Gli osservatori dei mercati azionari hanno trascorso gran parte della scorsa settimana analizzando le parole del presidente della Federal Reserve (Fed) Janet Yellen durante l’annuale simposio della politica economica di fine estate a Jackson Hole per capire le prossime mosse sui tassi di interesse, nel Wyoming, in cerca di qualche segno sul futuro percorso di normalizzazione della politica della Fed. La Fed ha indicato un aumento delle possibilità di una stretta monetaria nei prossimi mesi. Un’eventualità legata a quelle che saranno le indicazioni sullo stato di salute dell’economia americana: la stima del Pil americano del secondo trimestre vede una revisione del dato a +1,1% dal precedente +1,2% (correzione attesa), si conferma buono l’andamento dei consumi americani.
I mercati finanziari però sono alla ricerca sempre meno della normalizzazione. Oggi sono caratterizzati da valutazioni che storicamente mostrano una bassa volatilità e rendimenti bassi, in mezzo a tutto questo continua la ricerca della direzione del mercato in un panorama con bassi tassi di interesse. Il grafico qui sotto mostra come i rendimenti delle attività siano vicini ai bassi livelli degli ultimi 15 anni di media.
Il compito della Yellen è particolarmente delicato perché le decisioni assunte dalla banca centrale americana sui tassi di interesse negli ultimi dodici mesi hanno finora smentito i suoi annunci precedenti. Infatti nel mese di dicembre 2015 la Fed decise, per la prima volta dopo otto anni, di aumentare il tasso di riferimento per i mercati finanziari portandolo allo 0,50%, vari membri del suo consiglio direttivo rilasciarono interviste in cui si spiegava che l’aumento di dicembre era il primo di una serie e che sarebbero arrivati altri aumenti scadenzati nel tempo, quantificati dai mercati in quattro nel corso del 2016.
In quel momento la FED era decisa ad aumentare i tassi nel 2016 portandoli fino all’1,5%. Questo i mercati si aspettavano, invece hanno vissuto in un limbo di smentite continue e ancora oggi non sappiamo cosa farà nei prossimi mesi. La fantapolitica sospetta che la FED favorisca Hillary Clinton, ritardando i rialzi dei tassi d’interesse Usa, per evitare qualsiasi intralcio alla crescita americana prima del voto di novembre. Un’economia in crescita da sette anni tiene alti i consensi verso Barack Obama (al 54%, un record per un presidente arrivato alla fine di due mandati) e automaticamente aiuta la Clinton.
I politici dovrebbero trovare questi sviluppi profondamente preoccupanti. Eppure pochi sembrano credere che il loro mandato includa un certo grado di rischio. I banchieri centrali europei e giapponesi hanno promesso a Jackson Hole che continueranno a fare quello che hanno fatto finora, fino a quando questo non funzionerà. Le loro controparti americane hanno discusso come adattare la loro cassetta degli attrezzi in un ambiente post-normalizzazione dei tassi bassi, dove la ricerca di rendimento e dei suoi effetti perversi sarebbe durato, ma non hanno discusso come mantenere i rischi per la stabilità finanziaria sotto controllo.
Nel frattempo un investitore cosa deve fare, cosa aspettarsi ?
Si è tentati di chiudere tutto e attendere un aumento dei tassi di interesse, come fanno la maggior degli investitori, che il rischio non valga la pena di prendere rendimento, far cassa e attendere momenti meno incerti. Ma per quanto può durare ? Più grande è il divario tra i rendimenti reali e quelli necessari per raggiungere determinati obiettivi. Così si paga un altro tipo di rischio, quello di non guadagnare nulla, anzi, l’inflazione mangia il denaro fermo. E’ importante, tuttavia, ricordare che in situazioni simili non esiste una soluzione ottimale. E’ necessario concentrarsi su società con fondamentali buoni, stime e bilanci in crescita, società sane capaci di superare al meglio il periodo. Invitiamo gli investitori che rimangono sui mercati a prendere meno rischi e non buttarsi alla cieca.
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