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mercoledì 24 luglio 2019

Dicono che il settore tecnologico è in bolla, ma perché?

tech
22 Luglio 2019
Per chi investe, sono pochi gli argomenti che spaventano più del sentire la parola “bolla speculativa”. Ormai fa parte del gergo comune, ogni giorno leggiamo o sentiamo qualcuno affermare che siamo in piena bolla.
La buona notizia è che è facile individuare le bolle.
La cattiva notizia è che è ancora quasi impossibile trarne profitto.
Ma alla fine, cos’è una bolla?
Generalmente si parla di bolla speculativa con riferimento a mercati finanziari nei quali vengono trattate azioni, obbligazioni e titoli derivati. Tuttavia la storia delle bolle speculative mostra come siano stati frequenti i casi di bolle che hanno riguardato beni materiali, come gli immobili.
In definitiva, La bolla speculativa in economia è una particolare fase di mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo.
Il problema è l’investitore stesso. Perché a lui non importa. Continuano a comprare a prescindere dalla valutazione perché si aspettano sempre che la bolla arrivi dopo e fino ad allora si possa guadagnare il massimo, alimentando in questo modo la bolla stessa. In breve, una bolla è dove gli investitori accumulano in attività chiaramente “overpriced” perché pensano che usciranno prima che il castello di carte crolli.
La bolla speculativa di oggi è quella tecnologica.
Il fondatore di Dragonfly Capital, Greg Harmon, una volta disse:
Ogni mercato che sta aumentando rapidamente non è una bolla. E qualsiasi mercato che è cresciuto da molto tempo e non sta diminuendo (tipo le obbligazioni) non è necessariamente una bolla. Potremmo essere vicini ad uno scoppio, ma non lo saprai mai prima del tempo. Invece, perché non continuare a seguire le tendenze esistenti e non preoccuparti delle bolle.
Direi che mi trova d’accordo. Dire che il settore tecnologico è in bolla non ha alcun senso, per il semplice fatto che se una cosa non si può prevedere, tutto ciò che leggiamo o sentiamo è una questione soggettiva che aiuta la causa di chi la dice o la scrive. Facciamo chiarezza, cerchiamo di capire, perché sentiamo troppo spesso dire che ci sono analogie col momento di mercato attuale e quello del 1999.
Avverto “pesantezza” su titoli tecnologici importanti, Facebook, Amazon, Netflix, Google, insieme ad altri nomi di grande presenza come Microsoft. Faccio notare che non tutti questi singoli titoli sono bolle – osservando le valutazioni di Apple e Microsoft, è necessario fare ipotesi “aggressive”, piuttosto che non plausibili. Ma detto questo, condivido i numeri che vogliono il settore tecnologico troppo costoso. La mini correzione alla fine dell’anno scorso non ha cambiato di molto la mia idea. Queste società sono molto care. Acquistando alcuni di questi titoli, in questo periodo di mercato, secondo me sarebbe un errore, si incorrerebbe in una fase di rallentamento tecnologico, per chi le ha in portafoglio, beh, si goda la crescita.
Allo stesso modo, non sono entusiasta del bitcoin, che assimilo alla bolla dei tulipani del 1638. Quindi da questo punto di vista, il consiglio è quello di evitare questi beni.
Ok Giuseppe, evitiamo gli ingressi perché temi una correzione, la puoi chiamare rallentamento o bolla, ma come si guadagna da questo periodo?
Bene, è qui che arriviamo a uno dei problemi più fondamentali e frustranti con le bolle per gli investitori. L’identificazione di una bolla … non garantisce che la bolla esploda (anche se tale risultato è altamente probabile) né fornisce alcuna comprensione di quando potrebbe esplodere.
In altre parole, le bolle non sono difficili da individuare, ma è molto difficile trarre profitto da questo fatto. A meno che il tuo tempismo non sia perfetto (cioè, a meno che tu non sia fortunato), allora perderai soldi. Tuttavia, se decidi che dovresti cavalcare la bolla, rischi di farti risucchiare. Perché il problema con le valutazioni patrimoniali irrazionali è che non c’è modo di dire a che punto sono “troppo irrazionale”.
Di conseguenza, rischi di essere l’investitore che acquista il bitcoin a dicembre 2017, proprio mentre sta toccando il massimo. Ok, quindi sappiamo come individuare le bolle, ma non possiamo trarne profitto. Non è molto divertente, stai pensando. Perché ti sto nemmeno raccontando tutto questo?
Perché esistono gli anti-bolla è, come suggerisce il nome, sono l’opposto di una bolla. Sono quegli asset dove gli investitori stanno ignorando tutti i modelli di valutazione sensibili ed evitando un settore o vendendo esclusivamente sul sentiment della massa. Quindi approfitta delle bolle evitandole e investendo invece in anti-bolle.
Il che porta alla domanda: dove sono queste anti-bolle in questo momento?
Uno dei settori che più amo, sono le imprese statali SOE dei mercati emergenti. Purtroppo non sempre è possibile investire in questi settori. Così ho cercato settori che fossero direttamente collegati col governo in America. Cerco alti rendimenti da dividendi, bassi p/e bassi price book.
Il settore della difesa è quello che mi piace più di tutti. Di solito si riferisce a tutte le società che generano la maggior parte delle loro entrate dai clienti governativi, ed è ampiamente suddiviso in due tipi di società: produttori di attrezzature e fornitori di servizi.
Società che fabbricano carri armati, navi da guerra e aerei da combattimento comunemente associati al Pentagono oppure i service provider, che gestiscono le reti IT, svolgono attività di consulenza e di outsourcing come la gestione di base e la logistica per le agenzie militari e civili.
Tornando invece ai paesi emergenti, molti studi sono stati eseguiti su quali fossero i migliori “anti-bolle”. Hanno scritto di tutto, riporto per una mera questione informativa. Una delle teorie più fantasiose è certamente quella che prende in considerazione luoghi molto economici dove andare in vacanza. A Città del Messico, i viaggiatori possono ottenere una lussuosa camera d’albergo per l’equivalente di $ 80. Per questo sarebbe definiti paesi economicamente anti-bolla.
Un’altra invece sottolinea come il segno eloquente delle anti-bolle, i mercati di Filippine, Malesia e Indonesia è che questi scambiano insieme meno di $ 1 miliardo di volumi al giorno, rispetto a circa $ 6 miliardi al giorno della sola Apple. Bah….
Le bolle sono un dramma avvincente, in cui i protagonisti corrono sempre eccitati verso un’improvvisa caduta. Una cosa è certa, un grande libro sulle anti-bolle non esiste ancora e credo sarebbe un buon momento per essere scritto.
Giuseppe Pascarella



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giovedì 19 ottobre 2017

Pronti per una bolla speculativa o l'azionario USA è ancora in crescita?

Anche se non tutti gli investitori professionali e gli analisti ritengono che le valutazioni del mercato azionario siano in un territorio da bolla, la maggior parte probabilmente sarebbe d’accordo sul fatto che le molte imprese statunitensi siano in ipercomprato. Il rapporto P/E dello S&P500 è ad un livello storico alquanto elevato, così alto lo è stato durante il mercato del toro sfociato con la bolla tecnologica degli anni 90 e quella immobiliare della metà della stessa decade. Secondo il nostro punto di vista, uno storno dei mercato è molto probabile, ma forse vivremo cadute di settori prima di vedere una vera e propria recessione, come quella dell’Healthcare 2 anni fa o il petrolio l’anno scorso.

Analogie con la deflazione giapponese e demografia in decrescita

La bolla speculativa giapponese fu una bolla speculativa formatasi a partire dal 1986 e scoppiata nel 1991, riguardante il mercato azionario e il settore immobiliare giapponese. La formazione della bolla fu possibile a causa di vari fattori: per primo la liberalizzazione delle norme finanziarie sommata al rapido aumento dei prezzi dei beni immobiliari, alla relativa capacità produttiva del Giappone di riuscire a stare al passo con la domanda di beni e servizi (domanda aggregata) e al conseguente aumento di liquidità delle imprese.

Ciò permise a queste ultime di investire in attività speculative nel mercato azionario e nel settore degli immobili. Inoltre alcune incomprensioni tra il Ministero delle Finanze e la Banca del Giappone sulle decisioni da prendere in seguito al deprezzamento del dollaro (accordi del Plaza e del Louvre) favorirono lo sviluppo della bolla. Una volta che questa scoppiò, il Giappone andò incontro a un lungo periodo di deflazione noto come “decennio perduto”, che segnò la fine del boom economico del secondo dopoguerra.

In retrospettiva, il “decennio perduto” del Giappone sconvolse gran parte del mondo occidentale, dove la crescita della popolazione è rallentata. In Europa le percentuali sono in fase negativa e nel suo complesso la lieve crescita demografica è stata dello 0,25% nel 2016. Gli Stati Uniti hanno aumentato la propria cittadinanza dello 0,81% l’anno scorso, dato elevato rispetto gli standard dei paesi sviluppati ma ancora inferiore ai tassi di crescita passati. Storicamente, gli Stati Uniti hanno innalzato la crescita della popolazione attraverso l’immigrazione, ma la situazione in generale appare in pericolo.

Deflazione Giappone, crisi giappone, decennio perduto, inflazione giappone, recessione giappone 2000

Il consumismo che precedette la Grande Recessione potrebbe non tornare negli anni a venire. Nonostante i profitti aziendali record, l’inflazione rimane bassa e la crescita salariale sta mostrando segni di vita. Le entrate sono state un fattore importante per l’esplosione economica del ventesimo secolo, per cui la debole crescita produttiva dell’America negli ultimi decenni è allarmante. In questo contesto, non c’è molta ragione per cui la Fed possa improvvisamente stringere la politica monetaria.

Tassi di interesse

Recentemente Buffett ha dichiarato che vede il Dow Jones verso 1 milione di punti nei prossimi 100. Il Dow ha rotto i 23.000. Sarebbe difficile discutere contro un investitore come Warren Buffett, il terzo uomo più ricco del mondo. Come ha sottolineato Bob Lang di RealMoney, la dichiarazione di Buffett non è così scandalosa – in base ad un semplice calcolo, il Dow dovrebbe avere un tasso di rendimento annuo del 4,7%. Al ritmo attuale, l’indice americano si avvicinerebbe ai 2 milioni di punti.

Per molti investitori, tutto torna. I treasuries decennali in passato davano il 6,5%, oggi gli stessi strumenti governativi solo il 2,3%. Quando l’inflazione è parte integrante di tutti gli studi macroeconomici, i tassi di interesse reali sono ancora molto vicini allo zero. Sebbene il P/E dello S&P500 si trovi ora sopra 25, lo yield delle imprese è intorno al 4%, il che rende decisamente più attraenti le azioni rispetto alle obbligazioni. Anche con l’attuale Shiller P/E del 31, che regola la ciclicità, i titoli continuano a produrre quasi il 50% in più rispetto ai treasuries statunitensi.

Poiché i titoli di Stato statunitensi sono un investimento privo di rischio, non ha alcun senso tenere un bene con un rendimento minore. All’altezza della bolla tecnologica del 2000, però, la resa dei treasuries eclissò la portata dei redditi dello S&P500 con un ampio margine. Con le obbligazioni che generano più del 6% e i titoli poco più del 3%, una persona razionale avrebbe facilmente visto che il mercato stava scendendo. Si è parlato molto dei ritardi sull’innalzamento dei tassi di interesse e la valutazione dei titoli azionari. Se la Fed dovesse aumentare notevolmente i tassi, allora il mercato sarebbe troppo caro. Questo può ancora accadere, ma c’è ragione di credere che i tassi di interesse storicamente bassi potrebbero rimanere tali per lungo tempo.

Capitalizzazioni alle stelle

Gran parte del guadagno recente del mercato azionario può essere tracciato in una manciata di aziende tecnologiche, il capitale di rischio privato ha spinto le valutazioni di alcune imprese così in alto da essere giudicate “incomprabili”. Facebook (FB) e Alphabet (GOOGL) potrebbero aumentare il flusso di cassa, ma non vediamo come giustificare un P/E a 35 per due società che valgono 500 e 700 miliardi rispettivamente.

Allo stesso modo, un certo numero di Blue Chip, come Coca-Cola (KO), hanno yield interessanti e sempre in crescita, ma come possiamo prendere in considerazione un’azienda del genere, sapendo che il suo P/E sfiora i 40 punti. Una società con una capitalizzazione di 200 miliardi di dollari e che sta attraversando un periodo di cambiamenti e difficoltà?

Lasciando da parte queste eccezioni, non sembra che la maggior parte dei titoli siano in un territorio “bolla”. Alcuni osservatori notano che i guadagni delle società hanno superato la crescita del PIL, ma questo può avere più a che fare con il fatto che la cultura aziendale americana è strutturata per dare la priorità agli azionisti. Molte società americane hanno utilizzato la politica monetaria allentata dalla Fed per premiare gli azionisti anziché investire in beni patrimoniali.

Conclusione

Molti paesi, di fronte a situazione difficili dei mercati finanziari, hanno cercato di salvare la situazione con politiche di denaro facili beneficiando gli azionisti e rendendo i titoli relativamente più attraenti. Molte società hanno anche approfittato dei bassi tassi di interesse, premiando gli azionisti con dividendi e buyback piuttosto che fare investimenti strutturali. La bassa inflazione finora ha ostacolato il piano della Fed di aumentare i tassi di interesse, il che significa che le dichiarazioni di Buffett di cui abbiamo parlato all’inizio, hanno un senso logico.

Naturalmente i mercati non sono immuni da fattori esogeni, il famigerato “cigno nero” potrebbe capitare in qualsiasi momento e rovinare il party. Ma poiché un simile evento è imprevedibile per natura, non ci appare preoccupante per questo. La possibilità che le azioni siano effettivamente economiche oggi è un potente incentivo per continuare a comprare azioni di società di qualità. Ovviamente, nulla è meglio che acquistare società sottocosto dopo un’attenta analisi e parliamo di lungo periodo.

lunedì 10 ottobre 2016

Gli investitori stanno sottostimando il rischio di una recessione

Altra giornata di passione sui mercati, le notizie economiche che giungono dal Giappone e dagli Stati Uniti, unite al fatto che Deutsche Bank sembra non aver trovato un accordo con il Dipartimento di Giustizia americano, fanno temere ad una ennesima settimana negativa. Aggiungiamo che nel fine settimana il Fondo Monetario Internazionale ha definito i mercati “indifesi” contro una probabile recessione che secondo gli analisti è probabile al 31%.

Se gli Stati Uniti sono riusciti a varare interventi di emergenza durante la crisi del 2008, che hanno consentito di salvare istituzioni sistemiche che in caso contrario avrebbero fatto crollare l’economia mondiale, è stato anche grazie alla discrezionalità con la quale si sono potuti varare i primi interventi. E invece oggi le democrazie si sono evolute in una strada di controlli e contrappesi per circostanze nelle quali invece sarebbe giusto fornire discrezionalità per gli interventi di emergenza. Occorre dunque fornire più discrezionalità e potere negli arsenali della finanza.

Anche se la crescita viene definita “morbida”, questo può essere visto come positivo per le azioni, data la risposta tipica delle valute ma non certo però la crescita negativa delle aziende che si apprestano a chiudere il 6 trimestre negativo di fila. Una recessione in questo momento in cui le aziende sono molto esposte sarebbe particolarmente problematico per molti settori: le stime degli utili per il prossimo anno sono aggressive nel momento in cui le banche centrali stanno lottando mantenere una crescita mediocre, anche col beneficio di un sempre più kit di strumenti.

Giusto per non farci mancare nulla, oltre al problema Deutsche Bank possiamo aggiungere “di nuovo”, la Grecia. L’Euro-gruppo sbloccherà la nuova tranche da 2,8 miliardi di euro, ma per Atene la situazione resta drammatica: il Fondo monetario internazionale, che appoggia la ristrutturazione del passivo, uscirà dal piano di salvataggio. La Germania non farà alcuna nuova concessione in vista delle elezioni dell’autunno 2017. Benzina sul fuoco in una Europa ormai sempre più in bilico.

CFNAI, Come investitori stiamo interpretando bene il mercato

Di tutti gli indicatori che abbiamo seguito, quello che ci colpisce fortemente è il prodotto interno lordo reale (PIL). Il Pil nel secondo trimestre ha segnato un +1,4%, rispetto al +1,1% della lettura intermedia del mese scorso e il +1,2% di quella preliminare. L’economia, però, cresce meno del 2% da tre trimestri consecutivi. L’attuale ritmo di espansione è il più debole dal 1949. Nel 2015 la crescita era stata del 2,6%, l’anno migliore dal 2006, sopra la media del 2,1% all’anno registrata dal 2010, il primo anno intero dopo la recessione. Per fare un paragone, la crescita media negli anni Novanta era stata del 3,4% all’anno.

Storicamente, quando le letture del CFNAI (L’indice Cfnai, misura l’andamento dell’attività economica nel distretto della Fed di Chicago) sono state costantemente negative, il multiplo sullo S&P500 è stato piatto anno su anno, secondo i dati di Bloomberg. È vero che nessun indicatore economico è in grado di darci conferme sulla complessità delle attuali economie. Detto questo, nonostante l’importanza delle sequenze recessive, pochi oggi sembrano preoccupati. La volatilità rimane bassa e multipli alti. Tuttavia, il CFNAI sta suggerendo che dovremmo essere tutti un po più preoccupati in prospettiva.

mercoledì 20 luglio 2016

Ci sono possibilità di bolla, ma le azioni offrono ancora delle opportunità

Sono sempre di più gli analisti che definiscono le azioni americane vicino una bolla. Lo ha riferito il premio Nopbel Robert Shiller che tuttora è economista a Goldman Sachs. Proprio ieri sera c’è stata la convention repubblicana che ha sancito il magnate Donald Trump come il candidato alla presidenza per Novembre 2016, secondo Shiller se dovesse vincere sarebbe davvero l’inizio di un declino economico per l’America, mentre il corporate raider Carl Icahn ha sottolineato le parole di Shiller con fare minaccioso e con un laconico siamo alla resa dei conti. In realtà, molti commentatori finanziari hanno detto che le azioni statunitensi sono fortemente sopravvalutate e che chiunque abbia il coraggio di tenere titoli azionari in portafoglio sarà presto colpito dalla forza di gravità ribassista del mercato. Ma vediamo le ragioni.

L’indice S&P500, le maggiori capitalizzazioni americane degli Stati Uniti, ha toccato i nuovi massimi questa settimana, spingendo le azioni in territorio da “bolla” con i tassi di interesse ai minimi storici che hanno spinto gli investitori alla disperata ricerca di un ritorno sul loro soldi pagando prezzi sempre più alti.

Otto anni di mercato toro azionario danno poche prospettive e lasciano pochi spazi, per coloro che hanno il coraggio di esprimere una opinione che i prezzi delle azioni siano ancora sottovalutate, o almeno non tutte. Le azioni quotate negli Stati Uniti, come rappresentato dallo S&P500, non sono certo a buon mercato rispetto al loro prezzo medio di dieci anni di utili multipli, eppure non diamo per scontato che le trimestrali, a parte la guerra delle valute, stanno andando bene e i multipli potrebbe abbassarsi già nella seconda metà del 2016.

In primo luogo, come ovvio, il livello di S&P500 in termini assoluti è irrilevante. Ciò che è importante è il prezzo dell’indice ponderato con la performance delle imprese alla base delle loro trimestrali. Lo S&P500 ha un prezzo finale sul rapporto di guadagni di circa 21 volte, o un rendimento degli utili del 4,7 per cento. Sulla base degli ultimi 50 anni, questo non è propriamente “costoso”. Quelli che coraggiosamente dichiarano che c’è in giro una bolla, dovrebbero dare anche uno sguardo alle molteplici azioni ci sono state colpite durante la bolla tecnologica alla fine degli anni novanta, conosciuta come “dot.com”.

In secondo luogo, coloro che credono che un tale multiplo sia terribilmente costoso dovrebbe chiedersi qual è il prezzo corretto che dovrebbe essere pagato per le azioni nelle imprese di qualità in questo periodo. E’ qui che l’opera della University of Pennsylvania, grazie al professore Jeremy Siegel, su una delle grandi bolle del mercato azionario del dopoguerra diventa illuminante.

All’inizio del 1970 gli investitori erano disposti a pagare un prezzo apparentemente “stupido” per quello che sono stati poi percepiti come “una decisione – comprare e non vendere” titoli di crescita. Un gruppo di importanti società statunitensi, tra cui Xerox, IBM, Polaroid e Coca-Cola avevano valutazioni meravigliose. Questi titoli, a volte indicato valutazioni alti come 80 o 100 o più rispetto i loro guadagni, Coca-Cola raggiunse un prezzo i 46 punti nel 1972, Johnson & Johnson colpì un rapporto di 57 volte nello stesso anno. Disney salì a una valutazione di 71 volte, mentre Dow Chemical ben 241 punti.

Questi titoli erano chiaramente in una bolla secondo i canoni attuali, eppure guardate il grafico di Disney (DIS), +300% in 18 mesi. Ma in definitiva cosa significa ? Lo studio del professor Siegel ha dimostrato che la morale di tutto questo è che non tutte le aziende dovrebbero essere comprate a qualsiasi prezzo. Invece, un acquisto a lungo termine di un business forte a un prezzo ragionevole dovrebbe premiarli, anche in questo periodo. Può essere fuori moda dirlo, ma molte aziende eccellenti sono ancora in offerta per i prezzi, e non stanno urlando bolla da nessuna parte.

martedì 8 ottobre 2013

I mercati emergenti potrebbero riavere il loro buy-appeal

Dopo un decennio di forte crescita e di una rapida ripresa dopo il crollo della banca d'investimento statunitense Lehman Brothers, i mercati emergenti stanno vedendo un rallentamento della crescita. La loro crescita media è ora dell'1,5% in meno rispetto al 2010 e 2011. Questo è un fenomeno molto diffuso: la crescita ha rallentato in tre su quattro mercati emergenti. Quota è assai elevata, in passato tali rallentamenti, erano presenti e persistenti solo durante crisi acute globali.

Grafico dell'andamento dei mercati emergenti negli ultimi 10 anni

La nostra analisi attribuisce il rallentamento in parte a forze cicliche, inclusa una domanda esterna più debole e in parte alla strozzature strutturali, ad esempio nel settore delle infrastrutture, i mercati del lavoro e del settore energetico. Questo è successo a dispetto di politiche di sostegno nazionali macroeconomiche, condizioni favorevoli del commercio e di finanziamento facil, che solo di recente ha cominciato a dare peso alla nostra tesi. Tuttavia, una parte non banale del rallentamento rimane inspiegabile, suggerendo che altri fattori dei mercati emergenti siano in gioco.

Crescita del PIL reale dei mercati emergenti negli ultimi dua anni, grafico

La crescita è destinata a perdurare nel tempo ?

L'attuale rallentamento solleva la questione se i mercati emergenti possano rimbalzare e tornare ai tassi di crescita osservati negli ultimi dieci annni o se ci siano le prospettive. La forte domanda esterna e lo sviluppo di forniture hanno portato una maggiore crescita attraverso il commercio e la specializzazione nel 2000. Le prudenti politiche hanno ripagato con 10 anni di grande crescita. I paesi hanno gestito le loro economie nei "bei tempi" avendo più potenza di fuoco per far fronte alla crisi finanziaria globale. Al contrario, le economie con grandi squilibri esterni e finanziari, tra cui gran parte dell'Europa emergente, stanno attraversando un processo di riduzione dolorosa della leva finanziaria e hanno sperimentato una ripresa più lunga dal 2008.

Se questo rallentamento è di lunga durata dipende da quanto è considerato strutturale - gergo usato dagli economisti per riflettere sui cambiamenti fondamentali nel potenziale di crescita di un'economia. Ma il potenziale di crescita è una metrica non osservabile. Tenendo conto del fatto che il finanziamento a buon mercato e l'aumento dei prezzi delle materie prime negli ultimi dieci anni hanno sollevato gli investimenti e la crescita in molte economie, e il fatto che tali vendi favorevoli stiano svanendo, si stima che la crescita "potenziale " del mercato emergente sia rivisto rivista al ribasso. Le previsioni dell'FMI per la crescita dei prossimi cinque anni saranno in calo di 0,7 punti percentuali rispetto a ottobre 2012.

Questo significa che i politici dei mercati emergenti hanno bisogno di riconoscere che cresceranno a tassi inferiori rispetto al passato. In caso contrario rischiano di stimolare le loro economie e generare squilibri che torneranno a perseguitarli. Ma ci sono cose che si possono fare per generare una maggiore crescita sostenibile.

Ridare enfasi alle vecchie sfide

Questa discussione assume ulteriore significato quando prendiamo in considerazione l'inasprimento imminente dei tassi di interesse globali. In seguito all'annuncio della Fed, alcuni mercati emergenti hanno registrato grandi e dirompenti deflussi di capitale. I mercati emergenti più vulnerabili, quelli con deficit più elevati e in crescita, e con inflazione elevata, hanno visto un deprezzamento del tasso di cambio. Le politiche saranno fondamentali nel prossimo futuro, in quanto gli investitori sapranno sempre più distinguere i paesi dei mercati emergenti in base ai loro quadri politici e la salute dei loro bilanci.

Come possono i mercati emergenti ottenere di nuovo il loro buy-appeal ? Col rischio di ribadire ciò che può sembrare "banale", i paesi avranno bisogno di individuare le giuste riforme per eliminare i colli di bottiglia che possano alimentare un aumentano della produttività e spostare le loro economie verso una crescita maggiore. Questo significa affrontare le persistenti barriere alla crescita sul lungo termine, spingendo sugli investimenti nelle infrastrutture e il miglioramento del clima aziendale.

La posta in gioco è alta e la necessità di un'azione politica decisa è immediata, dato che il tempo necessario per attuare determinate misure strutturali è sempre più scarso. Il rimbalzo dei mercati emergenti non sarà veloce o facile, per questo motivo i politici dovranno iniziare presto se vogliono evitare il rischio di perdere un decennio.

mercoledì 10 aprile 2013

L'economia degli Stati Uniti è davvero in pericolo ?

One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +101.11%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +140.85
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +26.90%
ETF migliori dal 10 ottobre 2012 +9.54%
Gemme nascoste nel 2012 +369.68%
Visione del nostro portafoglio One Million Dollar + 101.11%
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Il Pil degli Stati Uniti è cresciuto a un tasso annualizzato dello 0,4% nel quarto trimestre del 2012, un ritmo in lieve miglioramento rispetto quanto stimato in precedenza. Lo riferisce il dipartimento del Commercio, che aveva rilevato nella prima stima una crescita economica pari al +0,1% annualizzato.

Gli analisti prevedono che nel trimestre gennaio-marzo il Pil Usa sia cresciuto a un ritmo ancora superiore del 2,5%. Il livello di assunzioni ha mantenuto costante la spesa dei consumatori, mentre si registra una accelerazione di scorte aziendali, mercato immobiliare e spesa per gli investimenti. Il quarto trimestre 2012 negli Stati Uniti è stato pesantemente condizionato dal passaggio dell'uragano Sandy.
L'economia ha toccato il fondo nel giugno del 2009 seguito da un periodo di stagnazione leggermente volatile e sta cominciando a spotarsi verso il basso. Non c'è mai stato un vero recupero e nessun dato macroeconomico riflette il tipo di recupero che il PIL mostrato dalla relazione della Fed sta mostrando. - John Williams, l'illusione di recupero
Allora come si spiegano le parole di Williams ? Forse perchè il rapporto economico sul PIL americano è il più controverso di tutti i rapporti economici governativi ?. Evitiamo di entrare nel mondo degli aspetti più problematici su come il governo calcola il PIL, abbiamo voluto dare un'occhiata ad alcuni indicatori economici che stanno segnalando la possibilità di un declino dell'attività economica degli Stati Uniti.

I consumi negli Stati Uniti

Uno dei metodi utilizzati per capire l'andamento dell'economia di un paese è l'indice dei consumi. Nel grafico qui sotto vi mostriamo i consumi dei carburanti, il carburante per eccellenza è l'indice migliore da visionare, un calo o un aumento dei trasporti privati o commerciali ci fanno capire se un paese sta spendendo nella viabilità. Secondo il rapporto del governo, che mostra una crescita del PIL, dovremmo visionare una crescita del consumo energetico. Di fatto non è così.

Trend del consumo di benzina negli Stati Uniti per tipo

Come si può notare dal grafico qui sopra, il consumo di benzina negli Stati Uniti è crollato da quando la bolla dei mutui subprime ha colpito il mondo nel 2007. Le auto ibride non vengono prese in considerazione perchè sono una parte troppo piccola per fare la differenza. Dal 1999 solo 2,6 milioni auto ibride sono state vendute negli Stati Uniti contro un totale di 254 milioni di autovetture immatricolate.

Le ibride rappresentano circa l'1% del totale delle autovetture negli Stati Uniti, ergo l'unica conclusione possibile è che il consumatore è sempre più in difficoltà finanziariamente. Storicamente il consumo ha rappresentato circa il 70% del PIL. Se il consumatore non sta spendendo soldi per la benzina è un segno molto negativo per l'economia in generale.

Le esportazioni

Nel 2012 le esportazioni hanno rappresentato circa il 14,6% del PIL. La maggior parte delle esportazioni statunitensi sono verso l'Europa e dato che diversi paesi in Europa hanno avuto un calo significativo del PIL, è presumibile pensare che gli stessi Stati Uniti subiranno il contraccolpo.

Se poi prendiamo in considerazione l'idea che nel complesso si prevede che l'Europa nel suo insieme stia scivolando in una grave recessione, la frittata è fatta. Nei primi due mesi del 2013 le esportazioni americane verso soli i primi 5 partner commerciali europei hanno rappresentato il 12,3% del totale delle esportazioni. In altre parole, le esportazioni verso i cinque maggiori importatori europei di merci statunitensi rappresentano circa l'1,6% del PIL degli Stati Uniti.

Oltre alla debolezza economica in Europa, è doveroso sottolineare anche che il dollaro si è apprezzato di circa il 4,5% contro l'euro dall'inizio di febbraio, rendendo le esportazioni americane verso l'Europa meno competitive dal punto di vista dei prezzi. Il dollaro forte, in combinazione con forti spinte recessive in Europa hanno il potenziale di portare il PIL americano sull'orlo di crescita zero o addirittura di un declino nel prossimo futuro.

Settore immobiliare

Iniziamo questo periodo sottolineando come gli ultimi dati sull'occupazione rilasciati Venerdì hanno mostrato un tasso attorno al 7,6%, non male se si pensa al 10% di qualche anno fa, ma i dati hanno anche mostrato che il numero complessivo di persone che hanno trovato lavoro a Marzo è diminuito 496.000 unità, di cui 206.000 solo nel settore immobiliare.

Per quanto riguarda il settore immobiliare, uno dei motori dell'economia, i dati hanno mostrato a febbraio un incremento dell'1,2% annualizzato per la spesa di immobili, a gennaio è stata negativa, del 2,1% e sia a gennaio sia a dicembre sono stati rivisti al ribasso rispetto le stime degli analisti.

La spesa nel settore immobiliare, dopo il crollo 2006, non ha mai raggiunto il livello precedente alla recessione dei mutui subprime e sembra essere pronta ad un rimbalzo negativo. Se la spesa nel settore continua a crescere così lentamente o peggio e decrescere, l'economia degli Stati Uniti potrebbe essere in guai seri.

Con la diminuzione della capacità del consumatore di spendere, la probabilità di un crollo delle esportazioni degli Stati Uniti verso l'Europa e l'elevata probabilità che il boom immobiliare sia ormai verso il tramonto, l'economia americana potrebbe andare in tilt.

Ci vuole cautela

Questo non significa che dobbiamo rimonciare a nascondere il denaro sotto il materasso, dobbiamo solo stare attenti, non farci prendere la mano dai record degli indici, diversificare e scegliere settori che potrebbe subire meno la pressione di una discesa dei mercato azionari. Ci vuole cautela.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

martedì 24 aprile 2012

Le elezioni francesci, i timori della spagna e il PIL Americano. I mercati sono turbolenti.


One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +76.51%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +125.53
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +11.09%


E' difficile immaginarlo dopo mesi di crescita senza problemi, ma il sentiment di mercato e le prospettive erano completamente differenti solo poche settimane fa. Tutto sembrava andare col vento in poppa, aiutando il mercato azionario nella sua migliore performance del primo trimestre da molti anni a questa parte. Una forte ripresa del mercato del lavoro negli Stati Uniti dava speranza a molti americani di poter ricomprare casa, ricominciare ad acquistare, a vivere.

Questa fiaba è durata fino a quando la realtà non ha colpito col suo primo colpo, quando i numeri sui salari di marzo sorprendentemente hanno mancato le aspettative con ampio margine. La richiesta di sussidi è aumentato inaspettatamente e i dati dell'alloggiamento hanno dimostrato di essere inferiore al supporto del periodo. I sondaggi regionali dell'Empire State e il Philly Fed Manufacturing hanno sollevato interrogativi sulla reale crescita economica negli Stati Uniti.

In cima alla non chiara prospettiva economica nazionale, ci sono anche i timori dell'Euro-zona tornati a far paura, con la Spagna sotto i riflettori questa volta. L'enorme bisogno della Spagna di impostare una nuova linea fiscale e un duro programma di austerità che deve far fronte alla opposizione popolare che ha riacceso i dubbi del mercato, provocando la salita dei rendimenti sui suoi titoli di Stato. In aggiunta ai problemi della regione ci sono anche le incertezze politiche portate alla ribalta dai cambiamenti di leadership potenzialmente destabilizzanti in Francia, Italia e Paesi Bassi.

Come è tipicamente avvenuto nel mercato ultimamente, ogni dato economico negativo viene percepito come una possibilità che aumentino i sostegni della Federal Reserve. La Fed ha un incontro di due giorni del FOMC questa settimana, a partire da Martedì. Non possiamo vedere molti cambiamenti nel breve, ma nella conferenza stampa di mercoledì Ben Bernanke dovrà dare molte spiegazioni su cosa può o non può fare la Fed nel caso ci siano altri segnali negativi.

Vorrei discutere con voi dei recenti sviluppi nazionali ed europei che sono stati di peso sul mercato negli ultimi tempi. Il takeaway chiave è che siamo entrati in un periodo di turbolenza che probabilmente si rivelerà temporaneo, ma che comunque aggiungerà nervosismo e causerà perdita di guadagni ad un mercato salito parecchio. Un miglioramento della scena economica degli Stati Uniti e una stabilizzazione europea sembrano essere rischi superabili dagli questi sviluppi poco favorevoli.

Dimensionamento della scena economica nazionale

La prima relazione trimestrale 2012 sul PIL in uscita Venerdì mattina è improbabile che possa porre fine alle questioni sollevate dalla recente corsa dei dati economici, in particolare sul fronte del mercato del lavoro. L'aspettativa è che l'economia è aumentata ad un ritmo del 2,5%, in calo dal tasso di crescita del 3% del quarto trimestre 2011.

La modesta decelerazione dal livello del quarto trimestre dovrebbe comunque migliorare. Gli utili sul mercato del lavoro e le vendite al dettaglio hanno contribuito a creare aspettative che mostrerà una accelerazione della spesa di consumo personale ad un ritmo del 2,1% nel quarto trimestre e di circa il 2,3% nel primo trimestre.

Ma questa accelerazione della spesa dei consumatori può essere sostenuta solo se il libro paga di Marzo dimostra di essere un una semplice scivolata dopo la crescita dei mesi precedenti e non l'inizio di una tendenza negativa. I dati sulla ricerca del lavoro di questo giovedì sarà molto utile in questo senso. Ma dovremo aspettare i numeri non-farm payroll di aprile in uscita il 4 maggio per avere una idea precisa.

L'argomento degli adeguamenti stagionali è servito all'inizio dell'anno, ma ora si fa sul serio, non possiamo aspettarci un'altra lettura negativa del mercato del lavoro. In tal caso la Fed probabilmente dovrà uscire con qualcosa di tangibile per sostenere l'economia al termine dell'Operation Twist. Detto questo non è irrealistico da parte degli economisti aspettarsi che Bernanke possa discutere dell'operazione QE nella sua conferenza stampa di Mercoledì.

Dimensionamento la scena europea

Le elezioni presidenziali in Francia nello scorso week-end ha creato un senso di aspettativa inviando i due candidati principali al ballottaggio fra due settimane. Lo sfidante socialista, Francois Hollande, è leader nei sondaggi e potrebbe spodestare lo storico Nicolas Sarkozy.

Il significato di una vittoria di Hollande troverebbe opposizione alla corrente ispirazione politica tedesca di progetti di austerità fiscale della zona euro flagellata dal debito. Le sue opinioni sono musica per le orecchie di di politici greci e spagnoli che stanno lottando per attuare misure di austerità dolorose di fronte alla opposizione popolare, ma quasi certamente creerebbe una spaccatura con la Germania. La leadership franco-tedesco è stata fondamentale per la creazione della recente compattezza fiscale europea che mira a creare un quadro rigoroso per i deficit di bilancio e del debito.

La discordia in Euro-zona arriverà in un momento di crescente mancanza di fiducia nella situazione di bilancio della Spagna. La ricetta politica per la Spagna si trova lungo le stesse linee che furono chieste alla Grecia, ma la Spagna è un paese molto più grande della Grecia e l'attuazione delle misure severe non sarà facile dato che il paese è già in cattive acque. La delicata danza attorno a quest'azione fiscale è stata sottolineata in modo eloquente questa settimana dal rapporto World Economic Outlook del FMI:
I mercati sembrano un po' schizofrenici - chiedono consolidamento fiscale, ma reagiscono male quando il consolidamento porta a minore crescita

Anche la Grecia sta attraversando una elezione che prevede di dare mandato a un governo molto più debole, che lotta per attuare le misure severe richieste dalla UE/FMI. Il governo dei Paesi Bassi è in calo a causa di disaccordi tra i partner della coalizione sulle questioni di bilancio.

Questi sviluppi politici in Europa significano una maggiore incertezza sul futuro andamento della unione monetaria. Io non credo che ci sia minaccia esistenziale per l'unione, ma i livelli più elevati di incertezza sarannodi certo venti contrari per gli investitori e i mercati azionari.

Conclusioni

Il mercato è alle prese con le incertezze circa la prospettive a breve termine per l'economia degli Stati Uniti e il riemergere dei timori zona euro. Il quadro nazionale non può essere che una conferma inquietante della recente debolezza economica che probabilmente porterà un nuovo sostegno della Fed. Ma l'Europa è tornata al centro del palcoscenico e diventerà il principale fattore destabilizzante per il mercato. Nella migliore delle ipotesi, questo garantisce una maggiore volatilità e turbolenza di quello che abbiamo vissuto nel primo trimestre dell'anno. Il risultato più probabile è la pressione sul mercato che lo costringe a restituire alcuni dei suoi guadagni recenti.

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