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venerdì 1 maggio 2015

A rischio l'inflazione in Europa col rialzo dell'Euro

I mercati di questo periodo sono volatili all'ennemisa potenza, il 27 Aprile le Borse europee avevano festeggiato la scelta del premier Alexis Tsipras di silurare il ministro delle Finanze Varoufakis dal ruolo di negoziatore del debito con i creditori internazionali che subito ci ritroviamo alle prese con due giorni di cali pesanti, il 28 Aprile Piazza Affari ha ceduto l’1,15%, Francoforte l’1,93%, Parigi l’1,81%. Il dato sulla fiducia dei consumatori negli Usa (decisamente sotto le attese) hanno favorito nuove prese di beneficio sui listini continentali.

I mercati azionari della zona euro sono ormai indirizzati per il loro primo calo mensile di quest'anno, mentre i rendimenti dei titoli di Stato continuano l'aumento anche oggi, con gli investitori che stanno abbandonando i mercati che avevano prosperato molto grazie ad uno stimolo monetario aggressivo.

Torniamo un attimo ai macro economici, il dato sulla fiducia dei consumatori americani ha sicuramente pesato molto: ad aprile l'indice del Conference Board è sceso a sorpresa a quota 95,2 da 101,4 del mese di marzo, in netto ribasso rispetto alle stime degli economisti che invece avevano ipotizzato una crescita a 102,2. La notizia ha allontanato ulteriormente l’ipotesi di un rialzo immediato dei tassi negli Usa dando linfa all’euro che si è avvicinato a quota 1,1 sul dollaro. Ha continuato poi la sua corsa fino a toccare quota 1.12 dopo la conferenza della FED che Mercoledì ha annunciato un rallentamento economico americano unito ad un PIL più basso delle stime causa un inverno estremamente rigido.



A Tokyo la Borsa ha chiuso con un ribasso nell’ordine dei due percentuali. Frena anche Hong Kong (-0,83%). La debolezza del dollaro ha spinto intanto al rialzo le quotazioni del petrolio, con il Wti americano che avanza del 2,2% a 58,3 dollari al barile e il Brent a 65,6 dollari. Le perdite più massicce si sono registrate in Europa, spaventata dal recupero dell’euro che rischia di compromettere le basi di una ripresa fragile, che per ora poggia quasi solo sull’export. Nelle Borse di Milano, Parigi e Francoforte si sono cosi aperte le cateratte. In Piazza Affari l’indice FtseMib è sceso ieri del 2,2%, la Borsa francese ha chiuso in ribasso del 2,5%, quella tedesca ha perso addirittura il 3,2%.

Ormai aprile sta volgendo al termine e gli investitori hanno subito una inversione pronunciata in questo mercato dinamico, con il trading anche influenzato dalla vendita sostenuta del dollaro sulla scia della debolezza del primo trimestre per l'economia statunitense. L'euro forte porterà automaticamente alcuni investitori a rivalutare le prospettive per alcune delle aziende esportatrici europee che stavano prendendo in considerazione.

Certamente non possiamo dire di essere sorpresi, i rialzi ottenuti in queste settimane legati al QE della BCE erano diventati ingiustificati ed erano quindi vulnerabili a una improvvisa inversione. Il programma di acquisto di obbligazioni da 60 miliardi al mese della BCE, ossia fino al settembre del prossimo anno, tuttavia, non cancella del tutto le previsioni di crescita nel prossimo futuro, rafforzando il fascino di azioni della zona euro.

In aggiunta però, il rafforzamento dell'euro contro il dollaro potrebbe pregiudicare l'obiettivo della BCE di una risalita dell'inflazione a quasi il 2% dai cali tendenziali dei mesi scorsi. Questo mese, stando ai dati pubblicati dall'Eurostat, l'inflazione sarebbe stata pari allo 0% nell'Eurozona dal -0,1% di marzo.

Intanto un ulteriore aumento del cambio EURUSD sarebbe visto a 1,1378. A questo punto il cambio potrebbe rimbalzare fino a 1,0461 attuando una correzione. Cauti però sulla forte resistenza a 1,1378. Al di sotto di 1,0958, supporto secondario, ci potrebbe essere una fase di lateralizzazione prima di una discesa a 1,0461 o un rimbalzo di nuovo a 1,1378.

lunedì 9 gennaio 2012

Il dollaro è debole o forte?


One Million Dollar Portfolio dal 2010 ad oggi +65.96%
Stock Win Usa Portfolio dal 2010 ad oggi +95.64%
Europa Vincente Portfolio dall'inizio del 2012 +8.31%


Un nota tv finaziaria americana venerdì mattina ha discusso del valore del dollaro, il soggetto infatti era la forza del dollaro nei mercati mondiali. Un ospite importante ha sottolineato che l'America non ha avuto un dollaro forte a partire dalla metà degli anni 1980, quando gli accordi del Plaza* iniziarono a portarlo sempre più verso il basso. Io non sono d'accordo con questo, ma volevo far notare che il dollaro ora è forte (o debole) come lo era poco prima della recente crisi finanziaria. Il suo declino è iniziato prima e non era un risultato della politica di denaro della Fed per affrontare la crisi, ma è stata la crisi stessa e la ripresa molto lenta.

*Dal nome dell'hotel Plaza, a New York, dove il 22 settembre 1985 i ministri economici ed i governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei cinque posero le basi per un progressivo deprezzamento del corso del dollaro. L'azione concertata (che nel giro di pochi mesi ottenne i risultati sperati) si era resa necessaria per le difficoltà in cui si dibattevano le industrie statunitensi a causa della sopravvalutazione del dollaro.

Venerdì l'indice del dollaro più comunemente utilizzato, il DXY, ha raggiunto un altro picco importanto, 80 punti. Questo indice risale al marzo 1973 quando il valore di base è stato assegnato a 100. Così, da questa misura si può percepire che il dollaro ha perso il 20 per cento del suo valore in quasi 39 anni. Per rendere più facile il calcolo, ha perso lo 0,5% all'anno per 40 anni.



Dico questo perché la maggior parte delle persone sembrano credere che la perdita è stata molto maggiore di quella. I numeri di solito citati sono significativamente più grandi. Perché non andare fino agli inizi degli indici. Il DXY ha raggiunto un massimo di 164,72 nel febbraio del 1985, ci hanno pesanto poi gli accordi del Plaza a riportare il valore in basso. Rispetto a quel picco il dollaro ha perso circa metà del suo valore in quasi 27 anni. Il punto di partenza per il confronto fa un sacco di differenza, ovviamente.

Secondo Wikipedia il DXY è composto da solo sei valute con i seguenti pesi:

L'euro 58,6%
Yen Giapponese 12,6%
Sterlina britannica 11,9%
Dollaro canadese 9,1%
Franco Svizzero 4,2%
Corona svedese 3,6%

Dove si trova la Cina? Dove si trova il Messico? Lo scopo non è quello di suggerire che il dollaro è davvero più forte di quello che il DXY vuole mostrare. E 'ovvio che la sua recente "forza" ha portato in primo luogo dalla recente "debolezza" dell'Euro, dato il peso eccessivo dell'euro che l'Euro ha nell'indice.

Il dollaro in America è troppo forte per sostenere il tenore di vita della gente e troppo debole per stimolare una economia in recessione.

Posizione del dollaro sul breve

Il livello critico di 1.2800 ha funzione di supporto come lo è stato 1.30 a suo tempo, anche se la perdita questa volta del supporto indicato avrà conseguenze importanti tanto nel lungo periodo quanto nel breve. Ora la volatilità ha una sola direzione e cioè quella ribassista visto che durante i rialzi il mercato si muove in modo meno “nervoso” lasciando spazio a segnali tecnici che seguono il cammino del cross ed anticipano vagamente i pattern del mercato. Sotto a 1.2800 il nervosismo di medio-lungo periodo prenderà il sopravvento e le continue inversioni non lasceranno spazio a studi approfonditi degli indicatori tecnici sul grafico orario ed a 4 ore, come invece siamo abituati a fare.

Le informazioni e i dati sono ritenuti accurati, ma non ci sono garanzie. Domino Solutions non è un consulente d'investimento e non offre consigli specifici di investimento. Le informazioni qui contenute sono solo a scopo informativo