Uber ha registrato una crescita modesta del 5,2% negli ultimi 12 mesi, nonostante fondamentali in forte miglioramento: i ricavi sono aumentati del 18% e il flusso di cassa è salito del 105%. Numeri che parlano chiaro. Tuttavia, il prezzo delle azioni è stato frenato dai timori legati alla concorrenza emergente nel settore del ride sharing, in particolare dai veicoli autonomi come Waymo e i robotaxi di Tesla.
Ma riflettiamo. Questi timori, se analizzati a fondo, sembrano più un'esagerazione che una minaccia reale. E in questa discrepanza tra percezione e realtà si cela una concreta occasione d'investimento.
Prima di tutto non possiamo non parlare dei dazi.
Nessun problema per Uber
Un elemento poco considerato è che Uber è praticamente immune all'impatto dei nuovi dazi proposti da Trump. A differenza di Tesla, Hyundai e di molti altri produttori del settore automobilistico, Uber non produce veicoli.
Questo significa che non dovrà sostenere costi aggiuntivi legati all’importazione di componenti o all’aumento del prezzo delle auto. Anzi, il rincaro del costo di proprietà di un’auto potrebbe spingere ancora più persone verso soluzioni di mobilità on demand come Uber, soprattutto nelle aree urbane dove il possesso di un’auto è già meno diffuso.
Il grande malinteso è credere che Uber non sia preparata per la transizione verso i veicoli autonomi. In realtà, Uber ha già costruito un solido network di collaborazioni strategiche con alcuni dei principali player nel settore delle auto a guida autonoma, tra cui Waymo, Aurora, Volvo, Toyota, Daimler, Nuro e altri. Non ha bisogno di Tesla per vincere questa partita: Uber si sta già posizionando come la piattaforma che aggrega la domanda per chiunque sviluppi tecnologia autonoma.
Basti pensare alla recente espansione della partnership con Waymo, ora attiva anche ad Austin e Atlanta. Uber è molto più di un'app: è una piattaforma costruita su una tecnologia sofisticata, affinata in 15 anni, che riesce a connettere passeggeri e autisti in pochi secondi con logiche di ottimizzazione dinamica difficili da replicare.
Questo le ha permesso di creare un fossato economico enorme. Oltre alla tecnologia, Uber gestisce tutto l’ecosistema operativo: pagamenti, assistenza clienti, normative, sicurezza, prevenzione delle frodi. Elementi che sembrano marginali, ma che fanno una differenza enorme nella scalabilità del servizio. Pensare che un concorrente possa entrare e sottrarre rapidamente quote di mercato è un’ipotesi poco realistica.
Anche i numeri aiutano a fare chiarezza: secondo McKinsey, entro il 2030 il mercato dei veicoli autonomi potrebbe valere 400 miliardi di dollari, con circa 3,4 milioni di veicoli AV in circolazione ogni giorno. Se Tesla riuscisse ad arrivare a 100.000 veicoli in quegli anni (come stimato), avrà comunque una quota minoritaria del mercato. Il resto sarà contendibile, e Uber è ben posizionata per trarne vantaggio.
Ovviamente esistono dei rischi, come sempre. Se Tesla dovesse diventare l’attore dominante nel settore AV, Uber potrebbe essere costretta a reinventarsi più in fretta. Oppure, se le tariffe sulle importazioni spingessero le persone a orientarsi in massa verso i trasporti pubblici, il ride sharing potrebbe crescere a un ritmo più contenuto. Tuttavia, nessuno di questi scenari rappresenta una minaccia esistenziale, bensì una sfida adattiva in un contesto in continua evoluzione.
I mercati spesso reagiscono in modo eccessivo alla paura dell'ignoto. Ma proprio in quei momenti si nascondono le migliori opportunità.
Uber è una piattaforma robusta, con una tecnologia raffinata, partnership solide e una posizione di leadership nel ride sharing difficile da scalzare. La concorrenza non è una condanna, ma un’evoluzione del mercato nella quale Uber è pronta a giocare un ruolo da protagonista. Oggi, Uber sembra essere esattamente quel tipo di investimento che, tra qualche anno, molti rimpiangeranno di non aver colto.

