Ormai mancano pochi giorni al referendum in Italia, la battaglia politica sul SI o sul NO è cominciata mesi fa e a suon di social e tv, gli schieramenti sono alla pari secondo i sondaggi. Ma dal punto di vista economico, cosa potrebbe accadere se vincesse il SI o il NO ? Scopriamolo.
Se il prossimo 4 dicembre il premier Matteo Renzi perderà il referendum costituzionale fino a 8 banche italiane, quelle con più problemi, rischiano di fallire. Sono le parole scritte dal Financial Times qualche giorno fa il quale lanciava l’allarme. Renzi ha detto che si dimetterà se perderà il referendum, ha promosso una soluzione di mercato per risolvere i problemi da 4.000 miliardi di euro del sistema bancario italiano, quindi, vincendo il no, questa soluzione non sarebbe attuabile.
Secondo il Financial Times gli 8 istituti a rischio sono: Monte dei Paschi di Siena, la Popolarte di Vicenza, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e CariFerrara. L’autorevole giornale non è l’unico che denuncia un problema bancario nel caso di una vittoria del NO. Moody’s, dal canto suo, ha affermato che una vittoria del No al referendum potrebbe aumentare le difficoltà delle banche italiane e una tesi simile è stata ripresa anche da S&P, che ha affermato come il rifiuto della riforma potrebbe causare un rallentamento delle operazioni di salvataggio delle banche italiane.
Tutto questo perché il governo ha promesso svariati miliardi di euro per la risoluzione delle problematiche del sistema bancario italiano, dunque una vittoria del No al referendum e un ipotetico crollo del governo cancellerebbero la possibilità di salvare gli istituti.
In un’intervista Carlo Gori, vice presidente di Moody’s ha sottolineato :
Ci sono quattro banche che sono un po’ più deboli: Mps, Banca Carige, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, che prima delle altre dovrebbero ridurre i crediti deteriorati ricorrendo al mercato e questo dipende dalla fiducia degli investitori.
Intanto la tensione a Piazza Affari è sempre più alta, anche sulla scia dei continui alert che arrivano da banche d’affari e quotidiani finanziari di tutto il mondo. Sul mercato dei titoli del debito pubblico tassi Bot a sei mesi in rialzo nell’asta del Tesoro, a fronte di uno spread che punta di nuovo verso quota 190 punti base. Il NO spaventa inoltre Berenberg secondo cui, oltre ai 5 miliardi aggiuntivi di capitale di cui ha bisogno Mps, le banche italiane avrebbero bisogno di fare ulteriori accantonamenti per 45 miliardi di euro.
Se dovesse vincere il NO, ci sarebbe comunque titoli che ne gioverebbero, il FTSEMIB è particolarmente centrato sulle banche ma altri settore, seppur in minoranza, potrebbero salire.
Ferrari
Le auto iconiche ed extra-lusso di Ferrari vengono vendute in tutto il mondo. Solo il brand valuta il prodotto finito a livelli garantiti. Gli scenari contrarian, per i coraggiosi, hanno sempre altre potenzialità di grandi profitti. Basti pensare al posizionamento del mercato verso il referendum Brexit e i profitti generati dai pochi convinti dell’arrivo di un crollo della sterlina.
Luxottica
Il vero punto forte di Luxottica è che opera anche su una delle reti di vendita al dettaglio più grandi del mondo, modello esportato dalla società in tutto il mondo. Ne risulta che oltre l’80% delle vendite arrivino da fuori Europa. Il brand Ray-Ban, ad esempio, sta crescendo a ritmi esorbitanti in Asia. La sua dimensione internazionale la rende quasi immune agli shock europei.
STM
Stm è particolarmente integrata a livello internazionale e segue una vasta serie di progetti in tutto il globo. Dopo i risultati delle sue ultime trimestrali e le guidance, difficile pensare che una qualsiasi vittoria al referendum possa alterare la crescita di questa azienda.
In caso di vittoria del SI l’attuale posizionamento del mercato molto sbilanciato sulla probabilità che si verifichi il caso opposto lascerebbe spazio per un rally al rialzo che vedrebbe favoriti i settori che hanno sofferto di più quali il bancario/finanziario e per la probabilità decisamente più elevata, andando a ridursi il rischio paese sul mercato, di trovare investitori disposti a comperare quote significative delle banche in procinto di fare aumenti di capitale o assets messi in vendita dalle stesse.
Incertezza è stata la parola chiave che ha dominato in queste ultime settimane di borsa e comunque vadano le cose finalmente si ridurrà. Ecco perché pensiamo che anche in caso di vittoria del NO, se verrà trovata una soluzione politica per il dopo voto sufficientemente solida la reazione emotiva al ribasso avrà vita breve. Ugualmente un’inattesa vittoria del SI andrebbe a ridurre nell’immediato il rischio paese attualmente incorporato nelle valutazioni degli assets finanziari domestici ma non risolverebbe da sola i problemi della nostra economia in generale e delle nostre banche nello specifico.
Vorremmo aggiungere che l’articolo non è stato scritto coi propositi di incanalare il lettore verso un determinato voto, è stato scritto in forma totalmente apolitica e non deve essere preso come invito a schierarsi da una parte o dall’altra.