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giovedì 29 agosto 2013

La crisi siriana e dei mercati emergenti darà il via ad una nuova recessione ?

Il copione è pronto per il resto del 2013. Diamo uno sguardo in autunno, la Federal Reserve avrebbe lentamente iniziato a calare il "buy bond" da 85 miliardi di dollari o quantitative easing che in questi anni ha pompatp denaro fresco nei mercati. I rendimenti obbligazionari avrebbero iniziato a salire lentamente. L'economia avrebbe balbettato, ma alla fine si sarebbe arresa all'evidenza, non si può immettere denaro per sempre nel mercato senza poi pagarne lo scotto, e la politica monetaria avrebbe cominciato lentamente a tornare alla normalità.

Il problema è che la storia non sta andando nel modo in cui avrebbe voluto la fed. La minaccia di una fine del QE negli Stati Uniti aveva iniziato a creare una crisi nei mercati emergenti. Ora la minaccia di un'azione militare in Siria intensificherà la spirale verso il basso. Che tra l'altro sta per diffondersi anche nell'Europa quasi fuori dalla crisi, con i paesi periferici già pronti a lamentare problemi di risanamento.

Mentre l'agitazione in Siria sale sempre di più, la crescita globale pagherà una depressione. Il risultato ? La Fed proseguirà a stampare soldi più a lungo di quanto previsto, non avrà altra scelta.

Per tutta la scorsa settimana, i mercati emergenti hanno iniziato a traballare. L'India sembrava di entrare in una crisi finanziaria in piena regola con la Rupia che continua a toccare minimi storici. Lungi dal trasformarsi in una superpotenza economica - come doveva essere quando i BRIC erano di gran moda - ora invece siamo di fronte ad un caso disperato. La crescita ha subito un rallentamento, l'inflazione è in aumento e il governo è spaventato da grossi deficit (ma non l'avevamo già sentita questa ?). Il capitale sta cominciando a lasciare il paese.



Il Brasile non è in forma molto migliore. La scorsa settimana la banca centrale ha dovuto "buttare" 60 miliardi dollari per puntellare la valuta USDBRL dopo essere scesa al minimo di cinque anni contro il dollaro.

La crisi sta cominciando a diffondersi in altri importanti mercati. In Turchia è già partita attraverso una ribellione politica e ora c'è lo sconvolgimento economico, come da copione. La lira turca USDTRY è in caduta libera e le obbligazionaria a 10 anni solo salite al di sopra del 10%. I titoli indonesiani JAKIDX sono sceso del 5% in una sola seduta e sono stati gettati ai minimi del 2013. Gli investitori hanno paura e dopo anni di accumulo nei mercati emergenti portando fuori i capitali.

Ora c'è la prospettiva di un intervento militare da parte degli USA e della Gran Bretagna nella guerra civile in Siria. L'uso di armi chimiche lascia le grandi potenze con poca scelta: se accettiamo che i regimi brutali possono utilizzare gas contro la propria gente per rimanere al potere, allora il loro uso si diffonderà.

Il problema è che si tratta di un brutto momento per i mercati. Un intervento in Siria minaccia di sconvolgere il Medio Oriente e rilancia verso l'alto i prezzi del petrolio. Renderà gli investitori nervosi e se i russi continueranno ad insistere sul backup del regime di Assad ad oltranza, può persino trasformarsi in un conflitto ancora più grave di quanto chiunque abbia calcolato.

Le nuove economie in via di sviluppo sono sempre state volatili, e dopo più di un decennio di stabilità e di crescita un selloff era quasi matematico. La guerra civile in Siria sono mesi che attende la proverbiale goccia, ed è sempre improbabile che l'Occidente stia a guardare senza muovere un dito. Il problema è che sia la crisi dei mercati emergenti sia il conflitto siriano avranno due grandi conseguenze per il resto dell'economia mondiale.

La prima è che questi paesi sono molto più importanti di quelli di una volta. Il mondo non ha visto una vera e propria crisi dei mercati emergenti dal crollo finanziario asiatico del 1990. Sono stati in via di sviluppo fino ad oggi. Il risultato di oltre un decennio di crescita ininterrotta li hanno resi molto ricchi e rappresentano una quota di gran lunga maggiore del commercio mondiale rispetto qualche anno fa. Circa il 50% dell'economia mondiale è oggi rappresentato dai mercati emergenti. Se la crescita di quelle economie fosse crollata negli anni 90 il suo impatto sarebbe stato contenuto. Ora si rischia di far precipitare il mondo in recessione.

La seconda è che gran parte della zona euro è ora, a tutti gli effetti, un mercato emergente. I paesi periferici dell'Europa - Grecia, Cipro, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda - hanno molte delle stesse caratteristiche di nazioni come Thailandia e Malesia degli anni 90. Hanno enormi debiti in quello che è a tutti gli effetti una valuta - l'euro - su cui non hanno alcun controllo. Il capitale rischia di fuggire al primo segno di guai seri. Non hanno la possibilità di stampare la propria valuta per uscire dai guai.

Se la crisi dei mercati emergenti si diffonderà, e se un intervento militare in Siria spingerà verso l'alto il prezzo del petrolio, la zona euro sarà spinta in recessione molto rapidamente, il 70% dell'economia globale potrebbe essere a un punto morto.

Dove si colloca la Fed ? In una correzione. In realtà, gli Stati Uniti non possono semplicemente dare una spinta al problema dei mercati emergenti o di un conflitto in Medio Oriente considerandola una questione di poco conto. La propria crescita dipende dal commercio con quelle nazioni, e così è la stabilità del suo sistema bancario. Con nessuna espansione in questi mercati, la crescita USA evapora, e con essa il caso di un possibile tapering.

La lezione del Giappone è che è molto più facile iniziare il quantitative easing che fermarlo. La Federal Reserve sta per imparare la lezione. Nel corso delle prossime settimane, il "Septaper" sarà tranquillamente accantonato. Si può cercare di porre fine al QE in febbraio o marzo del prossimo anno - ma da allora qualche nuova crisi potrebbe essere alla porta.

mercoledì 21 agosto 2013

L'Europa finalmente mostra segni di ripresa anche se siamo lontani

La preghiera per il recupero della zona euro è stata finalmente esaudita. Dopo 18 tristi mesi di recessione, il PIL della zona euro è aumentato dello 0,3% (un tasso annualizzato dell'1,1%) nel secondo trimestre rispetto al livello iniziale del 2013. Questo risultato è stato leggermente più alto del previsto, anche se le prospettive di crescita rimangono deboli.

La ripresa è stata guidata dalla Germania, il cui PIL è aumentato dello 0,7% e dalla Francia che ha fatto sorprendentemente bene, con un'uscita dello 0,5%. C'erano anche alcune notizie incoraggianti dall'Europa meridionale. In Italia e in Spagna i dati continuano ad essere negativi, ma il tasso di declino stà rallentando allo 0,2% e 0,1% rispettivamente. C'è stato inoltre un forte rimbalzo in Portogallo, che ha subito una profonda recessione: il PIL è cresciuto dell'1,1%.

Il dato lascia ancora il PIL della zona euro dello 0,7% inferiore rispetto ad un anno fà. Il calo delle uscite dal secondo trimestre del 2012 è stato maggiore nella minuscola Cipro, dove il PIL è sceso del 5,2% e in Grecia, dove è sceso del 4,6%. Nonostante la sua performance nel secondo trimestre, l'economia portoghese è del 2% più bassa rispetto ad un anno fà.

Il record dell'economia della zona euro dopo il picco raggiunto prima della crisi finanziaria globale, cinque anni fa, è ancora più deprimente. L'uscita è inferiore al 3%, in America è superiore di oltre 4 punti percentuali. Tra le grandi economie della zona euro solo il PIL tedesco supera ormai il suo picco pre-crisi del 2%. Le economie della periferia dell'Eurozona hanno sofferto cadute drastiche, anche se la Grecia è in un campionato a sé stante, con una contrazione del 23%.

andamento PIL nella zona euro 2012 - 2013

Anche con così tanto terreno perduto da compensare, le prospettive di medio termine sono di una ripresa poco brillante nella zona euro, che continuerà ad essere frenata dal settore bancario. Previsioni recentemente esaminate dalla Banca centrale europea prevede che in media il PIL della zona euro per l'intero 2013 sarebbe dello 0,6% inferiore al 2012 e che sarebbe cresciuto solo dello 0,9% nel 2014. Una ripresa tiepida che con poca probabilità potrà fare molto per i disoccupati, soprattutto quelli dell'Europa meridionale dove i tassi di disoccupazione sono straordinariamente elevati. La fine della recessione darà linfa fresca ai leader europei, che potranno (ancora) proclamare che il peggio della crisi è finita. Ma la debolezza della crescita lascierà ancora la zona euro vulnerabile al malcontento sociale e della politica.

Come abbiamo detto solo Francia e Germania sono state in grado di trainare l'europa, la crescita della Germania ha superato il secondo trimestre degli Stati Uniti di tre decimi di punti percentuale. Nonostante la recessione in corso abbia paralizzato il suo commercio, e l'Europa è scivolata verso il basso, le più grandi aziende del paese continuano a guardare al di fuori del continente per avere migliori entrate.

La "DIHK", camera di commercio tedesca, è un pò più ottimista però sulle prospettive commerciali del paese. Infatti ha detto che si aspetta che la Germania, dopo il 2013, superi gli Stati Uniti come il secondo più grande esportatore del mondo, dietro solo la Cina. La Germania attualmente controlla una quota del 7,5% del commercio mondiale, in calo rispetto alla quota all'11% che aveva nei primi anni 90' in cui ha contribuito ad alimentare alcuni dei più grandi produttori del paese. Le esportazioni in Germania significano molto di più per la salute del paese - e la salute delle proprie attività - di quanto non lo faccia per l'America.

Solo il tempo ci dirà però se l'economia travagliata del continente possa realmente migliorare, ma per ora, è un grande segnale per gli investitori in titoli europei che hanno subito per anni dati pessimistici.

lunedì 11 marzo 2013

L'Euro dove andrà a finire con il divorzio tra Germania e Francia

One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +96.52%
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La Bce ha rivisto verso il basso le previsioni riguardanti la crescita economica dell'area Euro per il biennio ancora in corso: nel 2013 si attende un PIL tra il -0,9% e il -0,1%, mentre per il 2014 si auspica un valore tra crescita zero e più 2%. L'Euro sembrava riuscir a tenere gli 1.31 ma poi sono uscite le dichiarazioni di Mario draghi e il cambio è sceso fino a quasi 1.295 per poi chiudere vicino 1.30.
I dati disponibili hanno continuato a segnalare che la debolezza economica nell'area dell'euro si è estesa dall'inizio dell'anno, mentre sostanzialmente confermano segnali di stabilizzazione in una serie di indicatori, anche se a livelli bassi. Il risultato del PIL per il quarto trimestre del 2012 è stato debole, la seconda stima dell'Eurostat indica una contrazione dello 0,6% sul periodo del precedente trimestre. Il calo è stato in gran parte causato dalla domanda interna, ma riflette anche una debolezza delle esportazioni.
Draghi ha quindi sottolineato che un pacchetto di riforme, unito al consolidamento di bilancio in atto in Italia, è in grado di dare fiducia ai mercati.
E’ molto importante perché scenderebbero gli spread, si avrebbero tassi sui prestiti più bassi e quindi più crescita e più creazione di posti di lavoro. E’ questo il percorso
ha spiegato il presidente della Bce.

Il tasso di disoccupazione è salito oltre l'1% nel corso degli ultimi 12 mesi. Le vendite al dettaglio hanno registrato un impulso troppo lieve. La produzione industriale è scesa del 2,5% anno su anno. Gli indici PMI non hanno mai mostrato un valore al di sopra del 48,6, oltre il 50 significa crescita economica.

La maggior parte dei valori di produzione sono in prossimità del livello 45, indice di depressione. Gli unici punti luminosi sono gli indici dei sentiment, ma anche loro sono sotto la lettura dello scorso anno nello stesso periodo. E in ogni caso ogni indagine di sentiment europeo ha un peso pari all'1%, troppo poco. In Europa sembra che tutto stia andando a fuoco ma la gente sorride dicendo che non sono mai stati meglio.

Ma allora cosa potrebbe aiutare Draghi e l'Europa ? Quanto agli eventuali aiuti, il governatore della Bce ha ricordato che il programma Omt con cui l’Eurotower può aiutare gli Stati in difficoltà
c’è, ma la palla è nel campo dei governi e le condizioni le conosciamo. I mercati si sono calmati dopo un’iniziale preoccupazione dopo i risultati elettorali italiani, dopo un’iniziale eccitazione, ora sono tornati più o meno dove erano prima. Pensando al contagio abbiamo visto che il contagio ad altri Paesi stavolta è stato attutito, contrariamente a quanto sarebbe accaduto un anno un anno e mezzo fa. E questo è un altro segnale positivo.
Se l'Europa vuole aiutarsi deve preoccuparsi dell'inflazione, l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,8% negli ultimi 3 mesi. L'Europa sta combattendo la deflazione o almeno non l'inflazione. Nell'economia di oggi la deflazione è da evitare a tutti i costi. Basta chiedere a Ben Bernanke e siamo sicuri che Mario Draghi sarà pienamente d'accordo.

L'importante divorzio tra Francia e Germania

La storia infinita di una esagerazione tra la Germania e la Francia vive ancora oggi nel panorama paradossale dell'economia europea, una guerra politica feroce ed economica si è scatenata per l'allocazione del capitale. Il modello tedesco di esportazione su base economica è vista con invidia dai francesi e si rendono conto che le loro aziende non possono competere con i colossi tedeschi.

L'insistenza tedesca sull'austerità e un euro forte è in diretto contrasto con la cultura economica francese i quali hanno impiegato tutta la loro storia per aumentare la loro economia, la stampa e l'indebolimento del franco. Come risultato l'economia francese ne ha sofferto drammaticamente. Nel corso dell'ultimo anno la Germania e la Francia hanno camminato percorsi economici molto diversi.

Indice manifatturiero PMI degli ultimi due anni della Germania
Indice manifatturiero PMI degli ultimi due anni della Francia
Esportazioni ultimi due anni 2011-2013 della Germania
Esportazioni ultimi due anni 2011-2013 della Francia

Mentre le esportazioni nette medie della Germania sono più di 15 miliardi di euro al mese, la Francia è un importatore netto di circa 5 miliardi di euro al mese. Mentre l'economia tedesca si sta riprendendo bene con i servizi più recenti AMP ben al di sopra del 50, di preciso a 54,7, il numero di PMI manifatturiero della Francia sta rimbalzando intorno alla parte inferiore con una lettura depressiva del 43,9. I francesi non possono credere di aiutarsi aumentando il tasso di imposta sul reddito al 75% con il loro già alto tasso di imposta sulle società del 33% (la Germania è al 45% e 30% rispettivamente).

Fortunatamente per i francesi i tedeschi stanno perdendo di vista l'argomento dell'austerità che ha portato una massiccia instabilità nei paesi in cui è stato attuato con successo e l'euro forte sta esacerbando le esportazioni nella zona euro in generale. Ora è chiaro più che mai che l'austerità e la moneta forte non spmp la risposta che può risolvere i problemi della popolazione del vecchio continente.

Le recenti elezioni in Francia e in Italia sono state un voto diretto di sfiducia contro l'austerità e dovremmo aspettarci che i titoli di Stato che saranno emessi nei prossimi mesi in Europa serviranno ai governi a pagare programmi per la crescita, almeno speriamo, infrastrutture, energia alternativa e altri programmi di spesa.

Mario Draghi e i tedeschi sono stati messi con le spalle al muro acconsentendo ad un massiccio aumento della base monetaria presso la BCE. Non accadrà oggi e non accadrà domani, ma le elezioni del 22 settembre in Germania forniranno un sacco di opportunità per discutere la questione e ci verrà fornito un'altro importante tassello per capire in che direzione andrà l'Europa nel 2014.

Il valore dell'euro ha una solo strada da percorrere per ora, ed è verso il basso. La domanda è: quanto in basso.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

lunedì 25 febbraio 2013

L'Europa rischia una lunga depressione e l'Italia deve stare attenta

One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +94.74%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +138.67
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +28.43%
ETF migliori dal 10 ottobre 2012 +13.53%
Gemme nascoste nel 2012 +354.57%
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I primi risultati delle elezioni italiane mostrano un segnalo non tanto positivo per il futuro dell'Europa che si sta dirigendo verso un altro periodo di incertezza. I governi dei principali paesi (Italia, Spagna, Grecia, Francia ...) non hanno il dovuto supporto per continuare il percorso che è stato perseguito fino ad ora.

Secondo alcune previsioni della Commissione europea, nel 2013 l'Europa vedrà tassi di crescita più bassi dell'1.5% nel 2014. Questo si traduce in una media dello 0.16% nel periodo che va dal 2012 al 2014. Tutto questo dopo che la stessa Euro-zona ha visto una decrescita pesante dovuta al periodo recessivo registrato tra il 2008 e il 2010.

Volendo essere ancora più pessimisti possiamo dire che questa condizione è ben peggiore di un double-dip e la cosa che rende il tutto insaporito è il vedere governanti inermi di fronte a queste condizioni, l'austerità va bene, ma quando cominceremo a tagliare la spesa pubblica sul serio ?

Apprendo oggi da un articolo di un giornale tedesco che il gruppo automobilistico Volkswagen ha deciso di tagliare gli stipendi dei manager, le multinazionale stanno mandando un segnale importante ai politici di tutta l'Europa, presto farà freddo, tanto freddo.

Quando Olli Rehn (commissario UE per gli affari economici e monetari) ha commentato le previsioni negative prodotte dalla Commissione Europea, ha sottolineato la deludente situazione in cui ci troviamo ma ha anche aggiunto come le attuali politiche stiano finalmente dando i suoi frutti. Ah si ?

La lettera di presentazione di tali previsioni, prodotta da Marco Buti, direttore generale responsabile per i colloqui, riguardavano le previsioni di diversi fattori che contribuiscono alla crescita debole: il feedback negativo delle finanze pubbliche, le banche e la debolezza macroeconomica, la mancanza di crescita del credito e l'incertezza in merito alle politiche.

Non dimentichiamo che la mancanza del credito, che reputo il punto chiave, fu rea del crack finanziario del 29 negli Stati Uniti. Mancanza di credito uguale recessione.

Questi sono tutti fattori esterni (l'austerità non è nemmeno indicata come un possibile fattore), quindi la cosa migliore che possiamo fare è continuare la politica per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche.

In attesa dei risultati finali delle elezioni in Italia, di seguito è riportato l'evoluzione dell'economia italiana rispetto agli Stati Uniti e Corea del Sud dal 1980. L'immagine a destra mostra il PIL pro capite fornito dal World Economic Outlook dell'FMI, comprese le loro previsioni per il 2013 e il 2014.

PIL Stati Uniti, Italia e Sud Corea, pro capite degli ultimi 30 anni

Dopo il miracolo italiano degli anni '60 e '70 in cui l'Italia è stata in rapida crescita, l'economia ha subito una battuta d'arresto ed è passata a stagnante negli anni '80 perdendo pezzi negli anni successivi. Dal 1990, non solo l'Italia ha smesso di convergere verso i livelli degli Stati Uniti, è passata alla deriva verso il basso e ben lontano dal livello degli Stati Uniti.

Se questa tendenza continua l'Italia seguirà il percorso dell'Argentina di pochi anni fa quando è passato da uno dei paesi più ricchi del mondo ad uno a reddito medio. Solo per una questione di confronto, notiamo come la Corea del Sud continua il suo percorso di convergenza verso gli Stati Uniti e ha recentemente superato l'Italia in termini di PIL pro capite.

Si parla molto del decennio perduto per il Giappone, ma se c'è un paese avanzato in cui c'è stato un decennio perduto quello è proprio l'Italia degli ultimi 15 anni. Naturalmente c'è sempre spazio per essere ottimisti, l'Italia esiste ancora come un paese, è ancora un membro della zona euro e i suoi rendimenti obbligazionari non sono così elevati come quelli della Grecia. Per ora. L'Europa può e deve fare meglio di una crescita zero oltre un decennio. Se questo non è percepito dai leader politici allora la deriva verso il basso che alcuni paesi hanno iniziato da 10 o 15 anni potrebbe proseguire o addirittura accelerare e questo potrebbe trascinare tutti gli altri paesi europei con loro.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

mercoledì 5 dicembre 2012

La crisi Europea può facilmente divampare di nuovo ?

One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +90.00%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +124.30
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +29.41%
ETF migliori dal 10 ottobre 2012 +8.90%
Gemme nascoste nel 2012 +237.32%
Visione del nostro portafoglio One Million Dollar + 90%
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Nella periferia della zona euro, dopo diversi anni di eurocrisi, il debito/PIL è in continuo aumento e la stessa periferia è soggetta a diversi cicli viziosi da cui è difficile uscirne. La forzata austerità peggiora la crisi economica, aumenta la disoccupazione e i fallimenti, riducendo in tal modo la base imponibile e forzando maggiori tagli al bilancio.

Lo spettro di alti tassi di interesse, la crisi economica, le aliquote fiscali in aumento e l'incertezza sullo stato di salute delle banche e dei paesi che utilizzano l'Euro, porta ad uno sciopero degli investitori e alla fuga di capitali. Questa emigrazione peggiora ulteriormente le condizioni economiche, è un cane che si morde la coda.

Questa paralisi è più evidente in Grecia. Dopo diversi pacchetti di aiuti e tagli al debito, la situazione è solo peggiorata drammaticamente. La riduzione della retribuzione o la perdita di denaro di grandi dimensioni degli obbligazionisti greci hanno già avuto luogo, ma non hanno stabilizzato il rapporto debito/PIL, o portato ad un livello accettabile, per non parlare del fatto che non hanno condotto ad alcun punto di stabilità economica. L'economia greca è ormai al suo sesto anno di recessione e non crediamo possa finire per l'anno prossimo.

La maggior parte del debito greco è ora in mano "ufficiali", vale a dire, nelle mani degli Stati membri dell'UE, il FMI e la BCE. E' chiaro a tutti che essi dovranno anche mandar giù a forza i tagli, ma perchè questo abbia luogo, i politici devono rompere le promesse, la BCE deve infrangere la legge e l'FMI ha a che fare con qualcosa senza precedenti. Nulla di tutto questo è facile, per usare un eufemismo.

Recentemente c'è stato un nuovo accordo UE/FMI/BCE. Questo accordo si compone di una serie di elementi. Il direttore dell'FMI Christine Lagarde lo riassume:
Le iniziative comprendono il riacquisto del debito greco, il rimpatrio dei Securities Market Programme (SMP) utili alla Grecia, la riduzione dei tassi di interesse Loan Facility Greco (GLF), l'estensione significativa del GLF e la scadenza del patto di Stabilità finanziaria (EFSF).
Si suppone di portare il rapporto debito/PIL verso il 124% entro il 2020 e al di sotto del 110% entro il 2022, ma si dovrebbe tenere a mente che tutti questi obiettivi sono stati tentati anche in passato senza successo. Quindi in definitiva si tenterà di:
Tassi di interesse più bassi e scadenze estese
Fornire alla Grecia i profitti della BCE sui titoli greci
Prestito di 10 miliardi di euro alla Grecia, che permetterebbe un riacquisto del debito ad un massimo di circa 29 centesimi all'euro
In primo luogo, i tassi di interesse sono stati abbassati e la scadenza estesa su gran parte del debito greco. In molti paesi della zona euro del nord, questa è stato già un grosso passo e molto difficile, in quanto significa che i profitti promessi sui prestiti greci non si materializzeranno. In sostanza stiamo prestando denaro alla Grecia affinché possa mantenere l'aspetto attuale di paese che cerca di salvarsi nonostante le difficoltà, e questo non è una buona cosa.

Clicca sull'immagine per ingrandirla


In secondo luogo, potrebbe benissimo essere che non ci saranno eventuali interventi della BCE sul debito greco. In terzo luogo, la Grecia sta per prendere in prestito altri 10 miliardi di euro che gli consentirebbero di eliminare una parte esigua del debito nominale attuale. E qui è l'ostacolo:
Il Fondo Monetario Internazionale non erogherà alla Grecia una eventuale tranche di salvataggio fino a quando il paese non effettuerà un ritorno volontario di acquisto del suo debito.
ha riferito un portavoce del FMI [Reuters]
Se l'FMI si ritira, la Finlandia e i Paesi Bassi faranno lo stesso. Questo renderebbe il mercato del debito greco piuttosto sottile, qualsiasi acquisto potrebbe aumentare sostanzialmente i prezzi riducendo i fondi.

Due terzi dei detentori del debito greco sono proprio le banche elleniche (22 miliardi di euro). Queste non hanno certo intenzione di vendere, perché così facendo aumenterebbero le perdite sul debito, nel qual caso diventererebbe irrisolvibile un salvataggio. In ogni caso, il debito è utilizzato come garanzia per ottenere finanziamenti dalla BCE, le banche ne hanno bisogno.

Rice, direttore delle relazioni esterne nel FMI ha riferito:
accogliamo con favore l'annuncio da parte delle autorità greche che hanno intenzione di avviare il processo di acquisto la prossima settimana e non vediamo l'ora che si arrivi all'attuazione.
La semplice verità è che, fintanto che l'economia della Grecia è moribonda e il debito/PIL si trova in una spirale fuori controllo, nessuno ha intenzione di investire in Grecia, si è generato un circolo vizioso, e la capacità della Grecia di ripagare il proprio debito si riduce di giorno in giorno.

L'unica vera alternativa è che la Grecia lasci l'euro, che avrebbe un effetto più devastante sul resto della zona euro (per non parlare della sua capacità di ripagare il suo debito), anche se in realtà potrebbe essere meglio per la Grecia stessa.

L'assunzione di grosse perdite sul debito greco sarebbe una sconfitta pesante per paesi come Germania, Austria, Finlandia, Paesi Bassi. Ma senza di essa potrebbe essere peggio. La strategia attuale è semplicemente criminale, mantenere la Grecia in coma economico solo per mantenere l'aspetto che continuerà a onorare le proprie obbligazioni.

Intanto l'economia europea continua a peggiorare a un ritmo allarmante. Abbiamo a lungo messo in guardia la Francia. Moody non solo ha tagliato il rating del debito francese, ha anche tagliato quella del MSE e l'ESFS (i fondi di soccorso europei). Ci sono piccole riforme politiche in Spagna, Irlanda, Portogallo, Italia e Grecia, ma quasi nessuna in Francia.

La BCE è riuscita a stabilizzare i rendimenti dei titoli italiani e spagnoli, ma questi sono molto più elevati che nel resto della zona euro, rendendo debiti e deficit di finanziamento molto costosi, mentre la perdurante fase di recessione divora gli sforzi di austerità.

Se i paesi del nord dovessero accettare perdite ripide sulle obbligazioni greche aumenterebbero le prospettive per la Grecia di migliorare effettivamente la propria situazione in modo considerevole. E' difficile immaginare che potrebbe effettivamente andare peggio, ma questo è quello che succederà se i paesi del Nord si rifiuteranno di giocare questa mano.

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martedì 5 giugno 2012

Il nuovo piano tra la BCE e UE per salvare l'euro e la situazione di Cipro

One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +96.52%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +137.01
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +29.94%
ETF migliori dal 10 ottobre 2012 +12.58%
Gemme nascoste nel 2012 +354.57%
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Le autorità europee, nelle persone di Mario Draghi, Herman Van Rompuy, Jose Manuel Barroso e Jean-Claude Juncker, stanno definendo un "piano generale", definito segreto, per far uscire l'eurozona della crisi economica in atto nel Vecchio continente e per salvare l´euro. Durante il vertice UE del 23 maggio è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrà presentare una bozza del cosiddetto masterplan al Consiglio europeo che si terrà il 28 e 29 giugno.

Le riforme sul tavolo sono quattro: riforme strutturali, unione bancaria, unione fiscale e unione politica. Vista la situazione delicata e gli obiettivi ambiziosi non trapelano notizie sui lavori. Comunque l'obiettivo sarà quello di fissare il cammino che porterà ad una soluzione duratura della crisi. Nessuno nel mondo crede nella riuscita di questi road map, dato il perdurare della crisi, ma questa è l'ultima occasione che ha l'Europa di dare una risposta seria e di dimostrare di essere in grado di prendere decisioni cosi delicate.

Il piano prevede un organismo di controllo europeo per il settore bancario con nuovi poteri; maggiori poteri per le istituzioni europee sui bilanci nazionali; maggiore armonia sulle politiche economiche, fiscali, di politica estera e di sicurezza; e una riforma dei programmi di welfare.
Questo piano potrebbe essere applicato inizialmente solo ai 17 Paesi dell'Eurozona e non a tutti i 27 dell'Unione europea.

Il masterplan include poi un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e, quindi, una maggiore armonizzazione delle politiche finanziarie, fiscali, di politica estera e di sicurezza.
Il progetto più delicato resta l’Unione fiscale, che dovrebbe comprendere anche un meccanismo di garanzia in comune dei debiti, cioè gli eurobond che la Germania ancora non ha accettato poiché li considera solo come un potenziamento dei compiti di controllo della Ue sui bilanci nazionali.

Quello appena cominciato si prospetta, dunque, come un mese abbastanza caldo per l’Unione europea, ma anche per l’Italia. Anche il nostro presidente del Consiglio Monti, infatti, è destinato ad affrontare scadenze cruciali, a partire da un possibile consiglio dei ministri straordinario per varare il piano sulla crescita. A questo proposito, sempre il Welt am Sonntag ha sottolineato, citando fonti della Bce e della Ue non meglio precisate, che il masterplan non dovrebbe essere presentato sotto l’ottica dell’austerity, ma come insieme di misure per favorire lo sviluppo economico. Come è emerso lo scorso 2 giugno, la Commissione europea intende fare un altro passo avanti verso l’unione bancaria mercoledì prossimo, quando è attesa all’approvazione di una direttiva volta a spianare la strada al meccanismo salva-banche della Ue.

Resta controversa la questione Spagna, sulla quale con la Germania insiste sugli aiuti, mentre il premier Mariano Rajoy continua a dire che il Paese può farcela da solo e, per dimostrarlo, si prepara a mettere all’asta giovedì 7 titoli di Stato con scadenza a ottobre del 2014, ottobre del 2016 e gennaio del 2022.

Un nuovo problema, però, protrebbe presentarsi all'orizzonte: Cipro, una realtà finanziaria di piccole dimensioni ma troppo vicina alla Grecia per non esserne influenzata, non se ne parla ma le banche di questo paese sono al collasso...Quando scoppierà questa nuova mina?
In questa crisi economica che stà investendo i paesi Europei, vi sono alcuni casi molto strani, delle vere e proprie mine vaganti, che per uno strano caso, sconosciuto, non sono stati ancora portati alla luce. Uno dei motivi, sicuramente, è che l'unione europea ha talmente tanti guai che non si può permettere di sollevarne dei nuovi, per cui preferisce tacere nella speranza che nessuno ne parli. Anche agli speculatori conviene che non se ne parli per non agitare troppo le acque, i mercati sono già nel caos così, inutile forzare la mano ulteriormente, potrebbero rompere il giocattolo, che in questo momento funziona con la precisione di un orologio svizzero.

Gli scheletri vanno tenuti negli armadi, pronti per essere tirati fuori al momento giusto. Uno di questi, che potrebbe apparire di dimensioni trascurabili, anche se così non è, è Cipro. In effetti stupisce come uno stato così vicino alla Grecia, sia dal punto di vista geografico che economico, possa essere passato così innosservato per tutto questo tempo.

Ci sono però un paio di dati che vanno presi in considerazione, gli investimenti ciprioti all'interno delle banche greche sono il 130% del PIL dell'intero Paese, in cui il settore bancario rappresenta addirittura, l'835% del PIL. Il sistema bancario di Cipro, è già contaminato dalla crisi Greca tanto da aver già richiesto e ottenuto la ricapitalizzazione di 2 miliardi di euro. Sicuramente pochi, se messi a confronto con realtà tipo Spagna o Italia, ma se consideriamo la dimensione economica del paese...
Le banche cipriote ci hanno rimesso tantissimo nell'affare greco, addirittura la Banca Nazionale Cipriota è ormai vicina al risanamento ed avrà bisogno di circa 1 milardo e 800 milioni in cash per sistemare i suoi conti.

Il problema fondamentale è che tutto questo denaro non ha risolto nessun problema, tant'è che, il Ministro alle Finanze cipriote ha dichiarato che lo Stato è pronto ad intervenire per metterci una pezza, quindi, saranno nuovamente le casse pubbliche ad aiutare le banche in difficoltà, questo scenario, però, è già stato visto in altre parti del mondo, e sappiamo tutti com'è andata a finire.
Nel frattempo, purtroppo, nel paese cominciano ad affiorare tensioni sociali, come quelle viste in Grecia, Spagna e anche se in misura ridotta in Italia. Invitare, però, Cipro a rimettere in sesto le sue finanze tramite un’azione di rigore fiscale, tagliando risorse, sempre che ve ne siano, è un film già visto e non dal lieto fine.

Ma come potrà rimanere la situazione cipriota fuori dai giochi speculativi, nel momento in cui assumerà la presidenza di turno dell’Unione europea?
Sarà un’occasione più unica che rara per gli speculatori, per portare scompiglio tra i mercati, mettendo in croce il paese presidente dell’Unione stessa. Guarda caso proprio nel mese di Luglio a poca distanza dalle elezioni greche del 17 giugno, giusto in tempo per poter dare la spallata decisiva al sistema della moneta unica, in caso di un inasprirsi della crisi politica greca.

Viene però da sorridere al semplice pensiero che proprio Cipro assumerà la presidenza di turno dell’Unione europea il prossimo luglio, esattamente quando entrerà in vigore il nuovo fondo salva Stati Ems da circa 800 miliardi, che farebbe sorridere economie in difficoltà come quella spagnola ed italiana, figuriamoci cosa vorrebbe dire per un Paese come Cipro. Tutte queste coincidenze, forse troppe, cominciano a farci capire come questo piccolo stato abbia potuto sopravvivere in acque tranquille fino ad ora, malgrado sia stato già contaminato a fondo dalla crisi greca, evidentemente non serviva ancora portare alla luce la sua situazione.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

domenica 3 giugno 2012

Il ritorno alla Dracma significa austerità istantanea, che i Greci lo vogliano oppure no.

Una cosa bella dei liberi mercati, ché li si voglia affrontare oppure no, è che hanno un modo di forzare la realtà economica sulle persone. Ecco perché un ritorno alla dracma sarebbe un bene per la Grecia e i suoi cittadini, data la loro incapacità di affrontare le scelte difficili che le loro decisioni politiche ed economiche del passato gli si stanno presentando.

Tornando alla dracma significherebbe che il tasso di cambio della dracma/euro (o dracma/dollaro, dracma/sterlina, dracma/yen ... ) sarebbe in continua valutazione per verificare se la Grecia ha messo in atto il programma di austerità necessario per trasformare la sua capacità di credito e la sua situazione finanziaria.

Se si riduce volontariamente la spesa pubblica, vengono aumentate le tasse, si abbassano i pagamenti delle pensioni, altri diritti del cittadino e si stringe in generale la cintura sia come governo che come consumatore, la moneta manterrà il suo valore tra i suoi partner commerciali, i tassi di interesse locali e l'inflazione rimarranno relativamente modesti, e il dolore dell'austerità - molto reale - sarà in qualche modo controllato e prevedibile.

Ma se gli elettori continueranno con il loro approccio rispetto al meccanismo dell'austerità evidenziato nelle recenti elezioni, allora il mercato valutario reagirà di conseguenza. La dracma precipiterà rispetto le altre valute, il prezzo delle importazioni salirà portandosi dietro il costo della vita e i guadagni reali dei lavoratori greci crolleranno.

I tassi di interesse aumenteranno, rendendo il debito proibitivo, che continuerà a incoraggiare il governo e gli altri enti a vivere entro i propri mezzi. Voila! Austerità immediata.
Alcune cose buone accadranno.

- Le esportazioni greche diventeranno a buon mercato.
- L'utile in altre valute, come i guadagni delle compagnie di navigazione greche, aumenterà il suo valore.
- Gli alti tassi di interesse, effettivamente, attrarranno investimenti, ma solo per iniziative meritevoli, il cui valore aumenterà in termini reali, non solo in dracme.
- Il turismo, che ha languito negli ultimi anni a causa della instabilità politica, si risveglierà perché la Grecia diventerà, ancora una volta, una destinazione vantaggiosa.

Ma finché la Grecia rimane nell'euro, gli elettori greci possono tenere in ostaggio il resto dell'Europa forzando disciplina e correzioni e il paese, i cui cittadini sono chiaramente in grado di prendere la loro medicina volontariamente, non sarà mai soddisfatto.

Matteo Roversi

martedì 24 aprile 2012

Le elezioni francesci, i timori della spagna e il PIL Americano. I mercati sono turbolenti.


One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +76.51%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +125.53
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +11.09%


E' difficile immaginarlo dopo mesi di crescita senza problemi, ma il sentiment di mercato e le prospettive erano completamente differenti solo poche settimane fa. Tutto sembrava andare col vento in poppa, aiutando il mercato azionario nella sua migliore performance del primo trimestre da molti anni a questa parte. Una forte ripresa del mercato del lavoro negli Stati Uniti dava speranza a molti americani di poter ricomprare casa, ricominciare ad acquistare, a vivere.

Questa fiaba è durata fino a quando la realtà non ha colpito col suo primo colpo, quando i numeri sui salari di marzo sorprendentemente hanno mancato le aspettative con ampio margine. La richiesta di sussidi è aumentato inaspettatamente e i dati dell'alloggiamento hanno dimostrato di essere inferiore al supporto del periodo. I sondaggi regionali dell'Empire State e il Philly Fed Manufacturing hanno sollevato interrogativi sulla reale crescita economica negli Stati Uniti.

In cima alla non chiara prospettiva economica nazionale, ci sono anche i timori dell'Euro-zona tornati a far paura, con la Spagna sotto i riflettori questa volta. L'enorme bisogno della Spagna di impostare una nuova linea fiscale e un duro programma di austerità che deve far fronte alla opposizione popolare che ha riacceso i dubbi del mercato, provocando la salita dei rendimenti sui suoi titoli di Stato. In aggiunta ai problemi della regione ci sono anche le incertezze politiche portate alla ribalta dai cambiamenti di leadership potenzialmente destabilizzanti in Francia, Italia e Paesi Bassi.

Come è tipicamente avvenuto nel mercato ultimamente, ogni dato economico negativo viene percepito come una possibilità che aumentino i sostegni della Federal Reserve. La Fed ha un incontro di due giorni del FOMC questa settimana, a partire da Martedì. Non possiamo vedere molti cambiamenti nel breve, ma nella conferenza stampa di mercoledì Ben Bernanke dovrà dare molte spiegazioni su cosa può o non può fare la Fed nel caso ci siano altri segnali negativi.

Vorrei discutere con voi dei recenti sviluppi nazionali ed europei che sono stati di peso sul mercato negli ultimi tempi. Il takeaway chiave è che siamo entrati in un periodo di turbolenza che probabilmente si rivelerà temporaneo, ma che comunque aggiungerà nervosismo e causerà perdita di guadagni ad un mercato salito parecchio. Un miglioramento della scena economica degli Stati Uniti e una stabilizzazione europea sembrano essere rischi superabili dagli questi sviluppi poco favorevoli.

Dimensionamento della scena economica nazionale

La prima relazione trimestrale 2012 sul PIL in uscita Venerdì mattina è improbabile che possa porre fine alle questioni sollevate dalla recente corsa dei dati economici, in particolare sul fronte del mercato del lavoro. L'aspettativa è che l'economia è aumentata ad un ritmo del 2,5%, in calo dal tasso di crescita del 3% del quarto trimestre 2011.

La modesta decelerazione dal livello del quarto trimestre dovrebbe comunque migliorare. Gli utili sul mercato del lavoro e le vendite al dettaglio hanno contribuito a creare aspettative che mostrerà una accelerazione della spesa di consumo personale ad un ritmo del 2,1% nel quarto trimestre e di circa il 2,3% nel primo trimestre.

Ma questa accelerazione della spesa dei consumatori può essere sostenuta solo se il libro paga di Marzo dimostra di essere un una semplice scivolata dopo la crescita dei mesi precedenti e non l'inizio di una tendenza negativa. I dati sulla ricerca del lavoro di questo giovedì sarà molto utile in questo senso. Ma dovremo aspettare i numeri non-farm payroll di aprile in uscita il 4 maggio per avere una idea precisa.

L'argomento degli adeguamenti stagionali è servito all'inizio dell'anno, ma ora si fa sul serio, non possiamo aspettarci un'altra lettura negativa del mercato del lavoro. In tal caso la Fed probabilmente dovrà uscire con qualcosa di tangibile per sostenere l'economia al termine dell'Operation Twist. Detto questo non è irrealistico da parte degli economisti aspettarsi che Bernanke possa discutere dell'operazione QE nella sua conferenza stampa di Mercoledì.

Dimensionamento la scena europea

Le elezioni presidenziali in Francia nello scorso week-end ha creato un senso di aspettativa inviando i due candidati principali al ballottaggio fra due settimane. Lo sfidante socialista, Francois Hollande, è leader nei sondaggi e potrebbe spodestare lo storico Nicolas Sarkozy.

Il significato di una vittoria di Hollande troverebbe opposizione alla corrente ispirazione politica tedesca di progetti di austerità fiscale della zona euro flagellata dal debito. Le sue opinioni sono musica per le orecchie di di politici greci e spagnoli che stanno lottando per attuare misure di austerità dolorose di fronte alla opposizione popolare, ma quasi certamente creerebbe una spaccatura con la Germania. La leadership franco-tedesco è stata fondamentale per la creazione della recente compattezza fiscale europea che mira a creare un quadro rigoroso per i deficit di bilancio e del debito.

La discordia in Euro-zona arriverà in un momento di crescente mancanza di fiducia nella situazione di bilancio della Spagna. La ricetta politica per la Spagna si trova lungo le stesse linee che furono chieste alla Grecia, ma la Spagna è un paese molto più grande della Grecia e l'attuazione delle misure severe non sarà facile dato che il paese è già in cattive acque. La delicata danza attorno a quest'azione fiscale è stata sottolineata in modo eloquente questa settimana dal rapporto World Economic Outlook del FMI:
I mercati sembrano un po' schizofrenici - chiedono consolidamento fiscale, ma reagiscono male quando il consolidamento porta a minore crescita

Anche la Grecia sta attraversando una elezione che prevede di dare mandato a un governo molto più debole, che lotta per attuare le misure severe richieste dalla UE/FMI. Il governo dei Paesi Bassi è in calo a causa di disaccordi tra i partner della coalizione sulle questioni di bilancio.

Questi sviluppi politici in Europa significano una maggiore incertezza sul futuro andamento della unione monetaria. Io non credo che ci sia minaccia esistenziale per l'unione, ma i livelli più elevati di incertezza sarannodi certo venti contrari per gli investitori e i mercati azionari.

Conclusioni

Il mercato è alle prese con le incertezze circa la prospettive a breve termine per l'economia degli Stati Uniti e il riemergere dei timori zona euro. Il quadro nazionale non può essere che una conferma inquietante della recente debolezza economica che probabilmente porterà un nuovo sostegno della Fed. Ma l'Europa è tornata al centro del palcoscenico e diventerà il principale fattore destabilizzante per il mercato. Nella migliore delle ipotesi, questo garantisce una maggiore volatilità e turbolenza di quello che abbiamo vissuto nel primo trimestre dell'anno. Il risultato più probabile è la pressione sul mercato che lo costringe a restituire alcuni dei suoi guadagni recenti.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

mercoledì 7 dicembre 2011

Cina e le due crisi Euro: Ecco perché gli investitori dovrebbero guardare ai titoli europei

Il nostro One Million Dollar Portfolio da inizio anno sta realizzando il 58.30%
Il nostro Stock Win Usa Portfolio da inizio anno sta realizzando il 90.10%

L'Europa sta attualmente incontrando due crisi. Una è l'incapacità della Grecia e di altri paesi, con un eccessivo debito sovrano, di prendere in prestito più soldi in modo da poter eliminare i propri debiti mentre continuano a spendere senza impegnarsi più di tanto in decreti su pensioni, tagli alle spese o raccolta di tasse. L'altro è lo stato alterato delle grandi banche europee che hanno fatto eccessivi prestiti a tassi di interesse elevati sia alla Grecia che ad altri paesi, pur sapendo bene che non potevano essere rimborsati. Queste banche, tuttavia, erano ansiose di prenotare l'alto "profitto", e speravano che qualcuno le avrebbe tirate fuori dai guai.

Un paese prospero come l'Europa con grandi aziende e con una crescente partecipazione di esportazioni da parte di Stati Uniti e Cina non ha ancora intensificato al massimo i suoi sforzi per risolvere i problemi ma è una buona scommessa per il futuro. Non si possono risolvere i problemi come ha fatto la FED in America statalizzando le banche ma investendo direttamente negli istituti acquisendo nelle loro partecipazioni.

Se la Cina deciderà di far qualcosa - e ci aspettiamo che lo farà - le azioni delle banche europee aumenteranno.

Ecco il perché:

1) Il commercio è di gran lunga il più grande motivo che fà scorrere il denaro tra la Cina e il resto del mondo. Per anni la Cina ha permesso ai suoi lavoratori dipendenti di esportare sempre più beni e servizi rispetto a quelli importati dagli Stati Uniti e dall'Europa. Come risultato le aziende cinesi hanno accettato in pagamento dollari ed euro, per cui la Cina ne ha accumulato un enorme stock e li ha usati per comprare attività finanziarie come le obbligazioni degli Stati Uniti.

2) La Cina ha risposto alle sempre più pressanti richieste politiche degli Stati Uniti con un apprezzamento del Renminbi verso il dollaro lentamente, il tasso di cambio si sta modificando e la Cina continua ad avere un enorme equilibrio nella bilancia dei pagamenti.
Questo potrebbe assumere la forma di un aiuto a risolvere una delle due crisi dell'euro - le banche. In particolare, la Cina potrebbe anche provare a mettere il suo surplus di entrate facendo acquisti significativi di azioni della banca europea. Il che sicuramente, permetterà alle loro azioni di salire.

Ci sono buone ragioni per aspettarsi che questo accada:

In primo luogo, la Cina vuole far si che le sue aziende di produzione continuino ad esportare in Europa e negli Stati Uniti. Rapporti recenti ci suggeriscono che in Cina potrebbe essere in atto una forte recessione economica, con fabbriche ferme e lavoratori licenziati. In questo caso, il governo cinese potrebbe interrompere l'apprezzamento del Remninbi, e addirittura invertirlo, per invogliare i clienti Americani e gli altri a comprare di più, in modo che, in Cina i lavoratori possano tornare al lavoro. Questo è il classico "ricatto" politico per tentare di utilizzare i tassi di cambio per aumentare posti di lavoro.


In secondo luogo, non potrebbe sfruttare il suo surplus di entrate per salvare la Grecia e gli altri paesi con problemi di debito sovrano. Recentemente, il nuovo capo del Fondo monetario internazionale è volato in Cina per cercare di ottenere dai cinesi una grossa fetta delle loro riserve valutarie in dollari e in altre monete da consegnare al FMI. In questo modo lo stesso FMI poteva usarli per "salvare l'euro", dando credito al gruppo di grandi banche che hanno crediti in sofferenza con la Grecia e gli altri paesi.

Cosa sarebbe successo in questo caso:

Con il pretesto di aiutare i paesi della zona euro, fortemente indebitati, a "colmare il divario fino alla possibilità di implementare i severi controlli", il FMI avrebbe prestato i soldi che riceveva dalla Cina, a Grecia, Portogallo e Italia in modo che potessero pagare le banche e gli altri loro prestiti in scadenza. Questo avrebbe permesso temporaneamente di mantenere intatta la zona euro lasciando la Grecia e gli altri paesi fortemente indebitati di mantenere la spesa in euro e dollari, senza riformare le loro economie fino a quando il FMI non esaurisse il denaro cinese. Poi i paesi debitori sarebbero rimasti a corto di denaro e la "crisi dell'euro" sarebbe ricominciata.

Il FMI è tornato a mani vuote: i cinesi non sono stupidi, sapevano che i loro soldi non avrebbero fatto altro che ritardare l'inevitabile e non sarebbero stati rimborsati.

In terzo luogo, i cinesi non hanno partecipato ai recenti sforzi delle banche centrali per salvare le banche europee rendendo più facile per loro ottenere dollari per i prestiti ai loro clienti commerciali e costruire le loro riserve per le perdite che ci saranno quando e se sarebbe avvenuto il default della Grecia.

Ciò apre ad una quarta possibilità, le partecipazioni dirette all'estero, che tra le altre cose, sarà l'unico modo ancora per la Cina di mantenere i paesi europei e gli Stati Uniti lontani dalle loro spalle, per cui il suo cambio potrà continuare ad essere ancorato verso il basso per favorire le esportazioni. E quale posto migliore per disinnescare le pressioni della rivalutazione degli Stati Uniti e dell'Europa se non, investendo nelle banche dell'area euro, i cui titoli sono stati colpiti dalla crisi del debito sovrano!

Con le banche stabilizzate, e i clienti ancora una volta in grado di accedere a livelli normali di finanziamento, la zona euro sta per lasciar partire la Grecia e l'euro sta per apprezzarsi nei confronti del dollaro.

Di conseguenza, gli investitori farebbero bene a 1) guardare le quotazioni delle istituzioni finanziarie europee ed i loro clienti aziendali come candidati per una ripresa massiccia e rapida e 2) rivalutare il loro "rifugio sicuro", cioè le disponibilità in oro e valute minori, dal momento che questi saranno pesantemente venduti quando non saranno più necessari per ammortizzare il valore.

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