martedì 28 aprile 2015

Investire nel petrolio, taglio dei costi dell'industrie del settore

Ormai è noto a tutti che l'Autunno 2014 è stato veramente nero per il petrolio, i prezzi sono scesi ai minimi storici, sotto la soglia in cui i produttori a conti fatti, addirittura ci perdevano. Abbiamo discusso negli articoli precedenti di come il problema iniziale fosse il no dell'OPEC ad un taglio della produzione che avrebbe aiutato i prezzi a risalire. Ad inizio 2015 sembra che la svolta ci sia stata: nonostante l’Opec non abbia trovato una soluzione e tagliato la produzione, i prezzi del barile del petrolio hanno cominciato lentamente a risalire, ed in queste settimane si aggirano ai massimi dal dicembre 2014. Il prezzo del Brent è aumentato di più del 16% finora ad aprile, con alcuni investitori che ritengono che il minimo sia già stato toccato, dopo un lungo crollo dei prezzi del petrolio durato nove mesi, anche se comunque si è lontanissimi dai livelli del giugno 2014, quando un barile veniva scambiato anche a 116 dollari.

Ma come si comportano le aziende del settore di fronte a questi mesi di prezzi ridotti all'osso ? Il dollaro americano più debole e i forti indicatori economici in Europa e in Asia prestano sostegno ai prezzi del petrolio, alcuni analisti stanno arrivando ad una conclusione paradossale: pensano sia meglio quando i prezzi sono bassi rispetto a quando sono alti. Non siamo del tutto d'accordo, certo i prezzi bassi aiutano i consumi, come accenato nel nostro articolo della settimana scorsa, ma il petrolio è sempre stato un business e ci sono importanti ragioni per cui le grandi compagnie petrolifere internazionali come ExxonMobil (XOM), Total e BP siano positive nei confronti delle prospettive future.



Il crollo dei prezzi del greggio ha scatenato una spinta senza precedenti da parte delle compagnie petrolifere nel riconfigurare le proprie organizzazioni e ripristinare i rapporti con i fornitori e governi. Prima di tutto si pensa a ridurre i costi, quando i prezzi del petrolio erano alti e in aumento, le aziende avevano dimenticato questo strumento potentissimo, il taglio dei costi, finchè il petrolio fluiva nei loro pozzi e gli introiti erano enormi hanno pensano bene di evitare i tagli. L'industria era a caccia di barili, ora è a caccia di efficienza.

Il gruppo di ricerca Baker Hughes ha riferito venerdì che il numero di impianti di estrazione di petrolio negli Stati Uniti è sceso di 31 unità la scorsa settimana a 703 unità, il numero più basso da ottobre 2010. E' la 20esima settimana consecutiva di calo del numero di impianti negli USA. Investitori e trader osservano con attenzione il calo del numero di impianti negli ultimi mesi in cerca di segnali chiari sulla riduzione del surplus di offerta che influisce al ribasso sul prezzo del petrolio.

Il rendimento medio del capitale delle maggiori compagnie petrolifere europee e statunitensi è sceso dal 21 per cento nel 2000 all'11 per cento nel 2013, anche se il prezzo medio di riferimento del Brent è passato da 29 a 109 dollari per barile nel corso di tale periodo. L'aumento dei costi ha più che compensato l'incremento dei ricavi.

Il gruppo petrolifero francese Total (TOT), per esempio, ha registrato nel primo trimestre un utile netto in forte calo (-20%) a 2,66 miliardi di dollari rispetto ai 3,34 dello stesso periodo dell’anno precedente. Il valore invece adjusted, pulito dalle voci non ricorrenti, è stato di 2,6 miliardi di dollari (3,33 miliardi nel primo trimestre 2014). Patrick Pouyanne, amministratore delegato dell'azienda, ha detto alla conferenza di industria petrolifera IHS CeraWeek a Houston la scorsa settimana: Dobbiamo prendere questo periodo difficile come un'opportunità per ripulire la nostra industria. Nel caso di Total significa abbassare il livello di prezzo al quale le entrate coprono costi da 110 a 70 dollari al barile. Mr Pouyanne continua dicendo che tutta l'azienda capisce l'importanza di ciò che stanno facendo. E 'molto più facile muoversi a 50 dollari al barile di quanto lo fosse l'anno scorso a 100 dollari al barile, a volte il comitato esecutivo ha avuto l'impressione che non siano stati del tutto ascoltati, oggi lo sono.

Altre aziende stanno intraprendendo simili alternative. Stephen Chazen, amministratore delegato di Occidental Petroleum, ha detto alla stessa conferenza: Dobbiamo essere in grado di sopravvivere, non solo a 60 dollari, ma anche a meno. Il modo più semplice per le aziende di produzione di petrolio di ridurre i loro costi è quello di chiedere aiuto anche ai fornitori. Le grandi aziende infatti hanno chiesto a tutti i loro fornitori tagli di tassi. Questa pressione sui costi però, oltre a ridurre le perdite, ha un costo umano altissimo, la pressione sulle società di servizi si ripercuotono sui posti di lavoro, 20.000 licenziamenti a Schlumberger, 10.500 da Baker Hughes e 9.000 da Halliburton (HAL).

Non solo in America comunque le industrie si stanno muovendo, il governo del Regno Unito il mese scorso ha annunciato un taglio netto delle imposte sul petrolio del Mare del Nord e del profitto dal gas, invertendo un aumento introdotto nel 2011. Il governo iracheno ha detto che prevede di rivedere i contratti con le compagnie petrolifere straniere per rendere le condizioni più attraenti. Ci vorranno anni prima che gli effetti di tutti questi cambiamenti portino a seri cambiamenti. La possibilità di aumentare i profitti col recupero del prezzo del petrolio è reale. Il colpo duro subito dal settore del petrolio potrebbe rivelarsi una ottima terapia di cui aveva bisogno.