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giovedì 27 aprile 2017

La Polonia da oggi riceverà il gas naturale dagli Stati Uniti

La Polonia ha firmato il suo primo accordo per l’acquisto di gas naturale liquefatto da un fornitore statunitense, un passo che aiuterà gli sforzi del paese a ridurre la propria dipendenza dalle consegne provenienti dalla Russia. La ditta che fornirà il gas è la Cheniere Energy (LNG), la quale fornirà le prime forniture di giugno a un terminale di gas naturale liquefatto (LNG) a Swinoujscie sulla costa baltica, costruito lo scorso anno.

Il primo ministro Beata Szydlo ha detto che l’accordo aiuta la Polonia a ridurre la sua dipendenza dalle consegne provenienti dalla Russia. Il paese ha cercato di ridurre la sua dipendenza da Mosca, perchè la Russia ha usato il combustibile come strumento per la pressione su alcuni paesi della regione in passato. Il terminale Swinoujscie ha una capacità annua iniziale di cinque miliardi di metri cubi di gas naturale, ma questo potrebbe presto salire a 7,5 miliardi di metri cubi – circa il cinquanta per cento del consumo di gas corrente della Polonia. L’impianto costa 720 milioni di euro (785 milioni di dollari).

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Tra i passi più importanti c’è stata l’apertura l’anno scorso del porto di Swinoujscie. La Polonia ha inoltre avviato l’importazione di gas dal Medio Oriente, in particolare dal Qatar e dalla Norvegia. Gli Stati Uniti sono ricchi di gas di scisto, rendendola un importante esportatore del combustibile. Tra gli altri, sta esportando verso paesi del sud dell’Europa come la Spagna e la Turchia, ma non ancora a nord del continente.

La Polonia vuole utilizzare il terminale non solo per scuotere la morsa del gigante energetico russo Gazprom, ma anche per spingersi nella posizione di un importante player nel mercato del gas della regione. L’attuale membro dell’Unione europea dipende sulla Russia per circa il 40% del suo gas, con un terzo proveniente da fonti nazionali e il 20% dall’Asia centrale.

Il gas è fornito dalla società Cheniere Energy. Questa è la prima fornitura di gas americana non solo per la Polonia, ma anche per l’Europa del Nord. Abbiamo acquistato questo gas ad un prezzo molto buono. Questo è un accordo molto importante e vantaggioso in termini finanziari. Ma soprattutto, è l’indipendenza dal gas russo.

ha riferito in un colloquio televisivo il primo ministro polacco Beata Szydlo.

Il capo del gigante del gas polacco PGNiG, Piotr Wozniak, ha definito l’accordo un “momento storico” per la società che sta “guadagnando un nuovo partner nel commercio di LNG” in Nord America e diventando un “gateway” per il gas americano nell’Europa settentrionale.

L’impianto Sabine Pass in Louisiana ha iniziato le spedizioni nel febbraio 2016 e Cheniere sta costruendo un secondo complesso a Corpus Christi, Texas. PGNiG lo scorso mese ha annunciato che il suo unico contratto di fornitura a lungo termine di LNG, con Qatargas, sarebbe raddoppiato a 2 milioni di tonnellate/anno a partire dal 2018. PGNiG ha aperto il suo London Trade LNG nel febbraio di quest’anno.

Gazprom ha dichiarato nel suo rapporto finanziario per il 2016 che la società polacca ha presentato la disdetta il 14 marzo, citando la politica di prezzi “ingiusta” di Gazprom verso PGNiG e ostacolando il commercio transfrontaliero di gas tra altre presunte violazioni. Il gruppo controllato dal Cremlino è stato oggetto di indagini da parte dell’UE in merito alle violazioni dei cartelli sin dal 2011. Per evitare eventuali multe, nel mese di marzo Gazprom ha offerto alcune concessioni ai regolatori antitrust dell’UE.

venerdì 15 luglio 2016

Investire in materie prime, Nichel realmente in ripresa?

Il nichel è un metallo di colore argenteo che viene impiegato a livello industriale per fabbricare leghe di acciaio inossidabile resistenti alla corrosione, trovando così largo impiego nell'industria petrolifera, chimica, automobilistica. Il suo mercato di riferimento è il London Metal Exchange (LME).

Il mondo dell’industria mineraria, da diverso tempo, vive nel suo complesso una crisi di sovrapproduzione, malgrado l’incessante aumento della domanda cinese, che ha provocato un rapido e intenso calo dei prezzi. Nel caso specifico del nichel, solamente negli ultimi due anni il crollo è stato di oltre il 60% (senza quindi bisogno di andare troppo indietro nel tempo, come nel 2007 quando il boom dei consumi in Cina spinse il prezzo ai massimi di 50.000$ per tonnellata).



Come sempre accade in queste circostanze le aziende produttrici (situate soprattutto in Canada, in particolare nella regione del Québec, Cuba, Russia e Australia), non potendo operare per lungo tempo in perdita, si convincono della necessità di tagliare una produzione che, a prezzi troppo bassi, non darebbe alcun beneficio. Esempi a tal proposito sono l’australiana Mincor Resources che nel secondo semestre dell’anno scorso ha ridotto la produzione di concentrati a circa 2 mila tonnellate contro le 4,6 mila precedenti e la canadese Sherritt International che ha nettamente ridotto il target 2015 da 80-86mila a 78-82mila tonnellate. In realtà tutte queste misure adottate non riescono ad assumere rilevanza perché troppo isolate e fine a sé stesse: difficilmente si giunge ad un accordo comune in grado di cambiare il corso degli eventi (basti pensare all’atteggiamento dell’OPEC a proposito del petrolio), così da complicare ulteriormente le vicende relative all’andamento di queste materie prime.

Per quanto riguarda il nichel, invece, il prezzo sta ricevendo un certo sostegno da un avvenimento che ha consentito di rompere la resistenza intorno ai 9.500$/ton che da ben 8 mesi restava intatta: si tratta del blocco temporaneo alle esportazioni dei materiali in ghisa derivanti dal nichel voluto dal nuovo governo filippino. Questa decisione si aggiunge alla scelta autonoma, compiuta da alcune società del paese asiatico di tagliare buona parte della produzione, scelta che ha già avuto ripercussioni sulle importazioni di nichel da parte della Cina, ridotte del 27% nei primi mesi del 2016.

Una situazione del genere non è nuova essendosi già presentata nel 2014 quando l’Indonesia, a quel tempo principale fornitore di nichel per la Cina, approvò una legge che rendeva l’esportazione del metallo valida solo a seguito di una prima lavorazione interna del materiale grezzo, a protezione della propria industria di trasformazione . Successivamente a questa vicenda il ruolo di principale fornitore era passato proprio alle Filippini, ma adesso il governo sembra avere un obiettivo differente: la protezione ambientale dagli abusi del settore minerario. Se questa volontà si concretizzerà in un divieto definitivo di fornitura della materia prima ai raffinatori cinesi non è ancora del tutto chiaro, così come quanto tempo occorrerebbe per realizzare il progetto.

In definitiva, l’insieme di questi eventi ha di fatto ridotto la produzione di nichel al punto che il contemporaneo aumento della domanda dovrebbe aver portato ad un deficit di offerta che consentirebbe una ripresa del prezzo dopo anni di delusioni, a vantaggio anche di società del settore come Vale S.A. (VALE).



In prima battuta il mercato ha reagito positivamente alla notizia, ma il futuro è legato indissolubilmente a quanto avverrà all’interno dell’intero ambiente delle materie prime.