Lunedì le notizie di attentati coordinati a Baghdad avevano fatto scalpore in tutto il mondo, mettendo in evidenza la continua violenza che continua in Iraq. Sempre Lunedì, il governo ha riferito che l'uomo conosciuto come "Ali il chimico", uno degli alleati più spietato di Saddam Hussein, è stato giustiziato per crimini contro l'umanità. Ha ricevuto molta meno attenzione una notizia che potrebbe avere un impatto significativo sull'economia irachena e il mercato mondiale del petrolio greggio.
Un consorzio composto da Exxon Mobil e Royal Dutch PLC ha riferito d'aver concluso un accordo con il governo iracheno per sviluppare la massiccia fase di West Qurna 1,un giacimento petrolifero nel sud dell'Iraq, un segno positivo di progresso per introdurre tecnologie avanzate occidentali ad una delle regioni più ricche di petrolio nel mondo. L'accordo rappresenta la prima volta di un gruppo statunitense a cui è stato concesso di entrare nell'industria petrolifera irachena. Exxon Mobil ha una partecipazione dell'80% nella joint venture, mentre Shell detiene il restante 20%.
L'anno scorso, il governo iracheno ha tenuto un asta per i diritti di sviluppo di giacimenti petroliferi nel tentativo di ricostruire il paese devastato economicamente dopo la guerra. Exxon e Shell avevano inizialmente proposto un accordo in base al quale all'impresa sarebbe stato pagato 4 dollari per ogni barile di petrolio estratto al di sopra del livello attuale di produzione. Il governo ha respinto la proposta, e in ultima analisi, le due parti hanno concordato una tariffa di 1,90 dollari al barile. Exxon-Shell potrebbero aumentare la produzione a più di 2,3 milioni di barili al giorno, un significativo incremento dai 279.000 barili prodotti attualmente.
ETF petroliferi in primo piano
In termini di ricavi di produzione di petrolio, l'affare è relativamente piccolo sia per Exxon che Shell. La joint venture infatti è in grado di aumentare la produzione, come previsto, di circa 4 milioni di dollari al giorno. Supponendo che in un anno di produzione il West Qurna potrebbe generare 1,4 miliardi dollari all'anno, pari a meno dello 0,5% delle attuali entrate annuali di Exxon. In aggiunta ci sarà il costo del lavoro, l'impresa infatti dovrà assicurare tutti i dipendenti e le attrezzature in un ambiente estremamente rischioso.
Mentre questo particolare accordo non accrescerà materialmente gli utili delle società, il valore reale potrebbe trovarsi in un punto d'appoggio nel mercato iracheno. Si stima che l'Iraq ha ben più di 100 miliardi di barili di riserve accertate di petrolio, una delle forniture più grandi del mondo. Ma alle società occidentali a lungo è stato proibito di fare affari nel paese, costringendo le grandi del petrolio a cercare il greggio in più remote e in genere più costose località.
Il potenziale lucrativo quindi è enorme. Dopo anni di violenze, sabotaggi, e la corruzione politica, l'industria del petrolio iracheno è nel caos, la produzione di petrolio grezzo è drasticamente diminuita dopo la guerra degli Stati Uniti. Se il piano di collaborare con Exxon e Shell si dimostrasse efficace, potrebbe rappresentare il primo di molti altri di prossima esecuzione.
Uno sguardo agli ETF
La stabilità in Iraq resta in gran parte legata al settore petrolifero. Mentre la partnership con le aziende occidentali potrebbe portare ad una controversia negli stati medio-orientali, può anche fornire necessarie riserve di cassa per un governo di fronte a numerose sfide costose. Gli investitori saranno curiosi di vedere come questa situazione si svilupperà, come il risultato si potrebbe ripercuotere nell'economia mondiale.
Tre interessanti ETF che potrebbe giovarsi della nuova situazione in Iraq:
iShares S&P Global Energy Index Fund (IXC): l'elenco delle aziende di questo ETF sono grandi compagnie petrolifere: Exxon, BP, Chevron, Total, Shell, ConocoPhillips. Le quali costituiscono quasi la metà del patrimonio complessivo. Se l'accordo avrà successo, le compagnie petrolifere occidentali (insieme con le loro tecnologie di estrazione) potrebbero essere le benvenute in Iraq.
United States Oil Fund (OSU): Gli ulteriori due milioni di barili di petrolio al giorno, sono una goccia nel mare globale, le forniture non aumenteranno i prezzi e non precipiteranno su questo affare. Ma se l'Iraq sarà in zona di lancio nei prossimi anni, i prezzi potrebbero trovarsi sotto pressione. USCF offre anche un fondo sul petrolio a breve termine (DNO) progettato per rispecchiare le variazioni nei prezzi del greggio.
Dow Jones US Oil & Gas Exploration & Production Index Fund (IEO): Negli ultimi anni, le compagnie petrolifere di grandi dimensioni hanno rivolto la loro attenzione a giacimenti di petrolio offshore, investendo pesantemente nella scoperta di nuove riserve in luoghi precedentemente intatti. Se l'Iraq apre le sue porte, può stimolare un cambiamento di strategia che in ultima analisi, impatterà sulle società impegnate in esplorazione e produzione.
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