lunedì 16 giugno 2025

AbbVie come investimento orientato ai dividendi

Se sei un investitore focalizzato sul reddito, starai cercando azioni capaci di coniugare rendimenti interessanti, solidi fondamentali e una storia credibile di crescita dei dividendi. Ma, come accade spesso agli inizi, avrai imparato cose negative in questo passaggio. Ci lasciamo affascinare da rendimenti elevati senza guardare troppo in profondità. Non sorprende che abbiamo incrociato qualche "trappola del rendimento", con conseguenti tagli ai dividendi e titoli in discesa libera.

Col tempo, la mia strategia si è evoluta: oggi non mi accontento più di un alto yield se non è sostenuto da fondamentali robusti. Tuttavia, questo approccio più prudente mi ha portato anche a scartare opportunità valide, frenato da un eccessivo scetticismo. Un esempio? AbbVie.

Il titolo mi ha sempre incuriosito, soprattutto tra il 2019 e il 2022, quando offriva un rendimento oscillante tra il 4% e il 7%. Eppure, pur conoscendone lo status da “aristocratica del dividendo”, il prezzo stagnante e l'alto yield mi hanno fatto diffidare. Ho aspettato. Poi, quando finalmente il titolo ha rotto al rialzo, ho scelto... di aspettare ancora. Il risultato? Non ho mai comprato, e il prezzo non è più tornato indietro.

E oggi, guardando i numeri e la traiettoria dell’azienda, mi chiedo se non sia arrivato il momento di riconsiderare AbbVie con occhi nuovi. Proviamo a fare il punto.

Chi è AbbVie oggi

AbbVie nasce ufficialmente nel 2013 dallo spin-off di Abbott Laboratories, con l’obiettivo di separare le attività farmaceutiche innovative da quelle più orientate alla commercializzazione. Con sede a North Chicago, l’azienda è cresciuta fino a diventare una delle principali realtà biofarmaceutiche globali.

Se il nome di AbbVie è da sempre associato al blockbuster Humira, oggi la vera forza trainante risiede in due farmaci immunologici: Skyrizi e Rinvoq. Il loro successo ha permesso all’azienda di superare senza traumi la scadenza del brevetto di Humira negli USA.

I numeri parlano chiaro

Nel suo ultimo aggiornamento trimestrale, AbbVie ha alzato le stime di utile per azione per l’intero 2025, passando da un range di $11,99-$12,19 a $12,09-$12,29. Una revisione al rialzo che riflette la fiducia del management nel potenziale di crescita di Skyrizi e Rinvoq.

I ricavi trimestrali hanno raggiunto 13,34 miliardi di dollari (+8,4% a/a), mentre l’utile per azione rettificato è salito a $2,46 (+6,5%). In particolare, il segmento immunologico ha messo a segno un +16,6%, trainato da Skyrizi (3,4 miliardi) e Rinvoq (1,7 miliardi).


Questi risultati sono ancora più notevoli se si considera che Humira, dopo la perdita di esclusiva, ha registrato un calo delle vendite del 50%, attestandosi a 1,12 miliardi. Tuttavia, l’azienda è riuscita a compensare ampiamente grazie al dinamismo del resto del portafoglio, in crescita del 21% su base annua.

Un dividendo solido e crescente

Un aspetto che continuo ad ammirare di AbbVie è la sua disciplina nella distribuzione dei dividendi. A febbraio ha incrementato la cedola trimestrale da $1,55 a $1,64 per azione, prolungando una tradizione di 52 anni di aumenti consecutivi (inclusa l’era Abbott). Dallo spin-off, il dividendo trimestrale è cresciuto del 310%.

Oggi il titolo offre un rendimento tra il 3% e il 4%, ben al di sopra della media del settore sanitario (intorno all’1,3%). E non si tratta di crescita a scapito della sostenibilità: il payout ratio è al 62%, ben coperto dal free cash flow.

Anche se il tasso di crescita dei dividendi si è raffreddato – da un CAGR decennale del 13% a uno triennale del 5,6% – AbbVie punta a mantenere un ritmo stabile del 5-7%, una soglia prudente ma interessante per chi cerca rendimento e solidità.

Cosa c’è oltre Rinvoq e Skyrizi? Una pipeline promettente

Per sostenere la crescita nel lungo periodo, AbbVie sta puntando su un ampio portafoglio in sviluppo, con focus in tre aree chiave:

Oncologia: numerosi candidati (tra cui ABBV-383, Teliso-V, ABBV-969) sono in fase avanzata di sperimentazione contro tumori solidi e mieloma multiplo.

Autoimmuni, infiammazioni e obesità: oltre a espandere le indicazioni di Skyrizi e Rinvoq, AbbVie ha acquisito il candidato NX-13 (colite ulcerosa) e ha avviato una collaborazione per un trattamento sperimentale contro l’obesità.

Neurologia: Tavapadon per il Parkinson e l’ampliamento delle indicazioni per Vraylar (già approvato per schizofrenia e disturbo bipolare) testimoniano l’interesse dell’azienda in quest’area.


La mia conclusione: AbbVie oggi è un’occasione?

Guardandomi indietro, ammetto di essermi lasciato scappare una grande opportunità tra il 2019 e il 2022. E sebbene i rendimenti attuali non siano più quelli di allora, oggi vedo in AbbVie una società solida, con un dividendo sostenibile e in crescita, una pipeline ben diversificata e due blockbuster già ben posizionati sul mercato.

Il titolo non è più a sconto, ma il suo rendimento rimane interessante in un contesto di incertezza macroeconomica. E, soprattutto, la qualità del business è ancora lì, più chiara che mai. Per me, è arrivato il momento di riconsiderare seriamente AbbVie nel mio portafoglio da dividendo. E questa volta, potrei davvero agire.

mercoledì 11 giugno 2025

Acquisto Monolithic Power Systems (MPWR). La mia tesi è semplice: i multipli di valutazione si muovevano su livelli storicamente contenuti, e nutro grande fiducia sia nel modello di business dell’azienda sia nella capacità del management di continuare a generare una crescita solida e costante.

Va detto, però, che investire in MPWR non è mai stata un’impresa facile. A uno sguardo superficiale, basandosi solo sui multipli, il titolo sembra sempre caro. Ma c’è una ragione: l’azienda ha costruito nel tempo un vantaggio competitivo che le consente di operare in mercati dove le sue soluzioni offrono prestazioni superiori rispetto agli standard. Questo si traduce in pricing power, ovvero nella possibilità di dettare i prezzi in virtù del valore aggiunto che fornisce.

A mio avviso, ci sono due approcci validi per affrontare un investimento in MPWR. Il primo è costruire una posizione nel tempo, scommettendo sulla qualità e sulla resilienza del business nel lungo periodo. Il secondo, quello che ho adottato in passato, è aspettare quei rari momenti in cui i multipli calano, approfittando di finestre temporali di sottovalutazione che tendono a chiudersi rapidamente.

Naturalmente, il mercato ci insegna che il "minimo" può sempre andare ancora più in basso. Ma nel caso di MPWR, rimanere fedeli alla tesi iniziale si è rivelata la scelta giusta.

I risultati del primo trimestre 2025

Il primo trimestre dell’anno si è chiuso con ricavi che hanno toccato la parte alta della guidance aziendale: +39% su base annua e +3% rispetto al trimestre precedente. Ancora una volta, sono rimasto colpito dalla capacità dell’azienda di applicare la propria tecnologia in mercati finali molto diversi tra loro, mantenendo una crescita bilanciata.

Il segmento legato ai data center ha registrato una flessione del 32% su base sequenziale, ma è stato compensato dalla ripresa delle divisioni Storage and Computing e Automotive, che hanno trainato la crescita complessiva.

Credo che il calo nelle vendite ai data center sia legato a una combinazione di fattori: la natura irregolare degli ordini, la concentrazione dei ricavi su pochi clienti e la probabile perdita di quote nella piattaforma B200 di NVIDIA, dove Infineon sembra aver guadagnato terreno, come suggerito anche dalle sue previsioni ottimistiche per il 2025.

Il management di MPWR, tuttavia, si è mostrato fiducioso sulla possibilità di riconquistare terreno nei prossimi trimestri, grazie a nuovi progetti già qualificati che dovrebbero cominciare a contribuire nella seconda metà dell’anno. Non sono stati fatti nomi espliciti, ma è plausibile che ci si riferisca alla piattaforma B300 di NVIDIA, suggerendo quindi un potenziale recupero della quota persa in precedenza.

Focus sull’automotive e sull’intelligenza artificiale

Un altro punto di forza è la continua solidità del settore automobilistico, che resiste bene nonostante un contesto macro incerto e l’inasprimento delle tensioni commerciali globali. Il fatto che i progetti avviati in passato si stiano ora trasformando in ricavi concreti conferma che la strategia di specializzazione e integrazione verticale di MPWR sta pagando, soprattutto nel guadagnare quote di mercato.

Interessante anche il potenziale legato all’intelligenza artificiale: nella seconda metà dell’anno è prevista l’entrata in gioco di nuovi operatori, il che dovrebbe portare a una maggiore diversificazione dei ricavi, riducendo la dipendenza da singoli clienti e mitigando la volatilità osservata finora nel segmento Enterprise. Questo potrebbe anche rafforzare la posizione dell’azienda nelle sue collaborazioni con NVIDIA, ampliando le opportunità future.

Dal punto di vista operativo, MPWR sembra ben posizionata anche per fronteggiare i rischi geopolitici: la sua struttura diversificata tra R&D e produzione le ha permesso finora di contenere l’impatto di dazi e tensioni internazionali.

Segmenti in evoluzione

Il segmento Storage and Computing ha avuto un primo trimestre molto forte, con un +38% su base sequenziale, sostenuto da una domanda effettiva per piattaforme di memoria e calcolo, piuttosto che da un semplice riempimento dei canali. Anche se non ci sono state indicazioni specifiche per il trimestre successivo, il tono del management lascia intendere un andamento stabile, con potenziale normalizzazione verso la fine dell’anno.

Il segmento automobilistico continua la sua corsa, con il terzo trimestre consecutivo di crescita a due cifre. Mi aspetto che questa tendenza prosegua, in particolare con l’adozione di sistemi a 48V e 800V, i cui effetti si vedranno probabilmente nel 2026.



Per il segmento Enterprise, che ha rappresentato il 30% del fatturato negli ultimi dodici mesi ma solo il 21% nel Q1 2025, mi aspetto un’inversione di tendenza nella seconda metà dell’anno, soprattutto se la domanda AI dovesse accelerare come previsto.

Prospettive per l’anno

Secondo le stime medie raccolte da Seeking Alpha, MPWR dovrebbe generare circa 2,66 miliardi di dollari di ricavi nel 2025. Considerando i 637,5 milioni già registrati nel primo trimestre e la guidance di 650 milioni per il secondo, ciò implica circa 1,37 miliardi da realizzare nella seconda metà dell’anno. Questo rappresenterebbe una crescita del 6,5% rispetto al semestre precedente, una proiezione prudente, soprattutto se si considera l’ottimismo mostrato su automotive e AI.

Per questo, credo che ci sia spazio per revisioni al rialzo, soprattutto se il segmento Enterprise dovesse sorprendere positivamente e Storage and Computing non dovesse subire contraccolpi rilevanti.

Rischi da considerare

I principali rischi a breve termine riguardano il contesto macroeconomico globale e la possibilità di una recessione, che potrebbe pesare su titoli ciclici ad alta beta come MPWR. Un altro potenziale ostacolo è il sentiment verso il settore AI: se dovessero emergere dubbi sugli investimenti infrastrutturali previsti per il 2026, la pressione sul titolo potrebbe aumentare. In questo contesto, le iniziative finanziate da attori come l’Arabia Saudita sono un segnale incoraggiante, ma resta da capire quanto saranno rilevanti in termini di ricavi reali.

Conclusione

MPWR continua a fare bene. Il suo approccio focalizzato su soluzioni di nicchia ad alto valore aggiunto si traduce in vantaggi competitivi tangibili e in una crescita ben distribuita tra diversi mercati finali. Anche se i multipli attuali sono tornati vicini alla media storica, e quindi non ritengo opportuno aumentare l’esposizione in modo aggressivo, considero il titolo ancora valido per un investimento di lungo periodo.

Con l’accelerazione della domanda AI e la solidità dimostrata in settori chiave come automotive e computing, MPWR resta un’azienda da comprare, con buone probabilità di sorprese positive nei prossimi trimestri.

Ulta: una storia di valore che evolve

Un anno fa, Ulta si era guadagnata la mia fiducia grazie a fondamentali solidi, vantaggi competitivi ben radicati e una valutazione interessante. All’epoca, il titolo si scambiava a 381 dollari per azione, mentre il mio fair value era di 482 dollari, con un potenziale di rialzo del 25%. Il 30 maggio 2025, quella stima è diventata realtà: Ulta ha raggiunto proprio quota 482 dollari. La tesi, insomma, ha funzionato.

Ma ora, la domanda è: e adesso, dove si va?

Cosa è successo nel 2024

Nel corso del 2024, Ulta ha attraversato un momento difficile. Il mercato ha iniziato a nutrire dubbi sulla capacità dell’azienda di difendersi da una concorrenza crescente e da un consumatore sempre più selettivo. Sebbene queste preoccupazioni non fossero del tutto infondate, non spiegavano pienamente la flessione del titolo. Dopo tutto, la concorrenza nel settore beauty è una costante da sempre, e la domanda di prodotti legati alla cura della persona resta sorprendentemente resiliente.

A mio avviso, le vere difficoltà di Ulta erano due:

  1. Un consumatore in evoluzione, che oggi preferisce marchi specializzati e influencer piuttosto che i brand tradizionali.

  2. Inefficienze operative e infrastrutture datate che hanno limitato la capacità di Ulta di adattarsi in modo rapido.

Il punto chiave? Il mercato vedeva questi problemi come strutturali e duraturi. Io, invece, li consideravo risolvibili. I pilastri competitivi di Ulta erano ancora intatti: un programma fedeltà tra i più popolari del settore, un assortimento che copre tutte le fasce di prezzo, e una rete di negozi ben posizionata, inclusi i mini-store nei punti vendita Target.

In sostanza, il modello di business di Ulta non era cambiato. I clienti avevano – e continuano ad avere – pochi motivi per abbandonare l’ecosistema Ulta. Ciò che era cambiato erano le aspettative, non le fondamenta.

Cosa non ha funzionato e cosa si sta correggendo

Ulta non è riuscita a reagire prontamente all’evoluzione del comportamento dei consumatori. Le principali criticità includevano:

  • Una gestione inefficace dell’inventario

  • Tempi di consegna lenti

  • Un’esperienza digitale insoddisfacente (app e sito web lenti, glitch frequenti)

  • Negozi sottodimensionati in termini di personale

  • Ambienti retail poco curati e poco stimolanti

  • Un assortimento in alcuni casi incompleto

Ma queste difficoltà non sono nate all’improvviso: semplicemente, sono emerse con forza nel momento in cui il comportamento dei clienti è cambiato. E la buona notizia è che il management ha iniziato ad affrontarle con decisione.

La svolta: risultati del primo trimestre 2025

I segnali di miglioramento sono già evidenti. Nel primo trimestre del 2025, Ulta ha battuto le aspettative su tutti i fronti:

  • EPS: 6,70 dollari, ben oltre le attese

  • Ricavi: 2,85 miliardi di dollari, +60 milioni rispetto al consensus

  • Comps: +2,9%, con crescita sia nel valore dello scontrino (+2,3%) sia nel numero di transazioni (+0,6%)

  • Guidance: rivista al rialzo su vendite, EPS e comparabili

Con questi numeri, una crescita del fatturato annuo del 5,5% porterebbe Ulta a chiudere il 2025 con circa 11,9 miliardi di dollari di ricavi. È realistico immaginare un ritorno alla media storica di crescita del 16,2%? Forse. Ma oggi la vera opportunità non è nella top line, bensì nei margini.



La nuova tesi: espansione dei margini

Il punto di forza del 2025, secondo me, è l’efficienza. Se Ulta riuscirà a modernizzare i suoi sistemi (ERP, supply chain, digitale) e migliorare le operations, potrebbe riportare i margini operativi dal 14% al precedente livello del 16%. Questo piccolo cambiamento avrebbe un impatto enorme: porterebbe il fair value del titolo a circa 530 dollari per azione, con un potenziale upside del 15%.

A quel punto, considererei Ulta equamente valutata. Che valga la pena restare investiti per inseguire quest’ultimo 15% dipende dal profilo dell’investitore.

Fondamentali solidi

Ulta resta una macchina da cash flow. I numeri parlano chiaro:

  • Oltre 1 miliardo di dollari di free cash flow annuo

  • 450 milioni di dollari in cassa e zero debiti

  • Riacquisti azionari da 1 miliardo di dollari all’anno per tre anni consecutivi

  • FCFE in crescita del 24% nell’ultimo decennio

E il programma fedeltà è un asset straordinario: 45 milioni di iscritti, ben 10 milioni in più rispetto a Starbucks, pur con un numero di punti vendita infinitamente inferiore. Un dato che sottolinea quanto Ulta sia efficace nel trasformare clienti occasionali in consumatori abituali e fedeli.

Le leve per la crescita futura

Ulta non punta solo ad aumentare le vendite: ha almeno quattro leve strategiche per il lungo termine:

  1. UB Media – Una piattaforma pubblicitaria interna per brand, con potenziale di margini elevati.

  2. Espansione internazionale – Dopo il tentativo interrotto in Canada, Ulta guarda a Messico e Medio Oriente.

  3. Nuove categorie di prodotto – L’ingresso nel grooming maschile potrebbe rappresentare per Ulta quello che la linea uomo è stata per Lululemon.

  4. Espansione dei margini – Una volta terminati i grandi investimenti, l’attenzione tornerà sui margini, soprattutto se UB Media decollerà.

Valutazione: realistica, non ottimistica

Attualmente, il mercato stima una crescita del fatturato del 10,5% annuo per il prossimo decennio, a margini costanti. È uno scenario possibile, ma non esattamente prudente. Tuttavia, se Ulta riuscisse ad aumentare i margini dal 14% al 16%, il titolo potrebbe valere fino a 530 dollari, come già anticipato.

In uno scenario particolarmente favorevole, se il mercato tornasse a prezzare Ulta con un P/E intorno a 22 (la sua media quinquennale), il titolo potrebbe persino superare i 600 dollari per azione.

Rischi da monitorare

Naturalmente, ci sono dei rischi da tenere in considerazione:

  • Ulta potrebbe non riuscire a migliorare la propria efficienza operativa.

  • L’inflazione potrebbe continuare a comprimere i margini.

  • I gusti dei consumatori potrebbero cambiare, e Ulta potrebbe non adattarsi abbastanza in fretta.

  • L’espansione internazionale potrebbe rivelarsi dispendiosa e poco redditizia.

Conclusioni

Ulta oggi non è più l’opportunità value di un anno fa, ma resta un’azienda eccellente. I suoi vantaggi competitivi sono intatti, la base clienti è solida, e il bilancio è impeccabile. Per un investitore istituzionale o con capitali significativi, Ulta rappresenta un’ottima combinazione di dimensione, stabilità e potenziale. Per i piccoli investitori, tuttavia, potrebbe rivelarsi un costo opportunità, soprattutto se ci sono opzioni più asimmetriche altrove.

Detto questo, Ulta continua a generare cassa, ha spazio per espandere i margini, e sta costruendo nuove fonti di reddito ad alta redditività. Credo che, più che sulla crescita del fatturato, il futuro della società si giochi sull’efficienza e sulla redditività.

Stimare oggi un fair value intorno ai 530 dollari è, a mio avviso, realistico. Ma molto dipenderà dall’esecuzione del management nei prossimi trimestri. Se le promesse verranno mantenute, il titolo ha ancora strada da fare. In caso contrario, potrebbe restare fermo o addirittura correggere.

martedì 10 giugno 2025

DocuSign crolla dopo risultati deludenti: il mercato resta diviso sul futuro

DocuSign (DOCU) ha registrato un brusco calo in Borsa dopo aver pubblicato risultati del primo trimestre inferiori alle attese, interrompendo così una serie di trimestri positivi. Venerdì il titolo ha chiuso in calo del 19% a 75,28 dollari, dopo la pubblicazione dei dati finanziari avvenuta giovedì a mercati chiusi.

Il motivo principale del sell-off è legato alle billings, cresciute solo del 4% su base annua, un risultato ben al di sotto delle aspettative e in netto rallentamento rispetto all’11% di crescita registrato nel trimestre precedente. La società ha attribuito la debolezza a un cambiamento nei piani di compensazione del team vendite, che avrebbe ridotto i rinnovi anticipati. Secondo il management, si tratterebbe di una questione di tempistiche, e non di una debolezza strutturale del business.

Tuttavia, gli analisti restano divisi su questa lettura. Secondo Mark Murphy di JP Morgan, “le azioni DocuSign saranno probabilmente penalizzate nel breve termine”, aggiungendo che l’errore del primo trimestre non sembra dipendere da condizioni macroeconomiche avverse. Murphy ha mantenuto un giudizio neutrale sul titolo, ma ha rivisto al ribasso il prezzo obiettivo da 81 a 77 dollari.

Più scettico Karl Keirstead di UBS, secondo cui “la spiegazione fornita da DocuSign potrebbe non raccontare tutta la storia”. L’analista osserva che i clienti tendono a rinnovare i contratti in anticipo quando esauriscono il volume di firme elettroniche incluso. Tra le possibili cause del rallentamento, oltre ai cambiamenti nella strategia di go-to-market, Keirstead cita incertezze macroeconomiche, la ricerca di contratti più strutturati o un’esecuzione commerciale non all’altezza. Anche lui ha mantenuto un rating neutrale, ma ha ridotto il target price da 85 a 80 dollari.

Dal punto di vista finanziario, i risultati sono stati misti. Il fatturato trimestrale si è attestato a 739,6 milioni di dollari, leggermente al di sotto del range previsto (741–751 milioni), mentre l’utile rettificato ha battuto le stime con 90 centesimi per azione rispetto agli 81 centesimi attesi. I ricavi sono comunque cresciuti del 7,6%, raggiungendo 763,7 milioni di dollari, sopra le previsioni medie degli analisti (748 milioni).

Per l’intero esercizio 2026, DocuSign prevede ora un fatturato compreso tra 3,15 e 3,16 miliardi di dollari, in leggera crescita rispetto alla precedente guidance di 3,13–3,14 miliardi. Tuttavia, ha ridimensionato le aspettative iniziali che puntavano a quota 3,4 miliardi.

Un segnale positivo per gli investitori è arrivato dal consiglio di amministrazione, che ha autorizzato un ulteriore miliardo di dollari per il programma di buyback, a conferma della volontà della società di restituire valore agli azionisti.

lunedì 9 giugno 2025

Ulta Beauty: ritorna in territorio poco attraente

Ulta Beauty ha attraversato un periodo particolarmente altalenante sin dall’inizio della pandemia. Dalla vetta del settore retail ai momenti di profonda debolezza, il titolo ha vissuto una sequenza di oscillazioni significative. Oggi si trova in una posizione intermedia, né in crisi né in pieno slancio, ed è il momento giusto per rivedere le prospettive future.

Uno sguardo a Ulta Beauty

Ulta è uno dei principali attori del retail specializzato negli Stati Uniti, leader nel mercato della bellezza accanto a Sephora (controllata da LVMH). Con oltre 1.450 punti vendita e una base clienti di circa 45 milioni di iscritti, la società è diventata uno dei più grandi player fisici nella distribuzione di prodotti di bellezza sul mercato americano.

Fino al 2020, Ulta cresceva rapidamente, aprendo più di 100 nuovi store all’anno e registrando una crescita costante delle vendite comparabili, mantenendo al contempo una forte immagine di marca. Si parlava anche di una futura espansione internazionale, e molti investitori ritenevano che la crescita a doppia cifra sarebbe durata ancora a lungo.

Tuttavia, il contesto macro è cambiato: la fine dell’era dei tassi a zero (ZIRP) e l’accelerazione dell’e-commerce post-pandemia hanno messo sotto pressione il modello di business di Ulta, modificandone le prospettive di lungo periodo.

Dove siamo oggi?

Negli ultimi due anni, Ulta ha vissuto una certa instabilità: tre ribassi superiori al 20%, il passaggio a una nuova CEO e — fatto inedito nella sua storia recente — vendite comparabili negative, al di fuori della parentesi pandemica.

Tuttavia, i risultati del primo trimestre del 2025 sembrano segnare un punto di svolta. Dopo cinque trimestri di crescita inferiore al 5%, Ulta ha registrato un +4,5% nel fatturato, spinto da vendite comparabili in crescita del 2,9% (di cui +2,3% per l’aumento dei prezzi e +0,6% per il traffico). Le nuove aperture hanno contribuito per il restante 1,6%.

Particolarmente interessante è la ripresa delle categorie Skincare & Wellness e Fragranze, che mostrano maggiore appeal nel retail fisico, aiutando Ulta a difendersi meglio dalla concorrenza digitale. Al contrario, i segmenti Cosmetics e Haircare mostrano segni di rallentamento.


Margini e segnali da monitorare

Sul fronte dei margini, Ulta è tornata sopra il 14% di margine operativo, spinta da un miglioramento del margine lordo e dalla stagionalità positiva del primo trimestre. Tuttavia, alcuni segnali restano da monitorare: l’utile netto è frenato dai costi di ammortamento legati ai progetti di ristrutturazione e il flusso di cassa è sotto pressione per via di un livello di scorte mai visto prima. Questo potrebbe indicare la necessità futura di promozioni e sconti, con impatto sui margini.

Un possibile lato positivo è che l’aumento delle scorte potrebbe riflettere un’espansione dell’offerta e l’introduzione di nuovi marchi — un’area dove Ulta era rimasta indietro rispetto a Sephora.

Outlook e valutazione

I solidi dati del Q1 hanno permesso al management di alzare la guidance su ricavi, vendite comparabili ed EPS per l’anno in corso — un’inversione di tendenza dopo vari downgrade. Tuttavia, la crescita prevista rimane modesta: solo +2,7% nei ricavi e un calo dell’utile per azione, nonostante l’importante piano di buyback.

È questo il vero nodo: si tratta di una ripresa strutturale o solo di un "relief rally"? Probabilmente, siamo in una fase di transizione.

I problemi strutturali di Ulta — la crescente competizione online da parte di Amazon, Walmart e dei brand DTC — restano intatti. Anche la capacità di crescita sul territorio nazionale sembra ormai limitata: si investe di più nei negozi esistenti che in nuove aperture, segnale che la fase espansiva è alle battute finali.

In più, l’aumento delle scorte resta un elemento da osservare attentamente, poiché potrebbe tradursi in margini più deboli nei trimestri successivi.

Valutazione: tutto sommato ragionevole

Oggi Ulta viene scambiata a circa 20 volte gli utili attesi per l’anno in corso e 18 volte quelli dell’anno prossimo — multipli inferiori alla media del mercato. Questo la posiziona in una fascia intermedia rispetto ad altri nomi del retail specializzato: sopra Target, in linea con Lowe’s, sotto Home Depot e Tractor Supply.

Tenendo conto del rallentamento della crescita, della pressione competitiva e della normalizzazione dei margini, questi livelli di valutazione appaiono ragionevoli.

Conclusioni: non più in crisi, ma nemmeno a sconto

Ulta ha chiaramente superato la fase più difficile. La nuova leadership ha fatto buoni progressi, la crescita è tornata in positivo e le categorie fisiche stanno contribuendo a sostenere il business.

Tuttavia, è difficile vedere nel titolo un compounder come un tempo. Le prospettive di crescita futura sembrano più contenute, con ricavi previsti in aumento tra il 2% e il 6%, e un EPS in ripresa graduale, trainato più dai buyback che da una reale espansione del business.

Il rischio-rendimento attuale appare bilanciato. Per questo, oggi Ulta è — semplicemente — un titolo da Hold.