martedì 29 aprile 2025

Pfizer (PFE) non ce la fa, rinuncia alla sua pillola contro l'obesità e posta trimestrali non esaltanti

Oggi, le azioni Pfizer (PFE) si aggirano su livelli che non si vedevano dal 2012. Il titolo è tra i meno valutati del settore in termini di multipli di utile, e la maggior parte degli analisti monitorati da FactSet consiglia di mantenerlo in portafoglio (Hold), ma senza grande entusiasmo.

Martedì l’azienda pubblicherà i risultati del primo trimestre e i dirigenti cercheranno di rassicurare gli investitori — un compito tutt'altro che semplice.

A inizio settimana, le azioni Pfizer risultavano in calo del 14% da inizio anno e dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2024. La chiusura del 10 aprile, a 21,59 dollari, ha segnato il minimo da luglio 2012.

Uno dei potenziali motori di crescita, il farmaco orale per l’obesità danuglipron, è stato abbandonato il 14 aprile a causa di rischi epatici. L’obiettivo di entrare nel redditizio mercato dell’obesità si è quindi rivelato, finora, una serie di delusioni a partire dal 2023.


Per il primo trimestre, gli analisti stimano ricavi per 13,9 miliardi di dollari e un utile per azione di 0,67 dollari — in calo del 19% rispetto ai 0,82 dollari dello stesso periodo dell’anno scorso.

David Risinger, analista di Leerink Partners, ha recentemente ridotto la sua stima sugli utili a 0,59 dollari per azione, dopo che Bristol Myers Squibb (partner di Pfizer per Eliquis) ha riportato vendite deludenti del noto anticoagulante.

Pfizer prevede per l’intero 2025 ricavi tra 61 e 64 miliardi di dollari, con un utile rettificato per azione tra 2,80 e 3 dollari. Tuttavia, il quadro si complica: l’azienda è minacciata da numerose scadenze brevettuali che peseranno sui ricavi fino a fine decennio.

A preoccupare anche fattori esterni: da un lato, l’eventualità di dazi specifici per il settore farmaceutico promessi da Donald Trump; dall’altro, le crescenti pressioni politiche per la riforma dei prezzi dei farmaci, incluse le trattative sul prezzo dei medicinali rimborsati da Medicare.

Gli alleati di Donald Trump stanno rilanciando una proposta della sua prima amministrazione che potrebbe rivoluzionare il sistema dei prezzi dei farmaci negli Stati Uniti. L’iniziativa metterebbe alla prova la nuova strategia adottata dal settore farmaceutico, che punta a evitare scontri diretti con l’ex presidente nella speranza di influenzarne le future politiche.

La proposta prevede di allineare i prezzi dei farmaci rimborsati dal governo federale ai livelli più bassi registrati nei Paesi economicamente avanzati. Poiché negli Stati Uniti i prezzi sono spesso nettamente superiori rispetto a quelli europei o canadesi, una misura del genere implicherebbe sconti significativi.

L’idea è riemersa venerdì in un documento pubblicato dall’America First Policy Institute, un think tank molto vicino all’ex amministrazione Trump. Il documento, dal titolo eloquente “Putting Americans First by Ending Global Freeloading” (“Prima gli americani: basta con il parassitismo globale”), propone diverse modalità di attuazione della cosiddetta politica della nazione più favorita, inclusa la sua integrazione nel programma di negoziazione dei prezzi di Medicare, già avviato sotto la presidenza Biden.

Durante il primo mandato di Trump, tentativi simili erano stati bloccati da cause legali intentate da PhRMA, il potente gruppo di lobby dell’industria farmaceutica. Oggi però, il settore sembra aver adottato un approccio più conciliante: anziché opporsi pubblicamente, le aziende sperano di ottenere l’appoggio del candidato repubblicano su temi più favorevoli, come la riduzione degli sconti versati ai gestori dei benefit farmaceutici (PBM).

Tuttavia, se una nuova amministrazione Trump dovesse effettivamente reintrodurre questa politica, l’industria si troverebbe in una posizione difficile. Le conseguenze economiche potrebbero essere ingenti, con perdite stimate in miliardi di dollari ogni anno, a seconda dei dettagli della riforma.

Interpellata sulla proposta, la portavoce di PhRMA Sarah Ryan ha evitato critiche dirette, limitandosi a sottolineare un problema strutturale: “Alcuni Paesi non pagano la loro giusta quota per l’innovazione, il che compromette lo sviluppo futuro di cure. Inoltre, più della metà di ogni dollaro speso per i farmaci negli USA finisce a soggetti che non producono medicinali, come PBM, assicurazioni, ospedali e altri intermediari”.

La Casa Bianca non ha rilasciato dichiarazioni sul documento, che al momento resta un’iniziativa da think tank e non una proposta ufficiale. Tuttavia, segnali recenti indicano un rinnovato interesse dell’area Trump sul tema. A fine gennaio, l’ex presidente ha pubblicato su Truth Social un messaggio inequivocabile: “AMERICA FIRST DRUG PRICES!!!”

Durante la sua presidenza, Trump firmò un ordine esecutivo nel settembre 2020 per testare un modello di tariffazione basato sul principio della nazione più favorita. La regola, però, fu bloccata da un ricorso legale e successivamente revocata dalla presidenza Biden nel 2021.

Nel 2023, la campagna elettorale di Trump aveva promesso di ripristinare la misura fin dal primo giorno di un eventuale secondo mandato, ma nell’ottobre 2024 ha fatto marcia indietro, dichiarando a STAT News che “non c’è stata alcuna spinta a rinnovare la politica”.

Ora, con il nuovo documento dell’America First Policy Institute, la questione sembra tornare sul tavolo. Il linguaggio riprende esplicitamente le promesse del 2023, alimentando i dubbi su un possibile ritorno di una politica che potrebbe ridefinire profondamente il mercato farmaceutico statunitense.

lunedì 28 aprile 2025

Tesla si trova ad affrontare ostacoli a breve termine, Musk non potrà salvarla sempre

La scorsa settimana Tesla (TSLA) ha tenuto la conference call sugli utili del primo trimestre 2025, facendo schizzare il titolo al rialzo. In questo articolo ripercorrerò i punti salienti della call e rivedrò le mie previsioni precedenti.

Avevo previsto una pressione ribassista sul titolo prima dell’evento, seguita da una spinta rialzista in seguito alla call (vedi: Uno sguardo ai prossimi utili e alle opzioni di Tesla). Nonostante l’alto costo delle opzioni — in parte dovuto al contesto tariffario instabile — avevo ritenuto l’investimento interessante. Musk, come da copione, non ha deluso le aspettative, lanciandosi in ambiziose dichiarazioni sul futuro dell’azienda. Il titolo, dopo un'iniziale debolezza, ha poi reagito positivamente.

Musk e il futuro di Tesla

Durante la call, Musk ha affrontato le critiche sul suo coinvolgimento nel Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE):

"Il lavoro che svolgo nel DOGE è cruciale per correggere il deficit assurdo che minaccia gli Stati Uniti."

È tipico di Musk spostare rapidamente il suo focus, spesso tra polemiche e cambiamenti drastici. Molti investitori chiedono che si concentri di nuovo su Tesla, una richiesta più che comprensibile, considerando il momento complesso per l'azienda.

Personalmente, credo che alimentare la narrativa del "debito insostenibile" sia rischioso per la fiducia globale negli USA. Gli Stati Uniti sono prosperati grazie alla crescita tecnologica e all'attrattività per i capitali esteri. Minare questa fiducia non può che essere dannoso.

Le sfide operative di Tesla

Musk e il CFO Vaibhav Taneja hanno riconosciuto che il primo trimestre è stato difficile:

"Gli aggiornamenti agli stabilimenti hanno ridotto temporaneamente la produzione. Inoltre, vandalismi e ostilità verso il nostro marchio hanno pesato in alcuni mercati."

Effettivamente, è plausibile che il rallentamento delle vendite sia legato sia agli aggiornamenti di fabbrica sia alla crescente ostilità verso il marchio Tesla. Questo rafforza l'idea che Musk debba mantenere un profilo più istituzionale.

Robotaxi, autonomia e la sfida con Waymo

Tesla punta forte sulla guida autonoma. Musk prevede milioni di auto Tesla che opereranno in modalità autonoma entro la seconda metà del 2026, mentre la tecnologia FSD dovrebbe essere largamente operativa in molte città USA entro fine 2025.

Nonostante le promesse, la mancanza di dettagli sulla riduzione del monitoraggio del conducente solleva dubbi sui tempi effettivi di avanzamento.

A proposito della concorrenza, Musk ha criticato Waymo:

"Le loro auto costano molto di più. Tesla può offrire una soluzione più economica e scalabile, basata su AI e telecamere."

Waymo punta su un sistema ridondante con Lidar e radar per garantire sicurezza. Non è chiaro quale approccio prevarrà, ma il vero nodo sarà il costo operativo e il tasso di utilizzo delle flotte autonome.

Il futuro modello di business: flotte o proprietà?

Sia Tesla sia Waymo preferirebbero modelli di business in cui non si accollano direttamente gli investimenti in capitale (CapEx). È probabile che emerga un ecosistema di operatori di flotte, come già avviene nell'autonoleggio tradizionale.

Secondo Sundar Pichai, CEO di Alphabet:

"Vogliamo costruire il miglior autista al mondo, collaborando con partner come Uber e Moove per la gestione delle flotte."

Tesla invece punta a un modello ibrido, dove i privati mettono a disposizione i propri veicoli tramite una piattaforma. Tuttavia, gestire una flotta, tra manutenzione, pulizia, marketing e ricarica è molto complesso. Non sarà facile.

La scommessa di Tesla su Optimus

Un altro grande progetto è Optimus, il robot umanoide su cui Tesla scommette enormemente. Musk prevede di produrre migliaia di unità entro fine 2025 e milioni entro il 2030.

Nonostante l'ottimismo, ci sono ostacoli seri: mancano componenti standardizzati, l'intera supply chain è da costruire e ci sono anche problemi di approvvigionamento di magneti dalla Cina.

"La velocità di produzione di un nuovo prodotto dipende dal componente più lento," ha osservato Musk.

Optimus ha un potenziale enorme, ma la strada sarà lunga e tortuosa. Tesla punta su un robot estremamente versatile, ma resta da vedere se riuscirà a rispettare le ambiziose tempistiche.

Il settore energetico: opportunità e rischi

Infine, il business energetico di Tesla, per anni una scommessa visionaria, sta finalmente mostrando risultati solidi, grazie all’espansione della produzione e dello storage di energia.



Tuttavia, questo segmento è vulnerabile ai dazi commerciali, dato che Tesla importa batterie LFP dalla Cina. L’azienda sta lavorando per internalizzare la produzione negli Stati Uniti, ma per ora la capacità è limitata.



Tesla ha molte frecce al suo arco, tra guida autonoma, robotica ed energia. Ma ogni progetto è accompagnato da sfide operative, regolatorie e strategiche. La vision è chiara, il cammino ancora irto di ostacoli. Riuscirà Musk a trasformare i suoi sogni in realtà industriale? La posta in gioco è altissima.

Il titolo sale non per i fondamentali, ma perchè Musk fa aggiotaggio ogni volta che le cose si mettono male, questo non è un modo di gestire una società. Io starei lontano e cercherei qualcosa di più solido. 

venerdì 25 aprile 2025

UBER è una soluzione ottima in contesto incerto come quello che stiamo vivendo, non lasciartela sfuggire

Uber ha registrato una crescita modesta del 5,2% negli ultimi 12 mesi, nonostante fondamentali in forte miglioramento: i ricavi sono aumentati del 18% e il flusso di cassa è salito del 105%. Numeri che parlano chiaro. Tuttavia, il prezzo delle azioni è stato frenato dai timori legati alla concorrenza emergente nel settore del ride sharing, in particolare dai veicoli autonomi come Waymo e i robotaxi di Tesla.

Ma riflettiamo. Questi timori, se analizzati a fondo, sembrano più un'esagerazione che una minaccia reale. E in questa discrepanza tra percezione e realtà si cela una concreta occasione d'investimento.

Prima di tutto non possiamo non parlare dei dazi.
Nessun problema per Uber

Un elemento poco considerato è che Uber è praticamente immune all'impatto dei nuovi dazi proposti da Trump. A differenza di Tesla, Hyundai e di molti altri produttori del settore automobilistico, Uber non produce veicoli. 


Questo significa che non dovrà sostenere costi aggiuntivi legati all’importazione di componenti o all’aumento del prezzo delle auto. Anzi, il rincaro del costo di proprietà di un’auto potrebbe spingere ancora più persone verso soluzioni di mobilità on demand come Uber, soprattutto nelle aree urbane dove il possesso di un’auto è già meno diffuso.

Il grande malinteso è credere che Uber non sia preparata per la transizione verso i veicoli autonomi. In realtà, Uber ha già costruito un solido network di collaborazioni strategiche con alcuni dei principali player nel settore delle auto a guida autonoma, tra cui Waymo, Aurora, Volvo, Toyota, Daimler, Nuro e altri. Non ha bisogno di Tesla per vincere questa partita: Uber si sta già posizionando come la piattaforma che aggrega la domanda per chiunque sviluppi tecnologia autonoma.

Basti pensare alla recente espansione della partnership con Waymo, ora attiva anche ad Austin e Atlanta. Uber è molto più di un'app: è una piattaforma costruita su una tecnologia sofisticata, affinata in 15 anni, che riesce a connettere passeggeri e autisti in pochi secondi con logiche di ottimizzazione dinamica difficili da replicare.

Questo le ha permesso di creare un fossato economico enorme. Oltre alla tecnologia, Uber gestisce tutto l’ecosistema operativo: pagamenti, assistenza clienti, normative, sicurezza, prevenzione delle frodi. Elementi che sembrano marginali, ma che fanno una differenza enorme nella scalabilità del servizio. Pensare che un concorrente possa entrare e sottrarre rapidamente quote di mercato è un’ipotesi poco realistica.

Anche i numeri aiutano a fare chiarezza: secondo McKinsey, entro il 2030 il mercato dei veicoli autonomi potrebbe valere 400 miliardi di dollari, con circa 3,4 milioni di veicoli AV in circolazione ogni giorno. Se Tesla riuscisse ad arrivare a 100.000 veicoli in quegli anni (come stimato), avrà comunque una quota minoritaria del mercato. Il resto sarà contendibile, e Uber è ben posizionata per trarne vantaggio.

Ovviamente esistono dei rischi, come sempre. Se Tesla dovesse diventare l’attore dominante nel settore AV, Uber potrebbe essere costretta a reinventarsi più in fretta. Oppure, se le tariffe sulle importazioni spingessero le persone a orientarsi in massa verso i trasporti pubblici, il ride sharing potrebbe crescere a un ritmo più contenuto. Tuttavia, nessuno di questi scenari rappresenta una minaccia esistenziale, bensì una sfida adattiva in un contesto in continua evoluzione.

I mercati spesso reagiscono in modo eccessivo alla paura dell'ignoto. Ma proprio in quei momenti si nascondono le migliori opportunità. 

Uber è una piattaforma robusta, con una tecnologia raffinata, partnership solide e una posizione di leadership nel ride sharing difficile da scalzare. La concorrenza non è una condanna, ma un’evoluzione del mercato nella quale Uber è pronta a giocare un ruolo da protagonista. Oggi, Uber sembra essere esattamente quel tipo di investimento che, tra qualche anno, molti rimpiangeranno di non aver colto.

mercoledì 23 aprile 2025

Marvell Technology: una straordinaria opportunità

Nemmeno io avrei potuto immaginare l'entità del colpo subito dagli investitori di Marvell Technology, Inc. (MRVL) da quando il titolo ha toccato il suo massimo a gennaio. A prima vista, sembrava una classica società di semiconduttori speculativa, sovrastimata e priva di solidi fondamentali: non sorprende quindi che MRVL sia crollata di quasi il 65% dai minimi di aprile. Eppure, all’inizio dell’anno, aveva registrato un rendimento totale vicino al 100%, prima di invertire completamente la rotta e sottoperformare sia i competitor sia il mercato, come confermato dall’andamento attuale.



Pur avendo messo in guardia a dicembre contro l’impennata insostenibile, ero tornato ottimista a marzo, prevedendo che il crollo stesse per esaurirsi. Ma il mercato ha seguito un copione diverso, spingendo il titolo ancora più in basso e segnalando, probabilmente, una fase di capitolazione (di cui parleremo più avanti). Chi avrebbe potuto prevedere che le tensioni sui dazi, culminate nei "Dazi del Giorno della Liberazione" e poi nella "Blink Wednesday", avrebbero avuto un impatto simile?

Nonostante l’attuale pessimismo che grava sull'intero settore dei semiconduttori, ora gli investitori dovrebbero chiedersi: non è forse questo il momento di sfidare la volatilità e accumulare azioni di una delle aziende più promettenti nei chip AI e networking ad alta velocità?

Marvell ha dimostrato il suo valore siglando partnership pluriennali con giganti come Amazon Web Services (AMZN), confermando la solidità della sua offerta "full-stack" nel settore AI personalizzato. Tuttavia, il predominio di Broadcom (AVGO) nel mercato dei chip personalizzati obbliga Marvell a continuare a innovare per consolidare la sua posizione. Con oltre il 70% del fatturato previsto per il 2025 legato ai data center, ritengo che l'azienda abbia già mostrato di saper cavalcare il trend di crescita dell'AI.

Alla luce di questi sviluppi, sorprende che il mercato abbia punito il titolo così duramente, spingendone le valutazioni future al di sotto della media decennale. C’è qualcosa di cui preoccuparsi?

L'esposizione alla Cina: il vero tallone d'Achille?

Non si può ignorare l’elefante nella stanza: la forte esposizione di Marvell al mercato cinese, che rappresenta circa il 44% dei suoi ricavi. Sebbene finora i semiconduttori siano stati in parte risparmiati dalla guerra commerciale USA-Cina, la crescente pressione su barriere non tariffarie potrebbe intaccare i flussi commerciali bilaterali, minacciando le prospettive di crescita di Marvell.

Mentre aspettiamo aggiornamenti dal management durante la conference call sui risultati del primo trimestre 2026, è chiaro che l’incertezza sui dazi e le possibili restrizioni cinesi potrebbero frenare l'entusiasmo degli investitori.

Non dimentichiamo la forza intrinseca di Marvell

Nonostante tutto, Marvell resta un’azienda robusta, ben posizionata nel segmento dei data center AI — un'area meno vulnerabile ai cicli economici tradizionali. Tuttavia, recenti segnali di rallentamento della spesa da parte di colossi come Amazon e Microsoft (MSFT) per il 2026 potrebbero rappresentare un rischio da monitorare attentamente, considerando che questi clienti pesano quasi il 50% del fatturato.

Il mercato sembra interrogarsi sulla sostenibilità delle stime di crescita di Marvell. Ma il titolo sta già scontando molto pessimismo.

Valutazioni ai minimi storici: un'opportunità imperdibile?

Con un multiplo EBITDA forward di 14,6x — vicino ai minimi del 2023 e ben al di sotto della media decennale di 19,7x — e un rapporto PEG forward scontato del 70% rispetto al settore, MRVL appare clamorosamente sottovalutato. E non dimentichiamo: Marvell continua a generare utili e ad ampliare la sua presenza nei mercati chiave.

Acquistare o vendere MRVL?

Il recente crollo, rapido e violento, potrebbe rappresentare la fase finale della pressione ribassista. Sebbene non si possano escludere ulteriori test dei minimi, ritengo che il rischio-rendimento sia ora fortemente a favore degli investitori pazienti.

Marvell non è un’azienda fragile o priva di leadership: al contrario, ha dimostrato capacità di innovazione e resilienza, guadagnando terreno contro colossi come Broadcom. In assenza di una grave recessione globale, considero il sell-off di MRVL una clamorosa opportunità di acquisto.

mercoledì 16 aprile 2025

Booking.com, forse l'unico punto di riferimento se si vuole viaggiare

Questa è la prima volta che scrivo di Booking Holdings, ma è un’azienda che ho deciso di seguire con più attenzione. Booking è uno dei protagonisti indiscussi nel mondo dei viaggi e del turismo, con un’offerta che va dagli hotel agli appartamenti, fino a voli, auto a noleggio ed esperienze. Fondata nel 1997, ha attraversato trasformazioni profonde nel tempo, ma è rimasta fedele alla sua missione: semplificare il mondo dei viaggi.


L’attuale CEO è in azienda dal 2000 ed è uno dei leader più esperti del settore. Personalmente, considero Booking una delle migliori opportunità per esporsi ai grandi trend strutturali del turismo e delle esperienze, ma attraverso un modello asset-light e una crescita superiore alla media.

Un ecosistema completo, costruito nel tempo

Il gruppo Booking Holdings controlla diverse piattaforme, ciascuna con una specializzazione verticale:

  • Booking.com: il cuore dell’azienda, specializzato in prenotazioni di alloggi (ora anche voli).

  • Priceline: focalizzato su offerte last-minute e sconti.

  • Kayak: comparatore di prezzi tra voli, hotel e auto.

  • Agoda: forte in Asia, copre hotel, voli ed esperienze.

  • Rentalcars: motore globale per il noleggio auto.

  • OpenTable: prenotazioni nei ristoranti, recensioni e menu.

Ciò che mi colpisce è la capacità di Booking di coprire tutto il viaggio, proprio come fanno alcune aziende del lusso con l’esperienza del cliente. È un modello integrato che permette sinergie tra le piattaforme e rafforza gli effetti di rete. Di fatto, Booking è diventata una “one-stop platform” per il settore travel, con un modello altamente scalabile e resiliente.

Un modello di business solido e diversificato

Booking opera su tre principali linee di ricavo:

  1. Agency: il classico modello di commissione (paghi in hotel, poi Booking riceve la sua quota).

  2. Merchant: pagamento anticipato alla prenotazione, con un sistema di pagamento interno che aggiunge valore (sconti, assicurazioni, ecc.).

  3. Advertising & Altro: ricavi pubblicitari da piattaforme come Kayak o OpenTable, che funzionano come directory e redirect.

Negli ultimi anni il modello Merchant ha guadagnato peso, permettendo a Booking di incassare prima e migliorare temporaneamente il flusso di cassa libero (FCF). L’azienda acquista camere in anticipo, le rivende e trattiene il margine, beneficiando anche di una migliore conversione di cassa.

Il programma Genius: più fedeltà, più margini

Il programma fedeltà Genius è un altro punto a favore. Fidelizza l’utente, ne aumenta il valore e riduce i costi di acquisizione, spostando i clienti sull’app mobile, dove Booking ha margini migliori. È un asset importante nel lungo periodo.

Vantaggi competitivi: rete, scala e dati

Mi piace descrivere Booking come un Mr. Potato Head digitale: può aggiungere nuove funzionalità (ristoranti, voli, pagamenti, AI) mantenendo tutto integrato in un’unica esperienza. Questo rafforza sia il lato offerta sia la domanda, grazie agli effetti di rete.

Booking è un business altamente scalabile, con ampie possibilità di espansione in altri verticali (esperienze, case vacanza, ecc.). L’obiettivo è diventare il punto di riferimento globale per i viaggi. Con oltre 6 miliardi di FCF, una struttura capital-light e debiti quasi nulli, ha tutta la forza per consolidare ulteriormente il mercato.

In più, con l’adozione dell’IA (soprattutto per pianificazione viaggi e ricerca personalizzata), Booking ha la combinazione perfetta: dati proprietari, utenti fedeli e scala globale. Il CEO ha anche accennato alla possibilità di un "copilota AI" per pianificare viaggi via chat o comandi vocali — un’idea che trovo estremamente interessante.

Solo il 10% dei ricavi viene dagli Stati Uniti. La vera forza di Booking è in Europa, dove domina grazie a una struttura del mercato più frammentata. Negli USA, le grandi catene (Hilton, Marriott, ecc.) hanno piattaforme proprietarie e programmi fedeltà molto forti, ma in Europa gli hotel indipendenti sono la maggioranza — e si affidano molto a Booking.

Booking ha riacquistato il 29% delle sue azioni in 7 anni e ha appena introdotto un dividendo (0,8% di yield). La remunerazione azionaria (SBC) è contenuta e ben gestita: solo il 3% dei ricavi. Il management, durante l’earnings call del 2022, ha ribadito con forza quanto consideri l’SBC un costo reale e non qualcosa da “aggiustare” nei risultati. Una trasparenza rara, che apprezzo molto.

Il business cresce bene, anche se i margini non sono ancora tornati ai livelli pre-Covid. Tuttavia, grazie ai buyback, l’EPS è cresciuto del 13% annuo. Il FCF per azione, poi, è salito del 14,5%, un dato ancora più forte. Anche il ROIC è altissimo (66%), grazie a un capitale circolante negativo che riduce il capitale investito.

Al prezzo attuale ($4.600), Booking scambia a 22x utili e 20x FCF (rettificato per SBC). Con un DCF inverso, stimo che il mercato stia scontando una crescita del FCF del 7,5%. Se aggiungiamo il rendimento implicito del 5%, abbiamo un rendimento potenziale del 12,5% annuo: ottimo per un business di questa qualità.

Rischi? Alcuni, ma sotto controllo

  • Le regolamentazioni potrebbero limitare la crescita per acquisizioni, ma non rappresentano un rischio diretto.

  • C’è concorrenza, ma Booking ha una proposta integrata e forte. Semmai, è Airbnb che dovrebbe preoccuparsi di più.

  • La fiducia dei consumatori resta un’incognita, ma il mercato europeo — dove Booking è più forte — è meno sensibile a queste dinamiche rispetto agli USA.

Booking racchiude tutte le caratteristiche che cerco: leadership di mercato, solidi fondamentali, trend favorevoli e una gestione competente. A queste condizioni, con una valutazione ancora interessante, non posso che assegnare una valutazione Buy.

martedì 15 aprile 2025

IRobot, esci finchè sei in tempo, il fallimento è dietro l'angolo

A settembre avevo parlato dell’azienda di robotica di consumo iRobot (IRBT), famosa per i suoi Roomba. Non nutrivo grandi aspettative sul loro business dopo il fallimento dell’acquisizione da parte di Amazon a inizio 2024, ma li avevo comunque monitorati per via della valutazione bassa rispetto alla tecnologia offerta. C’era una tenue speranza che le misure di riduzione dei costi potessero invertire la rotta. Le recensioni sui prodotti restavano positive, segno di una base tecnologica solida.

Da allora il titolo ha avuto qualche timido rimbalzo, ma alla vigilia dei risultati del quarto trimestre il prezzo delle azioni era tornato al punto di partenza. Poi sono arrivati i dati. E sono stati un duro colpo.

Come mostrano i numeri, la situazione è peggiorata sensibilmente. Avevo messo la sveglia presto per seguire la conference call delle 8:30, ma anche quella è stata cancellata: iRobot ha scelto di non fornire alcuna guidance per il 2025. Una decisione che dice molto sulle incertezze che circondano l’azienda.

Il colpo più forte? L’allarme lanciato dalla stessa iRobot: ci sono "dubbi sostanziali" sulla capacità dell’azienda di continuare a operare nel prossimo anno. Questo, più di qualsiasi altro dato, ha scatenato la svendita mattutina.

Da Amazon al baratro

Tutto è iniziato seriamente a gennaio 2024, con la rinuncia di Amazon all’acquisizione. Non fu una notizia eclatante, ma diede il via a un’ondata di tagli: prima il 31% della forza lavoro, poi un ulteriore 16% a novembre.

Il terzo trimestre aveva lasciato spazio a un certo ottimismo: utile non-GAAP positivo, seppur modesto, anche se le previsioni per il quarto trimestre indicavano già una perdita. Ma il vero crollo è arrivato dopo.



Q4: sotto ogni aspettativa

I risultati del quarto trimestre sono stati molto peggiori delle già deboli previsioni. Le vendite si sono fermate a 172 milioni di dollari, con margini lordi crollati al 9,5% (contro attese del 24-27%). Le perdite operative sono salite a 61 milioni di dollari. L’utile per azione GAAP è stato negativo per 2,52 dollari, un dato peggiore di tutte le stime.

A pesare sui margini ci sono due problemi seri: l’eccesso di scorte svalutate e contratti di acquisto preesistenti che oggi risultano antieconomici, dati i volumi di vendita drasticamente ridotti.

Un intero anno in declino

Anche i dati annuali parlano chiaro: il fatturato 2024 è sceso a 681 milioni di dollari (da 890 milioni del 2023). I tagli hanno dimezzato le spese operative, ma le perdite restano ingenti. La situazione resta precaria.

I numeri pietosi della società

Anche se a marzo iRobot aveva cercato di risollevare il morale con l’annuncio di una nuova linea di Roomba, le prospettive commerciali restano deboli. I nuovi modelli arriveranno a breve in Nord America e in Europa, ma persino l’azienda sembra dubitare che basteranno a invertire il trend.

L’ombra lunga dei dazi

Uno dei fattori più allarmanti è il ritorno dei dazi americani sulle importazioni dalla Cina, da cui iRobot dipende fortemente per la produzione. L’azienda lo ha citato esplicitamente tra i rischi principali per la sua continuità operativa. In un momento di domanda già in calo e di concorrenza crescente, un ulteriore aggravio sui costi potrebbe essere devastante.

A tutto questo si aggiunge il contesto macroeconomico fragile: l’ipotesi di una recessione globale non è esclusa, e sarebbe una pessima notizia per un’azienda che vende beni discrezionali come robot aspirapolvere.

Liquidità e negoziazioni con i creditori

L’azienda ha reso noto di essere in trattativa attiva con il suo principale creditore, TCG Senior Funding LLC, per ottenere flessibilità sugli obblighi contrattuali. Un accordo temporaneo è stato raggiunto fino al 6 maggio. È una boccata d’ossigeno, ma non cambia il quadro complessivo.

Conclusioni: un 2025 ad alto rischio

Anche se a settembre avevo lasciato aperto un piccolo spiraglio, oggi mi trovo costretto a declassare iRobot. La situazione è grave. I margini si stanno erodendo, la domanda non dà segnali di ripresa, e i nuovi dazi rappresentano una minaccia concreta e immediata.

L’unica ragione per cui non si tratta di una vendita forte è che il creditore sembra disposto a collaborare ancora per qualche settimana. Ma la finestra è stretta, e le probabilità di riuscita si stanno assottigliando.

Per chi volesse comunque monitorare la situazione, suggerisco di osservare attentamente le prime reazioni del mercato ai nuovi Roomba, e soprattutto gli sviluppi normativi sul fronte commerciale tra Stati Uniti e Cina. Se i dazi dovessero inasprirsi ulteriormente, o se la domanda non dovesse ripartire, sarà difficile evitare l’inevitabile.

lunedì 14 aprile 2025

Ameriprise, una storia lunga 130 anni che non finisce mai e i dazi non sono importanti per lei

Ameriprise Financial (AMP) rappresenta, a mio avviso, una scelta solida per gli investitori orientati alla crescita del capitale e con un orizzonte d’investimento di lungo periodo. L’azienda ha dimostrato negli anni una straordinaria capacità di creare valore per i propri azionisti, con risultati che parlano da soli.

Nel corso del 2024, AMP ha raggiunto traguardi importanti. Il patrimonio in gestione (AUM) è cresciuto del 10%, superando quota 1.500 miliardi di dollari. A questa crescita si è affiancato un aumento del 23% degli utili per azione nel quarto trimestre, segno della solidità e dell’efficacia del modello di business. Il ritorno sul capitale proprio (ROE), che ha toccato il 52,7%, è tra i più elevati del settore.

Nonostante un rendimento da dividendi relativamente contenuto (1,24%), AMP si distingue per una lunga tradizione di distribuzione in crescita: sono 19 anni consecutivi di aumenti, con un tasso annuo medio dell’8,82%. Un chiaro segnale di affidabilità e attenzione agli azionisti.

Nel 2025, Forbes ha inserito Ameriprise tra le “America’s Best Companies”, riconoscendo il valore e la reputazione costruiti nel tempo. Questo riconoscimento arriva in un momento in cui l’azienda esce da un anno da record, chiuso con risultati eccellenti sia a livello trimestrale che annuale.



Una storia lunga 130 anni, costruita su solidi fondamentali

Fondata più di un secolo fa, AMP ha affinato un modello di business che oggi risulta estremamente competitivo. La combinazione tra dimensioni rilevanti e un’offerta ben strutturata di servizi – che spaziano dalla consulenza finanziaria alla gestione patrimoniale e assicurativa – consente all’azienda di affrontare con efficacia anche i periodi di volatilità dei mercati.

Con oltre 10.000 consulenti finanziari attivi su tutto il territorio nazionale, AMP è in grado di offrire un servizio capillare e personalizzato a clienti privati e istituzionali. Questa rete si traduce in un vantaggio competitivo difficile da replicare.

Performance 2024: crescita a doppia cifra e risultati da record

I risultati del quarto trimestre 2024 confermano la forza dell’azienda:

  • EPS: +23%, pari a $9,54

  • Utile netto trimestrale: $10,58 (vs $3,57 del Q4 2023)

  • Utile netto annuo: $33,05 (vs $23,71 del 2023)

  • AUM: +10%, con 35 miliardi di dollari di afflussi netti

  • Ricavi netti: +13%

  • Margine operativo: 27%

  • ROE operativo: 53%

I numeri parlano chiaro: AMP non solo cresce, ma lo fa con efficienza, mantenendo margini elevati e generando valore.

Un’azienda che supera il mercato

Guardando alle performance a lungo termine, AMP ha sovraperformato sia l’indice S&P 500 che i principali ETF di settore come VOO (Vanguard 500) e XLF (SPDR Financial ETF). Negli ultimi 10 anni, un investimento di $10.000 in AMP si sarebbe trasformato in $45.500, per un rendimento totale del 355%.

A contribuire a questo risultato c’è anche la politica di ritorno del capitale agli azionisti: nel 2024, l’azienda ha riacquistato azioni proprie per un valore di 2,2 miliardi di dollari e ha distribuito 600 milioni in dividendi. Il buyback riduce la quantità di azioni in circolazione, migliorando la redditività per azione e sostenendo il prezzo del titolo.

Un confronto che parla da sé

Rispetto ai principali competitor, AMP si distingue chiaramente. Il rendimento totale a cinque anni è del 373,6%, con un ROE del 68,3%, nettamente superiore a società come Charles Schwab, State Street e Bank of New York Mellon. Anche rispetto a colossi come JPMorgan, Goldman Sachs o Morgan Stanley, AMP mantiene un vantaggio strutturale, grazie a un focus più mirato e a una diversa composizione del business.

Ottime prospettive per il 2025

Guardando avanti, AMP si presenta al 2025 con forte slancio. L’incremento degli AUM continuerà a generare ricavi ricorrenti, mentre la rete dei consulenti potrà cogliere le opportunità legate a nuovi scenari normativi – come le possibili riforme fiscali – che spingeranno molti clienti a cercare supporto professionale.

Con l’inflazione in calo (CPI al 2,8% a marzo) e le prospettive di tagli dei tassi d’interesse, si prevede un miglioramento del clima economico generale. Questo potrebbe dare ulteriore impulso ai mercati finanziari e al valore degli asset gestiti da AMP.

Rischi da monitorare

Naturalmente, non mancano i rischi. Le incertezze legate alle guerre commerciali, alla geopolitica e ai timori di una recessione potrebbero rallentare il flusso di nuovi investimenti, riducendo temporaneamente il valore degli AUM e, quindi, le commissioni.

Conclusione

In sintesi, AMP si conferma un titolo di qualità per chi punta su strategie “buy and hold” di lungo termine. Il suo modello di business è collaudato e vincente, con performance superiori al mercato, un’ottima redditività e una lunga storia di crescita dei dividendi.

Il 2024 ha dimostrato che Ameriprise Financial è capace di navigare anche contesti complessi, continuando a generare valore. E con le prospettive positive per il 2025, il titolo offre un’opportunità interessante per investitori pazienti e orientati alla crescita.

JPMorgan: una banca solida, resiliente e ben posizionata per il futuro

JPMorgan Chase & Co. (JPM) ha pubblicato venerdì mattina i risultati finanziari del primo trimestre 2025, superando ampiamente le aspettative del mercato e confermando ancora una volta il suo ruolo di leadership tra le grandi banche globali. L’istituto guidato da Jamie Dimon ha mostrato un’eccellente redditività, una resilienza operativa invidiabile e una solidità patrimoniale che la collocano tra le aziende meglio posizionate per affrontare le sfide e cogliere le opportunità future.

Risultati superiori alle attese e crescita diversificata

I ricavi totali si sono attestati a 45,3 miliardi di dollari, in crescita dell’8% su base annua e superiori del 4% rispetto alle stime di consenso. L’utile per azione ha sorpreso positivamente, superando le aspettative del 6%. È la quinta volta consecutiva che JPMorgan batte le previsioni degli analisti, dimostrando che Wall Street tende ancora a sottovalutare la forza di questa macchina da profitti. Il mercato ha reagito prontamente a questi numeri solidi, con il titolo in rialzo del 3% subito dopo l’annuncio.



Entrando nel dettaglio delle singole divisioni, l’attività di Consumer & Community Banking ha visto prestiti medi in leggera crescita (+1% a/a), a fronte di un calo contenuto dei depositi. Tuttavia, si è registrato un aumento degli investimenti da parte dei clienti, probabilmente per approfittare della correzione di mercato e della possibile svolta nella politica monetaria. L’unità ha dovuto affrontare maggiori accantonamenti per perdite su crediti (+37% a/a), in linea con un approccio prudenziale in vista di possibili turbolenze macroeconomiche, portando l’utile netto in calo dell’8% su base annua.

Molto positivi i numeri del segmento Corporate & Investment Banking, dove le commissioni da investment banking sono aumentate del 12% a/a, grazie anche al clima favorevole alle operazioni di M&A sotto la nuova amministrazione. I ricavi da attività di mercato e titoli sono cresciuti del 19%, raggiungendo quasi 11 miliardi di dollari. Anche in presenza di maggiori accantonamenti, l’utile netto del comparto è comunque cresciuto del 5%.

Brillante anche la divisione Asset & Wealth Management, che ha segnato la miglior performance relativa del trimestre: ricavi netti in aumento del 12% e patrimonio gestito in crescita del 15%. Grazie alla leva operativa, l’utile netto è salito del 23% a/a, confermando l’elevata efficienza della struttura.

Solida posizione patrimoniale e rendimenti generosi per gli azionisti

Il Common Equity Tier 1 (CET1) ratio si è attestato al 15,4%, un livello elevato che garantisce ampia flessibilità strategica e un rischio sistemico contenuto. La banca ha restituito agli azionisti 11 miliardi di dollari nel trimestre, tra cui oltre 7 miliardi in riacquisti azionari – una scelta particolarmente intelligente in un momento in cui il titolo è tornato su valutazioni più attraenti. Con il prezzo delle azioni sceso sotto i 230 dollari (dai massimi di oltre 280), i buyback risultano ancora più accrescitivi per l’utile per azione, e potrebbero accelerare nel corso dell’anno.

Il dividendo trimestrale è stato aumentato del 12%, portando il dividend yield attuale a circa il 2,5%. Un ulteriore segnale della fiducia del management nella redditività sostenibile del business.



Contesto macro e valutazione: solidità a sconto

Le attuali tensioni geopolitiche e commerciali (Ucraina, Medio Oriente, dazi USA) aumentano l’incertezza globale, ma JPMorgan si dimostra ben equipaggiata per affrontare ogni scenario. L’aumento degli accantonamenti per perdite su crediti (da 1,9 a 3,3 miliardi di dollari su base annua) rappresenta una scelta prudente, non un segnale di debolezza. La banca si prepara così a eventuali turbolenze, senza sacrificare la crescita e la redditività.

Sul fronte valutativo, JPMorgan appare oggi ben più interessante: con un utile per azione nel primo trimestre pari a 4,91 dollari, e previsioni 2025 di EPS attorno a 18,30 dollari, il titolo scambia a meno di 13 volte gli utili attesi – in linea con la media storica dell’ultimo decennio e ben al di sotto dei livelli di inizio anno. Il rapporto prezzo/valore contabile resta superiore a quello dei competitor, ma è giustificato dalla qualità superiore dell’istituto.

Conclusione: qualità che si paga... ma meno di prima

JPMorgan non è un titolo “value” nel senso stretto del termine, ma rappresenta un investimento di qualità, oggi disponibile a un prezzo più conveniente. I risultati del primo trimestre sono stati solidi su tutta la linea, la banca continua a generare elevati ritorni sul capitale (ROE al 18%) e vanta una flessibilità operativa, patrimoniale e strategica che la distingue nettamente dal resto del settore.

In un contesto incerto, JPMorgan offre ciò che gli investitori a lungo termine cercano: solidità, leadership, redditività e disciplina. Le attuali flessioni rappresentano più un’opportunità che un rischio. Un titolo da tenere… o da comprare con convinzione.

martedì 1 aprile 2025

Una soluzione per ogni scenario, non temere il panico.

I mercati stanno scendendo da più di un mese, con solo una breve parentesi di resistenza degli investitori, quella speranza che la politica di Trump fosse una farsa o che si potesse risolvere diplomaticamente.


I timori di un'escalation della guerra commerciale, alimentati da una serie di nuovi dazi annunciati da Donald Trump questa settimana, certamente non aiutano.


Le azioni asiatiche ed europee registrano bruschi cali insieme ai futures statunitensi, accelerando una svendita iniziata settimane fa, dopo che Trump ha dichiarato che i dazi reciproci degli Stati Uniti, che dovrebbe annunciare il 2 aprile, si applicheranno a livello globale.


"Si inizierà con tutti i paesi, poi vedremo cosa accadrà", ha detto Trump ai giornalisti sull'Air Force One domenica.


La scorsa settimana aveva accennato a concessioni per alcuni paesi.


Ma questa non è politica, non è una programmazione, questi sono "umori" del presidente dell'economia più forte del mondo, che minaccia.


Abbiamo sempre sostenuto che non sappiamo cosa potrebbe accadere se Trump non comincia a seguire una logica politica.


Ora, la domanda che ti potresti porre è: Cosa mi devo aspettare da questo mercato?


Qualche settimana fa probabilmente non era possibile, ma oggi possiamo considerare anche la possibilità di essere di fronte a una potenziale recessione.


Quanto possa durare e di che profondità, ovviamente, è impossibile da prevedere.


L'unica cosa su cui dobbiamo lavorare sono le strategie per i 3 possibili scenari:

  1. Mercato rialzista (10% - poco probabile)
  2. Media/forte correzione (40% - probabile)
  3. Recessione (40% - probabile)

Vorrei trasmetterti la mia calma in questo momento di incertezza.


Riesco a mantenere un distacco emotivo quando analizzo i mercati finanziari (una qualità essenziale per svolgere questo lavoro), ma comprendo perfettamente che tu possa provare preoccupazione per ciò che potrebbe accadere al tuo capitale.


Quello che posso dirti è che l'unica cosa da fare è avere le idee ben chiare su come posizionarsi in base agli scenari.


È necessario potenziare i portafogli e muoversi strategicamente per sfruttare le numerose opportunità che questo tipo di mercato offre.


Qualora dovessero concretizzarsi gli scenari 2 e 3, ovvero media/forte correzione o recessione, voglio condividere gli errori di gestione del portafoglio che la maggior parte degli investitori commette e che ti esorto a evitare, perché può fare la differenza tra subire perdite significative o proteggere il proprio capitale e sfruttare le opportunità.


Ecco cosa non bisogna fare:


1. Vendere in panico

  • Errore: Uscire dal mercato dopo un forte calo per paura di ulteriori perdite.
  • Motivo: Storicamente, i mercati tendono a riprendersi nel lungo periodo. Vendere nei momenti di panico significa spesso realizzare perdite e perdere la successiva ripresa.
  • Cosa fare invece: Se il portafoglio è ben costruito, mantenere la calma e seguire una strategia disciplinata.

2. Non diversificare il portafoglio

  • Errore: Avere tutti gli investimenti concentrati in un unico settore o classe di asset.
  • Motivo: Durante una recessione, alcuni settori soffrono più di altri (ad esempio, finanza e lusso), mentre altri resistono meglio (beni di prima necessità, sanità, oro).
  • Cosa fare invece: Diversificare tra settori, asset class (azioni, obbligazioni, materie prime) e aree geografiche.

➡️ Per questo nei portafogli modello qualora si verificassero gli scenari citati inseriremo altri strumenti difensivi che non siano azioni (per poi passare al 100% azionario quando si tornare a vedere un mercato in rialzo)


3. Ignorare la liquidità

  • Errore: Essere completamente investiti senza riserve di liquidità.
  • Motivo: In una recessione, possono emergere opportunità d'acquisto a prezzi scontati o necessità di liquidità per imprevisti.
  • Cosa fare invece: Mantenere una quota di liquidità o investire in strumenti facilmente liquidabili come obbligazioni a breve termine.

➡️ Con i nostri clienti in consulenza personalizzata e nei portafogli modello aumenteremo la liquidità per essere pronti a cogliere nuove opportunità.


4. Comprare titoli economici senza analisi

  • Errore: Pensare che tutte le azioni in calo siano un'opportunità d'acquisto.
  • Motivo: Alcune aziende in difficoltà potrebbero non sopravvivere alla recessione (es. settori altamente indebitati o ciclici).
  • Cosa fare invece: Analizzare la solidità finanziaria delle aziende prima di investire, privilegiando bilanci sani e flussi di cassa positivi.

5. Cercare di "cronometrare" il mercato

  • Errore: Cercare di vendere ai massimi e rientrare ai minimi, pensando di anticipare il mercato.
  • Motivo: È quasi impossibile prevedere con precisione i movimenti del mercato e si rischia di perdere i giorni migliori della ripresa.
  • Cosa fare invece: Seguire il tuo piano d'investimento e continuare a investire con regolarità. Concentrati sugli obiettivi a lungo termine invece di farti distrarre dalle oscillazioni quotidiane del mercato

6. Ignorare gli investimenti difensivi

  • Errore: Non avere asset rifugio nel portafoglio.
  • Motivo: Durante le recessioni, alcuni investimenti tendono a reggere meglio (oro, titoli di Stato, azioni difensive).
  • Cosa fare invece: Allocare una parte del portafoglio in asset meno volatili come beni rifugio o obbligazioni di alta qualità, cosa che faremo anche nei portafogli modello.

7. Dimenticare il lungo termine

  • Errore: Cambiare la propria strategia d'investimento a causa della volatilità di breve termine.
  • Motivo: Le recessioni fanno parte del ciclo economico, ma la crescita storica del mercato azionario premia chi investe nel lungo termine.
  • Cosa fare invece: Avere un orizzonte temporale chiaro e rimanere fedeli alla propria strategia di investimento.

Prima di concludere, con il nostro Centro Studi ci stiamo muovendo da settimane per apportare modifiche a tutti i portafogli ed essere pronti a qualsiasi scenario... ma serve anche il tuo aiuto!


Non farti prendere dall'ansia o dal panico, segui le nostre indicazioni.


La situazione si evolverà per il meglio, come sempre è accaduto.


Ci vuole sangue freddo: acquisteremo buone opportunità se il mercato scenderà ulteriormente, e se così non fosse avremo comunque buona liquidità per fare acquisti intelligenti in società con buona redditività e forza finanziaria per affrontare i momenti negativi del mercato.


Una soluzione per ogni scenario.


Ricordati... i migliori affari (portarsi a casa soldi) si fanno in questi momenti, quando tutti hanno paura.


Prima di salutarti, ti ricordo che questo giovedì terrò una diretta streaming aperta a tutti gli investitori.


Fornirò un aggiornamento completo sulla situazione dei mercati e sulle strategie da adottare in questo momento delicato.


Iscriviti alla mia newsletter se vuoi ricevere la comunicazione

O segui la diretta a questo link 
https://www.youtube.com/live/QUXV49fqCRw


A presto, 

Giuseppe Pascarella


PS: Se hai timore per quello che può succedere e vuoi confrontarti con noi, puoi prenotare una consulenza gratuita per analizzare insieme la tua situazione, cliccando qui!

NVDA non ha ancora terminato la sua età dell'Oro AI

Nonostante le azioni di Nvidia (NASDAQ: NVDA) abbiano registrato un calo dall'inizio dell'anno a causa della generale flessione del mercato, considero ancora l'azienda come una delle migliori opportunità di investimento, specialmente ai prezzi attuali. Sebbene i rischi macroeconomici siano considerevoli, la domanda di chip per l'intelligenza artificiale sembra destinata a rimanere elevata, poiché i principali colossi tecnologici stanno investendo cifre record per potenziare le loro capacità nel settore dell'AI. Grazie alla sua posizione dominante nel mercato dei chip AI, Nvidia ha diversi fattori di crescita che ne fanno un'ottima scelta per il portafoglio di un investitore.

Il Mercato Sta Esagerando

Nel mio precedente articolo su Nvidia, pubblicato a febbraio prima dei risultati del quarto trimestre, avevo evidenziato come le preoccupazioni sulla crescita dei modelli linguistici AI cinesi fossero esagerate e come la flessione delle azioni della società fosse una reazione eccessiva del mercato. Da allora, il titolo ha perso circa il 15%, ma continuo a credere che le opportunità di crescita siano numerose e che il potenziale rialzista sia ancora significativo.

I risultati finanziari del quarto trimestre confermano questa visione. Le entrate sono aumentate del 78% rispetto all'anno precedente, raggiungendo i 39,33 miliardi di dollari, superando le stime degli analisti di 1,17 miliardi di dollari. Anche la performance degli utili è stata solida, con un utile per azione non-GAAP di 0,89 dollari, sopra le aspettative di 0,04 dollari.

Ancora più importante, la previsione di fatturato per il primo trimestre è stata fissata a 43 miliardi di dollari, superando le stime di 42,05 miliardi di dollari, segno che la domanda per i suoi chip, come quelli della serie Blackwell, resta elevata. Anche se permangono rischi macroeconomici, la rivoluzione dell'intelligenza artificiale è tutt'altro che conclusa e Nvidia continua a essere il principale beneficiario di questa espansione.

Crescita Esplosiva e Domanda Costante

Rispetto ai suoi principali competitor, Nvidia domina il mercato. AMD prevede ricavi per 7,1 miliardi di dollari nel primo trimestre, mentre Intel oscilla tra 11,7 e 12,7 miliardi. Questo significa che Nvidia, in un solo trimestre, genera quanto i suoi concorrenti riescono a ottenere in più trimestri o addirittura in un anno intero.

Secondo le previsioni, il mercato dell'AI crescerà con un tasso annuo composto del 36,99% nei prossimi anni, il che potrebbe portare Nvidia a superare anche le previsioni più ottimistiche. Le vendite di semiconduttori sono rimaste solide nonostante le tensioni geopolitiche e macroeconomiche. Persino TSMC ha registrato un forte aumento dei ricavi annuali e ha annunciato un investimento da 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti per la costruzione di nuovi impianti, segnale che la domanda di chip AI resterà elevata.



Per mitigare i rischi geopolitici e commerciali, Nvidia sta pianificando un'importante espansione negli Stati Uniti. Jensen Huang, CEO dell'azienda, ha dichiarato che la costruzione di data center raggiungerà il valore di 1.000 miliardi di dollari entro la fine del decennio, mentre le grandi aziende tech stanno acquistando GPU Blackwell a un ritmo senza precedenti.

Un 2025 da Record

Il 2025 si preannuncia come un anno eccezionale per Nvidia. I giganti della tecnologia stanno aumentando in modo significativo i loro investimenti nel settore AI:

  • Meta Platforms prevede una spesa tra i 60 e i 65 miliardi di dollari in capitale, rispetto ai 37,26 miliardi del 2024.

  • Amazon spenderà circa 100 miliardi di dollari nel 2025, in aumento dagli 83 miliardi del 2024.

  • Google prevede investimenti per 75 miliardi di dollari nel 2025, rispetto ai 52,54 miliardi del 2024.

Con Nvidia leader nel mercato dei chip AI, la società è ben posizionata per trarre il massimo vantaggio dall'aumento degli investimenti tecnologici e generare ulteriore valore per gli azionisti.

Quanto Vale Nvidia Oggi?

A seguito della recente flessione del titolo, le azioni di Nvidia sono ora più attraenti per gli investitori. Il mio ultimo modello di valutazione DCF, aggiornato dopo gli ultimi dati di bilancio, suggerisce che il fair value del titolo sia di 180,06 dollari per azione, con un potenziale di rialzo del 65% rispetto ai prezzi attuali.

Le mie stime si collocano leggermente al di sopra del consensus degli analisti, che valuta Nvidia a 171,01 dollari per azione. Tuttavia, considerando che Nvidia ha superato le aspettative di mercato negli ultimi sette trimestri, ritengo che le previsioni degli analisti siano ancora troppo conservative e che ulteriori revisioni al rialzo siano probabili.

I Rischi da Considerare

Nonostante le ottime prospettive di crescita, Nvidia affronta anche alcune sfide significative:

  1. Restrizioni all'export: Le vendite nei data center cinesi non si sono ancora riprese dalle limitazioni imposte dagli Stati Uniti e potrebbero peggiorare con ulteriori restrizioni commerciali.

  2. Politiche commerciali di Trump: Se gli Stati Uniti imponessero dazi sui chip importati o revocassero i sussidi dell'industria semiconduttori, la crescita di Nvidia potrebbe rallentare.

  3. Rischio geopolitico su Taiwan: Un'eventuale invasione di Taiwan da parte della Cina metterebbe in seria difficoltà Nvidia, che dipende fortemente dalla produzione di TSMC.

Conclusione: Nvidia Resta un Ottimo Investimento

Nel breve termine, il titolo di Nvidia potrebbe subire ulteriori pressioni dovute ai rischi macroeconomici, ma nel lungo periodo la crescita aggressiva dell'azienda dovrebbe permettere un recupero significativo. Con una posizione di dominio nel mercato AI e una domanda in continua espansione, Nvidia rimane una delle migliori opportunità di investimento a lungo termine. Per me, il titolo è ancora un forte BUY.