Si è parlato tantissimo della riforma fiscale di Trump, il suo cavallo di battaglio, insieme all’abrogazione dell’Obamacare e il muro messicano, della sua campagna elettorale. Una riforma storica. Dopo 30 anni cambia il sistema fiscale americano. Costerà 1.500 mld. I tagli alle aliquote per imprese e famiglie (ad alto reddito).
La riforma fiscale alla fine è passata e il presidente Donald Trump, insieme a tutti i repubblicani esultano, pronti a incassare la prima (e finora unica) vittoria legislativa del loro mandato. Con un voto arrivato qualche giorno fa, la riforma ha superato lo scoglio decisivo del Senato e ora, dopo lievi modifiche tecniche e il via libera della camera scivola sulla scrivania di Trump allo Studio Ovale, per la firma definitiva sicuramente prima di Natale.
Ma come impatterà questa riforma, oltre che sugli utili delle corporate, sulle valute mondiali. I trade di valuta estera stavano diventando molto ansiosi in Asia in mezzo a mercati assottigliati dalle festività con scarso slancio, ma per fortuna ci sono state alcune novità per affondare i denti nella notte. Il dollaro si è rafforzato rispetto alla maggior parte delle valute, sostenuto da robusti dati sugli alloggi degli Stati Uniti e da una curva del Tesoro USA più accentuata, con rendimenti decennali in rialzo al 2,47%.
I trader di valute continuano a pensare che l’urto economico sarà piccolo mentre aumentano le chiacchiere che i mercati probabilmente hanno sovrastimato sull’impatto dei flussi di rimpatrio delle tasse. I mercati azionari sono rimasti invariati in modo indifferente durante la maggior parte della sessione. Non c’è dubbio che un verso fine anno stia prendendo piede mentre i tipici compratori sono rimasti assenti, probabilmente diffidenti sull’assumere nuove posizioni prima delle ferie. Ma senza dubbio, l’atmosfera intorno alla riforma fiscale rimane estremamente positiva per i mercati azionari.
Riforma fiscale americana e impatto su EURUSD
Il cambio Euro/Dollaro americano ha testato il livello di 1,1850 stimolato dai rapporti secondo cui la Germania invaderà i mercati con il debito sul lungo periodo l’anno prossimo. Ma i falchi dell’Unione europea hanno preso il volo col presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che ha detto ai giornalisti che una conclusione più rapida degli acquisti di asset e una data di scadenza comunicata sarebbe stato più ragionevole. E il membro del Consiglio direttivo Jozef Makuch ha detto ai giornalisti che le discussioni si stanno spostando sempre più dall’acquisto di asset all’eventuale utilizzo futuro dei tassi di interesse per regolare l’economia.
Con Draghi che continua a mostrarsi accomodante, è chiaro che le divergenze interne della BCE saranno più evidenti nel 2018 e dovrebbero dare supporto all’euro. Questo resoconto mutevole spiega la disconnessione tra le manovre USDJPY e EURUSD durante gli ultimi giorni.
Sullo sfondo rimane il dibattito se la BCE fosse così accomodante come ritiene il mercato. I mercati monetari dell’Eurozona stanno diventando più aspri ed è facile razionalizzare che l’economia europea stia superando i limiti quando quella americana era seduta sulla bomba dei rialzi della Fed quando ha iniziato a normalizzarsi. Strutturalmente l’euro dovrebbe muoversi verso l’alto.
Riforma fiscale americana e impatto sullo Yen
L’USDJPY è uscito allo scoperto salendo da 112,55 a 113,06, prima che gli utili delle società in questi giorni portassero i prezzi a 112,89. L’aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi ha rafforzato la coppia. L’azione sui prezzi si è svolta come previsto con gli orsi verso il dollaro che eliminano l’aumento dovuto al taglio delle tasse ma forse in modo meno aggressivo, come previsto dopo che i Treasuries a 10 anni si sono avvicinati al livello fondamentale del 2,5%. Ma nel complesso, la politica della “moneta facile” della Fed e il timore di una scarsa crescita economica anche con la riforma fiscale ha dato spunto agli orsi di restare a guardare intorno ai 113.25 in cerca di svanire qualsiasi tipo di salita.
Il mercato è ruotato attorno alla riunione della BoJ. L’USD è stato il principale motore del momentum USDJPY; anche con le scommesse al ribasso del dollaro erano in rialzo, è difficile razionalizzare il trade della coppia. L’economia giapponese continua a lottare con l’inflazione malgrado tutto il rumor intorno alla curva dei rendimenti, è improbabile che la BoJ cambierà virata in qualsiasi momento, il che significa che la lo Yen rimarrò sempre più debole.
Riforma fiscale americana e impatto sul dollaro asutraliano
La Reserve Bank of Australia (Rba), come ampiamente previsto, ha lasciato invariati i tassi d’interesse ai minimi storici dell’1,50%. Secondo il board dell’istituto centrale, che ha ripetuto quanto dichiarato già in occasione dei precedenti meeting, il mantenimento è coerente con la crescita sostenibile dell’economia dell’Australia e con il raggiungimento nel tempo dei target d’inflazione. Su questi livelli, non si può pensare che il mercato immobiliare, a suo tempo origine del problema, si raffreddi a breve. Inoltre, i mercati nutrono forti aspettative sul fatto che i tassi rimangano fermi almeno fino al 2019.
Le condizioni economiche sembrano però disomogenee. Inflazione e crescita delle retribuzioni basse impediscono un rialzo del tasso nel prossimo futuro e ciò malgrado le previsioni della banca centrale australiana. Il governatore della RBA ha detto che i livelli d’indebitamento sono elevati. Segnaliamo che, dal 2009, il livello del debito australiano è salito dal 15% al 45% del PIL.
L’AUD si sta indebolendo contro il dollaro e probabilmente continuerà a farlo. La RBA imiterà verosimilmente le altre principali banche centrali e non guiderà la transizione verso la normalizzazione della politica monetaria. Ecco perché crediamo che l’aussie possa indebolirsi ancora un po’ nel medio termine.