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lunedì 5 novembre 2018

Analisi di una delle migliori società italiane, La Doria

Ad Angri, in provincia di Salerno, area caratterizzata all'epoca dalla coltivazione intensiva del pomodoro, in particolare del tipo San Marzano, nel 1954 Diodato Ferraioli fonda La Doria con al fianco la moglie Anna.

Nel 1957 Viene registrato il marchio La Doria, per la vendita sul mercato italiano dei pelati e del concentrato di pomodoro. L'azienda inizia a esportare anche negli Stati Uniti con i marchi degli importatori americani. Con gli anni viene sempre più sviluppata la produzione di conserve alimentari, che vengono commercializzate in diversi paesi europei, in Italia con marchi propri, mentre all'estero il prodotto porta le cosiddette "private labels", marchi di proprietà di terzi, in particolare grandi catene di distribuzione al dettaglio.

Tra gli anni '80 e '90, La Doria Spa ha realizzato un importante piano d'espansione: attraverso l'ammodernamento degli impianti, la diversificazione dei prodotti e dei mercati raddoppiando la propria capacità produttiva.

La Doria Spa è un'azienda italiana, leader sul mercato nazionale, per la produzione e la commercializzazione di prodotti derivati dal pomodoro e di legumi in scatola. Sempre sul territorio, è il secondo produttore di succhi di frutta e tra gli altri prodotti tratta anche la pasta in scatola.



Ad inizio del 2000 la Doria rileva dalla Star il sito produttivo di Sarno: un'area industriale di 195.000 mq dove trovano posto nuovi impianti, linee di confezionamento e un'area di stoccaggio. Parte quindi un piano di investimenti di oltre 70 miliardi di lire volto all'espansione dei volumi, all'efficienza e alla riduzione dei costi di produzione, che coinvolge tutti gli stabilimenti e particolarmente quello di Sarno. Nello stesso anno controlla indirettamente Eugea Mediterranea, aumentando del 30% la capacità produttiva nei derivati del pomodoro.

Grazie ai volumi elevati, alla leadership nei costi, all'ampio range produttivo, all'ottimo rapporto prezzo/qualità/servizio, l'azienda è fornitore di catene quali Tesco, Sainsbury, Morrison, Asda/Wal-Mart, Lidl, Aldi, Ahold, Danske Supermarket, ICA all'estero e Conad, Carrefour, Auchan e Selex in Italia e vanta una presenza consolidata in Gran Bretagna, Paesi Scandinavi, Germania, Australia e Giappone.

Fondamentali solidi e stime individiabili

L'esercizio 2017 per il Gruppo La Doria si e? chiuso con risultati piu? che soddisfacenti poiche?, oltre a mostrare un miglioramento rispetto al 2016, tali risultati si sono rilevati di gran lunga superiori alle previsioni. I ricavi consolidati sono stati pari a 669,1 milioni di euro, +2.4% (653,1 milioni nel 2016), +6.2% a parita? di cambio.

L'Ebitda ha raggiunto i 60,1 milioni, +6.7% (56.3 milioni nel 2016). L'Ebitda margin è salito dall'8.6% al 9%. L'utile netto pari a 30,4 milioni, -9.8% (33.7 milioni nel 2016 che aveva beneficiato del positivo effetto di proventi su cambi per 8.9 milioni). L'indebitamento netto è in riduzione a 98,1 milioni dai 104,8 milioni al 31/12/2016.

La società ha stilato un Piano Industriale 2018-2021 in cui si pone l'obiettivo di rafforzare la leadership del Gruppo nel mercato delle private labels e di porre le basi per cogliere le sfide e le opportunità di un mercato sempre più competitivo, in un contesto macroeconomico ancora sfidante. La strategia poggia su due punti fondamentali: l'aumento dei ricavi e l'ulteriore miglioramento della marginalità.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati le azioni strategiche si baseranno principalmente su quattro elementi chiave:

  • L'espansione delle linee di prodotto a più alto valore aggiunto e redditività
  • Lo sviluppo del segmento premium e bio
  • L'ampliamento dell'estensione geografica del mercato in aree con potenziale di sviluppo o sottorappresentate e rafforzamento delle posizioni nei mercati storici del Gruppo e l'ingente piano di investimenti volto all'aumento della capacità produttiva, alla razionalizzazione dei siti industriali, all'aumento dell'efficienza e alla riduzione dei costi.

    Ancora crescita estera nel futuro

    Nel primo semestre 2018 sono aumentati il fatturato e i volumi venduti, la redditività è rimasta stabile nonostante l'inasprimento dello scenario competitivo. I ricavi consolidati si sono attestati a 349.3 milioni di euro (+2.5% sullo stesso periodo del 2017). A cambi costanti, il fatturato sarebbe pari a 353,6 milioni di euro (+3.7%). L'80,3% delle vendite sono state realizzate all'estero (+6,8%), mentre il peso del mercato domestico è stato del 19,7% con ricavi in flessione del 7,4%.

    In un contesto di mercato caratterizzato da una concorrenza molto accesa, anche per il secondo semestre 2018, La Doria punterà sull'aumento delle quote di mercato attraverso l'incremento dei volumi di vendita. Nel primo semestre dell'anno, è stato avviato un ingente piano quadriennale di investimenti da circa 115 milioni di euro per l'aumento della capacità produttiva nelle categorie di prodotto a più alto valore aggiunto e con maggiori tassi di crescita potenziali, come i sughi pronti.

    Il piano consentirà di consolidare i vantaggi competitivi dell'azienda. I vertici dell'azienda, prevedono di chiudere l'esercizio in corso con ricavi in aumento, grazie all'incremento dei volumi di vendita. Al contrario, la marginalità è prevista in calo rispetto al 2017, in quanto l'aumento dei prezzi di vendita mitigherà solo in parte l'impatto dell'incremento dei costi di produzione sull'Ebitda della "linea derivati del pomodoro". La Doria ha aggiunto che sul secondo semestre influiranno i primi effetti della difficile campagna di trasformazione del pomodoro estate 2018 (in via di conclusione).

    La società è quotata alla Borsa valori di Milano dal 1995, nel segmento STAR. Negli ultimi 4 anni il titolo è salito del +113%.
  • mercoledì 17 ottobre 2018

    Luxottica, futuro roseo per il meglio del lusso italiano

    Luxottica (LUX.MI) è un'azienda che si occupa di occhiali, fondata ad Agordo nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, nella zona del bellunese, dove ancora risiedono i principali impianti produttivi, si trova al centro del cosiddetto "distretto di eccellenza dell'ottica italiana".

    Luxottica inizialmente produceva semilavorati per altri produttori che poi assemblavano gli occhiali finiti. Nel 1967 il fondatore decide di non limitarsi più alla produzione di parti per conto terzi ma di produrre gli occhiali completi, con il marchio Luxottica. La scelta è indovinata e le attività vanno molto bene, tanto che quattro anni dopo decide di dedicarsi unicamente alla produzione di occhiali finiti.

    Importanti acquisizioni

    Nel 1995 l'azienda acquisisce la catena di negozi di ottica statunitensi LensCrafters. Alla fine degli anni '90 la statunitense Ray-Ban, di proprietà della multinazionale Bausch&Lomb. Tra il 2001 e il 2013 effettua una serie di acquisizioni di marchi tra cui Sunglass Hut International, Oakley e da Versace e Italo Cremona (azienda della quale era uno spin off) la I.C. Optics.

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    Dieci anni più tardi Luxottica acquisisce il controllo di Glasses.com, piattaforma americana per la vendita di occhiali online, e il 24 marzo 2014 annuncia un accordo con Google per un nuovo modello di occhiali. Luxottica è oggi una delle più grandi aziende al mondo per gli occhiali di lusso e da sole, e produce montature per marchi quali Vogue, Prada e Chanel. Tre mesi fa ha annunciato l’acquisizione di Barberini, il più importante produttore al mondo di lenti da sole in vetro ottico. Con questa acquisizione del valore di circa 140 milioni di euro, il gruppo consolida la sua strategia di focalizzazione su poli produttivi di eccellenza e sul 'made in Italy'.

    Il modello di business di Luxottica è originale e basato sull'integrazione verticale: circa il 90% del processo produttivo è completato internamente. Inoltre la società ha un forte radicamento con il territorio, tanto che in tempi di delocalizzazione alcune attività produttive sono state spostate in controtendenza dall'estero alle sedi italiane.

    L'azienda che da valore al dipendente

    Il premio di risultato più alto della storia italiana è andato a tutti, nessuno escluso, i dipendenti Luxottica: dipendenti del gruppo e contratti a termine, part time, fino agli interinali, che hanno ricevuto anch'essi parte del premio. Un riconoscimento anche a quei contratti che ormai sono sempre più presenti nel mondo del lavoro e che spesso sono fuori da ogni meccanismo di premiazione. In tutto 8.800 lavoratori hanno incassato fino a 3.000 euro come premio di produzione, frutto nel contratto integrativo firmato insieme ai sindacati nel 2015.

    Il premio è arrivato nel cedolino di luglio e il valore medio è stato di 2.042 euro. Il segreto è nel meccanismo sul quale è stato impostato il premio. Si tiene conto di parametri quali il livello di assenteismo, l'anzianità aziendale, la presenza dei sabati di flessibilità nelle fabbriche, l'adesione ai progetti sulla sicurezza, oltre alla qualità dei comportamenti positivi in termini di risparmio energetico, compreso il minor numero di spreco di carta negli uffici.

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    D'altra parte Luxottica, da tempo va incontro alle esigenze dei propri dipendenti e pratica la flessibilità del lavoro. Fu la prima nel 2015 a introdurre la banca etica delle ore, quel meccanismo che consente a ogni dipendente di donare una parte o tutte le ore accantonate a favore dei colleghi che ne abbiano bisogno. Una "banca" alla quale contribuisce anche l'azienda.

    Una strada per conciliare i tempi di lavoro e di vita di chi partecipa al processo produttivo. Anche la flessibilità nell'orario di lavoro, come la mobilità all'interno dei singoli stabilimenti, sono tutti meccanismi che rispondono alle esigenze di far fronte ai picchi di produzione potendo contare sui dipendenti, ai quali viene però riconosciuta una certa flessibilità sull'orario, sui turni di lavoro, senza tralasciare un programma di welfare che comprende dall'asilo nido ai trasporti, ampliato ultimamente con agevolazioni, soprattutto in ambito sanitario e sociale.

    Con un occhio di riguardo per i bambini, gli over 50 e gli anziani. Ecco quindi che, con una convenzione con il Comune di Agordo, le porte dell'asilo municipale si apriranno per un ampio spettro di circostanze, sia in termini di orari, che di giorni, che di persone non direttamente collegate con l'azienda. Per gli anziani affetti da morbo di Alzheimer, invece, è in previsione un centro di accoglienza diurna.

    Ancora, per tutti i dipendenti con più di 50 anni (e tra 6 mesi per quelli con più di 40), possibilità di effettuare un check-up sanitario dagli esami standard, all'elettrocardiogramma, a un paio di visite specialistiche a scelte. Il tutto, gratuitamente, potendo scegliere equamente tra una struttura privata o quella pubblica.

    Strategica fusione

    Il 16 gennaio 2017 Luxottica ha annunciato la fusione con la francese Essilor (EI.PA), leader mondiale delle lenti da vista. Le due società diventano un colosso dell'occhialeria da oltre 16 miliardi di fatturato e 57 di capitalizzazione, con più di 140.000 dipendenti e vendite in oltre 150 Paesi di nome "EssilorLuxottica".

    L'operazione resta ancora in attesa di un unico via libera, quello dell'autorità antitrust turca, che non è tuttavia vincolante per la buona riuscita del matrimonio tra i due gruppi. L'antitrust cinese ha approvato la fusione, ponendo però alcune condizioni. Una delle numerose restrizioni indicate dall'Autorità di Pechino è che l'azienda che nascerà dalla fusione non venda prodotti di occhialeria a un prezzo più basso dei costi senza una ragione motivata. In più non potrà vietare ai venditori di occhiali cinesi di vendere i prodotti dei concorrenti, ad eccezione degli store monomarca e di quelli in franchising.



    Il cda unico sarà per metà espressione del socio italiano e per metà di quello francese, con Del Vecchio presidente esecutivo e Hubert Sagnieres, numero uno di Essilor, vice presidente esecutivo con gli stessi poteri. La sede della holding è Parigi mentre per ora resta quotata a Milano la "vecchia" Luxottica spa, ma in futuro in Piazza Affari potrebbe arrivare l'holding per una doppia quotazione, che quindi esclude uno sbarco a New York, Borsa tra l'altro lasciata di recente proprio da Luxottica.

    Solidi fondamentali

    Luxottica, ha chiuso il secondo trimestre con un fatturato a 2,417 miliardi di euro, in crescita dell'1,4% solo considerando i cambi costanti. A cambi correnti, però, il fatturato risulta in calo del 4,9%. Il primo semestre si attesta così a 4,55 miliardi (+0,3% a cambi costanti, -7,7% correnti). L'utile operativo al netto delle componenti straordinarie è stato pari a 781 milioni (+0,5% a cambi costanti, -13,1% correnti), mentre l'utile netto si è attestato a 530 milioni (+9,8% a cambi costanti, -5,7% correnti). Confermato l'outlook 2018.

    Dal 1990 Luxottica è quotata in borsa a New York, e dal 2000 a Milano, da allora il titolo è cresciuto del 210% circa. Pur essendo quotata in borsa, però Luxottica rimane saldamente in mano al suo fondatore, Leonardo Del Vecchio, che possiede il pacchetto di controllo del capitale.

    venerdì 2 marzo 2018

    Elezioni italiane, come incideranno i risultati sui mercati

    L’Italia si prepara ad andare alle urne Domenica 4 Marzo, tra incertezze, colpi di scena, baruffe elettorali e sciocchezze mediatiche, tracceremo un profilo economico di quello che potrebbe accadere ai mercati europei ipotizzando vari scenari, la vittoria della destra, della sinistra o l’incertezza. Nonostante le parziali differenze rispetto al referendum del 2016, che aveva evidenziato notevoli problematiche e questioni irrisolte a livello costituzionale, le elezioni sono sicuramente foriere di un elemento d’incertezza.

    Seguendo il percorso elettorale dei candidati a premier sorgono certamente dei dubbi, il problema più grande che abbiamo riscontrato è sicuramente il fatto che la politica sia cambiata, in modo drammatico, verso una comunicazione “spazzatura”. Promesse che non possono essere mantenute, questo è il pericolo più grande, un paese che non si rende conto che invece di suggerire programmi fattibili, i candidati sono più propensi a farsi guerra a suon di colpi “a chi la spara più grossa”. Speriamo che l’italiano medio sia talmente intelligente da capire l’enormità di spazzatura che è stata promulgata negli ultimi 30 giorni e scelga con saggezza e consapevolezza che qualsiasi partito vinca, non potrà mai ripagarci con le promesse fatte, ergo vinca “il male minore”.

    La situazione attuale

    Tralasciando gli aspetti elettorali e concentrandoci su quelli puramente economici, cosa dobbiamo aspettarci dai mercati dopo il voto? Il timore più grande è sicuramente un cambiamento radicale alla politica attuale, anche se non propriamente amata, quella di Gentiloni ha saputo alzare le stime di crescita del paese, un PIL in salita, società competitive a livello mondiale ed esportazioni in aumento. In poche parole sembra che la classe imprenditoriale italiana, ancora una volta, sia riuscita ad uscire dalla palude in cui si trovava e piano piano stia trovando la strada giusta per tornare agli anti fasti. Sia chiaro, non pensiamo che ci sia stata una politica accomodante, ma che l’industria sia riuscita a cavarsela perchè imprenditorialmente l’Italia è tra le prime nel mondo. Il problema è il cambiamento. Se da un lato l’industria non ha goduto di una politica accomodante, dall’altra non c’è stato nemmeno un freno.

    Il cambiamento verso una politica che promette tagli alle tasse, ampie garanzie sul lavoro e varie tipologie di reali aiuti economici verso l’impresa e il lavoratore, aiuterebbero di sicuro, ma non crediamo che tali promesse potranno essere mantenute e questo timore è visto dal mercato come compromettente nei confronti di una, seppur mimina ma concreta, crescita.

    Benché al di sotto della media della zona euro del 2,4 per cento, il prodotto interno lordo dell’Italia è cresciuto dell’1,5% nel 2017, ritmo più veloce dal 2010 e si prevede che manterrà questo slancio anche nel 2018, secondo la Commissione europea. Le azioni italiane sono state tra le migliori in Europa e il rendimento dei titoli decennali del paese, una misura chiave dei suoi costi di finanziamento e della fiducia degli investitori nella sua sostenibilità fiscale, è rimasto basso, pari a circa il 2%.

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    Tra i grandi investitori italiani, cresce il nervosismo a causa di una possibile vittoria dei partiti populisti – in particolare il movimento anti-Europa Movimento 5 Stelle o l’estrema destra euroscettica del Lega Nord – guadagnino terreno nel voto di domenica.

    Gli ultimi sondaggi, pubblicati il ​​16 febbraio, suggeriscono una vasta gamma di risultati. I democratici filo-UE sono suscettibili ad una perdita di svariati seggi, e quasi certamente la capacità di governare il paese in autonomia. Un risultato potrebbe essere una grande coalizione, o un governo di unità nazionale, di forze politiche centriste comprendente sia il partito democratico che Silvio Berlusconi, l’ex primo ministro e 81enne del partito Forza Italia. Non potrà essere premier a causa di un divieto da parte degli uffici pubblici relativi ad una condanna per frode fiscale.

    Un’altra possibilità potrebbe essere una vera e propria vittoria di una coalizione di centrodestra che non comprenda solo il partito di Berlusconi, ma anche la Lega Nord e Fratelli d’Italia, un altro partito euro-scettico di estrema destra, con il più forte dei tre che sceglie il prossimo primo ministro. Il movimento 5 stelle anti-establishment potrebbe ancora emergere quale maggior partito. E anche se non riuscisse a trovare abbastanza alleati per formare un governo, probabilmente eserciterebbe una maggiore influenza sulla vita politica italiana di quanto non abbia fatto finora.

    Quel che è certo è che il partito democratico ha lottato per convincere molti italiani che stanno beneficiando di una ripresa economica. In effetti, grossi personaggi dell’elettorato ritengono che gli uomini d’affari e i politici che parlano di un rimbalzo, stiano operando in un universo parallelo. Mentre la disoccupazione è scesa al 10,8 per cento nel dicembre 2017 da un picco post-crisi del 13 per cento alla fine del 2014, rimane ben al di sopra del suo tasso pre-crisi che era inferiore al 7 per cento.

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    Mentre i democratici stanno conducendo campagne su un messaggio di competenza e stabilità, promuovendo cambiamenti incrementali alle politiche esistenti, sia il centrodestra che 5 Stelle dicono che è tempo di una grande espansione fiscale, anche a costo di spaventare i mercati sulla posizione fiscale dell’Italia. Mentre 5 Stelle e Lega Nord hanno attenuato la loro retorica su un’uscita italiana dall’euro, Berlusconi vuole introdurre una tassa piatta e costosa e aumentare le pensioni mentre 5 Stelle sta promuovendo un reddito minimo garantito per gli italiani più poveri.

    Certamente alcuni programmi elettorali presentano aree di potenziale scontro nel rapporto con la UE (tra le altre, l’abolizione della riforma Fornero o del Jobs Act) ma, trattandosi di programmi elettorali, è probabile che vengano smussati dopo le elezioni quando si predisporranno le priorità del nuovo governo. Secondo il team di Ubs, a contribuire alla riduzione dello spread potrebbero anche essere stati fattori tecnici. Dall’inizio dell’anno la Banca centrale europea (BCE) ha dimezzato i propri acquisti di titoli e si prepara a concluderli a settembre. Se, da un lato, vi è una convergenza di vedute sul fatto che i rendimenti di tutti i titoli di Stato siano destinati a salire, dall’altro gli investitori hanno visioni contrastanti sulle implicazioni per lo spread dei Paesi cosiddetti periferici, tra i quali l’Italia.

    Possibili conseguenze

    Secondo un sondaggio realizzato dall’agenzia Bloomberg tra alcuni analisti, esiste una probabilità di appena il 10% che vada al governo una coalizione dominata dal M5S, tuttavia, se si concretizzasse, una tale situazione metterebbe in seria difficoltà quei trader che sono posizionati long sul debito pubblico italiano. Lo spread raddoppierebbe il suo valore fino a 260 punti base, livello che l’ultima volta è stato visto nel 2013. L’euro, invece, scenderebbe al di sotto della soglia di $1,21.

    Secondo gli esperti le probabilità che l’ex presidente Silvio Berlusconi ricopra un ruolo nel governo che si verrà a creare nel post-voto sono state giudicate invece in modo nel complesso favorevole. Una coalizione tra Forza Italia e il Partito Democratico di Matteo Renzi potrebbe, sostengono sempre gli analisti interpellati da Bloomberg, restringere lo spread tra i bond di Italia e Germania a 118 punti base, mentre un patto di centro-destra con la Lega Nord potrebbe essere lo scenario migliore per l’euro, vista la stabilità di governo, con potenzialità di raggiungere quota $1,24.

    L’incertezza politica potrebbe non essere molto rilevante nel breve periodo, dato che le condizioni economiche sono favorevoli, ma potrebbe diventarlo più avanti. L’Italia rimane un paese con una crescita potenziale debole, a causa della mancanza di crescita della produttività e di un grosso debito pubblico. Il vero punto è se il prossimo governo realizzerà le riforme necessarie per migliorare le prospettive di crescita strutturale del paese.

    Intanto, causa l’incertezza elettorale, i titoli di Stato italiani rendono oltre mezzo punto percentuale in più di quelli spagnoli e tanto quanto quelli portoghesi, un dato che potrebbe far intravedere uno spazio di recupero post-elezioni – soprattutto nei confronti del Portogallo.

    lunedì 11 settembre 2017

    Domino Solutions: Atlantia Spa evoluzione di un'azienda lungo le arterie del paese

    Atlantia Spa evoluzione di un’azienda lungo le arterie del paese

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    Atlantia Spa (ATL.MI) è una società italiana, avente come attività la gestione in concessione di tratte autostradali, il cui principale azionista è la famiglia Benetton. Nel 1950, per iniziativa dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), nasce la Società Autostrade Concessioni e Costruzioni Spa. Nel 1956 viene firmata la Convenzione tra ANAS e Autostrade, in base alla quale quest’ultima si impegna a co-finanziare, costruire e gestire l’Autostrada del Sole tra Milano e Napoli, poi inaugurata nel 1964.

    Con le successive convenzioni, stipulate nel 1962 e nel 1968, alla Società viene assentita la concessione per la costruzione e l’esercizio di ulteriori arterie autostradali. Privatizzata nel 1999, in Società Autostrade subentra all’IRI un nucleo stabile di azionisti costituito da una cordata guidata da Edizione (gruppo Benetton).

    Nel corso del 2003, a seguito di una imponente riorganizzazione del gruppo, Società Autostrade Concessioni e Costruzioni S.p.A. conferisce le proprie attività a tre diverse società: Autostrade per l’Italia Spa, S.D.S. Spa, TowerCo Spa. Il 5 maggio 2007 il Consiglio di amministrazione approva la variazione della denominazione della società in Atlantia Spa.

    Nei primi mesi del 2006 la società aveva varato un progetto di integrazione con il gruppo spagnolo Abertis, che prevedeva che la società Abertis avrebbe incorporato Autostrade Spa, con l’intento di creare un gruppo di primaria importanza a livello europeo. Tuttavia il progetto ha incontrato la netta opposizione del Governo italiano.

    Espansione Commerciale

    Nel 2011 il consorzio guidato da Autostrade per l’Italia si è aggiudicato la gara indetta dal Governo francese per il pedaggiamento satellitare per mezzi pesanti su circa 15.000 km della rete stradale nazionale francese. L’anno ha consolidato la propria strategia di espansione internazionale attraverso la joint venture in Brasile con il gruppo Bertin per creare un polo titolare di oltre 1.500 chilometri di rete autostradale concentrata nell’area di San Paolo. Nel corso del 2013 è stata portata a conclusione la fusione per incorporazione di Gemina Spa, azionista di maggioranza della società A.D.R. (Aeroporti di Roma), in Atlantia, con conseguente aggregazione di un secondo core business nel settore aeroportuale, oltre a quello delle concessioni autostradali. La presenza nel settore aeroportuale si è consolidata nel 2016, con l’acquisizione di Aéroports de la Côte d’Azur (ACA), la società che controlla gli aeroporti di Nizza, Cannes-Mandelieu e Saint Tropez.

    Ora come nel 2006, Atlantia è interessata ad acquisire Abertis Infraestructuras e lancia un’offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) sulla società spagnola, un’operazione da 16,341 miliardi di euro per ottenere il 100% della società iberica. Una proposta dalla quale potrebbe nascere un leader mondiale nelle infrastrutture di trasporto, con interessi che vanno dalle autostrade del Cile a quelle dell’India, passando tra le altre cose per l’aeroporto di Fiumicino, il sistema di pagamenti del Telepass e arrivando alle torri di trasmissione Cellnex. Ma gli spagnoli di Acs sarebbero pronti in alcune settimane a presentare una contro-Opa su Abertis contrastando le aspirazioni di Atlantia. La mossa sarebbe vista con favore dal premier Mariano Rajoy, che avrebbe detto in un incontro riservato ad Acs che “Abertis non può cadere in mani straniere”. E, sempre secondo quanto riporta il Confidencial Digital, la Moncloa si starebbe spendendo in una trattativa con fondi di investimento anche cinesi, affinché apportino i fondi necessari per l’operazione. La vendita di autostrade e satelliti richiede l’ok del governo che quindi potrebbe mettersi di traverso.

    Nel mese di agosto di quest’anno Telepass, società del gruppo Autostrade per l’Italia, amplia la propria presenza nel settore della mobilità urbana con l’acquisizione del 70% di Urbannext, azienda creatrice dell’app di sharing mobility, Urbi. L’app opera nel campo della sharing mobility e unisce tutti i servizi di carsharing, bikesharing, scootersharing e di mobilità urbana: taxi e trasporto pubblico. Offre la possibilità di scegliere il servizio più adatto alle proprie esigenze per raggiungere il punto desiderato in base a: tempi, costi e servizi a disposizione nell’area in cui ci si trova. L’app, attiva già in 13 città europee, continuerà a essere disponibile su smartphone (iOS e Android), tablet e AppleWatch, gratuitamente e a tutti gli utenti.

    Solidi Bilanci

    Poche ore dopo aver annunciato l’importante acquisizione di una quota del 29% dell’aeroporto di Bologna, Atlantia ha comunicato al mercato di aver chiuso il primo semestre del 2017 con utile netto consolidato di 518 milioni, in aumento del 25% rispetto rispetto al 2016. Il margine operativo lordo si è attestato a 1,728 miliardi, in rialzo del 10%. Il cash flow operativo è pari a 1,205 miliardi di euro, in aumento del 10% sullo stesso periodo del 2016 mentre gli investimenti operativi del gruppo sono staticomplessivamente pari a 478 milioni di euro. L’indebitamento finanziario netto al 30 giugno 2017 è pari a 11,421 miliardi di euro con una diminuzione di 256 milioni di euro rispetto al 31 dicembre 2016.

    Titolo quotato a Milano sul FTSE MIB, dal 2012 la sua crescita è stata del 183%.

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    giovedì 3 agosto 2017

    Azioni europee pronte per un acquisto già ad agosto

    È giunto il momento di concentrarsi sulle aree più difensive del mercato che hanno storicamente eseguito bene durante questo periodo dell’anno. Tuttavia, i rischi per gli investitori sono in aumento con i sentiment economici in chiaro scuro e le attese ogni giorni sui tassi di interesse e i QE. L’investitore dovrebbe posizionarsi su titoli azionari con una liquidità non altissima, società che hanno rilasciato già le trimestrali, e sono state positive, buoni dividendi nel caso, e settori in crescita.

    Da agosto a settembre storicamente sono i peggiori due mesi dell’anno per i titoli. Dal 1980 lo S&P500 è sceso in media dello 0,1% e dello 0,7% in questo periodo, i soli due mesi dell’anno che mostrano un ritorno negativo in media. Gli investitori sono mal preparati per qualsiasi tipo di downturn. Secondo l’ultimo sondaggio AAII sui singoli investitori, le persone stanno mantenendo le loro posizioni in fondi dal 2000 in un momento in cui i titoli si avvicinano ai livelli storici di sovravalorizzazione, eclissando ogni singolo guadagno avvenuto negli ultimi 8 anni, i migliori dal 1929.

    Ma se uno è determinato a guardare oltre tutto questo, ed investire sul medio/lungo periodo in società solide, il nostro consiglio è quello di concentrarsi sulle aree più difensive del mercato che hanno storicamente eseguito bene durante questo periodo dell’anno. Di seguito vorremmo segnalarne tre che attualmente sono nei nostri portafogli, stanno guadagnando ma potrebbero rendere molto di più.

    Allianz (DE)
    Allianz SE è una società di servizi finanziari europea con sede a Monaco di Baviera, in Germania. È la prima Compagnia al mondo nel settore delle assicurazioni, prima della francese AXA, e dell’italiana Assicurazioni Generali. Allianz SE è presente in Italia dal 1º ottobre 2007 con la denominazione di Allianz S.p.A. In questa società sono state conglobate, trasformandole in divisioni commerciali, le preesistenti compagnie Allianz Subalpina, Lloyd Adriatico, e RAS.
    Come conseguenza della fusione dal 1º ottobre 2007: il marchio Lloyd Adriatico si è trasformato in Allianz Lloyd Adriatico; il marchio RAS si è trasformato in Allianz RAS; è rimasto immutato il marchio Allianz Subalpina; RasBank, la Banca del Gruppo Ras che si avvale dei Promotori Finanziari (Financial Advisors), ha cambiato denominazione divenendo Allianz Bank Financial Advisors.

    Allianz SE ha attualmente un dividendo decente di 7,60 euro per l’esercizio 2016, con un calo del 4,8%. Dal 2008 la società sta cercando di mantenere il rendimento del dividendo tra il 4-5%. L’azienda è anche al centro di un programma di acquisto di azioni di 3 miliardi di euro. La domanda è: la posizione in contanti della società sarà adeguata e per quanto tempo sarà in grado di mantenere la crescita del dividendo al fine di tenere il passo con il crescente prezzo azionario?

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    Poiché Allianz è una società di assicurazioni tedesca, il che significa che deve rispettare la Solvency II, una direttiva del diritto dell’Unione europea. La Solvency II richiede ad Allianz di mantenere una capitalizzazione minima nel caso il prezzo azionario dovesse scendere troppo. Per Allianz questo rapporto è stato intorno al 218% nel 2016. Storicamente l’azienda è sempre rimasta nei margini più che adeguatamente. Nel 2015 il rapporto si è attestato al 200%, ma ora è aumentato ulteriormente a causa di un aumento del patrimonio netto di 4,2 miliardi di euro. Per quanto riguarda la solvibilità, l’azienda ha un rapporto di copertura di interesse di circa 10 volte, che è molto buono. Nel frattempo, il rapporto di leva finanziaria di Allianz sta diminuendo costantemente dal 2012. L’attuale rapporto di leva è a circa 13,22, che è ancora alto, ma gestibile. La rete di sicurezza integrata del rapporto di Solvency II rende il risultato dell’azienda più elevato rispetto al rapporto di solvibilità e liquidità, ma dobbiamo ancora tenere un occhio critico sui finanziamenti della società.

    Atos (ATO)
    Atos SE è una società europea che si occupa di servizi IT, con sede in Bezons, Francia e a Monaco di Baviera, in Germania. Atos è leader europea nei servizi digitali con un fatturato annuo pro forma 2014 di circa 11 miliardi di euro e 93.000 dipendenti che operano in 72 Paesi. Con clienti a livello globale, il Gruppo fornisce servizi di Consulting & System Integration, Managed Services & BPO, Cloud Operations, Big Data & Security Solutions e Transactional Services attraverso Worldline, leader europeo nel settore dei pagamenti e servizi transazionali. Il gruppo è il Worldwide Information Technology Partner dei Giochi olimpici e Paralimpici ed è quotato al mercato Euronext di Parigi.

    Risultati primo semestre 2017, i ricavi sono stati pari a 6.311 milioni, + 11,6% a cambi costanti e +2,2% in modo organico. Il Gruppo ha raggiunto + 2,4% la crescita organica nel secondo trimestre del 2017, rafforzando la tendenza positiva già effettuata nel primo trimestre. Tutte le divisioni hanno contribuito alla crescita organica dei ricavi grazie ad un forte impulso commerciale e alla strategia di investimento nell’innovazione e nella tecnologia. Il margine operativo ammonta a 538 milioni di euro, pari all’8,5% del fatturato, migliorando di +190 punti base alimentati da Infrastructure & Data Management (+240 basis point), Business & Platform Solutions (+120 punti base) e Worldline (+240 punti).

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    Amplifon (AMP)
    Amplifon S.p.A. è un’azienda italiana che si occupa della diagnosi, applicazione e commercializzazione di soluzioni uditive. Fondata a Milano nel 1950 da Algernon Charles Holland, dal 2001 è quotata negli indici FTSE Italia Mid Cap e FTSE Italia STAR della Borsa di Milano. Il gruppo detiene una quota di mercato del 9,0% a livello mondiale ed è presente in 22 paesi (Italia, Francia, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Portogallo, Svizzera, Belgio, Lussemburgo, Ungheria, Turchia, Polonia, Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, India, Egitto and in Brazil). Amplifon opera attraverso una rete di circa 3.250 punti vendita, 2.400 centri di assistenza e più di 1.600 negozi affiliati al network, impiegando complessivamente oltre 10.000 persone.

    Nel primo semestre del 2017 Amplifon ha realizzato un giro d’affari di 623,78 milioni di euro, in aumento del 14,6% rispetto ai 544,21 milioni ottenuti nello stesso periodo dello scorso anno. A cambi costanti il fatturato sarebbe salito del 13,4%. In aumento anche il margine operativo lordo, che è passato da 85,49 milioni a 100,86 milioni di euro (+17,5%); di conseguenza, la marginalità è salita dal 16,2% al 16,6%. L’utile netto è stato pari a 38,06 milioni di euro, dai 29,63 milioni ottenuti nei primi sei mesi del 2016. Nel solo secondo trimestre il fatturato di Amplifon è salito da 289,69 milioni a 327,68 milioni di euro, mentre il risultato finale è stato positivo per 25,27 milioni. A fine giugno l’indebitamento netto era salito a 300,54 milioni di euro, rispetto ai 224,42 milioni di inizio anno. Nei primi sei mesi del 2017 le attività operative di Amplifon hanno generato un flusso di cassa di 32,53 milioni di euro, dopo aver sostenuto investimenti operativi per 28,76 milioni.

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    martedì 11 aprile 2017

    Domino Solutions - Diasorin, +250% in 5 anni, leader mondiale italiano

    Leader mondiale della diagnostica in vitro, DiaSorin (DIA.MI) è un Gruppo multinazionale italiano con sede a Saluggia (VC), a capo di 28 società in Europa, Nord, Centro e Sud America, Africa e Asia. Da oltre 40 anni il Gruppo sviluppa, produce e commercializza test per la diagnosi di patologie che riguardano un’ampia gamma di aree cliniche. I test DiaSorin sono rivolti a laboratori di analisi, sia ospedalieri che privati, nei mercati dell’immunodiagnostica e della diagnostica molecolare.

    Diasorin, nasce come centro di ricerca nucleare dalla Joint Venture tra FIAT e Montecatini e altro non è che l’evoluzione della divisione diagnostica della società Sorin Biomedica (che nei lontani anni ’60 faceva appunto parte del gruppo FIAT).

    Acquisizioni strategiche

    Nel corso degli anni la società sviluppa e consolida il suo Know How nel settore sviluppando il business di Diagnostica in Vitro (IVD), prevalentemente focalizzato sul territorio europeo. Nel 1997 Sorin acquisisce il controllo dell’americana Incstar Inc., attiva nell’IVD, scorpora le attività afferenti alla diagnostica in una società denominata DiaSorin Srl, che viene poi ceduta ad American Standard International (ASI).

    All’inizio del nuovo millennio, viene realizzata un’importante operazione di Management Buyout, supportata dal Gruppo Finde e da altri investitori finanziari e industriali. Effettua l’acquisizione di BYC Sangtec e i relativi diritti per il LIAISON® ed avvia la conversione dei test dalla tecnologia ELISA a quella CLIA.

    Il 19 luglio 2007 il titolo DiaSorin (DIA.MI) debutta a Piazza Affari. In questi anni il Gruppo effettua diversi lanci di prodotti, accordi commerciali, sviluppo di progetti e acquisizioni, quali Biotrin, leader mondiale per il test del Parvovirus, acquista da Eiken Chemical la licenza per l’uso della tecnologia LAMP, dedicata al business molecolare, lancia sul mercato il LIAISON® XL, acquisisce Murex e la relativa linea di prodotti ELISA di Abbott (ABT) e si espande ulteriormente in Europa, Asia ed Africa. Acquisisce NorDiag, specializzata nell’estrazione di acidi nucleici. Nel 2013 DiaSorin sigla un accordo strategico con Roche per connettere il LIAISON® XL al cobas 8100 nei laboratori a grandi volumi che richiedono la completa automazione dei propri processi diagnostici. Due anni fa DiaSorin (DIA.MI) sigla un accordo strategico di distribuzione commerciale per le epatiti e l’HIV in Cina con Beckman Coulter ed in diagnostica molecolare vengono lanciati i due test più veloci al mondo per la diagnosi molecolare delle leucemie fulminanti.

    Importanti autorizzazioni

    IL 6 Aprile scorso DiaSorin ha ricevuto dalla Food and Drug Administration statunitense l'”Emergency Use Authorization” per il primo test sierologico completamente automatizzato capace di identificare le infezioni da virus Zika e garantisce un risultato in soli 37 minuti. Tale test, quindi, non è stato approvato dall’autorità Usa, ma autorizzato per l’utilizzo durante l’intero periodo di emergenza e verrà distribuito nei laboratori sia degli Stati Uniti sia di altre aree. Il test verrà distribuito negli Stati Uniti nei laboratori autorizzati a eseguire test di moderata complessità o nei laboratori non americani aventi la medesima qualifica, in linea con le più recenti linee guida emanate dal Cdc per la diagnosi delle infezioni da Zika virus. Lo sviluppo di questo test è stato finanziato dal Dipartimento di Salute e dei Servizi Umani statunitense che nel 2016 ha concesso a DiaSorin un finanziamento di 2,6 milioni di dollari.

    Solidi bilanci

    L’anno fiscale 2016 è stato archiviato dalla società con una generazione di cassa e con un utile netto da record grazie all’aumento del fatturato ed alla crescita della redditività. Nel dettaglio, il fatturato è aumentano anno su anno del 14% a 569,3 milioni di euro e del 6,4% a tassi di cambio e perimetro costanti. Stesso andamento pure per l’Ebitda che, con un +14% e con un +6,4% a tassi di cambio e perimetro costanti, si è attestato al 31 dicembre del 2016 a 217,3 milioni. Con un’incidenza sul giro d’affari al 30,3%, l’Ebit è cresciuto del 13,6% a 172,6 milioni di euro, e l’utile netto a 112,6 milioni di euro con un incremento anno su anno pari al 12%. Grazie a questi risultati, il consiglio di amministrazione proporrà all’assemblea dei soci, del 27 aprile, il pagamento di un dividendo unitario pari a 0,80 euro. Il dividendo 2017 sarà pagato il prossimo 24 maggio con data di stacco della cedola il 22 maggio del 2017 e record date il 23 maggio.

    Previsioni 2017

    Diasorin prevede di chiudere l’esercizio 2017 con un aumento dei ricavi anno su anno pari all’11% a tassi di cambio costanti, ed allo stesso modo con un incremento dell’Ebitda pari all’11% anno su anno sempre considerando lo scenario dei tassi di cambio costanti.

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    Evoluzione in Borsa

    Dal giorno del suo debutto in Borsa, le azioni Diasorin sono cresciute del 440% e solo negli ultimi 5 anni Diasorin è cresciuta del 250%.

    Disclosure

    Noi abbiamo Diasorin (DIA) nel nostro portafoglio Gemme Italia con un ottica di medio/lungo periodo.

    giovedì 1 dicembre 2016

    Referendum del 4 Dicembre, le reazioni dei mercati al risultato

    Ormai mancano pochi giorni al referendum in Italia, la battaglia politica sul SI o sul NO è cominciata mesi fa e a suon di social e tv, gli schieramenti sono alla pari secondo i sondaggi. Ma dal punto di vista economico, cosa potrebbe accadere se vincesse il SI o il NO ? Scopriamolo.

    Se il prossimo 4 dicembre il premier Matteo Renzi perderà il referendum costituzionale fino a 8 banche italiane, quelle con più problemi, rischiano di fallire. Sono le parole scritte dal Financial Times qualche giorno fa il quale lanciava l’allarme. Renzi ha detto che si dimetterà se perderà il referendum, ha promosso una soluzione di mercato per risolvere i problemi da 4.000 miliardi di euro del sistema bancario italiano, quindi, vincendo il no, questa soluzione non sarebbe attuabile.

    Secondo il Financial Times gli 8 istituti a rischio sono: Monte dei Paschi di Siena, la Popolarte di Vicenza, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e CariFerrara. L’autorevole giornale non è l’unico che denuncia un problema bancario nel caso di una vittoria del NO. Moody’s, dal canto suo, ha affermato che una vittoria del No al referendum potrebbe aumentare le difficoltà delle banche italiane e una tesi simile è stata ripresa anche da S&P, che ha affermato come il rifiuto della riforma potrebbe causare un rallentamento delle operazioni di salvataggio delle banche italiane.

    Tutto questo perché il governo ha promesso svariati miliardi di euro per la risoluzione delle problematiche del sistema bancario italiano, dunque una vittoria del No al referendum e un ipotetico crollo del governo cancellerebbero la possibilità di salvare gli istituti.

    In un’intervista Carlo Gori, vice presidente di Moody’s ha sottolineato :

    Ci sono quattro banche che sono un po’ più deboli: Mps, Banca Carige, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, che prima delle altre dovrebbero ridurre i crediti deteriorati ricorrendo al mercato e questo dipende dalla fiducia degli investitori.

    Intanto la tensione a Piazza Affari è sempre più alta, anche sulla scia dei continui alert che arrivano da banche d’affari e quotidiani finanziari di tutto il mondo. Sul mercato dei titoli del debito pubblico tassi Bot a sei mesi in rialzo nell’asta del Tesoro, a fronte di uno spread che punta di nuovo verso quota 190 punti base. Il NO spaventa inoltre Berenberg secondo cui, oltre ai 5 miliardi aggiuntivi di capitale di cui ha bisogno Mps, le banche italiane avrebbero bisogno di fare ulteriori accantonamenti per 45 miliardi di euro.

    Se dovesse vincere il NO, ci sarebbe comunque titoli che ne gioverebbero, il FTSEMIB è particolarmente centrato sulle banche ma altri settore, seppur in minoranza, potrebbero salire.

    Ferrari
    Le auto iconiche ed extra-lusso di Ferrari vengono vendute in tutto il mondo. Solo il brand valuta il prodotto finito a livelli garantiti. Gli scenari contrarian, per i coraggiosi, hanno sempre altre potenzialità di grandi profitti. Basti pensare al posizionamento del mercato verso il referendum Brexit e i profitti generati dai pochi convinti dell’arrivo di un crollo della sterlina.

    Luxottica
    Il vero punto forte di Luxottica è che opera anche su una delle reti di vendita al dettaglio più grandi del mondo, modello esportato dalla società in tutto il mondo. Ne risulta che oltre l’80% delle vendite arrivino da fuori Europa. Il brand Ray-Ban, ad esempio, sta crescendo a ritmi esorbitanti in Asia. La sua dimensione internazionale la rende quasi immune agli shock europei.

    STM
    Stm è particolarmente integrata a livello internazionale e segue una vasta serie di progetti in tutto il globo. Dopo i risultati delle sue ultime trimestrali e le guidance, difficile pensare che una qualsiasi vittoria al referendum possa alterare la crescita di questa azienda.

    In caso di vittoria del SI l’attuale posizionamento del mercato molto sbilanciato sulla probabilità che si verifichi il caso opposto lascerebbe spazio per un rally al rialzo che vedrebbe favoriti i settori che hanno sofferto di più quali il bancario/finanziario e per la probabilità decisamente più elevata, andando a ridursi il rischio paese sul mercato, di trovare investitori disposti a comperare quote significative delle banche in procinto di fare aumenti di capitale o assets messi in vendita dalle stesse.

    Incertezza è stata la parola chiave che ha dominato in queste ultime settimane di borsa e comunque vadano le cose finalmente si ridurrà. Ecco perché pensiamo che anche in caso di vittoria del NO, se verrà trovata una soluzione politica per il dopo voto sufficientemente solida la reazione emotiva al ribasso avrà vita breve. Ugualmente un’inattesa vittoria del SI andrebbe a ridurre nell’immediato il rischio paese attualmente incorporato nelle valutazioni degli assets finanziari domestici ma non risolverebbe da sola i problemi della nostra economia in generale e delle nostre banche nello specifico.

    Vorremmo aggiungere che l’articolo non è stato scritto coi propositi di incanalare il lettore verso un determinato voto, è stato scritto in forma totalmente apolitica e non deve essere preso come invito a schierarsi da una parte o dall’altra.

    martedì 16 febbraio 2016

    Investire in Recordati: un gioiello tutto italiano

    Recordati Spa (REC.MI) è un gruppo farmaceutico internazionale, con circa 4.000 dipendenti, basato sulla ricerca, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti farmaceutici ed innovativi, ad elevato valore aggiunto, aperto a collaborazioni. Ha sede a Milano, e attività operative nei principali paesi europei, oltre che in Russia e negli altri paesi del Centro ed Est Europa, in Turchia, in Nord Africa e negli Stati Uniti d’America. Grazie all'efficiente rete di informatori scientifici del farmaco, riesce a promuovere un’ampia gamma di prodotti innovativi, sia originali sia su licenza, appartenenti a diverse aree terapeutiche compresa un’attività specializzata nelle malattie rare. Recordati si propone come partner di riferimento per l’acquisizione di nuove licenze per i suoi mercati. La società è focalizzata sulla sintesi di nuove molecole nella ricerca e sviluppo di farmaci innovativi per le aree terapeutiche cardiologica e urologica, ed anche di terapie per malattie rare. I ricavi consolidati nel 2014 sono stati pari a € 987,4 milioni, l’utile operativo è stato pari a € 231,0 milioni e l’utile netto è stato pari a € 161,2 milioni. Recordati affianca alla produzione di principi attivi per le proprie specialità farmaceutiche, quella, su larga scala, di principi attivi ed intermedi per altre industrie farmaceutiche.

    La società si è prefissata l'obiettivo di nuove acquisizioni mirate di aziende farmaceutiche di piccole dimensioni al fine di completare l'espansione geografica in alcuni paesi europei in cui non è ancora presente. A tale fine avrebbe dato mandato a Rothschild per studiare alcune potenziali società da acquistare in Europa centro-orientale. Operazioni di acquisizione che potrebbero avere un controvalore di circa 200-300 milioni di euro. Il management della società ha affermato, a dicembre scorso, che stava valutando l'opportunità di crescita esterna in Europa con un valore potenziale di circa 100-200 milioni di euro, avendo a disposizione 400 milioni di euro, nell’arco dei prossimi trimestri, per rafforzare il gruppo nel business dei prodotti tradizionali, quelli da banco. Ma anche gli Otc non rimborsati. In particolare, il presidente e AD, Giovanni Recordati, aveva confermato che c'erano due acquisizioni nel cassetto in Europa e non ha escluso che la famiglia possa diluirsi al di sotto del 50% nell'ambito di un'operazione societaria con altre aziende europee, qualora non dovesse essere più possibile crescere in modo autonomo. Le due operazioni preannunciate non sono grandi ma molto mirate e l’obiettivo di Recordati è quello di portare il fatturato del gruppo dagli 1,04 miliardi di euro stimati per l’esercizio in corso a 1,2 miliardi. Giovanni Recordati ha evidenziato che negli ultimi 15 anni il gruppo ha investito un miliardo in acquisizioni e distribuito dividendi per 500 milioni.

    Le azioni Recordati fanno parte del paniere Ftse Italia Mid Cap e rientrano nel segmento Blue Chips. Mostra un livello rischiosità inferiore alla media del mercato (il beta è minore di 1), grazie alla sua presenza in un business anti-ciclico come quello farmaceutico. Negli ultimi 3 anni il titolo Recordati ha registrato una performance molto positiva, pari al +238,7% a fronte di un +43,3% dell'indice Ftse Mib. Le azioni Recordati hanno avuto un trend crescente, con un sostanziale raddoppio delle quotazioni, fino ai massimi di febbraio 2014, seguito da una fase laterale di alcuni mesi ed un nuovo impulso rialzista culminato nei massimi di luglio 2015, ora il titolo si trova nuovamente in un fase laterale.

    Nei tre anni che vanno dal 2012 al 2014 Recordati ha mostrato una crescita del fatturato del 19,2% mentre il margine operativo lordo è aumentato del 42,8% con una marginalità in crescita di oltre 4 punti percentuali. Il risultato operativo è salito del 38,4% mentre il risultato netto è passato da 118,5 a 161,2 milioni di Euro, il +36%. Il ROI (la redditività del capitale investito) è aumentato di 3,2 punti al 23,7% mentre il ROE ha guadagnato 2,5 punti al 20,5%. Dal punto di vista patrimoniale l'indebitamento finanziario netto è aumentato di 32,6 milioni a 186,1 milioni, con un rapporto debt to equity sostanzialmente stabile a 0,24.



    Nei primi nove mesi dell'anno i ricavi del gruppo sono aumentati del 5,7% a 784,4 milioni di euro, in linea con le aspettative degli analisti. I ricavi internazionali, che rappresentano il 79,3% del totale, sono cresciuti del 8,8%, mentre quelli domestici sono diminuiti del 4,7%. L'utile netto di è salito a 152,5 milioni di euro nei primi nove mesi dell'anno. L'Ebitda, cresciuto del 13% a 240,5 milioni di euro, è risultato in linea con le previsioni degli esperti, evidenziando una marginalità del 30,7% grazie al miglioramento dell'utile lordo e al contenimento della crescita dei costi operativi. Nel terzo trimestre i ricavi sono cresciuti del 4,7% a 245,3 milioni di euro e l'utile lordo del 3,3% a 166 milioni. Per il 2015, l'esercizio si è chiuso con ricavi per 1,05 miliardi di euro, in aumento del 6,1% rispetto ai 987,3 milioni registrati nell'esercizio precedente. Il fatturato è risultato superiore agli 1,04 miliardi stimati dal management. La società farmaceutica ha precisato che i ricavi internazionali rappresentano il 79,8% del totale. Il risultato operativo è salito del 20,6% e ha toccato i 278,5 milioni di euro. Di conseguenza la marginalità è cresciuta al 26,6%. Recordati ha terminato lo scorso anno con un utile netto di 198,8 milioni di euro (+23,3% rispetto ai 161,2 milioni contabilizzati nel 2014). Anche in questo caso il dato è stato superiore alle stime del management (circa 190 milioni di euro). A fine 2015 l’indebitamento netto della società farmaceutica ammontava a 88,7 milioni di euro, in contrazione rispetto ai 186 milioni di inizio anno, nonostante il pagamento per dividendi per 110,8 milioni. Il management di Recordati ha fornito le stime per l’esercizio in corso. I vertici prevedono di realizzare ricavi compresi tra gli 1,07 miliardi e gli 1,1 miliardi di euro, un utile operativo tra i 290 e i 300 milioni e un utile netto intorno dei 210 milioni.