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venerdì 1 maggio 2015

A rischio l'inflazione in Europa col rialzo dell'Euro

I mercati di questo periodo sono volatili all'ennemisa potenza, il 27 Aprile le Borse europee avevano festeggiato la scelta del premier Alexis Tsipras di silurare il ministro delle Finanze Varoufakis dal ruolo di negoziatore del debito con i creditori internazionali che subito ci ritroviamo alle prese con due giorni di cali pesanti, il 28 Aprile Piazza Affari ha ceduto l’1,15%, Francoforte l’1,93%, Parigi l’1,81%. Il dato sulla fiducia dei consumatori negli Usa (decisamente sotto le attese) hanno favorito nuove prese di beneficio sui listini continentali.

I mercati azionari della zona euro sono ormai indirizzati per il loro primo calo mensile di quest'anno, mentre i rendimenti dei titoli di Stato continuano l'aumento anche oggi, con gli investitori che stanno abbandonando i mercati che avevano prosperato molto grazie ad uno stimolo monetario aggressivo.

Torniamo un attimo ai macro economici, il dato sulla fiducia dei consumatori americani ha sicuramente pesato molto: ad aprile l'indice del Conference Board è sceso a sorpresa a quota 95,2 da 101,4 del mese di marzo, in netto ribasso rispetto alle stime degli economisti che invece avevano ipotizzato una crescita a 102,2. La notizia ha allontanato ulteriormente l’ipotesi di un rialzo immediato dei tassi negli Usa dando linfa all’euro che si è avvicinato a quota 1,1 sul dollaro. Ha continuato poi la sua corsa fino a toccare quota 1.12 dopo la conferenza della FED che Mercoledì ha annunciato un rallentamento economico americano unito ad un PIL più basso delle stime causa un inverno estremamente rigido.



A Tokyo la Borsa ha chiuso con un ribasso nell’ordine dei due percentuali. Frena anche Hong Kong (-0,83%). La debolezza del dollaro ha spinto intanto al rialzo le quotazioni del petrolio, con il Wti americano che avanza del 2,2% a 58,3 dollari al barile e il Brent a 65,6 dollari. Le perdite più massicce si sono registrate in Europa, spaventata dal recupero dell’euro che rischia di compromettere le basi di una ripresa fragile, che per ora poggia quasi solo sull’export. Nelle Borse di Milano, Parigi e Francoforte si sono cosi aperte le cateratte. In Piazza Affari l’indice FtseMib è sceso ieri del 2,2%, la Borsa francese ha chiuso in ribasso del 2,5%, quella tedesca ha perso addirittura il 3,2%.

Ormai aprile sta volgendo al termine e gli investitori hanno subito una inversione pronunciata in questo mercato dinamico, con il trading anche influenzato dalla vendita sostenuta del dollaro sulla scia della debolezza del primo trimestre per l'economia statunitense. L'euro forte porterà automaticamente alcuni investitori a rivalutare le prospettive per alcune delle aziende esportatrici europee che stavano prendendo in considerazione.

Certamente non possiamo dire di essere sorpresi, i rialzi ottenuti in queste settimane legati al QE della BCE erano diventati ingiustificati ed erano quindi vulnerabili a una improvvisa inversione. Il programma di acquisto di obbligazioni da 60 miliardi al mese della BCE, ossia fino al settembre del prossimo anno, tuttavia, non cancella del tutto le previsioni di crescita nel prossimo futuro, rafforzando il fascino di azioni della zona euro.

In aggiunta però, il rafforzamento dell'euro contro il dollaro potrebbe pregiudicare l'obiettivo della BCE di una risalita dell'inflazione a quasi il 2% dai cali tendenziali dei mesi scorsi. Questo mese, stando ai dati pubblicati dall'Eurostat, l'inflazione sarebbe stata pari allo 0% nell'Eurozona dal -0,1% di marzo.

Intanto un ulteriore aumento del cambio EURUSD sarebbe visto a 1,1378. A questo punto il cambio potrebbe rimbalzare fino a 1,0461 attuando una correzione. Cauti però sulla forte resistenza a 1,1378. Al di sotto di 1,0958, supporto secondario, ci potrebbe essere una fase di lateralizzazione prima di una discesa a 1,0461 o un rimbalzo di nuovo a 1,1378.

martedì 10 marzo 2015

Il cambio EURUSD continua a mostrare un dollaro forte

Il dollaro continua toro nei confronti del dollaro, spinto dalla divergenza nella politica monetaria, prosegue oggi dopo essersi consolidato brevemente ieri. Il biglietto verde è stato scambiato sui nuovi massimi contro l'euro, yen e dollaro australiano, più forte contro tutte le principali anche dei mercati emergenti. Le sole eccezioni sono il dollaro di Hong Kong e lo yuan cinese, che sono rimasti piatti.

Non c'è stato alcun nuovo impulso. I commenti del presidente uscente della Fed di Dallas, Fisher, sono stati chiari sul come aspettare troppo a lungo per aumentare i tassi potrebbe forzare un'azione più aggressiva in seguito. Non c'è nulla di nuovo però che lo sostenga nella sua dura linea. Il presidente della FED di Cleveland, Mester, ha ribadito che l'economia dovrebbe continuare a funzionare, ma sostiene che un'innalzamento dei tassi di interesse a metà sarebbero opportuni. Tuttavia, sul breve termine è più sensibile ai tempi di azione della Fed, cioè rimanere impassibili. Se non altro, si continua a consolidare il rialzo dei rendimenti osservati in risposta ai dati di lavori alla fine della scorsa settimana.



Il programma di acquisto del settore pubblico dell'Eurosistema continua è cominciato ieri e sembra essere aiutare il dollaro verso limiti di parità. Dall'esperienza degli Stati Uniti, il legame sarebbe "un raduno" in previsione degli acquisti delle banche centrali e poi l'inizio di un sell-off in piega regola. I rendimenti obbligazionari europei continuano a scendere. Il nuovo record dei decennali sono stati registrati in Germania, Italia, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi. I rendimenti sui biennali invece in Francia, Italia, Spagna e Portogallo.

I dati economici per la zona euro sono misti. La produzione industriale francese è stata più forte del previsto nel mese di gennaio, in aumento dello 0,4% invece di una discesa dello 0,3% secondo le stime. Tuttavia, questa è stata segnata dal declino dello 0,1% della produzione manifatturiera, che avrebbe dovuto essere in aumento. E' stato il terzo calo mensile nel corso degli ultimi quattro mesi. Un po di luce arriva dal settore automobilistico, la cui produzione a dicembre (0,6%) ha accelerato nel mese di gennaio (1,4%).

E' difficile trovare dati positivi invece nella produzione industriale in Italia. Scesa dello 0,7% nel mese di gennaio. Questa è il suo più grande declino dallo scorso settembre. Il mercato aveva previsto un aumento dello 0,2%. Su base adjusted, la produzione industriale è scesa del 2,2% rispetto a un anno fa, questo mina anche la tendenza al miglioramento visto nell'ultimo trimestre del 2014.

La notizia più interessante viene dalla Cina. In primo luogo ha riportato i dati sull'inflazione di febbraio. I prezzi al consumo sono passati all'1,4% su base annua passando dallo 0,8% di gennaio e superando le aspettative con un aumento dell'1,0%. Su base mensile, il CPI della Cina è aumentato dell'1,2%, dopo un aumento dello 0,3% nel mese di gennaio. I prezzi del cibo sono saliti del 2,4% dall'1,1%, mentre i prezzi non alimentari si sono stabilizzati allo 0,9% dallo 0,6%. Per essere chiari, questo non sembra essere l'inizio di un nuovo ciclo toro cinese. Danno nuovo slancio, ma niente di più.

La deflazione fa sprofondare i prezzi di produzione. Il calo del 4,8% su base annua è il più forte calo in quasi sei anni. I prezzi di produzione non sono aumentati in tre anni. Parte del recente calo può essere attribuito al calo dei prezzi delle materie prime, che in parte riflettono anche un rallentamento dell'economia cinese. L'economia continua a soffrire di un eccesso di capacità.

Separatamente, funzionari del Ministero delle Finanze cinesi hanno segnalato un aumento di tre volte la quantità di obbligazioni governative rilasciare per un valore di 240 miliardi di dollari. Solo una piccola parte di questo servirà per finanziare nuove spese. La maggior parte sarà utilizzato per coprire il debito esistente fuori bilancio e avere tassi di interesse più bassi. I funzionari hanno proiettato un risparmio dai tasso di interesse di circa 40-50 miliardi di yuan. In effetti, i governi locali permetteranno di convertire le obbligazioni ad alto rendimento in province-backed comunali.

Il calendario economico per il Nord America è invece diverso. I dati principali sono inventari all'ingrosso e i rialzi sui dati del lavoro in relazione al mercato del lavoro.

martedì 3 febbraio 2015

QE in Europa: implicazioni e opportunità di investimento

Differenza tra QE eropeo, quello degli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il QE europeo annunciato dalla BCE la scorsa settimana è costituito da un acquisto mensile di 60 miliardi di euro di bond pubblici e privati, che durerà almeno fino a settembre 2016. Gli acquisti in euro del debito avrà una curva di rendimenti tra i 2 e i 30 anni, mentre le scadenze rappresenterenno non più del 25% di ogni acquisto. Gli acquisti di debito saranno mutualised, condividendo la perdita fino al 20% e il resto del 80% resterà alle banche centrali nazionali.

È interessante notare che il debito pubblico acquisita dalla BCE è solo investment-grade, così, il debito di Grecia e Cipro probabilmente non saranno considerato per questo round. Mentre sia la Fed sia la BoE (Bak of England) hanno riacquistato il debito pubblico, così sarebbe lo stile della BCE, molto simile, la mancanza di mutualizzazione del debito attraverso l'Eurozona inclina i benefici verso i paesi con migliori fondamentali nel 2016, quando il QE inizierà a rallentare.

Inoltre, il meccanismo di trasmissione di finanziamento nella zona euro non funziona proprio in maniera identica, come negli Stati Uniti o nel Regno Unito. I tassi più bassi in tutta la zona euro dovrebbero abbassare i tassi per le imprese e le persone, ma non possono vedere l'impatto di questi tassi a breve termine e in modo uniforme in tutti i paesi euro. I Corporates Euro usano molto meno debito obbligazionario rispetto al Regno Unito o le imprese degli Stati Uniti. Anche se il mercato obbligazionario europeo ha visto una crescita significativa dopo la crisi finanziaria del 2009, la maggior parte del debito societario, soprattutto per le scadenze a lungo termine e per le piccole e medie imprese, è ancora debito bancario che sarà lento da regolare sul mercato i rendimenti.

La conseguenza a lungo termine sarà positiva è ciò può incoraggiare le PMI ad aumentare il finanziamento con obbligazioni societarie ad emissioni sul mercato eurobond, proprio come ha fatto dopo il 2009, quando la liquidità bancaria era prosciugata. Così, nel medio termine e lungo - questa è una parte delle PMI in Spagna e in Italia e in altri mercati in euro non-core in cui i tassi sui prestiti bancari sono al 4-6%.



La maggior parte degli effetti positivi immediati, tuttavia, sarà sulle grandi imprese della zona euro provenienti da Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi (che operano prevalentemente all'interno della zona euro e in quanto tali non hanno un impatto valutario negativo sulle loro fatturato) e che possono migliorare il loro tasso di indebitamento medio sostanzialmente.

I mutui dell'Eurozona sono in linea di massima fissati da 1 a 5 anni e oltre, e il rifinanziamento per questi mutui non è semplice. Mentre la quota di mutui a tasso variabile è aumentata dal 2009, i mutui a tasso fisso sono ancora predominanti in Francia, Italia, Paesi Bassi e Germania, quindi ci vorrà del tempo per l'effetto ricchezza dai mutui inferiori e di rifinanziamento per avere un impatto sui consumi. D'altra parte, paesi come la Spagna e l'Irlanda, dove la maggior parte dei mutui si basano sui tassi variabili, possono beneficiare maggiormente sul breve termine.

I mercati azionari dell'area euro non sono così sviluppati come in Gran Bretagna o negli Stati Uniti in relazione alla dimensione del loro PIL. Come mostra il grafico qui sotto, il rapporto tra il mercato azionario e il PIL in alcuni paesi europei come la Francia e in Italia è incredibilmente basso rispetto al Regno Unito o negli Stati Uniti. I paesi con i mercati azionari più sviluppati, come i Paesi Bassi (EWN), Belgio (EWK), Francia (EWQ) e Spagna (EWP) probabilmente beneficeranno maggiormente di un rischio sul trader azionario.



Bassi tassi potranno beneficiare di nuovi investimenti nel settore immobiliare e siamo propensi a vedere i prezzi immobiliari che saliranno ancora più in alto soprattutto nei paesi in cui i mercati azionari non sono molto popolari e nei paesi con i tassi di ipoteca per lo più variabili. Nonostante una forte performance nel corso dell'anno passato, i REIT tedeschi come Deutsche Wohnen (DWHHF) e Deutsche Annington (DAIMF) sono ancora la migliore posizione per approfittare di un mercato immobiliare in aumento. Alcuni sviluppatori immobiliari spagnoli come Immobiliaria Colonial [SM] può anche essere un interessante però molto volatile.

Il basso tasso di cambio dell'Euro probabilmente porterà significativi cambiamenti positivi, anche se alcuni economisti non la pensano così dato i molti beni prodotti dalle aziende che producono in Euro al di fuori del territorio della zona euro. Il settore dei servizi, in particolare, il settore dei viaggi e del tempo libero tra cui aziende come TUI AG, è un chiaro vincitore della valuta bassa. Le PMI e le imprese con basi di produzione ed esportazione al di fuori dell'area ne beneficeranno.

Un tasso di cambio più basso per l'euro continuerà a sostenere gli esportatori, in particolare i più grandi due esportatori della zona euro che sono anche produttori altamente competitivi: per lo più la Germania (che secondo WTEx, ha prodotto circa il 29% delle esportazioni europee nel 2013 e ha un grande settore delle PMI) e, in misura minore, i Paesi Bassi (con circa il 9-10% delle esportazioni europee nel 2013, ma un settore più piccolo). In Italia solo la spinta stimata del PIL da una valuta più basso è di circa lo 0,6% all'anno (CSC, Il Sole 24).

Mentre i benefici del QE saranno ampiamente diffusi e possono dare nuova tregua a paesi come l'Italia e la Francia, un po' ironicamente il più grande impatto positivo andrà a beneficio dei paesi che hanno combattuto. Gli olandesi e, in misura minore, i mercati azionari belga e settori immobiliari in paesi come la Germania e la Spagna saranno probabilmente i grandi vincitori.

domenica 14 settembre 2014

Il mondo attende la fumata bianca della FED

La Federal Reserve degli Stati Uniti può fornire chiarimenti su quando ci sarà un'escursione sul costo del denaro negli la prossima settimana, in una situazione geopolitica Europea che vede la lotta per il voto in Scozia sull'opportunità di lasciare il Regno Unito. Mentre l'economia degli Stati Uniti prende ritmo, la sua banca centrale si sta avvicinando sempre più ad aumentare i tassi di interesse, una mossa che invierà increspature in tutto il mondo. Nella zona euro, tuttavia, la Banca centrale europea si sta muovendo nella direzione opposta in un disperato tentativo di riaccendere la crescita e l'inflazione.

Gli Stati Uniti si scrollano di dosso la sbornia di una crisi finanziaria che ha martellato l'Europa e persino colpito la possente Cina fuori dalla sua falcata. Ma il rimbalzo degli Stati Uniti, grazie in gran parte al QE della FED, ora dovrà decidere quando interrompere definitivamente questo supporto.

Ulteriori osservazioni per quanto riguarda quando ci sarà il primo rialzo dei tassi USA dopo otto anni, accadrà probabilmente Mercoledì in una dichiarazione dei governatori delle banche centrali.
Sembra ormai un affare fatto, si sta andando verso un aumento dei tassi di interesse. Stiamo andando verso una nuova fase in cui la Fed sta cercando di riportare le cose alla normalità. Può inviare riverberi in tutto l'economia mondiale.
Ha riferito Paul Dales di Capital Economics.

Scegliere quando aumentare il costo del denaro nella più grande economia del mondo è un delicato equilibrio. La Yellen e gli altri cercheranno di capire come mantenere la ripresa economica su una chiglia fissa senza fermarsi prima che gli effetti del piombo pesi sui salari. Per contro, la Banca Centrale Europea ha recentemente tagliato il costo del denaro vicino allo zero e si è impegnata a comprare il debito nel tentativo di rilanciare i prestiti alle piccole imprese.

Per alcuni, l'eventuale mossa di Washington sarà una buona notizia per l'Europa. Ciò contribuirà a indebolire l'euro e un euro più debole aiuterà paesi come l'Irlanda, il Portogallo e la Spagna a vendere di più al'estero. Ma per gli altri, il contrasto sottolinea la debolezza dell'Europa. L'America è ben oltre l'Europa. Ogni speranza di miglioramento economico è scomparso durante l'estate.

Lo stesso giorno, con i banchieri delle banche centrali riuniti a Washington, la zona euro darà una visione sull'inflazione dei prezzi, un importante criterio della ripresa, piombata ai nuovi minimi nel mese di agosto. Giovedi la BCE rivelerà anche quanto l'offerta di quattro anni ai prestiti delle banche per aiutare la liquidità alle imprese, come parte degli sforzi della banca centrale per sostenere l'economia.

Il Presidente della Bce, Mario Draghi, dice che l'obiettivo è quello di ottenere un bilancio della BCE vicino al suo picco del 2012 tramite nuove misure, il che significa che mira ad iniettare 1.000 miliardi nell'economia della zona euro. Secondo un sondaggio di Reuters, gli economisti si aspettano che le bancheraccolgano 275 di 400 miliardi nel corso del tempo e che la BCE acquisti circa 400 miliardi di euro di asset-backed securities e covered bond nei prossimi due anni.

Aggiungendo problemi all'Europa, il conflitto in Ucraina sta rendendo gli investitori e le aziende nervose. Nonostante una fragile tregua tra le forze governative e i ribelli ucraini, l'UE ha introdotto ulteriori sanzioni contro Mosca. Le sanzioni fanno male alla Russia e ulteriori segni si vedranno la prossima settimana. Il conflitto ha colpito anche la fiducia delle imprese in Europa continentale, tra cui la potenza industriale in Germania, che seguirà con ansia l'indagine ZEW degli investitori del 16 settembre.



A differenza degli Stati Uniti, in Europa le nazioni e le lingue, ostacolano gli sforzi per coordinare la politica economica, lasciando gran parte l'onere alla BCE. Anche all'interno delle nazioni ci sono divisioni. Il 18 settembre, la Scozia voterà o meno di rimanere parte del Regno Unito. Se dovesse scegliere l'indipendenza, lancerebbe onde d'urto in giro per l'Europa. Inghilterra e Scozia avrebbero dovuto avviare un programma da 2.500 miliardi dollari grazie al petrolio del Mare del Nord, il quale avrebbe avuto un impatto molto positivo sulle casse inglesi.

La Scozia dovrà anche decidere quale valuta utilizzare. Londra ha detto che non poteva usare la sterlina, mentre le banche britanniche a Edimburgo, Lloyds (LLOY.L) e RBS (RBS.L), dicono che si muoverebbero in quella direzione.

La situazione cinese

In Cina la crescita annua è all'incirca dimezzata da quando la crisi finanziaria ha colpito la domanda per i suoi prodotti, e dati recenti hanno offerto un illuminante quadro globale principalmente cupo. La Banca centrale cinese, come molti dei suoi coetanei a livello mondiale, sta pompando denaro per sostenere l'economia, aumentando il costo della vita in città come Pechino, dove un grande appartamento di due camere da letto può costare fino a 1 milione di dollari e un caffè a Starbucks (SBUX) fino a 6 dollari.

Il governo è stato lento ad attuare le riforme per diluire il potere delle grandi imprese statali come Cina Telecom per fare spazio a piccole start-up. Il taglio dei tassi di interesse può essere possibile se l'inflazione scenderà ulteriormente. E' il momento di accelerare le riforme. Per altri, il rallentamento della Cina è molto più di un fenomeno temporaneo e può anche richiedere un ripensamento sui principi fondamentali di una economia con la sua continua attenzione alla crescita. Stiamo vedendo i limiti del modello di crescita nelle economie sviluppate.

lunedì 18 agosto 2014

Dove investire se l'Europa entra in una stagnazione giapponese

I recenti movimenti nei mercati globali sulle preoccupazioni della banca portoghese Banco Espirito Santo hanno messo a dura prova i nervi del mercato dopo un lungo periodo di volatilità repressa. Nonostante la calma attuale, tutti sanno che la volatilità tornerà un giorno e nessuno vuole essere preso in contropiede quando arriva. Quindi dovremmo cercare di prevedere la situazione negativa e anticipare il mercato.

Al di là di questo contesto, vi è una mancanza di certezza nel mercato e nei rendimenti dei titoli dei paesi periferici, della zona euro. Dove si stanno dirigendo nel breve termine - e quali sono esattamente i rischi connessi alla detenzione di questi titoli in portafoglio ?

Mentre i rischi continuano ad invadere i media, i rendimenti hanno iniziato ad elevarsi, così il vantaggio di chi acquista azioni in previsione di ulteriori cali diventa meno evidente. La recente decisione della Banca centrale europea di avviare le operazioni di rifinanziamento a lungo termine ha deluso. Questo rifinanziamento può fare qualcosa per contribuire a facilitare l'accesso al credito nel sud nel medio termine, ma difficilmente sarà efficace nella lotta contro la deflazione.

In particolare, potremmo aver bisogno di aspettare più di sei mesi per vedere qualsiasi impatto netto di liquidità, dal momento che gli stanziamenti a settembre e dicembre coincidono con precedenti rimborsi e ci lasciano con una potenzialmente preoccupante situazione per i prossimi sei mesi, in cui il bilancio della banca centrale continuerà a contrarsi, rendendo l'impegno verbale su cui sarà sempre più difficile fare affidamento.

Scavando più a fondo, e al di là dei timori su ciò che le sollecitazioni provenienti dai test bancari della BCE, il semplice passare del tempo in sé potrebbe complicare le cose. La recente tornata di macroeconomici ci ha dimostrato come le previsioni di crescita del 2014 non fossero poi così rosee, ed è ovvio che, anche se sarà evitata la deflazione, a rendere le cose più difficili sarà una inflazione molto bassa. In realtà se la zona euro crolla di nuovo in recessione non potrà dare la colpa a Vladimir Putin, ma ai propri parlamentari che non riescono a mettersi d'accordo.

Il punto chiave da prendere in considerazione da tutto questo è che il PIL nominale nel corso dei prossimi due anni può a mala pena aumentare, e non dimentichiamo che i livelli del debito sovrano dei paesi più indebitati potrà solo salire. Questo è importante in quanto tutte le proiezioni ufficiali vedono questi livelli, per quest'anno e il prossimo più alti, ma ora queste stime saranno sicuramente rivisitate.



Secondo gli ultimi dati del PIL trimestrale, l'economia francese ha ristagnato, ma più preoccupante per i politici è il PIL tedesco, meno 0,2 su base trimestrale, lasciando la Spagna come l'unica delle quattro grandi, a presentare una performance di crescita positiva (+0,6 trimestrale). Mentre la resistenza immediata sulla crescita a breve termine potrebbe essere l'impatto sul sentimento di una crisi sulla frontiera tra l'Ucraina e la Russia, l'area euro è ora chiaramente bloccata in una qualche forma di stagnazione a più lungo termine.

L'Europa sta diventando il Giappone del 1997. E' un'espressione che si sente sempre più spesso, e fa paura. Le persone che dicono questo solitamente sottolineano il fatto che i rendimenti dei bund tedeschi a 10 anni sono ormai sotto l'1% e il Giappone iniziò così, con i Bond JGB a 10 anni.

Nonostante tutte le smentite di Mario Draghi che la zona euro non è un altro Giappone ci sono un sacco di motivi per pensare che questo potrà avvenire. Evidentemente i membri della Commissione europea, i membri del Consiglio direttivo della BCE, e leader politici di alto livello a Berlino, Amsterdam o Parigi non sono né teorici né intellettuali. L'ipotesi di stagnazione è a questo punto più simile a una strategia di ricerca teorica e i politici sono comprensibilmente riluttanti a prendere decisioni sulla base di ciò che è ancora in gran parte una ipotesi.

Dove investire allora in un periodo di deflazione ?

Né l'inflazione né la deflazione fanno bene agli asset rischiosi. L'inflazione sopra le attese fa aumentare la volatilità e spinge le banche centrali ad alzare i tassi e questo comporta un rallentamento dell'economia. I passati periodi di alta inflazione negli Usa e nelle altre economie hanno portato al ribasso i multipli azionari e a un rialzo degli spread sui crediti.

D'altro canto nemmeno la deflazione fa bene agli asset rischiosi, mentre il suo impatto sul mercato obbligazionario è più incerto. Di solito nei Paesi alle prese con la deflazione gli investitori preferiscono gli investimenti liquidi o il reddito fisso perché i loro ritorni reali sono più interessanti. Per questa ragione l'asset allocation della Domino Solutions è positiva sui bond dell'area euro e le azioni a larga capitalizzazione, in particolare, su quelle della periferia. Mentre mantiene un giudizio di sottopeso per le azioni europee a bassa capitalizzazione.

La situazione per l'Italia

Il fatto è che, nonostante l'incontro tra Draghi e Renzi, nulla di sostanziale sta per accadere in Italia. Il governo è sotto pressione e sta per chiedere aiuto e Draghi non agirà prima che le cose non cambino.

Uno stimolo di domanda di 80 euro (o di 8000) comunque serve a poco se il sistema produttivo italiano non è competitivo: i consumi andranno in larga misura a cellulari (cinesi), auto (tedesche o giapponesi) televisioni (coreane) e vestiario (rumeno o tunisino). Nella spending review vanno prima fissati obiettivi quantitativi in linea con un taglio drastico delle imposte, ad esempio 100 miliardi in due anni. Poi il commissario individua una scala di priorità e infine il governo decide dove si abbatte effettivamente la scure. I debiti non stimolano la crescita sostenibile, altrimenti l’Italia sarebbe la locomotiva d’Europa dagli anni 70 e vanterebbe tassi di crescita da far invidia alla Cina.

giovedì 24 luglio 2014

Crisi in Europa, il problema è tutto delle banche

Qualsiasi dubbio che l'Europa si sta dirigendo verso un altra crisi del debito sovrano avrebbe dovuto essere dissipato dai dati raccolti la scorsa settimana dall'agenzia di rating Moody sulla situazione delle banche europee. I dati rivelano un aumento inquietante dei prestiti bancari in una serie di importanti paesi europei. Più preoccupante ancora è il fatto che l'aumento dei crediti inesigibili in Europa si sta verificando al tempo stesso che la debole ripresa dell'economia, la quale sta mostrando segni di cedimento mentre l'inflazione resta bloccata in una zona di pericolo deflazionistico.



Secondo i dati compilati da Moody, c'è stato un aumento preoccupante dei prestiti non-performing ben oltre il 10% dei prestiti bancari totali in Italia, Portogallo e Spagna. E' particolarmente preoccupante che tale situazione potrebbe richiedere un ulteriore sostegno pubblico ai sistemi bancari di questi paesi in un momento in cui il debito del settore pubblico e PIL è già oltre il 130% in Italia e Portogallo. Inoltre è preoccupante poiché dobbiamo attendere ulteriori aumenti significativi di questi prestiti non-performing qualora la ripresa economica vacilli e l'Europa si spostare ulteriormente verso la deflazione.

Nel considerare quanto grande sia il problema europeo del crediti, è bene ricordare che le banche europee hanno nei loro libri molti debiti di grandi aziende del rispettivo paese, che sono di dubbia qualità ma che sono trattati dalla Commissione europea come attività prive di rischio. E' inoltre bene ricordare come il grande settore bancario europeo è in relazione a quello degli Stati Uniti.

Mentre negli Stati Uniti i bilanci delle banche sono di circa il 100% del PIL, in Europa le banche di riferimento hanno un range di circa il 300% del PIL. Ciò implica che la soluzione del problema "prestito bancario europeo" potrebbe aggiungere sostanzialmente elevati livelli di debito sovrano nei paesi periferici.

Nel contesto di una vacillante ripresa europea economica e di alti livelli di debiti pubblici e privati, sembrerebbe essere solo una questione di tempo prima che la crisi del debito sovrano si ripercuota sui mercati. Tra i fattori più evidenti che potrebbero riaccendere la crisi è una normalizzazione dei tassi di interesse negli Stati Uniti, che potrebbero cambiare l'attuale situazione di abbondante liquidità a livello mondiale, la quale ha contribuito a mascherare il pessimo stato delle finanze pubbliche in Europa.



Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che un aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti sia l'unico fattore che potrebbe rinnovare la crisi del debito europeo. Piuttosto si potrebbe pensare che ogni segno indica che l'Europa si sta di nuovo muovendo verso la recessione, o verso la deflazione, che potrebbe portare ad una situazione insostenibile il livello del debito della periferia europea.

Allo stesso modo una importante inversione di politica in un qualsiasi paese periferico potrebbe sollevare questioni nei mercati circa la volontà politica dei paesi europei fortemente indebitati a perseverare con l'austerità fiscale e la riforma economica strutturale. La prossima revisione della Banca centrale europea in programma per ottobre potrebbe attirare l'attenzione del mercato a questo serio problema.

Nella sua recente testimonianza al Congresso, Janet Yellen, ha lasciato intendere che i tassi di interesse negli Stati Uniti potrebbero essere alzati prima del previsto qualora la ripresa economica degli Stati Uniti sia più forte del previsto. Ha anche riconosciuto che alcuni settori dei mercati azionari e del credito negli Stati Uniti fossero sopravalutati. Quello che lei non ha menzionato, tuttavia, è stato che i mercati europei del credito potrebbero essere influenzati da un aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Questo potrebbe essere stata una grave omissione da parte sua se si considera l'impatto che un rinnovamento della crisi del debito sovrano europeo potrebbe avere sugli Stati Uniti e sulle prospettive dell'economia mondiale.

venerdì 30 maggio 2014

Svariate ragioni per vendere Euro in questo periodo

Quando diamo uno sguardo ai mercati valutari, una delle più grandi storie dell'anno è stata l'inversione di massa dell'Euro rispetto al dollaro. Dal picco raggiunto a 1.40, la coppia EUR/USD è rimasta in stallo per poi iniziare a cadere poco dopo. Non ci pare del tutto sorprendente, in quanto i mercati valutari sono spesso volatili sugli ordini che verranno effettuati nelle immediate vicinanze di grandi numeri rotondi. Quindi, una reazione molto più grande avrebbe potuto essere prevista se le valutazioni di mercato avessero raggiunto il cambio 1,50, ma il fatto che le valutazioni di mercato non abbiano mai raggiunto questa zona è una caratteristica eloquente e, infine, suggerisce che sono già stati raggiunti i massimi per l'intero anno.

Ci sono molte ragioni per cui questo il cambio non andrà oltre il massimo di 1.40. Ho delineato alcune delle carenze viste nelle recenti relazioni economiche della zona euro. La maggior parte degli argomenti ribassisti provengono dal fatto che la disoccupazione in tutta la regione rimane elevata, oltre l'11%, che è quasi il doppio di ciò che si vede negli Stati Uniti. Inoltre crescita del PIL resta fiacca e non c'è motivo di credere che le prospettive possano cambiare per quest'anno: Fattori come la disoccupazione non sono distribuiti uniformemente in tutta la regione, in quanto paesi come la Germania e l'Austria stanno eseguendo una buona politica occupazionale, mentre gli esempi più negativi come Grecia, Portogallo e Spagna continuano a deludere.

Questa è buona parte del motivo per cui l'ETF iShares MSCI Germany (EWG) ha sovraperformato i suoi omologhi regionali per la maggior parte di questo anno. EWG traccia il valore dell'indice MSCI Germany, che è un indice completo dei titoli tedeschi rispetto al benchmark DAX.

In attesa della Banca Centrale e Draghi

Naturalmente la Banca centrale europea (BCE) è ben consapevole di queste tendenze e ha espresso preoccupazione per il lungo periodo in più occasioni. Le discussioni proseguono nella riunione di questa settimana delle banche centrali a Sintra, in Portogallo quindi sarà importante vedere quali saranno i commenti risultanti. Ciò consentirà ai mercati di ottenere un migliore senso di quando la BCE inizierà ad aggiungere stimolo economico come mezzo per sostenere le prospettive di crescita più ampie. Ogni suggerimento che le misure di stimolo saranno attuate presto dovrebbe portare un altro giro di vendita e pressione sulla moneta comune e creare un aggiuntivo ribasso sul Guggenheim CurrencyShares Euro Trust (FXE).

Ma dal punto di vista della BCE, questo è uno scenario ideale, in quanto le valute più deboli renderanno più facile per le imprese esportatrici dell'Eurozona condurre affari, creando un fattore importante per la crescita. Va inoltre ricordato che l'Eurozona ha un problema cronico, la deflazione, e lo stimolo monetario potrebbe contribuire ad invertire alcune di queste tendenze scoraggianti.

Tutti questi scenari sono ribassisti per l'euro e questo dovrebbe continuare a sostenere le prospettive dell'ETF PowerShares DB Bullish US Dollar Index (UUP) e, in una certa misura, il CurrencyShares Yen giapponese (FXY). Meno positivo sarà l'impatto sull' ETF britannico Guggenheim CurrencyShares (FXB), dato che la Sterlina e l'Euro tendono a commerciare in direzioni simili.

Queste sono le parole di Mario Draghi di questi giorni sulla deflazione e la disoccupazione in Europa:
Siamo consapevoli dei rischi di un periodo troppo lungo di bassa inflazione, sono fiducioso, riporteremo l'inflazione vicina ma al di sotto del 2% come da mandato. Non voglio neanche pensare cosa significherebbe per la Germania portare l'obiettivo al 5%. La Bce agisce simmetricamente di fronte all'inflazione. Il tasso d'inflazione è stato superiore all'obiettivo del 2% a lungo quando i prezzi petroliferi salivano. Quindi bisogna aspettarsi un'identica simmetria in futuro.

Le piccole e medie imprese fanno l'80% dell'occupazione nell'Eurozona, ecco perché sono importanti.
Grafico e prospettive per il cambio EUR/USD



Il supporto critico in area 1.3630 è già stato violato e questo conferma l'outlook ribassista per l'euro. L'area principale da guardare continuerà ad essere 1,40, che è la resistenza da cui è partito il ribasso, i mercati comunque sono in grado di far risalire la coppia sopra 1.3750. Questo sembra improbabile per il momento, tuttavia, la maggior parte della quantità di moto si trova chiaramente in direzione ribassista. Non vi è alcun reale supporto storico fino a 1.3480, quindi dovremmo vedere molto presto il valore 1,35.

sabato 24 settembre 2011

Titoli europei ottimi per un acquisto scontato di questo periodo

Il nostro Stock Win Usa Portfolio da inizio anno sta realizzando il 19.39%

I mercati europei in questo periodo sono certamente in subbuglio per molte questioni, dalla crisi del credito al debito della Grecia e dei paesi periferici. Ma non per questo non ci sono buoni affari in borsa. Facciamo allora una ricerca a Wall Street che hanno sede europea ma che operano a livello globale e quindi sono quotate in America.

I mercati di tutti i continenti sono immersi negli ultimi mesi in gravi situazioni sui timori di pesanti debiti, in particolare la Grecia, il Portogallo ma anche l’Italia e l’Irlanda, questa condizioni getterà la zona euro in una crisi del settore bancario simile a quella accaduta negli Stati Uniti nel 2008. L’indice MSCI europeo è sceso del 27% in tre mesi, con un declino dello stesso indice Americano giù del 14%. 


Tutto questo ha lasciato molti titoli con fondamentali ottimi ad un livello di acquisto molto buono. L’indice MSCI Europe è scambiato 11 volte gli utili e porta con se dividendi per un valore del 4,1% rispetto ad un rapporto prezzo/utili di 14 e dividendi del 2,1% della sua controparte statunitense.

Naturalmente, alcune imprese europee, in particolare le banche, sono dotate di grande rischi. Sono portatrici di più di 100 miliardi di dollari di esposizione verso il debito greco attraverso obbligazioni e derivati, secondo alcune stime di UBS e Bank for International Settlements.

Gli strateghi dicono che ci sono ottime opportunità nelle telecomunicazioni, nella tecnologia, nell’energia, nei beni di consumo e nel farmaceutico, quest’ultimo per vari motivi tra cui anche le grandi quantità di cash flow e forti dividendi. 

“Gli investitori potrebbero esagera nel sottostimare sia i titoli macro che micro, ci sono stati cali anche tra gli operatori globali che hanno isolato la flessibilità finanziaria.” 
Si è espresso così Gary Motyl, Chief Investment Officer di Templeton Global Equity Group.



La spagnola Telefonica (TEF), nell’ultimo trimestre ha raccolto vendite il 46% delle proprie vendite dall’America Latina. Per Motyl è una delle favorite, in parte perchè vende otto volte  le previsioni di quest’anno, molto meno dell’indice MSCI Europe. I pagamenti dei dividendi di quest’anno si prevedono superiori al 12% secondo i dati di FactSet. I dividendi consumano la maggior parte dei guadagni, per cui un dato di profitto inferiore alle attese potrebbe danneggiare i pagamenti, ma l’azienda all’inizio di quest’anno ha annunciato un insolito “minima remunerazione agli azionisti” con obiettivo di 1,75 euro per azione, inclusi i dividendi e il riacquisto di azioni, il prossimo anno si attende di meglio. 


La svedese Telefon AB LM Ericsson (ERIC), produttore di apparecchiature wireless, genera più di tre quarti delle sue vendite al di fuori dell’Europa. Ercisson come costruttore di nuove reti, aggiornamenti e servizi di noleggio aziendale per la gestione delle reti. Si vende poco meno di 11 volte le previsioni dei guadagni di quest’anno, e nel 2011 i dividendi sono attesi intorno al 3,7% secondo i dati FactSet.

Motyl raccomanda inoltre la farmaceutica svizzera Roche (ROG), specializzata in farmaci contro il cancro e l’artrite. inoltre il suo business deriva anche dalle attrezzature diagnostiche per l’HIV e il diabete, L’Europa ha contribuito solo col 35% delle sue vendite lo scorso anno. Il dividendo della società è intorno al 4,9% secondo le previsioni di quest’anno.

Gli investitori che fanno acquisti in Europa dovrebbero sempre seguire le strategie di acquisto in periodo recessivo, ha scritto Gary Bakcer, capo strategist azionario europeo di Bank of America, in una nota scritta ai clienti Mercoledì. Secondo i test retrospettivi dei cicli economici e i rendimenti azionari dal 1992, è un buon momento per entrare nel mercato di titoli con buoni fondamentali, perchè le previsioni degli indicatori economici tra cui il gross-domestic-product e il business surveys si stanno deteriorando. 



Baker punta come titoli su British American Tobacco (BTI) , la seconda più grande azienda di commercializzazione di tabacco dopo Altria (MO), per i suoi guadagni e dividendi stabili. Le azioni sono quasi 14 volte gli utili, ma i dividendi di quest’anno saranno pari al 4,7%. L’azienda ha una minore esposizione di vendite in Europa rispetto all’Asia e alle Americhe, esclusi gli Stati Uniti, dove partecipa con una quota del 43% nella Reynolds American (RAI).


Total (TOT), è una compagnia petrolifera francese, con sede a Parigi. È una delle prime quattro aziende mondiali operanti nel petrolio e nel gas naturale (assieme a Royal Dutch Shell, BP ed ExxonMobil). La società opera nell'intera catena produttiva del gas e del petrolio, dalla ricerca di nuovi giacimenti alla vendita al dettaglio dei prodotti derivati. La Total opera anche nel comparto della chimica.

Secondo l’analista Jefferies & Co la redditività gli utili dovrebbero crescere più velocemente aspettandosi un raddoppio per il 2015. Il titolo viene venduto sei volte gli utili e il dividendo supera di poco il 7% annuo. 

Questa tempesta sui mercati dovrebbe essere meno grave di quella del 2008, secondo Richard Taylor, responsabile della ricerca azionaria europea di Jefferies. In primo luogo, le aziende finanziariamente sono più forti rispetto ad allora e in secondo luogo, le autorità hanno il vantaggio, si spera, di aver imparato qualcosa dalla prima crisi, compresa l’importanza del funzionamento del mercato del credito.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo

venerdì 23 settembre 2011

Quali sono i mali dell'economia mondiale ?

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Il nostro One Million Dollar Portfolio da inizio anno sta realizzando il 14.60%

Il nostro Stock Win Usa Portfolio da inizio anno sta realizzando il 21.36%

Fino a poco tempo fa gli analisti ci narravano le condizioni macroeconomiche del mondo pressapoco così: abbiamo avuto una grave crisi finanziaria nell'autunno del 2008, la quale ha immediatamente portato a una grave recessione che sarebbe poi stata seguita da una ripresa relativamente veloce.

Tutti i paesi del mondo in maniera diversa dovrebbero recuperare, anche se presumibilmente a tassi variabili, e le persone ragionevoli potrebbero essere in disaccordo su quali di questi paesi possano crescere più o meno velocemente rispetto ad altri.

Una metafora marittima eccellente per questa situazione è che la marea solleva tutte le barche. Un'immagine più adatta potrebbe essere il consiglio che l'economista Warren Buffet ha dato qualche tempo fa:

Voi non sapete chi sta nuotando nudo fino a quando la marea non si ritira.

La domanda che ci poniamo noi ora è, la marea sta arrivando o sta per andarsene ? Ha già rovinato la spiaggia oppure il peggio deve ancora arrivare ?
Per capire dove esattamente il mondo economico si sta dirigendo dobbiamo inevitabilmente tenere analizzare tre paesi: gli Stati Uniti, la Germania e la Cina e per tutti e tre la questione principale è la stessa: il credito. Ogni nazione lotta con un diverso tipo di credito, ma il nocciolo della questione è sempre lo stesso: come allontanarsi da un modello di crescita basato sulla leva finanziaria troppo elevate, pur riuscendo a crescere.

La spesa del consumatore

Negli Stati Uniti le famiglie sono l'epicentro della crisi a causa della decrescita dei consumi. Molti americani hanno ridotto i loro risparmi e hanno preso in prestito denaro prima della crisi del 2008, ovviamente erano invitati da settori finanziari che con le loro pubblicità invogliavamo il cliente ad ottenere sempre di più pur avendo un debito nei loro confronti sempre più elevato.
Ci sono scuole di pensiero convinte che i prezzi degli immobili non risaliranno e che i soldi per le pensioni saranno sempre più a rischio. Questo ovviamente indurrà molte famiglie a riflettere sempre di più sul loro futuro e il tasso dei risparmiatori salirà.

Questo pensiero è applicabile non solo ai privati ma anche alle imprese. Infatti molte compagnie evitano di fare investimenti in ricerca e sviluppo o non assumono proprio per il timore di una nuova caduta, ed è assai difficile immaginare che politicamente in America ci siano idee legislative capaci far cambiare idea alla piccola e media impresa.

Abbiamo perso mezzo decennio

Se si confronta il PIL nominale pro capite del secondo trimestre 2006 con quello del secondo trimestre 2011, noterete che gli Stati Uniti hanno avuto circa l'8% di crescita. Eppure l'inflazione nello stesso periodo è stata più alta. In altre parole, la più grande economia del mondo, pari al 25% della produzione mondiale ha già perso un mezzo decennio.

Gli Stati Uniti potrebbero cominciare a tirarsi fuori dal loro malessere. E' ancora la patria di grandi opportunità e di innovazioni e di grandi aziende che stanno facendo un sacco di soldi. Il patrimonio netto finanziario del settore privato ha forti prospettive basate su nuove tecnologie capaci di attrarre i migliori talenti del mondo.

Eppure non sembra essere utile, i politici non sembrano capire bene quali siano i reali problemi, puntano sempre e solo sulla fiducia dei consumatori e sulla retorica del confronto senza rendersi conto che la soluzione per la crescita è aiutare ogni tipo di azienda cominciando con i tagli occupazionali da parte di governi statali e locali.

La crisi bancaria

A peggiorare la situazione non ci sono buone notizie nemmeno dal settore bancario.
L'amministrazione Obama ha preso la decisione di permettere alle grandi banche di ricapitalizzare con la ripresa economica, ma anche di aumentare i dividendi ed i versamenti di bonus. Questa strategia appare sempre più discutibile perchè i livelli di capitale delle banche sono probabilmente troppo bassi per attenuare lo shock di una eventuale tappa verso il basso.

Ad aggravare la situazione, direttamente ed indirettamente, c'è il disastro economico europeo. L'eccesso di indebitamento non può essere attribuito in primis ai governi ma è stato incoraggiato dalla maggior parte dal settore finanziario. Le banche emanano regole pazze in vista di prestiti sovrani definendoli “Privi di rischio”. Ma cosa non lo è al giorno d'oggi ?
Questo metodo come modello di crescita deve cambiare e sarà molto difficile da far digerire al vecchio continente.

Il debito greco

I tedeschi sono i creditori numero uno del debito greco. L'idea principale è quella di blindare una ristrutturazione del debito greco garantendo così che l'impatto non si diffonda al resto dell'unione monetari. Anche questo si sta rivelando assai difficile, e come testimonianza abbiamo la pressione al rialzo dei tassi di interesse italiani.
Alla fine, la Banca Centrale Europea potrebbe tenere una grande quantità di debito italiano, spagnolo e chissà di quali altri paesi. Ma il loro processo di acquisto di bond è più probabile che porterà con se una parte del credito periferico mantenendo alta la minaccia di espasione.

Forse l'euro si indebolirà abbastanza per aiutare a salvare l'Italia e gli altri. Ma l'effetto potrebbe essere di breve durata e la politica degli Stati Uniti sarà quella di scoraggiare gli afflussi di capitale e di conseguenza molti possessori di riserve ufficiali preferiranno diversificare dal dollaro.
La sterlina britannica sembra improbabile per guadagnare valore, lo yen giapponese rimane volatile, e il franco svizzero è ora legato all'euro.

Le dimissioni di Stark


La moneta europea potrebbe rimanere relativamente forte, quindi non dovremmo aspettarci un deprezzamento indotto di esportazione per la zona euro. Anche così, le dimissioni del 9 settembre di Juergen Stark - un membro tedesco del comitato esecutivo della BCE - ha spinto l'euro verso il basso. Il supporto più lontano dalla BCE per la Germania potrebbe essere un punto di svolta.

Il continente è entrato in un periodo di austerità fiscale e monetaria di grande confusione. In questa situazione, è difficile vedere come l'Unione europea potrà mostrare qualcosa di diverso da una bassa crescita per i prossimi anni, mettendo un altro quarto di economia mondiale in stasi.

E poi c'è la Cina, che è stata a lungo caratterizzata da una grande quantità di prestiti da imprese statali e le loro spin-off, ma si è recentemente trasferita rapidamente verso il credito al consumo, in particolare all'alto reddito delle famiglie nell'acquistare immobili in attesa del futuro assetto degli aumenti di prezzo.

La quota della Cina della produzione mondiale rimane relativamente piccola - circa il 12 per cento, anche con la regolazione più generosa del potere d'acquisto - ma contribuisce più di un quarto della crescita mondiale, e ha un effetto definitivo sui prezzi di molte materie prime, con conseguenze significative per prosperità nella maggior parte del mondo via di sviluppo.

L'impatto cinese

La Cina può fare un lavoro migliore nella gestione del flusso di credito ?
Probabilmente no. Lo sviluppo economico è spesso descritto come "recupero". Ma le prospettive di crescita globale nel breve termine molto dipenderà dal fatto che la Cina possa evitare di seguire le orme degli Stati Uniti e in Europa.

La crescita sulla base di una grande quantità di leva si è dimostrato fragile, ma non ci siamo ancora spostati verso un diverso modello. Per ora, la transizione da un alto livello di debito del settore pubblico e privato sarà probabilmente prolungata e sarà certamente doloroso.

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mercoledì 7 settembre 2011

L'imminente fallimento della zona Euro

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Il nostro One Million Dollar Portfolio da inizio anno sta realizzando il 14.53%


Vi è mai capitato di guardare in tv un bel film dove c'è un detonatore con una bomba e un timer impostato ad una certa ora ? Stiamo lì incollati in attesa dello 00:00 per vedere cosa accade. Solitamente nei film spunta fuori un eroe che con un miracolo insperato taglia il cavo giusto a 00:01. L'Europa è un po come quel film, solo che a salvarla purtroppo non esiste alcun eroe.

Il mondo in questo momento ha un problema. Tutte le sue principali economie stanno rallentando, Stati Uniti, Europa e Giappone sembrano proprio non avere la forza per uscire da questo momento di crisi economica. Il Giappone è in crisi da anni e per dargli una mano madre natura ha deciso pure di scatenargli addosso tutta la sua ira. Gli Stati Uniti sono alle prese con un presidente che promette milioni di posti lavoro (già sentita questa) senza neanche avere l'idea di cosa stia accadendo al suo paese. In un sondaggio di qualche giorno fa alla domanda “pensi che il tuo presidente stia lavorando bene per risolvere il problema economico del paese ?” L'81% degli americani hanno risposto no. Un applauso ad Obama che è riuscito a fare peggio di Carter che alla stessa domanda trentanni fa si beccò niente meno che il 78% di no.

Per quanto riguarda l'Europa, beh, non aggiungiamo altro agli innumerevoli articoli negativi che sono volati in questi giorni sulla cattiva gestione dell'intero pacchetto economico dell'Eurozona.

Il problema di questi problemi, perdonate il gioco di parole, è che queste grandi economice trainano anche quelle più più piccole, quindi come un domino, se cadono gli Stati Uniti, cade la Cina. Se cade la Cina, cade l'India e se cade l'India Dio solo sa cosa può cadere.

Quello particolarmente preoccupante è il famoso effetto blow-up che sta per abbattersi sull'Europa. L'Europa è un continente famoso per la sua interconnessione finanziaria ben gestita e la sua popolazione culturalmente risparmiatrice. Una sua caduta preoccupa di più che i problemi di rallentamento dell'economia americana, anche se ci sono alcune analogie con la situazione degli States. I loro governi e le banche centrali hanno perseguito politiche monetarie e fiscali sconsiderate per anni ed ora ne pagano le conseguenze.

Politicamente i leader dei governi europei stanno pagando una perdita di fiducia e di voti, proprio come Obama negli Stati Uniti. Hanno speso grandi somme di denaro per stimolare la ripresa nel tentativo di un non certo salvataggio, proprio come la Fed ha fatto con un investimento di 600 miliardi di dollari questa primavera.

Il deficit e i debiti stanno affossando tutti e due i paesi e le economie come conseguenza dimostrano enormi incertezze.

Ma strutturalmente come possiamo accostare l'Europa e gli Stati Uniti ? Possiamo immaginare l'America dove ogni stato è sovrano ma tutti fanno capo alla FED. Alcuni stati spendono più di altri e quando si trovano in difficoltà chiedono aiuto alla Fed che acquista il loro debito per tenerli a galla mettendo in difficoltà gli Stati che invece utilizzano programmi economici e sociali più intelligenti.

Secondo l'Unione Europea questa idea renderebbe l'Europa più unita. Ma come è possibile ?



Guardando la tabella qui sopra viene in mente una sola cosa, l'Europa ha le spalle al muro. La Grecia presto andrà in default a causa del proprio debito sovrano. Martedì i rendimenti sui bond annuali hanno raggiunto il 60%. E' un segno che gli investitori non hanno fiducia nella capacità del governo greco di ripagare il proprio debito.

Il fondo monetario della BCE sta cercando di creare uno strumento di stabilità finanziaria (EFSB) al fine di cautelarsi ulteriormente nel caso del default Grecia. Hanno già impegnato 110 miliardi di euro e stanno cercando di mettere insieme un pacchetto di altri 109 miliardi. Ma la Finlandia insiste perchè gli aiuti alla Grecia siano seguiti da garanzie collaterali, e come biasimarla. In poche parole la Finlandia chiede che la Germania e la Francia garantiscano il contributo che la Finlandia verserà per aiutare la Grecia. Ma qui siamo al ridicolo.

La Grecia ha perso ogni bersaglio fiscale. Stanno cercando di portare il loro deficit al 7,6% del PIL attraverso misure di austerità più elevate, ma sembra che ancora una volta viaggeranno intorno all'8,5%. In pratica chiedono ai greci di fare qualcosa che non vogliono fare, e per le strade di nuovo i cittadini girano in segno di protesta.

Se la Grecia cade in default, allora si aprirà il proverbiale vaso di Pandora. Le banche europee, diverse dalle banche greche, detengono 46 miliardi di euro del debito pubblico greco. La Belga Dexia da sola detiene il 39% del debito sovrano greco, quello della Commerzbank in Germania è circa il 27%. Secondo il Wall Street Journal ci sono debiti sconosciuti agli assicuratori e alle banche d'investimento.

The International Accounting Standards Board (IASB) ha messo in guardia le banche sul debito greco in loro possesso. Il fatto è che queste banche sono sottocapitalizzate e in difficoltà. Il loro "stress test" sono una finzione. La liquidità sta iniziando a ridursi nel loro sistema bancario a causa di questi nervosismi. Rabobank, per esempio, ha detto che sta alzando cautamente i prestiti interbancari. Nel complesso il credito sta cominciando a stringere rendendo nervosi i depositanti del debito greco

In altre parole, gli europei hanno creato un problema che non riescono a risolvere.

Ecco le loro alternative:

1) Salvare la Grecia, con lo spettro che Italia e Spagna siano i prossimi obiettivi da aiutare. Questo non è attraente per Germania e Francia che conoscono i loro contribuenti e sanno che dovranno sopportare la maggior parte della spesa.

2) Avere un buy della BCE per il debito greco, se necessario, per mantenere a galla la Grecia. Il problema è che l'inflazione e le prospettive sono negative per tutti i paesi, paganti e non.

3) Optare per una unione fiscale per cui Bruxelles controlli la spesa e la tassazione. O almeno come Sarkozy e la Merkel propongono, coordinare le loro politiche di bilancio e fiscali e passare un emendamento per creare un equilibrio di bilancio di ciascun paese. In bocca al lupo.

Quale di queste politiche saprà soddisfare al meglio gli obiettivi necessari per migliorare i danni peggiori:

1) Eliminare la necessità della BCE di acquistare obbligazioni continuamente sui mercati secondari;

2) Garantire che i paesi con problemi abbiamo accesso ai finanziamenti;

3) Impedire che i paesi forti siano trascinati da quelli più deboli.

Quale delle suddette politiche impedirà l'inadempimento della Grecia ? lascerà i paesi ricchi fuori dai guai ? Creerà enormi liquidità nella zona euro ? Salverà le banche?

La risposta numero 2 è quella ovvia, quella che non colpirà i contribuenti delle economie potenti dell'Unione europea, che ridurrà l'effetto del debito sovrano, che rafforzerà le riserve delle banche insolventi (almeno sulla carta), e metterà il problema fuori dalla porta per un altro giorno.

La risposta numero 2 consentirà ai contribuenti di Germania, Francia e Belgio, le cui banche detengono un sacco di debito pubblico e privato greco, di rimanere fuori dai guai perché la Grecia sarà in grado di rimborsare i loro obblighi in un euro svalutato. Cioè, i contribuenti di quei paesi non dovranno pagare per disincagliare le loro banche. O, peggio, una Grecia inadempiente.

Questo piano non risolve nulla se non nel brevissimo termine. Subito dopo, l'inflazione scioglierà gran parte del debito sovrano della zona euro e del debito privato e i risparmiatori saranno derubati del loro capitale. Tale capitale sarà distrutto e consumato dall'inflazione dei prezzi. Le loro economie continueranno a ristagnare, la disoccupazione rimarrebbe alta, le entrate fiscali alla fine declinerebbero in termini reali e saremo nuovamente di fronte agli stessi problemi di oggi. Non c'è modo di evitarlo.

L'Unione Europea deve affrontare un problema irrisolvibile, un problema che ha creato da sola. Non si può avere una unione monetaria senza unione fiscale. Almeno quando nessuna nazione ha l'obbligo di fair play finanziario.

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domenica 24 luglio 2011

Il destino dell'Europa ? Prossima fermata....default

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Il nostro One Million Dollar Portfolio da inizio anno sta realizzando il 18.60%

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E' un report un po lungo, ma vale la pena leggerlo per farsi un'idea di quale sarà l'impatto del salvataggio di alcuni paesi della zona euro sulle nostre tasche. 

Il piano dell'Europa sta fallendo. Anche se concepito con il fascino, la flessibilità, l'umiltà e la creatività dei governanti europei, la voglia e il duro lavoro non bastano a salvare l'Europa dal prossimo crack finanziario.

La medicina è sbagliata
L'idea dei paesi europei è quella di fare affidamento sulla BCE e sul Fondo Europeo di Stabilità (EFSF).

La BCE punta sul finanziamento dei paesi sotto pressione acquistando le loro obbligazioni sul mercato secondario (circa 75 miliardi di euro) e finanziando le banche a fronte di garanzie di qualità altamente discutibili, come i titoli di stato greci.
Sembra un cane che si morde la coda, ci sono infatti accuse secondo cui la BCE e altre banche
europee hanno utilizzato il sistema dei pagamenti dell'Eurozona per prestare denaro ai paesi membri sotto pressione (circa 300 miliardi di euro), tutto questo mentre la stessa Banca Centrale pubblicamente criticava le banche dichiarandole “dipendenti” ai finanziamenti della BCE stessa.

Il temporaneo Fondo Europeo di Stabilità (EFSF), progettato male, terminerà nel 2013. Invece dei propagandati 440 miliardi di euro, il fondo aveva a disposizione solo 250 miliardi a causa di difetti strutturali. Lascerà spazio all'European Stability Mechanism (ESM). La capacità effettiva di prestito dell'ESM sarà pari a 500 miliardi di euro per un totale di capitale sottoscritto pari a 700 miliardi, di cui 80 miliardi sotto forma di capitale versato e 620 miliardi dalla combinazione di capitale impegnato esigibile e di garanzie da parte degli Stati membri della zona euro.
Anche l'ESM non è esente da difetti strutturali.

Gli 80 miliardi di euro liquidi saranno forniti in 5 anni a partire dal 1° Gennaio 2013, la manovra di rateizzazione è stata aggiunta per venire incontro alle richieste della Germania la quale sarà esposta maggiormente. Sono stati previsti anche ulteriori aggiunte nel caso in cui ci fosse bisogno di ulteriori salvataggi.

Non è però tutto rose e fiori, L'ESM ha il compito di emettere prestiti per sostenere i paesi in difficoltà a condizione che essi rispondano con severi provvedimenti sui bilanci, che, se non fossero soddisfatti, farebbero scattare sostanziose multe. Il sistema poi sarà in grado di acquistare bond di paesi membri sul mercato primario, ma solo in circostanze eccezionali. Non lo farà quindi sul mercato secondario, come spesso auspicato dalla Bce che svolge questa funzione dall'acuirsi della crisi greca nel maggio scorso. Il programma stabilisce inoltre i criteri per i possessori di obbligazioni private della condivisione dell'onere nel caso gli stati membri richiedano una riduzione del debito.

Come per l'EFSF, la dipendenza da membri della zona euro che garantisce l'un l'altro è problematica. Alcuni degli stessi garanti sono vulnerabili con le passività reali e potenziali.
Ad esempio, ogni 100 miliardi di euro forniti dalla ESM aumenta la potenziale passività dell'Italia di 18 miliardi, pari al 1% del PIL del paese, e la potenziale responsabilità della Germania di 27 miliardi, anche essa pari al 1% del PIL.

Tutto questo può tradursi in una spirale di declassamenti di credito richiesta di maggiori contanti. I garanti più deboli si troveranno in una posizione finanziaria molto scomoda, tale da incoraggiare il paese stesso a ritirarsi dagli aiuti dell'ESM. Per i membri più forti, si pone un aumento della pressione sul loro supporto e indebolisce il loro rating e le finanze.

La posizione è aggravata dal fatto che i membri dell'UE che non hanno accettato la moneta unica non possono far parte della nuova struttura. Il Regno Unito ha indicato che non farà parte del ESM, privando i membri dell'Eurozona di una fonte importante di finanziamento e di supporto (circa il 14% dell'attuale EFSF).

In conclusione l'ESM non fa altro che acuire i vecchi problemi producendone dei nuovi. L'accesso al finanziamento ESM richiede l'accordo unanime tra i membri dell'Eurozona. L'ESM è in grado di fornire prestiti solamente se lo Stato si impegna ad accettare prescrizioni per la riforma delle finanze pubbliche ed economiche approvate dall'Unione Europea.

Per i paesi che hanno già richiesto salvataggi, potrebbe essere necessario cercare ulteriori fonti di finanziamento per loro inaccessibili. Il debito in scadenza e il deficit di bilancio previsto per la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo richiederà circa 300 miliardi di euro di nuovi finanziamenti tra il 2011 e il 2013. Se la Spagna dovesse aver bisogno di ricorrere al meccanismo di finanziamento dell'UE, la capacità di fornirgli supporto finanziario sarebbe compromessa.

In definitiva, un meccanismo efficace dell'UE per salvaguardare l'intera economia dovrebbe essere calcolato intorno i 2 trilioni di euro. Infatti alcuni ministri europei anche fatto richiesta che il fondo sia aumentato a 1.5 trilioni di euro. Se per ipotesi l'Italia avesse bisogno di un salvataggio, il fondo dovrebbe essere ancora maggiore. Il sostegno politico e la vitalità economica di un impianto di queste dimensioni è improbabile.

Allo stesso tempo, i termini dell'ESM, soprattutto la subordinazione degli istituti di credito esistenti al finanziamento di salvataggio e il CAC obbligatorio, spingerebbe i finanziatori e gli investitori a evitare i finanziamenti dei paesi più vulnerabili. In effetti, questo farebbe sì che le economie periferiche diventino sempre più dipendenti de sostegno dell'UE, innescando la spirale negativa descritta prima.

L'esposizione bancaria
I salvataggi dell'UE hanno sempre l'obiettivo primario di proteggere le banche europee dagli effetti di un default da parte dei mutuatari, come Grecia, Irlanda e Portogallo.

In totale, le banche in Germania, Francia e Regno Unito hanno esposizioni di oltre 500 miliardi di euro. Se l'esposizione verso la Spagna e l'Italia fosse inclusa, il totale del sistema bancario globale aumenterebbe a circa 2 trilioni di euro. La loro posizione è determinata dalle condizioni cross-lending. Spieghiamo meglio, le banche in Spagna, che può richiedere supporto, hanno 70 miliardi di euro di esposizione verso il Portogallo e 13 miliardi di l'esposizione verso l'Irlanda.

Al centro delle problematiche del debito europeo è il boom del credito che ha avuto luogo a seguito dell'introduzione dell'euro. Prima dell'unione monetaria nel 1999, i tassi di interesse sui prestiti dei singoli paesi rifletteva meglio il rischio di perdita. L'introduzione dell'euro ha eliminato il rischio di cambio. Sorprendentemente gli spread creditizi hanno registrato un netto calo riflettendo una mancanza di differenziazione tra la qualità del credito delle singole nazioni.
Le anomalie sui prezzi sono stati guidati dalla convinzione che l'intera Eurozona avesse come rating lo stesso della Germania, una tripla AAA. Questo fattore ha spinto un flusso di prestiti ai paesi periferici e alle loro banche alimentando il boom di credito di sempre maggiori dimensioni.

Gran parte di questo debito - in forma di debito, prestiti a banche e titoli strutturati anche sulla base di mutui e prestiti alle imprese - è detenuto da banche minori in Francia e Germania. Se la Grecia, Irlanda, Portogallo e (in definitiva) la Spagna dovranno ristrutturare il debito, allora queste banche subiranno perdite significative.

Non è chiaro se le banche, soprattutto in Germania e Francia, hanno capitale sufficiente di riserva per sostenere tali perdite. Il rapporto biennale del FMI sulla stabilità finanziaria ha sempre sostenuto che le banche della zona euro non hanno riconosciuto le perdite in maniera adeguata. L'inadeguato stress test del 2010, condotto dalle banche centrali europee e la BCE, non era volto a capire la prospettiva di un default nella determinazione di solvibilità della banca. Ci sono note che suggeriscono che la posizione di alcune banche europee, soprattutto Landesbanken tedesche, è altamente problematico.

Nel giugno 2011, Moody ha cambiato l'outlook su 13 banche di medie e minori dimensioni italiane a negativo e ha avvertito che potrebbe declassare il rating a lungo termine di altri 16. Tutto questo ha portato l'annuncio che il debito sovrano italiano sarebbe stato soggetto di un downgrade. Le banche italiane sono state meno colpite dalla crisi finanziaria a causa della cultura conservatrice del prestito e alti livelli di depositi al dettaglio del popolo. Nonostante questi punti di forza, le preoccupazioni circa un possibile contagio da parte dei paesi periferici e dei problemi d'Italia sul salvataggio di questi paesi sono oggi sempre più problematici.

Il denaro gestito male dalla BCE
Anche la BCE deve pensare ad una ristrutturazione del debito, infatti la stessa banca centrale detiene da sola circa 50 miliardi di euro di debito greca. L'esposizione totale della BCE in Grecia, tra cui i prestiti alle banche greche e i prestiti a fronte di obbligazioni del governo greco è molto più alto, circa 130 miliardi di euro.

In caso di insolvenza della Grecia la BCE potrebbe subire perdite intorno ai 65-60 miliardi (diciamo il 50% della somma anticipata). Le perdite quasi certamente richiedono ricapitalizzazione della stessa BCE da parte di membri dell'Eurozona. La BCE è di proprietà di 17 banche centrali della zona euro con un capitale cumulativo pari a circa 80 miliardi di euro.

Quindi la posizione della BCE nel caso in cui i paesi periferici come la Grecia dovessero cadere nella trappola del default appare sempre più complicata per la sua stessa posizione di vulnerabilità finanziaria. Quando Lorenzo Bini Smaghi, membro del consiglio italiano, ha dichiarato che una ristrutturazione del debito greco sarebbe stato un "suicidio", si riferiva forse alla BCE.

L'effetto sui mercati monetari di un default appare imprevedibile, a seconda del quantitativo di perdite e dalle esigenze di ricapitalizzazione l'evento potrebbe creare danni irreparabili, aprendo non solo preoccupazioni per le banche dell'itera zona euro, ma anche un contagio a livello globale.
Una situazione del genere potrebbe destabilizzare i mercati, trasmettere un costo elevato e ridurre la disponibilità di finanziamento, in modo simile a quanto accaduto dopo il deposito di fallimento di Lehman Brothers nel 2008.

La confusione regna sovrana
La strategia profondamente sbagliata europea ha comportato il fornire finanziamenti per soddisfare debiti in scadenza e deficit di bilancio in un momento in cui i mercati non sono stati aperti a prezzi ragionevoli. 

Il finanziamento dell''UE della BCE e del FMI ridurrebbero gli oneri finanziari per alleviare la pressione sulle finanze pubbliche. La temporanea misura fornirebbe al paese in difficoltà l'opportunità di riformare le sue finanze pubbliche e l'economia per rendere i propri debiti più gestibili. Col tempo, le misure permetterebbero di riconquistare la fiducia dei finanziatori commerciali e riottenere l'accesso ai mercati. Come corollario, le banche sarebbero in grado di costituire riserve di capitale contro la possibilità di qualche modesto write-off a causa di qualche ristrutturazione minore del debito, nel caso improbabile che questo si renda necessario.

In realtà i mercati hanno capito che i salvataggi europei hanno l'obbiettivo di “imprigionare” i paesi più poveri. Non c'era modo che nessuna di queste nazioni sarebbe mai stata in grado di rimborsare i livelli attuali, e previsti, di prestito. L'impianto UE ha fornito un mezzo per le nazioni in difficoltà di rimborsare il debito e finanziare il loro deficit. In effetti l'UE e gli organi ufficiali si sono sostituiti agli istituti di credito commerciali come “provider” (fornitori) di debito.

I tassi di interesse sui prestiti per la Grecia e l'Irlanda sono più elevati che al momento del loro salvataggio. Nonostante la possibilità di sostegno dell'Unione europea, il costo del Portogallo è insostenibilmente alto. Spagna e altri paesi, come Italia e Belgio, diventano vulnerabili da parte degli investitori, i quali hanno visto i loro costi di indebitamento salire inesorabilmente.

La mancanza di fiducia riflette il fallimento dei piani di riabilitazione e l'insostenibilità continua dei livelli del debito di questi paesi. La mancanza di crescita economica e il deterioramento delle finanze pubbliche non è in grado di invertire l'andamento nel breve periodo.

Anche negli scenari più ottimistici, i deficit continueranno ad aumentare e ad incidere sul bilancio il quale inesorabilmente dovrà essere risanato. Come ? Con un altro bel finanziamento. Il debito della Grecia e il PIL probabilmente si stabilizzerà intorno al 160-180% per il 2014 / 2015. Irlanda, Portogallo e Spagna raggiungeranno i rispettivi 125-140%, 100-115% e 85-100%. Italia e Belgio hanno già un rapporto debito/PIL superiore al 100%, ma i loro deficit di bilancio sono più bassi e sono meno dipendenti degli investitori stranieri. L'Italia è gravata da livelli molto elevati del debito e dalla bassa crescita.

Anche a tassi di interesse agevolati, il peso del debito per la Grecia, Irlanda e Portogallo sembra insostenibile, rendendo i Paesi insolventi. La posizione della Spagna è migliore, ma i problemi nel settore bancario del paese potrebbe essere un handicap per il prossimo futuro. Se il costo in Italia del finanziamento continua ad aumentare portandosi dietro questo fardello, troppo pesante, potrebbe rivelarsi insostenibile. Una più lenta crescita globale sarebbe una pressione ancora maggiore per tutti questi paesi.

Queste preoccupazioni sulla solvibilità guiderà la mancanza di accesso ai finanziamenti privati.

Fare un passo indietro
Nel breve termine, gli Stati membri dell'UE e zona euro sembrano destinati a persistere con la strategia del fallimento. 

Il pacchetto di salvataggio del Portogallo sarà finanziato dall'UE, EFSF e dal FMI. Ulteriori esigenze sui finanziamenti saranno richieste fino a quando queste non saranno esaurite. La BCE continuerà a sostenere i piani di salvataggio. L'insistenza degli istituti di credito tedeschi condivideranno parte dell'onere.

Nel corso del tempo, il fallimento palpabile della strategia di salvataggio, sarà progressivamente rivelata. La Grecia ha già ottenuto una riduzione dei tassi di interesse sui finanziamenti di salvataggio e qualche estensione dei termini del finanziamento. La necessità di fornire finanziamenti aggiuntivi per la Grecia di circa 120 miliardi di euro è già in discussione. Con tutta probabilità, qualche affare sarà fatto per fornire i fondi, a fronte di promesse greche che non può e non potrà mai mantenere.

Alla fine il default o ristrutturazione diventerà inevitabile. Inizialmente, i cambiamenti minori, come l'abbassamento delle cedole o l'estensione dello stacco in termini di tempi sempre più lunghi. In definitiva, un intervento di ristrutturazione che comporta una significativa cancellazione del debito in essere è improbabile.

Questo è il caso della Grecia e, forse, degli altri paesi periferici. Tali inadempimenti sarebbero il primo passo per spingere il paese nella stessa situazione del dopoguerra. Sulla base di dati storici, è prevista una perdita di circa il 30-70% del valore nominale delle obbligazioni. Più lungo è il tempo impiegato su tutto il processo, maggiore è la probabilità di perdite dei titolari delle obbligazioni. Il motivo è che a meno che il peso del debito si riduca velocemente, altrimenti continueranno gli elevati costi di manutenzione e il deficit continuerà ad aumentare il livello di pressione per essere cancellato per ripristinare la solvibilità.

L'Europa è sempre più alla deriva verso una inevitabile crisi del debito disastroso e destabilizzante. Invece di amputare un arto in cancrena, i leader europei rischiano l'avvelenamento di tutto il corpo, indebolendo le posizioni finanziarie dei membri della zona euro più forti e le loro economie, che stanno pagando per il salvataggio e ne subiranno le perdite quando i valori di default busseranno inevitabilmente alla porta.