Domenica 23 Aprile ci sono le elezioni in Francia, uno di quei giorni che dal punto di vista economico tutti aspettano, tralasciando quello politico ovviamente più importante. All’inizio doveva essere la campagna elettorale più scontata della storia della Quinta Repubblica, ma ci rendiamo conto, giorno dopo giorno, sondaggio dopo sondaggio, che la situazione è diventata assai più incerta. Dopo le elezioni olandesi del 15 marzo scorso, in cui un governo di coalizione, come prima in Austria, ha arginato, ma non eradicato la base dei movimenti xenofobi e anti-europei di estrema destra, analoghe tensioni si ripropongono nella corsa all’Eliseo.
Come si presenta la Francia economicamente
Ma come si presenta la Francia alle elezioni dal punto di vista economico? Il costo del debito pubblico francese – il rendimento che pagano le sue obbligazioni, noto come OAT – è stato quasi sempre generalmente simile a quella della Germania, il che riflette il loro status di sicurezza del debito sovrano di posseduto. Tuttavia, recentemente questo rapporto ha iniziato a calare: dalla fine del 2016 il rendimento che la Francia paga sui suoi titoli a 10 anni è notevolmente aumentato rispetto a quello della Germania. Nel mese di febbraio il rapporto rapporto Bund/OAT ha toccato i suoi massimi livelli dalla metà del 2012, i giorni peggiori della crisi della zona euro.
La scorsa settimana il differenziale tra i rendimenti francesi e tedeschi a 10 anni erano vicini ai massimi dopo la svolta del candidato di sinistra Jean-Luc Mélenchon. Il rialzo dei rendimenti significa che le obbligazioni sovrane francesi hanno iniziato a salire in modo maggiore rispetto a quelli di economie periferiche dell’euro-zona come l’Italia. I rendimenti si muovono inversamente al prezzo, significa che gli investitori stanno svalutando il debito francese.
Quali sono gli scenari possibili
Secondo un’inchiesta effettuata da Ipsos-Sopra Steria, su un periodo che si estende dal 7 febbraio al 12-13 aprile, i quattro favoriti Mélenchon (France insoumise), Macron (En Marche!), Fillon (Les Républicains) e Le Pen (Front National) si sono rispettivamente guadagnati il 20%, il 22%, il 19% e il 22% dell’elettorato. Il dato che sembra preoccupare è la percentuale degli elettori sicuri del loro voto: 85% per Le Pen seguita da Fillon con 80%, 68% per Macron e 66% per Mélenchon.
Tuttavia, se si osserva la variazione dei sondaggi sul periodo campionato si scopre un dato più interessante: Mélenchon raddoppia in appena un mese da 11,5% a 20%, mentre Le Pen e Macron mostrano, nel medesimo arco di tempo, una tendenza in calo che li ha fatti decrescere rispettivamente dal 27% e 26% ai loro numeri attuali. Invece, Fillon si mostra costante oscillando entro il 18,5% e il 19,5%. Il candidato del Partito Repubblicano, come riportano Matthieu Goar e Alexandre Lemarié, sembra all’angolo, ridotto a sfruttare i giorni di Pasqua per sedurre l’elettorato cattolico, ma il politologo Yann Raison du Cleuziou non perdona: Gli scandali l’hanno colpito direttamente sul suo punto forte, la sua statura, intendendo quella morale.
Con questi dati possono andare al ballottaggio due candidati, i possibili in questo momento appaiono Le Pen e Macron, in questo caso, Le Pen non vincerebbe la poltrone di presidente, Macron ha maggiori appoggi politici e prendere i voti dei Fillon e sicuramente la Le Pen non riuscirebbe nell’intento di aggraziarsi quelli di Melenchon.
Se andassero al ballottaggio Le Pen e Melenchon, questi sarebbero dolori, i due condividono l’antieuropeismo e questo porterebbe inevitabilmente ad una possibile uscita dall’Europa della Francia. Se invece dovessero raggiungere il ballottaggio Fillon (improbabile) e Macron, allora l’Europa unita sarebbe salva e la Francia manderebbe un segnale molto forte contro tutti gli antieuropeisti.
Il punto focale
L’Europa può sopportare la Brexit, ha retto l’urto dell’Olanda e dell’Ungheria. Ma certo non può fare a meno della Francia, Paese fondatore, con la Germania polo dell’asse che l’ha retta per conciliazione e come risarcimento dei lutti procurati simbolicamente dalla linea del fiume Reno. I destini comuni sono dunque nelle mani della nazione più sciovinista, quella che bocciò per referendum nel 2005, e di fatto affossandola, la Costituzione europea in difesa di una sempre rivendicata sovranità.
Marine Le Pen, se a maggio approderà all’Eliseo, vuole uscire dal comando unificato della Nato e poco spaventa: c’è il precedente del generale de Gaulle che nel 1966 fece altrettanto. Soprattutto vuole tornare al franco e lasciare Bruxelles. Se i mercati entrano in fibrillazione e lo spread s’impenna è perché l’ipotesi non appartiene al periodo ipotetico dell’irrealtà. È difficile, non impossibile.
La questione chiave per le prossime settimane è se “il primo turno delle elezioni risulterà sufficiente per portare i trader di nuovo sul mercato o se lo spread rimarrà abbastanza largo fino al secondo turno, giorno in cui si avrà il risultato conclusivo. Derek Halpenny, responsabile europeo della ricerca mercati globali a MUFG, prevede che un secondo round di Le Pen-Mélenchon potrebbe portare lo spread a 10 anni torna indietro di 8 anni, ai massimi di sempre prima dell’euro crisi, in poco tempo.
Anche un Macron-Le Pen faccia a faccia non calmerebbe del tutto i mercati prevedendo un ulteriore aumento di 20 punti base dai recenti picchi. Mentre gli investitori hanno chiesto maggiori rendimenti, le banche francesi non hanno seguito l’esempio. I rendimenti di alcune banche coperti sono scesi al di sotto rispetto a quelli delle recenti settimane recenti.
Il costo di queste opzioni è proibitivo, quindi, se i sondaggi diventano più favorevoli per i candidati centristi, gli investitori ritireranno le operazioni di copertura.