà affrontare un difficile cambiamento nel processo decisionale del gruppo e della sua cultura. Però, l'inclusione di veicoli Porsche in una nuova indagine dell'EPA getta dubbi sulla indipendenza del signor Muller nel rivedere i risultati complessivi delle indagini interne. Il consiglio di sorveglianza ha anche eletto Hans Dieter Poetsch, CFO e membro del consiglio di amministrazione dal 2003 di Volkswagen, ad agire come loro Presidente, sollevando potenziali questioni di conflitto di interesse e dubbi sulla reale intenzione del gruppo di riformare radicalmente la sua cultura di gestione.

Gli elementi chiave ora sono:

- Declino della redditività e uscite di cassa multi-miliardarie per mancate vendite, probabili sconti sui veicoli, costi dei richiami, multe, querele e rivendicazioni legali in tutto il mondo, e il potenziale aumento di R&S.
- Accelerazione e intensificazione del programma di efficienza di Volkswagen per cercare di mitigare l'impatto di questa crisi.

La situazione societaria peggiorerebbe qualora ci fossero ulteriori danni di immagine rilevanti per il gruppo e i suoi marchi, ulteriori risultati negativi sostanziali a seguito delle indagini in corso e che il margine operativo rimanga al di sotto del 3% (per le operazioni industriali) e del 4% (a livello di gruppo).

Per contro migliorerebbe se la società riuscirà, ad assorbire i danni derivanti dalla crisi con il solo cash flow, se sarà in grado di attuare pratiche più rigorose da parte della governance societaria e darà prova che i suoi principali marchi non sono stati compromessi da questa crisi.

In conclusione

Volkswagen dovrà controllare e riparare tutti i veicoli che richiamerà. Dovrà anche capire quali e quante inchieste saranno avviate nei vari stati, e da quali enti, statali o privati. Il danno economico di Volkswagen non riguarderà però solo le multe e le sanzioni che la casa automobilistica dovrà pagare. Si prevede infatti che la pubblicità negativa dello scandalo causerà un contraccolpo nelle vendite mondiali di automobili Volkswagen e solo operando le giuste contromisure, come evitare conflitti di interesse all'interno dei Consigli, agire in tutta trasparenza nelle indagini interne e cercare di riconquistare la fiducia persa, le permetterà con il tempo di risollevarsi dal baratro in cui è caduta.

venerdì 6 novembre 2015

Società che ha aumentato il dividendo da oltre 50 anni

Ci sono diverse società che aumentano il loro dividendo da oltre 50 anni. Questi titoli sono considerati i Re dei dividendi, per la loro longevità, in quanto ognono di essi ha aumentato il dividendo per 50 o più anni consecutivi. Per poter far questo devono avere un notevole vantaggio competitivo. Le 54 aziende che fanno parte dei Dividendi Aristocratici, hanno come requisito principale l'aumento del dividendo da almeno 25 anni, i Re dei dividendi devono soddisfare questo requisito due volte, sono quindi solo 17 aziende in grado di farlo. Dal 1991 al 2014, l'indice S&P 500 ha reso in media il 7,9% all'anno. Per ogni $ 1 investito nel S&P 500, un investitore avrebbe ottenuto $ 6,23 compresi i dividendi. Tra le 17 aziende facente parte della lista dei Re dei Dividendi quello con la peggiore performance ha reso in media il 9,4% nello stesso periodo di tempo, trasformando così ogni $ 1 investito in $ 8,68.

Nel 1991 c'erano 38 aziende tra i Dividendi Aristocratici. Ci sono solo 17 Re dei dividendi, quindi più della metà dei dividendi Aristocratici del 1991 è uscito dalla lista. Ogni singola azione rimasta in questa lista ha prodotto rendimenti sostanzialmente superiori al S&P 500. Se avessimo investito in un paniere ponderato composta dagli attuali 17 re dei dividendi nel 1991 (e riequilibrando ogni anno) avremmo ottenuto rendimenti composti del 14,8% annui (quasi il doppio del S&P 500 nello stesso periodo di tempo), quindi ogni $ 1 investito si serebbe trasformato in $ 27,24. Possiamo quindi notare che i titoli che sono in grado di aumentare continuamente i loro dividendi anno dopo anno, superano notevolmente lo S&P 500. Certamente non possiamo prevedere quali saranno i titoli che in futuro aumenteranno i loro dividendi ogni anno, ma guardando le aziende che hanno una lunga storia di aumenti, noteremo che vi è una notevole coerenza sia nell'indice degli Aristocratici che in quello dei Re.

Questo articolo vuol dare uno sguardo a uno di questi titoli appartenente agli attuali Re dividendi, che si è particolarmente distinto, anche alla luce degli ultimi risultati trimestrali, per capire se può essere considerato un investimento adatto nel lungo periodo avendo anche un aumento continuo nel tempo dei dividendi.

Lancaster Colony (LANC) vende prodotti alimentari di specialità regionali con il marchio Marzetti, New York, e Sister Shubert’s. Lancaster Colony è stata fondata nel 1961 e ora ha una capitalizzazione di mercato di $ 2,6 miliardi. La società è significativamente più piccola rispetto agli altri giganti dei prodotti di consumo che sono nella lista dei Re, come Coca-Cola (KO), Colgate-Palmolive (CL) e Procter & Gamble (PG). La società ha scisso nel 2014 la sua divisione di prodotti in cera per concentrarsi sulle sue operazioni e diventare un'impresa strettamente alimentare.

Lancaster Colony, di recente, ha dimostrato ottimi guadagni che hanno superato le aspettative degli analisti. La società non è stata in grado di produrre condimento per insalata ad un ritmo sufficientemente veloce. Questo è stato recentemente risolto grazie alla realizzazione del progetto di espansione del settore dei condimenti per insalata della società. La società non ha debiti e circa $ 250 milioni cash in bilancio e sta utilizzando il suo denaro per l'acquisizione di Flatout Holdings per $ 92000000. Flatout Flatbread vende prodotti da forno di tipo salutare, quali ad esempio piadine. La società genera circa $ 46 milioni di vendite all'anno. Lancaster Colony potrebbe aumentare la pubblicità e la distribuzione dei prodotti di FlatOut per aumentare rapidamente le vendite. Purtroppo l'azienda attualmente scambia con un rapporto prezzo-utili di 29,14 - che è significativamente superiore al rapporto P/E attuale medio del S&P 500, che è di circa 20, nonché del rapporto medio storico della società. Però ha prospettive di crescita solide da qui in avanti. L'azienda opera in un settore che si evolve lentamente, per cui i prodotti alimentari di consumo di marca della società conferiscono un vantaggio competitivo durevole. Ai prezzi correnti, Lancaster Colony non è acquistabile. Gli investitori pazienti dovrebbero aspettare che il rapporto prezzo-utili della società vada al di sotto di 20, prima di pensare di prendere posizione in Lancaster.

Lancaster Colony ha pubblicato nell'ultima trimestrale un EPS di $ 1,01 che è risultato superiore alle aspettative degli analisti di $ 0,10. Anche i ricavi pari a $294.09M (+13.1% su base annua) hanno superato le aspettative degli analisti di Wall Street, di ben $ 15,39M. Inoltre dallo scorso anno la società supera ad ogni trimestre le aspettative che gli analisti hanno su di lei. La società ha un Dividend Yield del 1,9%, ha avuto un ritorno annuo negli ultimi 10 anni del 12,1%, nello stesso periodo ha effettuato un aumento medio del dividendo del 6,5% ed effettua aumenti da 52 anni.

Nell'oceano delle azioni solo 17 titoli rispondono ai rigidi requisiti per essere re dei dividendi. Queste sono tra le aziende quotate in borsa quelle più longeve e stabili. Questo gruppo di aziende, hanno ottime track record di crescita dei dividendi e rendimenti totali. Investire in azioni di società di alta qualità con track record di successo nel lungo periodo, ha storicamente aumentato la ricchezza degli investitori.