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giovedì 21 gennaio 2021

La BCE controlla gli spread tra paesi

 Oggi mi è capitato di leggere un articolo molto interessante su Bloomberg. Secondo il giornale inglese, la Bce sta acquistando obbligazioni per limitare gli spread tra le economie più forti e più deboli della zona euro. La questione è emersa dopo che alcuni funzionari della BCE avrebbero informato la stampa. Un portavoce della BCE ha rifiutato di commentare.

L’Europa in questo periodo è già in modalità di tassi negativi, già questo è risultato alquanto insolito, ma fondamentale per mantenere una certa politica monetaria. La BCE ha fatto qualcosa mai registrato prima da nessun’altra banca centrale, il controllo dello spread dei rendimenti tra i titoli di Stato dei 19 paesi dell’euro, ad esempio lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e italiani.

Sappiamo tutti che la BCE da tempo sta cercando di fare “tutto il necessario” per tenere incollata l’unione monetaria delle 19 nazioni, oltrepassando a volte i suoi limiti legali contro il finanziamento monetario e scrollandosi di dosso eventuali procedimenti giudiziari.

I rendimenti sovrani sono fondamentali per combattere la crisi pandemica, in quanto influenzano i costi dei prestiti, mantenendo l’indebitamento pubblico accessibile, che è diventato un punto spinoso della politica monetaria poiché le aziende e i lavoratori si affidano ad un massiccio sostegno fiscale finanziato dal debito.

Ma cos’è e quando è nata la curva dei rendimenti

Il mondo delle obbligazioni è strettamente correlato a quello dei tassi d’interesse. In queste piccole percentuali è, infatti, racchiuso il segreto dell’investimento in titoli di Stato o nel debito di una società. Il legame forte fra i tassi d’interesse di una banca centrale e l’andamento dei titoli del debito pubblico di una nazione, fra i tassi d’interesse interbancari e il costo dei mutui accesi dai cittadini o dei prestiti chiesti dagli imprenditori è infatti imprescindibile per chi si accosta al mondo delle obbligazioni. Il collegamento più immediato tra queste variabili è quello fra il rendimento e la scadenza: un grafico che ospita nell’asse delle ascisse le scadenze e nelle ordinate i rendimenti, prende il nome di Yield Curve, curva dei rendimenti. Se si congiungono i punti associati ai singoli rendimenti si ottiene questa curva che permette di rappresentare rapidamente un particolare contesto di tassi di interesse.

Tendenzialmente un bond a scadenza trimestrale (per esempio) offrirà interessi inferiori a quelli di un bond trentennale, che richiede una immobilizzazione del capitale assai più lunga e quindi impone rischi maggiori. La curva dei rendimenti tenderà quindi a essere inclinata positivamente.

Le curve dei rendimenti tenderanno ad essere più inclinate all’inizio e dunque ad appiattirsi gradualmente su valori più elevati per le scadenze più lunghe. La crisi del debito pubblico di Paesi europei come la Grecia, la Spagna e l’Italia ha avuto proprio un effetto di questo tipo sulle rispettive curve dei rendimenti “ingobbendole” a causa della crescita del premio chiesto sul rischio di breve e medio periodo.

Il controllo della curva dei rendimenti fu utilizzato dalla Fed a metà del 1942 per ridurre i costi di indebitamento del governo degli Stati Uniti durante la guerra. La Fed fissò i rendimenti a breve termine allo 0,375%, il rendimento a 10 anni al 2,0% e il rendimento delle obbligazioni a lungo termine al 2,5%.

Comunicò esplicitamente questi rendimenti e che avrebbe comprato tutto il necessario per mantenere quei rendimenti, ed è andata così. Nel 1947 l’inflazione era del 18% e la Fed gradualmente abbassò il controllo della curva dei rendimenti.

Quali sono i vantaggi

La mia sensazione è che questa sia una cosa importante per la BCE e sta controllando da vicino cosa sta combinando la BOJ che ha adottato la politica nel 2016 come strumento di stimolo l’inflazione. All’Europa farebbe davvero comodo dato che è in deflazione da mesi ormai, come mostrato nel grafico. 

Ma la BCE non può annunciare un obiettivo “universale” su un rendimento decennale come per esempio gli Stati Uniti, perché ha a che fare con bond sovrani di 19 nazioni. 

Durante la pandemia non c’è modo che il mercato obbligazionario possa avere una propria “vita”. Quando una banca centrale spinge verso il basso i rendimenti, i prezzi delle obbligazioni salgono e i trader obbligazionari scommettono su questi rendimenti in calo e scommettono che questi rendimenti continueranno a scendere. Possono fare soldi anche con rendimenti negativi, purché i rendimenti diventino ancora più negativi.

Ma se i trader obbligazionari pensassero che i rendimenti potrebbero essere spinti ad aumentare, questo creerebbe un attacco di vendite. Temendo questo, le istituzioni cercherebbero di scaricare le loro partecipazioni obbligazionarie e ci sarebbe un classico bagno di sangue obbligazionario.

Ma tutto ciò non accadrà, la BCE non può permetterlo. C’è solo una cosa che potrebbe disturbare la BCE e dare il via alle vendite, un’impennata senza controllo dell’inflazione.

Dalla fine di gennaio 2020 il rendimento tedesco a 10 anni è sceso di 9 punti base, da -0,43% a -0,52% di oggi. Nello stesso periodo il rendimento italiano a 10 anni è sceso di 33 punti base, da +0,92% a +0,59%.

Lo spread tra i rendimenti tedeschi e italiani si è ridotto da 135 punti base a 111 punti base. L’Italia sta già prendendo a prestito rendimenti negativi sul debito di cinque anni.

Tutto questo è semplicemente assurdo, la BCE lo sa e la cosa peggiore è che lo ritiene un suo capolavoro. 

Al tuo successo.

Giuseppe Pascarella

Firma

martedì 29 agosto 2017

La fine del QE europeo, l'importanza dell'inflazione e i rischi

Non è una novità, il QE europeo sta per volgere al termine, prima o poi doveva accadere, il mercato ha reagito male all’inizio, ma alla fine ha scontato tutto, quasi come sapesse tutto in anticipo. Draghi ha cominciato a lanciare i primi segnali già con gli incontri di Giugno, poi prima del Simposio di Jackson Hole e durante lo stesso Simposio.

Dopo la pausa estiva molti più investitori mostrano più attenzione alle principali riunioni di politica monetaria in tutto il mondo, dando il via con la riunione della Banca centrale europea, il 7 settembre, che molti trader ritengono potrebbe essere il giorno dell’annuncio di un cambiamento di politica monetaria in Europa.

Sappiamo che la Banca Centrale Europea (BCE) ama informare di modifiche al suo approccio della politica monetaria ben prima che siano attuate. Ecco perché ci aspettiamo un annuncio imminente dal presidente della BCE Mario Draghi, su una ipotetica data sul suo programma di attenuazione del quantitative easing (QE) il prossimo anno. L’annuncio potrebbe essere ufficializzato il prossimo 7 settembre, quando il consiglio direttivo della BCE si riunirà, anche se non ci aspettiamo che l’attuale riduzione del programma inizierà prima dell’inizio del 2018.

Le banche italiane

Con la fine del QE le banche italiane continueranno ad avere un outlook stabile anche se potrebbero soffrire a causa di una congiunzione strutturale tra le coperture e la reddività. In pratica nel caso in cui la stessa banca desideri vendere o ridurre le proprie copertura andrebbero in negativo, questo porterebbe immediatamente ad una richiesta di aumenti di capitale, che sappiamo benissimo, non sempre fanno bene. Le perdite intaccherebbero i capitali in un settore con redditività modeste. La criticità potrebbe perdurare per i prossimi due anni.

L’impatto inflazionistico

L’euro si è rafforzato dall’inizio dell’anno, questo ha esercitato pressioni sulle statistiche di inflazione della BCE. Tuttavia è leggermente superiore allo periodo del 2016. Se la banca dovesse stringere troppo rapidamente la sua politica monetaria, potrebbe spingere la moneta ancora più velocemente, a sua volta aumentando la pressione al ribasso sull’inflazione. In tali circostanze, la banca dovrà affrontare vari problemi tra cui l’aumentare la disallineazione.

La sua previsione sull’inflazione del 2019 è attualmente all’1,5%, che è stata effettivamente rivista verso il basso dalla sua previsione precedente nell’ultima riunione del Consiglio di Amministrazione. Quindi non si avvicina al suo target del 2%. La crescita continua a migliorare, così come l’ambiente politico. Riteniamo che i membri del consiglio direttivo della BCE possano esaminare questi fattori e concludere che non deve essere ultra-accomodante, ma deve avere una posizione accomodante.

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Somiglianze al QE americano

A nostra avviso la BCE deve considerare un nuovo approccio verso il QE, anche a causa delle crescenti similitudini tra la fine di quello americano. Le due economie, per esempio, sono di dimensioni simili e il loro tasso di crescita è abbastanza uguale. L’inflazione non è altrettanto diversa. È leggermente inferiore in Europa, ma non drammaticamente. I dati sull’occupazione non sono troppo lontani. Anche se la disoccupazione europea non ha colpito i livelli più bassi come quella americana.

In questo contesto, si potrebbe giustificatamente chiedere se abbia senso avere un’economia con uno stretta monetaria forte, come quella europea, vedendo come l’America si sta muovendo. Per essere chiari, non stiamo suggerendo che la BCE dovrebbe iniziare a tagliare il QE, ma pensiamo che abbia bisogno di iniziare a ridurre la quantità il prima possibile.

Conclusioni e rischi

Tutti gli investimenti comportano rischi, tra cui la possibile perdita di capitale. I prezzi delle obbligazioni generalmente si muovono nella direzione opposta ai tassi di interesse. Pertanto, poiché i prezzi dei titoli in un portafoglio si adattano ad un aumento dei tassi di interesse, il valore del portafoglio potrebbe diminuire. Gli investimenti in titoli stranieri comportano rischi particolari, incluse le fluttuazioni valutarie (suggeriamo la lettura dell’articolo del 25 Agosto: EURUSD, il cambio analizzato in vari punti mentre attende Draghi/Yellen, l’instabilità economica e gli sviluppi politici.

lunedì 17 luglio 2017

EURUSD, a breve saremo pronti per uno short

Venerdì negli Stati Uniti sono stati resi noti dei dati economici piuttosto deboli, che hanno svolto il ruolo maggiore nel successivo andamento della coppia EURUSD, anche perché ci si sta cominciando a chiedere se la Federal Reserve sarà in grado di innalzare i tassi d’interesse senza alcun tipo di slancio dell’economia, e questo naturalmente non favorisce il rafforzamento del dollaro statunitense. Detto questo, il mercato continuerà a mostrarsi volatile e le prossime due sessioni saranno vitali per questa coppia.

Innanzitutto dobbiamo dire che la tendenza dell’EURUSD è ancora rialzista. Su base puramente tecnica, le posizioni lunghe sono visibili finché il tasso di cambio rimane sopra l’area 1.1140-1.1120. Se l’euro superasse il cambio 1.1500, allora possiamo aspettarci che l’avanzamento si estenda verso 1.1590 e 1.1820. Tuttavia, riteniamo che uno scenario più probabile sia una falsa interruzione a 1.1500 seguita da una correzione o un consolidamento seguito da un moderato ritracciamento. Gli obiettivi sono 1.1300 – 1.1215.

La resistenza a 1.1500 è molto forte. È il limite superiore di un intervallo di trading degli ultimi 2 anni e mezzo. L’Euro ha ripetutamente fallito la rottura di questa resistenza. Inoltre, una divergenza ribassista Dell’RSI sembra essere formata su un grafico quotidiano, in realtà è molto vicino a rompersi al di sotto della propria linea di tendenza inclinata verso l’alto dal 20 giugno 2017.

Long term

Lloyds ha pubblicato una sua analisi per gli investitori. Nella relazione, la banca britannica scrive che calo del dollaro combinato con una performance di dati economici generalmente migliorati, ha supportato il cambio EURUSD. Più di recente le elezioni francesi hanno giocato un ruolo importante portando l’Euro fino agli attuali 1.14. Lloyds ritiene che qualsiasi ulteriore upside della coppia sarà probabilmente limitata dal fatto che ci può essere almeno un aumento dei tassi statunitensi prima della fine dell’anno.

La banca britannica ritiene inoltre che il lato negativo della coppia dovrebbe rimanere limitato se il recupero dell’Eurozona dovesse avere un tono più agguerrito o no dalla BCE mentre ci spostiamo verso la seconda metà dell’anno. Il risultato di questa prospettiva consiste nel fatto che Lloyds stima che l’euro finisca l’anno intorno al 1.12, in quanto, a suo avviso, l’euro sottovalutato inizierebbe la sua ripresa verso il suo fair value contro il dollaro.

Nel complesso, riteniamo che i rischi siano leggermente ribaltati a favore dell’apprezzamento dell’euro, soprattutto se i dati economici dell’area dell’euro continueranno a sorprendere come hanno fatto negli ultimi mesi. Prevediamo che EURUSD finisca l’anno intorno al 1.12. E’ probabile che un aumento sostenuto dell’inflazione “core” dell’area dell’euro fornisca segnali di ripresa economica e un rallentamento degli spread dei tassi di interesse spingendo l’euro verso gli 1.20.

Conclusioni

Ricordate il 2014, tutti parlavano di “PIGS”, la fine di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Questi paesi sono tra i più indebitati nell’area dell’euro. Le loro banche sono tra le più sconvolgenti e la BCE ha ripetutamente trovato significative perdite di capitale – in particolare in Grecia. La situazione rimane tesa. Un modo per misurare lo stress della banca dell’area dell’euro è quello di esaminare la diffusione tra l’indice di rendimento finanziario PSI e l’indice dei servizi finanziari Prime Xetra.

 Un modo per misurare lo stress della banca dell'area dell'euro è quello di esaminare la diffusione tra l'indice di rendimento finanziario PSI e l'indice dei servizi finanziari Prime Xetra

Il risultato misura sostanzialmente la salute delle banche portoghesi rispetto alla salute di quelle tedesche. Come si può vedere dal grafico sopra, la diffusione è ancora molto bassa, questo indica che le banche in Germania sono in uno stato migliore rispetto alle loro omologhe portoghesi. Inoltre, notiamo la correlazione con lo spread EURUSD – ora c’è una chiara divergenza ribassista. Per inciso, una divergenza simile è stata presente alla metà del 2016 e alla fine ha portato al deprezzamento dell’euro.

Siamo sempre alla ricerca di opportunità per vendere l’euro quando si avvicina al livello 1.1500. La coppia EURUSD è una scelta ovvia, ma si potrebbe anche vendere l’euro contro altre valute – in particolare il dollaro australiano. Gli obiettivi sono 1.1300-1.1290, 1.1215-1.1200 e 1.1120 e 1.0900.